In vino veritas
Questa storia non è inedita; è già stata pubblicata qui su EFP
all'interno di una raccolta pubblicata da Neruda. La ripropongo per chi magari
ancora non l'avesse letta, sperando di farvi cosa gradita; chi invece la
conosce già, spero abbia piacere di ritrovarla. Presente riferimento al manga.
Buona lettura.
§§§
Fuori
nel cielo della notte invernale c’era una grande luna bianca.
Una
notte da lupi mannari, con un vento freddo che faceva gonfiare i nostri
mantelli.
Cavalcavamo
senza fretta verso Parigi. Oscar aveva voglia di bere.
Lo
facevamo un po’ troppo spesso ultimamente, per stordire le nostre coscienze.
Arrivammo
in città a quell’ora in cui inizia la vita notturna delle feste nei palazzi, e
le carrozze viaggiano ancora lungo le strade principali della capitale. Qualche
viandante solitario camminava rasente i muri delle case passando sotto la luce
dei lampioni ad olio.
Guidammo
i nostri cavalli verso il quartiere di Saint Germain.
Scegliemmo
un’ osteria in una stradina dietro la chiesa, dove eravamo stati altre volte,
un locale tranquillo, pulito, frequentato da gente umile. Non volevamo dare
nell’occhio, cosa non facile quando Oscar indossa la sua uniforme scarlatta, ma
forse in quel posto nessuno avrebbe badato troppo a noi.
Eravamo
lì seduti, io e lei al nostro tavolo, in un angolo defilato sotto una finestra che
dava sulla strada, e avevamo già scolato una mezza bottiglia di vino Borgogna,
quando sentimmo i soliti commenti poco gentili sulla regina passare di bocca in
bocca tra gli avventori.
Osservai
Oscar un istante; sapevo già cosa stava per fare. La bloccai col braccio, prima
che mettesse mano all’elsa della spada che portava al fianco. Impulsiva come al
solito.
E
io non avevo proprio voglia di fare a pugni quella sera. Volevo solo stare un
po’ tranquillo.
La
trattenni, minacciandola di trascinarla fuori di peso.
“Se
ti azzardi ad attaccar brighe con qualcuno, giuro che ti lego in sella a Caesar
e ti riporto a casa con la forza. Stai calma e bevi il tuo vino. Per una volta
vorrei tornare a casa intero, senza bernoccoli sulla testa.”
Neppure
lei aveva voglia di fare a botte, si limitò a sbuffarmi in faccia,
ridacchiando.
“Ahh,
Andrè guastafeste! Peccato, mi sarei divertita un po’. Perché devi sempre fare
il cane da guardia?”
Biascicò
alzando la mano col bicchiere. Avvertii l’odore alcolico del suo alito caldo.
“Perché
non mi pare divertente tornare a casa che due occhi neri e qualche dente in
meno.” Obiettai deciso.
Bevemmo
parecchio quella sera, annegando in un vinello leggero e dolce i nostri
inconfessabili, rispettivi tormenti amorosi. Oh, sì, erano quelli; io lo
sapevo, ma Oscar no.
Ma
il vino in certe situazioni fa diventare sinceri e lei, che aveva bevuto più di
me, si lasciò andare in confidenze che da sobria non mi avrebbe mai fatto.
“Ah,
questa vita è davvero assurda. Andrè, ti chiedi mai perché io sia nata donna?
Lassù devono aver commesso qualche errore quando hanno distribuito le anime.”
“Errore
è essere venuti qui stasera; domani ci penserà mia nonna a farci passare la
sbornia; con me userà il mestolo e con te l’olio di ricino. Forse è meglio il
mestolo…” Sospirai bevendo un altro sorso.
“Le
ordinerò di non punirti. Hai passato l’età dei castighi da un pezzo…”
“Oh,
non per lei!” Esclamai convinto.
Seguì
un breve silenzio; fu Oscar a interromperlo in un modo apparentemente fuori dal
contesto.
