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Autore: Ice_DP    16/06/2016    0 recensioni
“Scappiamo Ace! Ce l’ha ordinato Barbabianca!”
Dopo che il possente vecchio baffuto aveva ordinato loro di andarsene, Rufy stava cercando di convincere suo fratello a fare ciò che suo padre gli aveva suggerito; senza apparente successo. Ace se ne stava immobile come uno stoccafisso, come se gli avessero infilzato un manico di scopa in un posto molto brutto; era impegnato in gloriose elucubrazioni che a noi poveri mortali non è dato sapere.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akainu, Barba bianca, Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le imbarazzanti avventure di Ace'
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ALLA RICERCA DI UNA RISPOSTA

 

Marineford era stracolma di gente, esattamente come nelle ultime quattro ore. Nonostante molte persone avessero perso la vita, i loro corpi occupavano lo spazio nello stesso modo.

C’era una puzza incredibile. Quella moltitudine di persone probabilmente erano estranee alla doccia e alle sue implicazioni, perché il fetore di sudore era quasi meno sopportabile di quello del sangue. Sapone, questo sconosciuto. Nessuno si salvava, forse solo le poche donne che avevano il senso della decenza; nemmeno Ace era esentato da questa pestilenza, ma per lui si poteva fare un’eccezione: era rimasto imprigionato in condizioni pietose per tanto tempo. Chissà come riusciva ad andare in bagno, in quel periodo...

Ma questo non è né il luogo, né il tempo per discutere di queste cose assai disgustose.

La piazza era gremita, ma il prigioniero condannato a morte era riuscito a scappare dal patibolo, e adesso combatteva al fianco di suo fratello, il suo liberatore.

Ovviamente non aveva perso occasione per rimproverarlo, ma Rufy era immune a qualsivoglia discorso serio, e non aveva recepito una sola parola; anzi, si era pure messo a ridere, sperando così di non dover rispondere ad un qualcosa che fosse più lungo di cinque parole, che non contenessero cibo, carne, sonno.

“Scappiamo Ace! Ce l’ha ordinato Barbabianca!”

Dopo che il possente vecchio baffuto aveva ordinato loro di andarsene, Rufy stava cercando di convincere suo fratello a fare ciò che suo padre gli aveva suggerito; senza apparente successo. Ace se ne stava immobile come uno stoccafisso, come se gli avessero infilzato un manico di scopa in un posto molto brutto; era impegnato in gloriose elucubrazioni che a noi poveri mortali non è dato sapere.

“Lo so, e rispetto il suo volere” disse infine, dopodiché lanciò una magnificente fiammata in difesa del suo babbo, che in quel momento era sull’orlo delle lacrime per il troppo orgoglio nei confronti del suo figlio più piccino. Non faceva che dargli una soddisfazione dopo l’altra. L’aveva circondato con una montagna di fuoco, e la luce che gli sbatteva delicatamente sui possentissimi muscoli, faceva risaltare la sua figura slanciata. In quel momento si chiese per quale motivo non avesse intrapreso la carriera di modello; avrebbe fatto miliardi, ne era certo. Quello era l’unico rimpianto della sua vita.

Una volta che il vecchio capitano poté nuovamente vedere mentre le fiamme continuavano a bruciargli attorno, notò Ace inginocchiato per terra quasi come se fosse in preghiera; alzò lo sguardo ansimando, ma sforzandosi di passare per un salutista. Doveva pur sempre fare bella figura con il suo papà!

“Questo non è il momento dei discorsi” disse Barbabianca, osservando la sagoma del figlio, a pochi metri da lui.

“Ma lascia che ti faccia una domanda, Ace” non aveva resistito a quella tentazione. In realtà c’erano molte cose che avrebbe voluto chiedergli; da come gli stesse il suo mantello nuovo di zecca anche se era identico a quello vecchio, se trovava anche lui che le fiamme gli donassero un’aria da macho, oppure se i suoi baffi avessero ancora il loro fascino nonostante fossero stati mozzati.

“Dimmi la verità. Io per te sono stato un buon padre?” decise infine per la domanda meno compromettente, che con tutta probabilità conteneva nell’insieme tutte quelle che avrebbe voluto esporre.

