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Autore: domaris    15/04/2009    3 recensioni
Serie di one-shot collegate tra loro che intendono esplorare una possibile relazione tra Gibbs e DiNozzo durante la sesta stagione. Pre-slash (per il momento)
1. Buone intenzioni (spoilers: Agent Afloat)
2. Lasciando andare il passato (spoilers: Heartland)
3. Un posto in cui stare (spoilers: Murder 2.0)
"Preferirei andarmene prima di essere riuscito a darti definitivamente sui nervi..."
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Note:  questa storia è dedicata a Joy ed è esclusivamente colpa sua se l'ho scritta. O forse è colpa mia che le ho fatto conoscere questo mondo ed ora pago pegno. E' il mio primo tentativo di slash, fatemi sapere cosa ne pensate!

Buoni propositi

Tony sedeva sull'orlo della scrivania, con le gambe distese e le caviglie incrociate, mentre raccontava agli amici le storie che aveva appreso dai marinai durante il tempo trascorso in mare. Rilassato e soddisfatto di essere al centro dell'attenzione, si godeva il momento di gloria, sicuro che dal giorno successivo i colleghi avrebbero ripreso a trattarlo come al solito. Si guardò attorno, cercando cambiamenti nell'ufficio in cui aveva lavorato per sette anni, esclusi gli ultimi quattro mesi. Sembrava tutto come sempre, a parte la sua scrivania, molto più ordinata di come era solito tenerla, ma con tutti i suoi oggetti in bella vista, comprese le riviste. Ducky, McGee e Ziva pendevano dalle sue labbra e lui era più che lieto di accontentarli mentre con la coda dell'occhio seguiva i movimenti di Gibbs al piano di sopra, intento a parlare con Vance.
Osservare il capo era per lui un'abitudine consolidata da sette anni di pratica. Era il modo migliore per prevenire le sue richieste e, sul campo, per coprirgli le spalle o porsi tra lui e il pericolo. Sin dai primi tempi in cui aveva lavorato per lui l'aveva sentita una propria responsabilità, maggiormente in seguito quando, con l'allargarsi del team, lui era divenuto ufficialmente l'agente anziano, il braccio destro di Gibbs.
Inevitabilmente ripensò alla solitudine e al disagio vissuto nei mesi in cui era rimasto esiliato in mare. Come avesse sentito costantemente gli sguardi dei marinai su di sé, quasi fosse stato possibile che, nonostante la frenetica attività delle portaerei, ci fosse stato qualcuno con nient'altro da fare che tenere d'occhio il “poliziotto della nave”. Aveva odiato quella sensazione di sentirsi spiato, osservato, analizzato. Solo nell'angusto spazio della propria cabina o nel piccolo ufficio aveva avuto la possibilità di restare solo, un lusso su una nave della marina, dove le attività si riducevano a malapena nelle ore notturne. Avevano continuato a dirgli che ci si sarebbe abituato, che con il tempo non avrebbe più fatto caso al costante frastuono dovuto al passaggio degli aerei, che il fascino della vita in mare era anche quello di non essere mai soli, ma Tony aveva odiato tenacemente il rumore, la folla, gli spazi stretti, il forte odore di mare impregnato nei vestiti, l'impossibilità di riuscire a concentrarsi su qualcosa. Aveva sempre saputo di non essere tagliato per quella vita e gli era mancata ogni giorno di più quella che si era lasciato indietro. Quattro mesi prima aveva accettato il trasferimento come la giusta punizione per la morte di Jenny, ma aveva avuto abbastanza tempo per rendersi conto che nulla di quello che avrebbe potuto fare avrebbe fatto la differenza. Aveva sperato che anche gli altri fossero giunti alla stessa conclusione, ma non lo poteva sapere nemmeno adesso, non era una cosa che si potesse chiedere.
Quando Gibbs aveva ripreso nella sua squadra Ziva e McGee si era sentito tagliato fuori, impossibilitato a sapere se il capo stava provando davvero, come diceva, a riavere anche lui, o se era stato lieto che il suo incarico lo tenesse lontano da Washington.
Gibbs stava scendendo le scale proprio in quel momento, assorto nei propri pensieri. Ma il grido di Abby lo costrinse a distogliere l'attenzione.
- Tony! Sei tornato per restare, vero? - il grido della giovane Goth fu seguito dal forte abbraccio della ragazza che lui ricambiò con pari entusiasmo.
Con Abby tra le braccia, una presenza familiare e rassicurante, Tony rise felice, lo sguardo rivolto a Gibbs che nel frattempo li aveva raggiunti. Era la sua reazione che importava davvero.
- Trasferito a Washington con effetto immediato, Vance me lo ha appena confermato.