Parlò
portando una mano alla fronte a sollevare la frangia di capelli biondi che le
ricadevano sugli occhi lucidi.
“André,
accetta il consiglio di una che ti vuole bene: non innamorarti mai! È un
ordine. Hai capito?”
- Una che mi vuole bene…
“Agli
ordini, colonnello!”
Ho
risposto un po’ brillo, mentre quella sua frase sorprendente mi martellava nel
cervello un po’ annebbiato dai fumi dell’alcool. Lei intanto continuava quella
sua incredibile esternazione.
“Vedi
come si sta male? Io sto male… per quello scemo di Fersen che è andato a
combattere in America… tu non devi star male, te lo proibisco.”
Per
fortuna ero abbastanza padrone di me, da non confessarle subito che la sua
preoccupazione arrivava un po’ tardi.
Sarei
rimasto lì con lei tutta la sera a ubriacarmi, se fosse servito a farla stare
meglio.
Se
fiumi di alcool potessero annegare, distruggere il suo amore malsano per lui.
Ma
neppure io riuscii a trattenere tutte le parole che premevano per uscire.
“Ma
io sto male solo se ti vedo così… dovresti smetterla Oscar di tormentarti per
lui. Non ne vale la pena, lo capisci?” e mentre parlavo, continuavo a versarle
da bere e la sua lingua sembrava non avere freni.
“Beh, sì Andrè, hai proprio
ragione… non ne vale la pena.”
Ammise ridendo. Ma la piega delle
labbra era amara.
“Io
sono un soldato. Però io vorrei… vorrei che almeno una volta guardasse oltre la
divisa… vorrei sapere cosa si prova…”
- Posso farlo io, Oscar. Io ti guardo da sempre come una donna… una
bella donna.
Dio,
era davvero ubriaca ed era solo la prima bottiglia di quella sera.
Avevamo
finito il nostro vino rosso e l’oste ci aveva portato la seconda. Non sarebbe
stata l’ultima.
“Adesso
basta Oscar, stai esagerando con l’alcool. Poi tornare a casa sarà difficile.”
Cercai
di sottrarle la bottiglia, ma lei fu più veloce.
“Lasciami
bere Andrè, stasera non farmi da guardiano. Lo sai, sei fortunato tu…”
“Sarà
per quello che ho un gran mal di testa…bella fortuna…” avevo ancora voglia di
ironizzare.
“No,
dico sul serio. Non hai problemi di cuore, tu. ”
La
guardai negli occhi e a quel punto della serata, la mia lingua tenuta a freno
fino a quel momento, si sciolse completamente.
“Questo
chi l’ha detto?”
Allora
il suo sguardo azzurro e incredulo si piantò fisso su di me. Mi parve
attentissima alle mie parole. E mi venne il sospetto che non fosse così ubriaca
come credevo.
“Che
vuoi dire? Che non è così?”
Di
colpo, mi sembrò come se la sbornia le fosse passata in un batter d’occhio.
“No.
Non è così, madamigella. Siete male informata.”
Per
scherzo, ero passato al lei, piegandomi in un curioso inchino. Mi guardò
con un’ espressione tra l’ironico e l’apprensivo.
“Anche
tu soffri per amore, Andrè? Non me l’avevi mai detto!”
“Tu
non me l’avevi mai chiesto. Non vale la pena parlarne. Preferisco berci sopra.”
E mi versai un altro goccio di vino che ingoiai in un sorso.
“Dai,
accidenti, non fare il misterioso, dimmi chi è. La conosco? Scommetto che è una
delle cameriere di palazzo… - disse puntandomi l’indice sotto il naso - quella
Giselle. Ho notato come ti guarda… le guance le s’imporporano ogni volta che le
parli per sbaglio… è lei, vero?”
“Giselle? Che spirito
d’osservazione… No, non è lei; non è una cameriera. In realtà è di nobili
origini.”
“Una nobile? Dici sul serio?”
“Certo. Sono serissimo!”