Ad Ace in quel momento passarono per la mente le immagini veloci di quello che era stato per lui il capitano della flotta dei pirati più potenti al mondo. Quando lo accolse con lui, credendo fin dall’inizio che sarebbe davvero diventato suo figlio, quando aveva sopportato tutti i suoi attentati che erano miseramente falliti, a quando si era proposto come cavia per dare sfogo alla vena artistica del suo figlioletto, il giorno in cui aveva deciso di dedicarsi alla pittura. Pose imbarazzanti gli erano state proposte, e l’idea di chiedergli persino di posare senza veli era stata allettante; per fortuna aveva ancora un po’ di sale in zucca per evitargli quella richiesta.

“Certo che lo sei stato!” disse fiero, abbassando lo sguardo e quasi mettendosi a piangere come un poppante. Comprensibile, in fondo lui era un ragazzo molto emotivo, di quelli che si commuovono davanti ad un gattino bagnato.

Barbabianca scoppiò a ridere, quasi come se gli avessero raccontato una barzelletta che vedeva un italiano, un francese e un tedesco al bar.

“Ti voglio bene!” pensò Ace, ma non lo disse. In fondo aveva ancora quel briciolo di paura e reverenza nei confronti del vecchio, e non voleva fare la figura del sentimentale in quel momento. Peccato che tanto nessuno potesse sentire quello che i due si stavano dicendo; per quanto potessero immaginare quelli all’esterno del cerchio di fuoco, loro potevano anche solo semplicemente scambiarsi una ricetta di cucina, o Ace poteva essersi fatto dare dei consigli su come comportarsi con le donne. Si sa che i papà conoscono tanti trucchi che i figli bramano di conoscere.

Mentre Bagy intratteneva il pubblico scontento, Jimbei scortava i due fratelli di corsa, cercando di metterli in salvo; Ace si era deciso a lasciare la sua posizione da larva e darsela a gambe. Ma quel bontempone di Akainu non se ne stava con le mani in mano, e lanciava pugni di lava a destra e manca. Non aveva proprio quella che si diceva un’ottima mira. Intanto cercava di provocare scompiglio e risentimento nei pirati di Barbabianca, attaccando il loro orgoglio e il loro capitano. Sperava che bastasse per fermare la loro fuga, ma loro erano troppo intelligenti per cadere in quella trappola.

Tutti tranne uno.

“…insomma in fin dei conti, Barbabianca non è che un perdente della vecchia guardia” disse risoluto, con un sorriso maligno che si addiceva più a Crudelia Demon, piuttosto che alla sua faccia simile al cubo di Rubik.

Ace si fermò di colpo, punto sul vivo, e totalmente incapace di ragionare. Se solo ci avesse provato, avrebbe evitato uno, di fare la figura del completo idiota, e due, di finire a fette come un salame stagionato. L’intelligenza non era proprio il suo forte; almeno, non in quel caso specifico.

“Un perdente?” disse iroso, ansimando.

“Sì” fu la grande risposta dell’Ammiraglio. Nemmeno lui brillava per originalità, bisogna ammetterlo.

Le mani di Ace presero immediatamente fuoco, e il suo cervello si ridusse alle dimensioni di un fagiolo, visto che ormai era chiaro che non lo stesse più utilizzando. Benedetto ragazzo.

“Nessuno può insultare il mio papà!” pensò. Prima gli avevano preso di mira la mamma, e adesso pure l’altro suo genitore; no, questo era decisamente troppo! Benedetto ragazzo, di nuovo.

“Rimangiati subito le parole che hai detto!” gridò in preda alla rabbia, girandosi verso l’uomo dalla deliziosa camicia hawaiana –forse l’unica cosa deliziosa, nel contesto-, prendendo completamente fuoco in uno spettacolo pirotecnico davvero notevole. I cinesi avrebbero fatto carte false per averlo dalla loro parte per i fuochi d’artificio.

“Non stare ad ascoltarlo, non capisci che lo fa apposta?”
“Lascialo parlare e vieni con noi, andiamo!”

