Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: la luna nera    16/06/2016    7 recensioni
Un gruppo di amici si reca in visita al Castello di Montebello e, nonostante qualcuno non sia troppo entusiasta, decidono di trascorrere la notte nel borgo dove potrebbero fare incontri inusuali.
Piccola OneShot non troppo impegnativa con la quale torno a pubblicare dopo un periodo di pausa forzata. Buona lettura!
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
UNA NOTTE A MONTEBELLO
 




 
“Bene signori…” La guida proseguì nel suo racconto. “Sotto questa stanza, come forse saprete, c’è il cosiddetto vano di Azzurrina, il locale in cui, secondo la leggenda, scomparve la bimba il 21 giugno 1375. Seguitemi per favore e fate attenzione ai gradini, sono scivolosi.”
I visitatori si incamminarono e presero a scendere le scale per raggiungere il luogo sottostante la taverna che avevano appena visitato. Viviana era rimasta indietro, aveva gettato un’occhiata attraverso la finestra notando che il sole stava calando lentamente abbassandosi sull’orizzonte delineato dalle colline della bassa Romagna. L’idea di visitare il vano di Azzurrina le faceva venire il voltastomaco, temeva di disturbare gli spiriti nella loro ricerca della pace eterna come spesso viene riportato dalle storie esistenti attorno ad essi, ma gli amici avevano organizzato da tempo quella piccola gita che le era parso scortese rifiutare trincerandosi dietro le sue mille paure. Ormai mancava poco al termine della visita e fortunatamente non vi era stata alcuna manifestazione paranormale riconducibile alla piccola Malatesta o altri suoi parenti, secondo le voci in circolazione infatti nella rocca di Montebello di entità ve n’erano abbastanza da toglierle la serenità e il sonno.
“Non restare indietro, potresti perderti e cadere nelle grinfie di uno spiritello dispettoso.”
Alle parole di Simone la ragazza rabbrividì e lo raggiunse velocemente.
“Davvero ti fai impressionare da queste storie?”
“Perché? A te non fanno nessun effetto?”
“Neanche un po’.”
“Bene, allora perché hai insistito così tanto per venire quassù?”
Fece spallucce. “Non lo so…. Forse perché mi piace visitare i castelli.”
Raggiunsero il gruppo mentre all’esterno la sera scendeva silenziosamente.
“Bene signori, qua ci troviamo nel vano di Azzurrina.” Indicò il quadro raffigurante il volto della bimba scomparsa realizzato dall’artista Maria Morliz. “Secondo la leggenda che voi probabilmente conoscete, il vero nome della bimba era Guendalina Malatesta, figlia del feudatario Uguccione. La piccola, nata albina e per questo considerata figlia del demonio, era tenuta segregata qui nel castello per proteggerla, oltre tutto le tingevano i capelli con dei coloranti naturali che su di essi davano come risultato dei riflessi azzurri: da qui nacque il soprannome di Azzurrina. I genitori avevano incaricato due guardie di sorvegliarla continuamente, ma nel giorno del solstizio d’estate del 1375, durante un furioso temporale, la bambina scese in questa stanza rincorrendo la palla di pezza con cui stava giocando, poco dopo i due sorveglianti udirono un urlo agghiacciante, accorsero rapidamente, ma non trovarono alcuna traccia né della piccola né della palla. Questa botola che vedete accanto a me conduce alla ghiacciaia del castello e all’epoca era priva delle balaustre di protezione, quindi con buone probabilità Guendalina vi precipitò per recuperare il suo giocattolo. Il suo corpicino non è mai stato ritrovato nonostante la rocca sia stata rivoltata da cima a fondo e allo scadere del solstizio d’estate ogni cinque anni si odono degli strani rumori provenire da qua sotto. Forse saprete pure che dei ricercatori dell’occulto hanno ottenuto immagini alquanto misteriose e fenomeni acustici piuttosto singolari che ora vi faccio udire….”
Ed ecco propagarsi nell’aria il rumore di un temporale, poi dei singhiozzi con dei vocalizzi simili alla parola mamma e per ultima la registrazione di quello che pare un battito cardiaco seguito da un urlo che si conclude con un tonfo secco.
Viviana percepiva dei brividi gelati lungo la schiena ed iniziava a sudare, forse era la suggestione emanata da quel luogo? O forse la piccola Azzurrina si era aggregata al gruppo di persone nel corso della visita alla sua casa?
“Mi manca l’aria….” Viviana iniziava a respirare con fatica.
“Vuoi uscire?” Simone la sorresse.
“Portami via di qui, non ce la faccio più.”
Il ragazzo, a malincuore, si congedò dal resto della comitiva e accompagnò l’amica all’esterno. Nel cortile non c’era nessuno, loro infatti facevano parte dell’ultimo gruppo di visitatori della giornata.
“Come ti senti?”
Sbuffò. “Meglio. Là dentro qualcosa mi impediva di respirare.”
“Forse un fantasma?” Piegò l’angolo della bocca in un sorrisetto di scherno.
“Imbecille….” Si passò una mano fra i capelli. “Torna pure all’interno se vuoi, io resto qui.”