Perché
non mi ero morso la lingua? La bottiglia fece un tonfo sul piano del tavolo.
Dovevo apparirle allucinato e il suo commento seguente pareva confermarlo.
“Devi
essere impazzito…”
Non
so perché, mi divertì la sua espressione incredula, mentre un sorriso le
increspava lieve le labbra.
“Sì,
sono un folle Oscar! - Esclamai con impeto, ridendo. – Perché solo un folle può
innamorarsi di una donna così: è cocciuta come un mulo, qualche volta
prepotente, selvaggia… e io sono pazzo di lei e stasera voglio bere alla sua
salute.”
E
giù un altro sorso di vino in gola, e qualche rivolo rosso rubino mi scivolò
sulla pelle sporcando il collo della camicia. Mi asciugai le labbra con il
dorso della mano.
“Oh,
Andrè, non dovevi; lo sai che non potrai mai sposarla… sarai costretto a
restare sempre con me. Mi farai da attendente a vita.”
“Già…
vedi che fortuna?”
“Non
mi hai ancora detto chi è…” Insisteva curiosa, e una luce strana le faceva
brillare lo sguardo.
“Meglio
che tu non lo sappia… - forse per quella confidenza non ero abbastanza ubriaco
– non ti piacerebbe sapere chi è.”
“L’ho
incontrata? A Versailles, magari.”
Bevve
velocemente un altro bicchiere, prima di piantarmi i suoi occhi addosso come
spilli. Li sentivo pungere. Io aprii la bottiglia numero tre e versai una dose
generosa a me e a lei. Ma perché era tanto curiosa?
“Oh, sì… anche a palazzo.”
Non riuscivo a stare zitto, né a
mentire. Tentavo di portarla fuori strada, ma non ero certo di riuscirci.
Anzi, non ci riuscivo per nulla.
“Frequenta Palazzo Jarjayes?!!”
- No!!!
“Oh, sì… abitualmente.”
“Aaah! Ho capito!!”
Esclamò
all’improvviso, quasi avesse avuto una rivelazione e io mi bloccai a guardarla
ad occhi sbarrati, non del tutto lucido. Non poteva essere. E non era.
“Di
nobili natali, frequenta la mia casa… Sei innamorato della piccola Rosalie! Non
ci posso credere!”
A
quelle parole assurde, scoppiai a ridere senza ritegno sbattendo una mano sul
tavolo; non riuscivo più a fermarmi, mentre Oscar mi osservava con l’espressione più stranita che le avessi mai
visto.
Passavano
i secondi e io non smettevo di ridere come un matto, mentre lei lentamente
realizzava di aver detto qualcosa di totalmente ridicolo e inverosimile.
“Io
innamorato di Rosalie!? Ma vuoi scherzare!?”
Ero
costernato e mi trattenevo la pancia per il dolore, mentre Oscar pareva
vagamente infastidita dalla mia ilarità.
“Non
ti piace Rosalie? Ma è una fanciulla così dolce e spontanea… fresca come il
vento di primavera… - sorrise agitando una mano nell’aria - se fossi un uomo,
io la sposerei subito.”
“Allora,
ringrazia il cielo di non essere un uomo… Per carità, gran brava ragazza, dolce
e gentile, ma fa concorrenza alle fontane di Versailles! Più che il vento,
ricorda certe piogge torrenziali irrefrenabili. No, no Oscar, la cara Rosalie
non fa per me.”
“Ma
allora, chi è questa donna fortunata?” Tornò alla carica il colonnello.
“Una
persona molto diversa da Rosalie. Una donna molto vicina alla nostra regina…”
“No…
allora… è la contessa di Polignac?”
La
guardai basito, incapace di ribattere; aveva un’espressione serissima da cui mi
lasciai ingannare per un secondo. Mi stava prendendo in giro, perché scoppiò a
ridere subito dopo, battendo il pugno sul piano di legno del tavolo.
“Aahh,
ci sei cascato, André! Dovresti vedere la tua faccia in questo momento: è
impagabile!”