Si sentivano queste soavi voci della verità, che avevano capito il semplice piano di Akainu, e non ci erano cascati.

Ma Ace era testardo, e pure un po’ stupido, e si liberò malamente dalla loro presa.

“Non ti permetto di offendere mio padre, è chiaro?”

Di nuovo il capitano era sull’orlo delle lacrime. Solo Dio sapeva quanto poteva essere orgoglioso di quel pargolo; di quello stupido pargolo, attenzione.

“Ace basta!” gridava Rufy. Persino lui era arrivato a capire che quella era solamente una trappola per idioti. Ed è tutto dire.

“Non ritiro niente. Tutto ciò che ho detto corrisponde a verità. E in fondo sai che ho ragione” si era pompato il marine, facendo uno sguardo che per lui doveva essere sexy e ammaliante.

Dopodiché si mise a sproloquiare nuovamente su Gol D. Roger, al che Ace nemmeno stava ascoltando più. Era stufo marcio di sentir parlare di cose che per lui non avevano il minimo interesse. Si limitò a fare uno sguardo più truce che poteva, sperando di dare l’impressione di stare assolutamente attento al discorso che veniva pronunciato. Ora l’uomo era passato a criticare Barbabianca, e il piccolo cervello a fagiolo di Ace si era ridestato a quel nome, come un innamorato.

“Ecco chi è Barbabianca, un uomo che non ha ottenuto nulla”.

E via dicendo, mentre Ace si avvicinava minaccioso, con le sue fiamme fedeli a fargli compagnia.

“Chiudi il becco” disse, scuro in volto e arrabbiato più che mai.

Ma quello continuava imperterrito.

“Siamo onesti, non è una vita sprecata la sua?” disse l’uomo che collezionava camicie con le palme da abbinare a pantaloni dello stesso colore, e diversi cappellini della Marina solo perché andavano trendy in quel periodo; senza contare la rosellina rosa appuntata alla giacca. Molto credibile.

E Ace continuava la sua marcia funerea verso l’uomo-lava, mentre i suoi fratelli cercavano di farlo rinsavire. Intervenire no, eh? Troppo difficile?

“Nostro padre ci ha dato un posto dove vivere. È un grande uomo! E tu, putrido verme non hai nessun diritto di insultarlo!” gridò rabbioso il ragazzo lentigginoso, mentre una lacrima solitaria solcava il volto anziano di Barbabianca. Era un uomo forte sì, ma era pur sempre un essere umano con delle emozioni, e non era riuscito a trattenersi; se avesse potuto, sarebbe corso ad abbracciare suo figlio, per poi scoppiare in un pianto liberatorio e riconoscente. Oh, era così orgoglioso del suo bambino!

Akainu rispose prontamente, esponendo che la legge va rispettata, e chiunque non lo faccia debba per forza andare punito e bla, bla, bla; intanto la sua mano destra andava a fuoco, letteralmente.

“I furfanti come voi devono essere eliminati, estirpati come erbacce” rispose a tono, sperando di non far trasparire la sua passione per il giardinaggio per la scelta di quella metafora. Adesso che ci pensava, non aveva dato l’acqua ai suoi pomodori!

“Chiudi la bocca!” gli gridò Ace per risposta, con tutta la rabbia che aveva accumulato in quei trenta secondi.

“Tuo padre uscirà di scena da perdente, perché questa la sorte che tocca a chi comanda dei rifiuti umani!” se si dovevano alzare i toni, lui era pronto; un urlo degnissimo di una checca isterica in piena regola.

“Barbabianca è un grande pirata che ha costruito quest’epoca! Non ti permetto di insultare il nome dell’uomo che mi ha salvato!”.

Gli spettatori saltavano con gli occhi dalla figura di Akainu a quella di Ace, quasi come se fosse una partita di tennis; benché loro non avessero la minima idea di che cosa fosse il tennis. Videro, con loro stupore, Ace che si ricopriva di fiamme e partiva all’attacco, gridando che il nome di quell’epoca era Barbabianca. Sembrava un cinghiale inferocito, e l’Ammiraglio non fece attendere il suo contrattacco. Iniziò una lotta inutile, senza capo né coda, e se solo qualcuno avesse avuto il buon senso di finirla lì, si sarebbero risparmiati molti bruciori di pancia; in tutti i sensi.