“Come vuoi.” Il ragazzo mosse qualche passo per ricongiungersi al gruppo ma si fermò quasi subito perché la visita era terminata e tutti stavano iniziando ad uscire, compresi i loro amici Anna, Sabrina, Gianluca e Dario.
“Ehi, tutto bene Viv?”
La ragazza si alzò. “Si…. Forse un piccolo attacco di claustrofobia.”
“Con il tocco del fantasma.” Aggiunse Simone. “Non capisco come tu possa farti suggestionare così da queste storielle.”
“Non sono acida come te, ho un cuore e una sensibilità che in te vacillano vistosamente.”
Fece qualche gesto poco carino fingendo di assecondarla. “Forza, è ora di andare.”
Uscirono all’esterno della rocca in compagnia della guida.
“Perché invece non passiamo la notte qui nel borgo?” Propose Gianluca dopo essersi guardato attorno, raccogliendo l’entusiasmo di quasi tutti gli altri.
“Buona idea, quando scende la sera il borgo è molto suggestivo.”
“Scusi, per caso c’è qualche struttura tipo B&B?
“Si, c’è una piccola struttura a conduzione familiare in fondo alla piazza.” La guida indicò una piccola insegna di colore azzurro affissa alla parete di una deliziosa casetta.
Gianluca e Dario andarono e tornarono con troppa rapidità. “Tutto esaurito, avremmo dovuto prenotare prima.”
“Un vero peccato…” La delusione era ben visibile nell’espressione dei ragazzi.
“Bene, allora saltiamo in macchina e torniamo a casa, ok?” Viviana non aveva alcuna voglia di trascorrere la notte avendo un fantasma come vicino di casa.
“Potrebbe esserci un’altra soluzione se davvero volete trascorrere la notte qui….” Intervenne la guida.
“E sarebbe?”
“C’è una grande stanza al castello che spesso viene affittata a prezzi di mercato.”
“Cioè ci sarebbe la possibilità di dormire là dentro?” Simone trovò la proposta molto allettante.
“Esatto, se mi date il tempo di fare una telefonata posso darvi conferma.”
Viviana sperava con tutto il cuore che non permettessero di pernottare in quell’edificio infestato, ma ahimé, le sue preghiere non vennero ascoltate.
“Bene, abbiamo il permesso.” La guida ripose il telefonino nella tasca del suo zaino ed estrasse di nuovo le chiavi per aprire il portone del castello.
“Sta scherzando, vero?” Viviana indietreggiò. “Io là dentro non ci dormo!”
“Non si preoccupi signorina,se il suo timore si riferisce ad Azzurrina può stare tranquilla: lei si manifesta al solstizio d’estate negli anni lustri. Siamo in giugno, è vero, ma non nel periodo che le dicevo prima, dunque non c’è alcun rischio di imbattersi nel suo spirito.”
“Oh, lei è una fifona che si fa suggestionare facilmente.”
“Eh no! Non ti permetto di parlare di me in questo modo!” Sbottò Viviana. “Il motivo per cui non mi va di stare lì è un altro!”
“Dai, smettila di dire stupidaggini, sappiamo tutti che te la stai facendo sotto. Scommettiamo che domani mattina avrai cambiato idea?”
Le porse la mano, lei gliela strinse controbattendo. “E se invece la cambiassi tu?”
Simone le sorrise ben poco convinto, tuttavia l’aveva convinta ad accettare di pernottare al castello, raggiunse gli altri e la guida che stava aprendo di nuovo le porte del castello conducendoli nella stanza in cui avrebbero potuto trascorrere la notte.
Era un locale piuttosto elegante, c’era un grande camino in pietra sulla cui mensola  due antichi candelabri facevano da cornice allo stemma della famiglia Malatesta. Poco più in là c’era una grande cassapanca su cui i ragazzi avevano depositato gli zaini, i letti invece erano sistemati in prossimità della grande finestra dalla quale si godeva una bella vista panoramica sul paesaggio circostante. Ognuno prese a sistemare il proprio posto, dopodichè si riunirono tutti insieme per consumare una veloce cena a base di panini nel cortile del castello. Il cielo si stava tingendo di un azzurro sempre più intenso, i lampioncini si erano accesi  nel silenzio più totale. Viviana non aveva aperto bocca se non per mangiare, era piuttosto tesa e nervosa al contrario di Simone che pareva esser nato lì in quel luogo, tanto si sentiva a suo agio.  Il suo cuore batteva forte, sentiva nell’aria qualcosa di instabile ed era certa che entro l’alba qualche entità si sarebbe manifestarsi non gradendo la loro presenza all’interno del castello. Guardava Simone scherzare con gli altri: quel ragazzo le piaceva da tempo, ma non aveva mai trovato il coraggio di confessarglielo. Si conoscevano sin dai tempi della scuola superiore e fra di loro era nata rapidamente una bella amicizia consolidatasi piano piano, senza però sfociare in niente di più profondo. Almeno da parte di lui. Simone non era il classico figo da paura, era un tipo normale, senza segni particolari ed un’esistenza tranquilla. Era scettico su quello che non poteva essere spiegato e compreso nei modi canonici, inclusi ovviamente i fantasmi e quanto connesso alla sfera spiritica. Aveva visitato di buon grado la rocca di Montebello per fare un’esperienza interessante e diversa dal solito prendendosi gioco dei creduloni che si recavano in quel luogo per sperare di imbattersi in uno spettro. Perché per lui erano solo cavolate.
 