Gibbs fece un cenno di assenso, sollevato, spostò per un attimo lo sguardo verso il piano superiore, grato che Vance avesse preso la decisione giusta. Riportò lo sguardo ai suoi ragazzi, di nuovo insieme come una grande famiglia. Gibbs sospirò, dopo sette anni era stato sconcertante non avere Tony a coprirgli le spalle, a dissipare la tensione con le sue battute e le sue citazioni di film. In quei quattro mesi si era reso conto di quanto con il tempo avesse finito con il contare sull'intuito e le capacità del suo agente e quanto la sua assenza fosse negativa sia per il morale della squadra che per il suo. Guadandolo adesso, rilassato e allegro, ripensò per un attimo alle poche volte in cui gli aveva parlato in videoconferenza, il sorriso tirato, lo sguardo sfuggente. E poi la gioia, che non aveva saputo mascherare, quando lui e Ziva lo avevano raggiunto a Cartagena. Lui stesso aveva sorriso mentre l'israeliana si faceva avanti per abbracciare il collega, mentre Tony da sopra la spalla della ragazza, gli lanciava uno sguardo perplesso ma felice di una così plateale dimostrazione di affetto. Per un attimo aveva provato l'impulso di abbracciarlo anche lui, ma il buon senso aveva prevalso e si era limitato a dire, nel suo solito tono burbero, che c'era molto da fare e nessun tempo da perdere.
D'impulso tese la mano verso il giovane. Tony alzò lo sguardo, scrutando attentamente nel suo, tutta la sua sorpresa riflessa negli occhi. Gibbs annuì e sorrise nel vedere la gioia diffondersi sul viso di DiNozzo mentre comprendeva la portata di quel gesto e lo accettava insieme a quella simbolica stretta di mano.