Successe tutto velocemente: Ace era sdraiato a terra, sembrava morto; mentre Akainu si sbrodolava a dire che il suo magma era più forte del fuoco. Quante manie di protagonismo.

Intanto Rufy stava correndo verso suo fratello per aiutarlo, ma come si sa bene in questi frangenti, inciampò come un deficiente in un sasso invisibile. Ovviamente la Vivrecard di Ace gli cadde dalle mani, e ovviamente si sporse per prenderla; cosa ancora più ovvia, non si accorse che l’Ammiraglio procedeva verso di lui con l’intento di farlo fuori. Ovviamente Ace si mise in mezzo ai due per difendere Rufy.

Qualcuno urlò così forte da distrarre Akainu dal suo intento. Tutti si voltarono verso la fonte del rumore, impauriti.

“Eh no eh! Non puoi morire dopo tutto quello che ho fatto per te Ace! Non te lo permetto razza di ingrato!” tuonò la voce di Barbabianca, profonda e tremendamente incazzata.

Il ragazzo sbiancò vedendogli l’espressione che recava sul volto; non ricordava di averlo mai visto così arrabbiato. Tre minuti prima stava piangendo!

“Ma papà io…”

“Niente scuse! Smettila di fare l’imbecille, cascando nei tranelli più idioti del mondo e scappa!” ringhiò, allungando il braccio.

“Ma io volevo difenderti…” pigolò Ace in preda allo sconforto.

“Ho detto di andartene!” rispose infuriato più di prima.

Intanto Akainu era incredulo quasi quanto tutti gli altri che stavano assistendo alla scena drammatica e irreale.

“Ma papà…”

“OBBEDISCI A TUO PADRE!” tuonò, ed Ace non poté che approfittare di quel momento di distrazione dell’Ammiraglio per prendere Rufy per un piede e trascinarlo lontano. L’uomo nemmeno se ne accorse, troppo impegnato com’era a contemplare la figura rabbiosa di Barbabianca; era quasi ipnotico.

Quando si rese conto di essersi fatto fuggire le sue ambite prede, si lasciò cadere in ginocchio, buttando la testa all’indietro e gridando un sonoro “NO” prolungato di dissenso e disperazione. Posizione presa dai peggiori film di Caracas.

“Quando un papà deve fare il papà, non c’è magma che tenga!” esordì il vecchio capitano, scoppiando poi rumorosamente a ridere, tra lo sconcerto generale. Era un uomo dalle mille risorse.

 

 

 

 

ANGOLO DELLA DEMENZA
*sbuca timidamente con la testa da dietro un angolo*
Hola miei cari! Sono tornata con un’ennesima stupidata! E te pareva…
Questa storia fa coppia con l’altra, “E allora?!”, dove il protagonista è sempre quel baka di Ace. Qui ho voluto prendere la sua morte come tema principale, perché non smetterò mai di dire quanto mi abbia fatto incazzare il modo in cui è morto. Quindi ho voluto dargli una possibilità, seppur tremendamente umiliante, di sfuggire alla morte.
Il titolo è preso da quello dell’episodio (per chi lo volesse sapere è il 482), così come le battute, che ho copiato papali papali da lì. Questa storia, a mio parere non è così divertente come l’altra, ma volevo scriverla a tutti i costi; quindi, eccola qui! Andrà a far parte di una serie sulle mille e una minchiate di Ace. Se avete consigli, ditemi pure, che sono ben accetti. Più umilianti sono, meglio è!
Una piccola noticina che spero mi perdonerete. So che i baffi di Barbabianca vengono mozzati dopo questa scenetta da Barbanera, ma mi sembrava carino metterla comunque. Non negatemi questa licenza poetica!
Detto ciò, spero di avervi strappato almeno un sorriso! E concludo col dire che Ace è stato davvero un grosso imbecille a morire così; persino suo fratello aveva capito che era una trappola, andiamo!
A presto tortini!
Tanto ammmmmore!

   
 
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