Calarono le tenebre, il cielo si stava liberando completamente dalle sporadiche nuvolette lasciando modo alla luna e alle stelle di rischiarare la tiepida notte.
Era ora di rincasare e abbandonarsi al sonno nonostante fosse piuttosto piacevole starsene lì fuori a chiacchierare. Ovviamente di fantasmi!
Viviana faticava a prendere sonno, invece di starsene a letto si era messa seduta vicino alla grande finestra con lo sguardo fisso all’esterno: le colline della bassa Romagna brillavano sotto i raggi lunari e quella vista particolarmente suggestiva le donò un goccio di serenità. Tuttavia il pensiero di trovarsi lì in quel luogo infestato, le faceva sentire i nervi a fior di pelle pronta a darsela a gambe al minimo rumore.
All’improvviso una mano si posò sulla sua spalla, non urlò giusto per non svegliare gli altri che, accidenti a loro, dormivano profondamente. Sobbalzò vistosamente e con altrettanta rapidità si portò a debita distanza da quella finestra, teneva una mano sul cuore i cui battiti erano prossimi alla soglia dell’infarto e tremava come una foglia.
Nella penombra scorse la sagoma di Simone che a stento tratteneva le risa.
“Idiota!” Sibilò fra i denti la cosa più dolce che in quel momento avrebbe potuto dirgli.
“Ti ho fatto paura, vero?”
Si avvicinò a lui regalandogli un pizzico nella pancia. “Se ci riprovi ti faccio verde.”
“Credi di spaventarmi? Mi pare che qui quella più tesa sia tu.”
“Torna a dormire per favore, lasciami in pace.” Guardò l’orologio: era passata da poco l’una di notte, all’alba mancavano un bel po’ di ore.
“Io non ho sonno, preferisco fare un giro per il castello che in versione notturna ha un fascino incredibile. Vieni con me?”
“Cosa?!”
“Non dirmi che hai paura di incontrare il fantasma di quella bambina!”
“Dico solo che dovremmo lasciare in pace gli spiriti che dimorano fra queste antiche mura.” Incrociò le braccia.
“Andiamo.” La prese per mano trascinandola controvoglia all’esterno. “Ti dimostrerò che i fantasmi non esistono, così te ne farai una ragione una volta per tutte. Anzi….” Non appena ebbero oltrepassato la porta che dava sul cortile, Simone afferrò il suo smartphone. “Voglio farti una bella foto, così vedrai che l’unico fantasma presente in questo castello sei tu, hai una faccia che fa veramente spavento!”
Prima che Viviana riuscisse a ribellarsi, il ragazzo aveva già scattato la foto ma non appena la guardò, notò qualcosa di strano alle spalle dell’amica. “Dai un’occhiata a questa particolare foschia alle tue spalle….”
Deglutì. “Visto che non sono io il fantasma?”
“Tu credi che sia una manifestazione degli spiriti? A me pare nebbia.”
“Non lo è, ne vedi forse qualche banco nel cortile?”
Effettivamente era tutto limpido e sereno. “E’ davvero molto strano.”
“Prova a scattare qualche altra foto, caro il mio scettico.”
Simone assecondò il suggerimento dell’amica ed iniziò a fotografare l’ambiente, convinto di non ottenere niente di interessante. Invece…. “Guarda!”
In alcune foto apparivano delle piccole sfere di luce.