Tony si guardò attorno, gli altri erano andati tutti via. Si alzò e fece il giro della scrivania cercando il telefono. Sarebbe andato in hotel, in attesa di trovare un nuovo appartamento da affittare. Stava per chiamare un taxi quando una figura familiare gli si parò davanti.
- Pronto ad andare a casa, DiNozzo? - gli chiese Gibbs, facendolo sussultare.
- Appena trovo un posto dove dormire qui in zona, - rispose il giovane aprendo un cassetto in cerca della rubrica telefonica.
Gibbs si sporse e richiuse il cassetto, prima che Tony potesse guardarci dentro.
- Capo? - gli chiese confuso.
- Andiamo, DiNozzo, e ricordati che se mi allaghi di nuovo il bagno ti butto fuori senza pensarci due volte, - sentenziò con tono severo.
Tony sorrise per l'ennesima volta. Era tornato a casa, Gibbs lo rispettava e, nonostante i guai che gli aveva combinato nelle occasioni precedenti, era pronto ad ospitarlo a casa propria. Non avrebbe potuto essere più felice, nemmeno se di punto in bianco...
Si morse la lingua e censurò i propri pensieri.
Avrebbe ripreso a flirtare con tutte le donne che gli capitavano a tiro, doveva solo stare attento a non esagerare con Ziva. L'israeliana aveva sviluppato un certo attaccamento nei suoi confronti e non voleva illuderla, non avrebbe cercato un coinvolgimento con una collega nemmeno se fosse stato realmente interessato, la disastrosa breve relazione con Paula Cassidy gli aveva insegnato quanto la regola dodici di Gibbs fosse valida.
Ripensò con nostalgia a Kate. Con lei non aveva avuto nessuna necessità di stare attento. Si capivano e litigavano, flirtavano e scherzavano consapevoli che si trattasse solo di un gioco, un bluff a beneficio di Gibbs. Kate era stata come una sorella per lui e, nonostante fingesse di essere scandalizzata dai suoi comportamenti, lo capiva come nessun altro era mai riuscito a fare. Lei aveva intuito il suo segreto e gli aveva offerto un perfetto paravento dietro al quale nasconderlo e nello stesso tempo aveva coperto se stessa. Era ironico a ben pensarci, lui e Kate, così diversi eppure entrambi attratti come falene verso la luce dalla stessa persona.
Si passò una mano tra i capelli, sospirando. Era stanco ma doveva concentrarsi e indirizzare i propri pensieri in tutt'altra direzione.
- DiNozzo!
Tony strinse gli occhi e abbassò la testa d'istinto, sicuro che sarebbe presto venuta in contatto con la dura mano di Gibbs. Passarono alcuni secondi senza che accadesse nulla prima che osasse riaprire gli occhi.
Gibbs aveva dipinto sul viso un sorriso ironico e compiaciuto e il giovane si sentì mancare il fiato nell'incrociarne lo sguardo.
- Devo portarti via di qui di peso o ti decidi a muovere quelle gambe?
Tony sperò vivamente di non essere arrossito e si affrettò a seguire il capo, prima che mettesse in pratica la minaccia.

Gibbs frenò l'impulso di colpire DiNozzo alla nuca con uno scappellotto. Il giovane era abbastanza provato da quattro mesi di vita in mare, avrebbe dovuto avere un po' di pazienza con lui. Un sorriso ironico gli sfuggì dalle labbra mentre uscivano dall'ascensore. Il suo livello di tolleranza non era mai stato particolarmente alto e Tony aveva l'innata capacità di testare i suoi limiti.
Il giovane era insolitamente silenzioso durante il tragitto in auto e, quando Gibbs arrischiò un'occhiata nella sua direzione, scoprì che si era addormentato.
Un'ombra gli passò sul viso mentre ripensava a tutto quello che aveva passato negli ultimi anni: le volte in cui era quasi morto, la fallimentare missione sotto copertura a cui lo aveva sottoposto Jenny, la morte di Kate, Paula, e infine quella di Jenny che aveva portato all'incarico sulle portaerei Reagan e Seahawks.
Involontariamente ricordò anche qualcos'altro: l'espressione incredula e ferita del giovane quando lui, tornato dal Messico, aveva ripreso il suo posto a capo del team senza una parola, e quella smarrita di quel giorno di novembre dell'anno prima, quando incurante della propria salute Tony si era tuffato in acqua per salvare lui e Maddie Tayler. Non lo aveva nemmeno ringraziato eppure il giovane agente aveva continuato a lavorare con lui e a coprirgli le spalle con lo stesso entusiasmo di sempre.
SI rese conto che era giunto il momento di dare qualcosa in cambio. Non avrebbe fatto nulla di plateale ma avrebbe seguito la strada intrapresa meno di un'ora prima, quando impulsivamente aveva stretto la mano del giovane.
Parcheggiò di fronte a casa e spense il motore. Il suo passeggero era ancora addormentato e colse l'occasione per osservarlo, alla luce del lampione stradale.
DiNozzo non era più il ragazzo indisciplinato che aveva portato via alla polizia di Baltimora sette anni prima, anche se talvolta ne aveva ancora tutta l'aria. Il giovane uomo seduto accanto a lui era un investigatore esperto e lo avrebbe trattato con il rispetto che meritava. Non ci sarebbero più stati scappellotti, e questa era una sfida verso se stesso e la propria capacità di essere paziente e di rinunciare alle vecchie abitudini. Era un marine, poteva farcela.

   
 
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