Di
nuovo, portò il bicchiere alle labbra rosse quanto il vino, e bevve il liquido
in un lungo sorso.
“Sei
terribilmente ubriaca, si capisce dalle sciocchezze che dici. Per stasera
dovremmo finirla qui. Sarà meglio uscire da questo posto, finché ci reggiamo
sulle nostre gambe.”
E
cercai di alzarmi, ma lei mi artigliò il polsino della giacca tentando di farmi
sedere al mio posto.
“Eh,
no! Non te la cavi così, caro il mio rubacuori. Non voglio andarmene proprio
adesso. Siediti André, è un ordine. Sono il comandante delle guardie reali! –
Puntualizzò alzando il tono di voce, tanto che tra gli avventori qualcuno si
voltò a guardarci. - Decido io quando è ora di andare.”
“Testona che sei!! Peggio per te…
e anche per me che sto qui a darti retta.”
Mi versai dell’altro vino,
barcollando; la terza bottiglia era agli sgoccioli, ormai.
“Ed è bella?”
“Oh, bellissima. Magnifica…”
“Accidenti, ti piace davvero
tanto, eh?”
In risposta, emisi un lungo sospiro.
“Troppo.”
“Voglio sapere altro: dimmi se
l’hai almeno baciata.”
Rimasi un attimo interdetto.
Ci
misi un po’ a rispondere, mentre ricordavo l’ultima volta che eravamo stati a
bere in una locanda, solo una settimana prima. Portavo ancora i segni della rissa
di quella sera, e ricordavo che l’avevo portata in braccio lungo un tratto di
strada e l’avevo baciata, per la prima volta. Era semisvenuta tra le mie
braccia e approfittando della sua incoscienza, avevo posato le mie labbra sulle
sue.
Mi era sembrata dolce e tenera.
“Allora, mi vuoi rispondere? Ti
vergogni di me?” Mi incalzò.
“No! Ma questa è una cosa
riservata. E io…”
“Avanti André, non fare il
prezioso… ti giuro che non lo dico a nessuno, neppure a tua nonna…”
“Ebbene
sì… - mi avvicinai al suo viso e la guardai dritto negli occhi - l’ho baciata a
sua insaputa.”
Sputai fuori con tono malizioso,
ridendo in maniera sommessa.
La
vidi sgranare le sue iridi azzurre e forse un po’ di rossore le colorò le
guance pallide, ma poteva essere l’effetto del vino che aveva nel sangue.
“Oh…
come a sua insaputa? Si sarà accorta che la stavi baciando… se tu mi baciassi
André, io me ne accorgerei…”
-
Ma di che sta vaneggiando?
“Non
se stessi dormendo, mio bel colonnello!!”
“L’hai
baciata mentre dormiva? E perché?”
- Perché altrimenti, mi avresti passato a fil di spada…
“Perché
era svenuta tra le mie braccia…”
Ridacchiai
allegro, levando in alto il bicchiere e sembrava quasi un vanto da parte mia.
“Che
uomo che sei, André; fai svenire le donne ai tuoi piedi.”
Scherzò
lei, ma la sua voce aveva una strana sfumatura. Non le era passata la
curiosità, e avevo il vago sospetto che si sentisse eccitata da ciò che le
avevo raccontato, o forse più da ciò che tendevo a omettere. Di lì a poco si
fece più diretta, perfino sfacciata.
“Ed
è stato bello baciarla?”
Mi
chiese con voce bassa e stranamente roca e io non riuscii a sottrarmi alla sua
provocazione.
“Oh,
è stato molto bello… ed eccitante.”
Ci
fissammo negli occhi per un lungo istante e non ero più tanto sicuro che fosse
solo l’alcool a guidare le parole e le azioni. Forse le barriere personali tra
noi erano ormai crollate del tutto e le emozioni della serata oltrepassarono
gli argini imposti dalle coscienze.