“Sono orbs…. Qui c’è un’entità.”
“Che cosa sono?”
“Secondo gli esperti sono piccole sfere di luce, probabilmente manifestazioni paranormali causate dagli spiriti.”
“E tu ci credi?”
Viviana si portò le mani sulla testa, all’improvviso era stata colta da una fortissima fitta dolorosa.
“Ehi, stai bene?”
“No affatto….” Si appoggiò al muro respirando con un leggero affanno.
Lo smartphone emise un suono. “Batteria scarica?! Com’è possibile? Fino a un attimo fa era al 100%!”
“Uno dei primi segnali delle manifestazioni spiritiche è proprio questo: le batterie di qualsiasi apparecchio si scaricano e molto spesso le videocamere si bloccano senza una ragione apparente.” La ragazza era ancora sofferente.
“Appoggiati a me, torniamo di là.” La aiutò abbracciandola delicatamente.
Sospirò a fondo. “Sento…. Sento la sua voce.”
Simone si guardò attorno. “Qui non c’è nessuno, sei sicura di sentire qualcosa?” Iniziava a vacillare, non aveva mai visto Viviana in quelle condizioni e sicuramente non stava fingendo.
Entrarono di nuovo nel maniero e notarono altre piccole sfere di luce danzare nell’aria, poi in fondo al corridoio una di esse, decisamente più grande, pareva rotolare sul pavimento.
“La palla di Azzurrina….”
Il ragazzo non rispose.
Trascorsi alcuni secondi che sembravano ore, videro uscire dalle scure pareti una sagoma luminescente di colore azzurro, piuttosto piccola e dalle forme vagamente umane. I due erano paralizzati dallo stupore misto a paura ed incredulità. In quella forma riconobbero delle braccia che raccolsero la sfera sul pavimento, l’entità si mise di nuovo in posizione eretta e si mosse abbastanza rapidamente nella loro direzione. Colti dal terrore i due ragazzi si abbracciarono stretti indietreggiando, Simone riuscì a sbirciare con la coda dell’occhio quanto stava accadendo: vide avvicinarsi quella cosa, soffermarsi presso di loro, fissarli in attesa che la ragazza si voltasse. Come lo fece, nell’aria si propagò qualche vocalizzo seguito da un qualcosa che suonava molto simile alla parola mamma. Dopodichè tutto svanì e la notte tornò di nuovo su quel luogo calma e silenziosa.
Viviana si accasciò sul pavimento, le sue gambe non la sorreggevano più. Ogni suo muscolo tremava, le pulsazioni cardiache erano da infarto e gocce di sudore scorrevano sulla sua fronte. Simone era rimasto in piedi, con gli occhi fissi in avanti: allora i fantasmi non erano solo stupidaggini, aveva visto coi suoi occhi quella strana manifestazione paranormale, non era frutto della sua immaginazione o della suggestione scatenata da quelle mura e dai racconti esistenti.
Quell’entità lui l’aveva vista davvero.
Ed ora che se n’era andata il suo smartphone aveva di nuovo la batteria carica.
Restando sempre in silenzio, aiutò Viviana ad alzarsi e insieme rientrarono nella stanza dove gli altri amici dormivano senza essersi accorti di nulla. Si misero sul divano l’uno accanto all’altra senza proferire parola, si presero per mano evitando di guardarsi in faccia sperando di cadere nel sonno, cosa che però non avvenne.
 
 
Spuntò l’alba su Montebello, il sole lentamente sorse dalle acque del Mare Adriatico e alzandosi in cielo inondò dei suoi raggi le eleganti sale del castello.
Simone si mise in piedi, raggiunse la finestra scostandone la pesante tenda e prese ad osservare l’esterno. Giusto un attimo prima di uscire dalla stanza, vide che anche Viviana era in piedi. “Vado a prendere una boccata d’aria.”
Lei lo seguì senza fare rumore, raggiunsero il cortile dove poche ore prima quelle sfere di luce avevano danzato nell’aria e si misero seduti sul muretto della cinta muraria presso il grande portone d’accesso.
“Devo farti le mie scuse.” Simone spezzò il silenzio.
“Per che cosa?”
“Per averti sempre considerata una fifona ed una credulona.”
Lei sorrise senza rispondere, quelle parole le stavano facendo battere forte il cuore.
“E per non aver creduto alle tue parole.” Fece una breve pausa. “Gli spiriti esistono, stanotte ne ho avuto la conferma incontrando Azzurrina.”
“Credo l’abbia fatto apposta.” Sorrise. “Sai, anche se sul momento sono quasi morta dalla paura, ora sono felice di quanto è accaduto. Temevo di averla disturbata con la nostra presenza nel suo castello, a quanto pare non è stato così perché lei non ci ha fatto del male.”
Piegò l’angolo delle lebbra. “Cercava la sua mamma. Forse pensava fossi tu.”
“Già, povera piccola….”
“Ha sentito che sei una ragazza sensibile e di buon cuore.”
“E lo pensi anche tu?”
“Forse.” Le spostò una ciocca di capelli. “Credo che io e te dovremmo uscire qualche volta in più insieme… da soli intendo. Che ne dici?”
Si alzò. “Non lo so, ci devo pensare….” Aveva le labbra piegate in un luminoso sorriso, finalmente aveva sentito quelle parole desiderate da sempre e che, a detta delle sue amiche, erano nell’aria già da qualche settimana.
L’abbracciò da dietro. “Fai la preziosa?”
“Sono una fifona che crede ai fantasmi, se non sbaglio è questo che pensi di me.”
“Ti ho appena detto di aver cambiato idea.”
Voltò la testa trovando la punta del naso di Simone a pochi millimetri dalla sua.
Passarono alcuni secondi e sentì sulle labbra la dolcezza e il calore di quel bacio tanto sognato.
“Ehi, pellegrini! Ve ne state andando senza di noi?” La voce di Gianluca spezzò quel momento di puro romanticismo.
Si misero a ridere.
“E’ ovvio! Saresti capace di mangiare tutti i cornetti lasciandoci senza colazione se arrivi prima di noi al bar.”
Si ricongiunsero al resto della cricca con Dario che si stava stiracchiando.
“Mhm! Mai dormito meglio, dovremmo tornarci, alla faccia di chi dice che ci sono i fantasmi a disturbare il sonno.”
Viviana e Simone si guardarono in faccia sorridendo, preferirono non raccontare agli amici della loro avventura notturna.
“Adesso, che me lo permettiate o no, vado a fare colazione.”
Gianluca si diresse a passo svelto verso il bar del paese da cui proveniva l’invitante profumino dei cornetti appena sfornati mentre tutti lo rincorrevano ridendo, tutti tranne Viviana e Simone che scelsero di raggiungerli un paio di minuti dopo per scambiarsi un altro bacio sotto lo sguardo innocente della piccola Azzurrina che inconsapevolmente o meno aveva contribuito a farli avvicinare.
 
 
 




 
Ciao a tutti!
 
E’ passato del tempo dall’ultima volta in cui ho pubblicato qualcosa! Chi mi ha seguita in passato sapeva di questa pausa di scrittura per me dolorosa ma necessaria e sapeva pure che sarei tornata con qualche poesia o breve racconto.
Ho mantenuto la promessa ed eccomi di nuovo qua con questa storia semplice e poco impegnativa che ci porta a far visita al Castello di Montebello.
Non esitate a commentare, ne sarei onorata!
 
 
Alla prossima!
 
La Luna Nera

 
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: la luna nera