“Io
non sono mai stata baciata da un uomo… non so cosa si prova…”
Ero
troppo confuso, troppo ottenebrato dal vino per capire dove stesse correndo con
la mente; avevamo perso le nostre inibizioni, ma non sapevo fino a che punto
lei avesse perso le sue. Non osavo immaginarlo.
Restò
in silenzio per un po’ e io restai in attesa non sapevo bene di cosa.
Sentivo
le viscere torcersi senza motivo apparente.
I
suoi occhi erano lucidi forse a causa dell’alcool; al fuoco delle candele,
capivo solo che brillavano di quella fiamma proibita che a volte li anima.
E
quando quello sguardo acceso si fissò ostinato su di me, qualcosa di oscuro
tremò dentro il mio corpo.
“André,
se io ti chiedessi di fare una cosa, tu la faresti?”
“Che
cosa, Oscar?”
Non
esitò.
“Tu
mi baceresti, André?” Sussurrò.
Il
mio respiro si fermò, mentre lentamente portavo l’ultimo sorso alle labbra, i
miei occhi inchiodati ai suoi, adesso carichi di aspettativa.
“Vuoi
che lo faccia qui, ora?”
Sollevai
vagamente lo sguardo a guardarmi intorno. Una rapida occhiata all’ambiente e lo
trovai semideserto. Molte persone se n’erano andate.
L’oste,
un uomo corpulento e rubicondo, stava pulendo il piano del banco con uno
straccio unto. La locandiera serviva gli ultimi boccali di birra ad un tavolo
lontano dal nostro.
“Sì.”
La
sua risposta. Semplice e diretta. Nessuna incertezza nella voce.
C’era
l’alibi del vino; forse l’domani nessuno di noi avrebbe ricordato nulla di
quella serata. Chissà, magari anche lei contava su questo. O forse avrei
ricordato solo io.
“Sei
decisamente ubriaca Oscar… e anch’io non sono proprio lucido…”
“Significa
che non vuoi baciarmi?”
“No,
significa che non so come potrebbe finire.”
“Hai
paura, André?”
“No…”
Posai
il bicchiere ormai vuoto sul tavolo.
Mi
accostai lentamente al suo volto. Mi fermai un attimo prima di arrivare alla
sua bocca; mi aspettavo si sarebbe tirata indietro e volevo darle il tempo di
ripensarci, ma Oscar non si mosse.
I
suoi occhi come spilli, erano puntati nei miei. La sua bocca stava per sfiorare
la mia.
E
fu lei a muoversi per prima, ma non per allontanarsi.
Sentii
le sue labbra calde posarsi tenere sulle mie.
Basta
un attimo a dimenticare tutto, dove sei e dove andrai, mentre il cuore martella
nelle orecchie e la testa gira.
Il
gusto del vino nella bocca, il suo sapore di donna confuso col mio; non
ricordavo dove finivo io e iniziava lei.
Il
nostro bacio diventava via via più audace e profondo, mentre la forzavo con
dolcezza a lasciarmi entrare e lei mi invitava, mi seduceva, non opponendo
alcuna resistenza.
Mi
invadeva e si lasciava invadere.
Le
nostre labbra si accarezzarono a lungo, mentre sentivo le sue dita leggere che
correvano alla mia nuca, mentre la stringevo possessivo e lei si abbandonava
alla mia stessa eccitazione, all’esigenza di bere fino in fondo il sapore di
quel bacio. Ci stavamo divorando affamati.
E
la fame accese qualcosa di oscuro anche in lei, perché sentii la sua mano su di
me, scendere pericolosamente verso il basso. Troppo in basso.
E
ricordai all’improvviso, che non eravamo padroni di noi. Troppo alcool scorreva
nelle nostre vene e non ci saremmo riconosciuti nudi in un letto l’indomani. E
avremmo incontrato la vergogna nei nostri sguardi.
Fu
così che la fermai e abbandonai la sua bocca con uno strazio immenso.
Ma
io non mi sarei fermato mai.
“Oscar…”
Pronunciai
il suo nome in un sussurro rauco.
Ritrovai
i suoi occhi aperti, spilli offuscati da alcool e desiderio, identico a quello
che leggeva nel mio sguardo. Non so chi di noi fosse più ubriaco. Non so quanto
stessimo fingendo.
Il
silenzio sigillò le nostre voci per un istante.
Col
respiro un po’ affannato, Oscar lentamente si ricompose, posando i palmi delle
mani sul tavolo, prima di lasciar uscire le parole.
Quelle
che attendevo per poter parlare.
“Avevi
ragione André…”
“Su
cosa?”
“Su
quello… che si prova; - un sussurro flebile – è stato bello… e terribilmente
eccitante.”
Un
vago sorriso le aleggiava sulle labbra. Altro silenzio.
“Sì
è fatto tardi… meglio andare, Oscar…”
- Prima che possa accadere altro tra noi…
“Sì,
va bene…”
Stranamente
docile.
Prendemmo
i nostri mantelli e uscimmo dalla locanda. Rimontammo in sella e attraversammo
la notte fredda. Una notte da lupi mannari con la luna piena. O forse era la
luna che alza le maree e accende le passioni degli amanti. Il fiato usciva come
fumo dalla bocca. Non sentivamo freddo; sangue e cuore erano troppo caldi.
***
Una
notte calda di luglio.
Una
notte di fuochi e di bagliori in lontananza.
Una
luna piena, rossa come il sangue, quello che esce dalla mia ferita alla testa,
che tu hai lavato con le tue mani bianche e gentili, che scorre impetuoso nelle
nostre vene, che forse scorrerà per le vie di Parigi, domani all’alba.
Qui,
la passione ci ha trovati e travolti.
Abbiamo
gettato le nostre uniformi in un angolo, sulla riva di questo fiume che scorre
come il nostro destino. Ti ho baciato mille volte mentre affondavo nel tuo
grembo umido e caldo.
Ti
bacio ancora, qui nudo al tuo fianco, stretto nel tuo abbraccio.
Il
tuo corpo esile e bianco sotto il mio.
E
improvviso, il ricordo di una notte lontana scivola tra i miei pensieri e le
tue labbra schiuse.
“André,
ti ricordi una serata di qualche anno fa? In quella locanda, a Saint Germain…”
Sono
un po’ sorpreso e non lo nascondo. Quante volte anch’io ho ripensato a quella
folle serata.
Un
delirio segreto.
“Sì.
Avevamo bevuto parecchio…”
“Non
era quella, la prima volta che mi baciavi, vero?”
Gioco
con una ciocca dei tuoi capelli; non ti rispondo ma sorrido, e tu continui a
parlare.
“Il
giorno dopo ho dato la colpa al vino. Era una buona scusa. Credevo che non
avrei ricordato nulla; sarebbe stata la dolce follia di un momento… ma ho
ripensato a quella sera mille volte…”
“Pensavo
fossi ubriaca…”
“Lo
ero, ma non abbastanza. Ti ho ingannato André, ma solo da poco ho capito perché
l’ho fatto.”
Ti
ascolto in silenzio e sfioro il tuo viso con le dita.
Starei
qui, su questa sponda tutta la vita a guardarti per quanto sei bella.
“Non
avevo abbastanza coraggio. Avevo bisogno di un po’ d’amore e lo volevo da te,
soltanto. Non sai quanto ti ho desiderato, prima di questa sera. Mi bastava
pensare a quel nostro bacio per volerti da impazzire. Ma ti ho tenuto lontano,
come una stupida.”
“Non
sono mai stato lontano, Oscar…”
“Lo
so, e non lo sarai mai, amore mio.” Sussurri piano.
Mi
baci di nuovo; le tue labbra lasciano carezze invitanti sulla mia pelle e sento
le tue gambe nude intrecciarsi alle mie. Ti voglio anch’io, Oscar.
Questa
notte non c’è alcool nè vergogna nei nostri sguardi, solo tanto amore.
Fine