Note:
questa storia è
dedicata a Joy ed è esclusivamente colpa sua se l'ho scritta. O
forse è colpa mia che le ho fatto conoscere questo mondo ed ora pago
pegno. E' il mio primo tentativo di slash, fatemi sapere cosa ne
pensate!
Buoni
propositi
Tony
sedeva sull'orlo
della scrivania, con le gambe distese e le caviglie incrociate,
mentre raccontava agli amici le storie che aveva appreso dai marinai
durante il tempo trascorso in mare. Rilassato e soddisfatto di essere
al centro dell'attenzione, si godeva il momento di gloria, sicuro che
dal giorno successivo i colleghi avrebbero ripreso a trattarlo come
al solito. Si guardò attorno, cercando cambiamenti nell'ufficio in
cui aveva lavorato per sette anni, esclusi gli ultimi quattro mesi.
Sembrava tutto come sempre, a parte la sua scrivania, molto più
ordinata di come era solito tenerla, ma con tutti i suoi oggetti in
bella vista, comprese le riviste. Ducky, McGee e Ziva pendevano dalle
sue labbra e lui era più che lieto di accontentarli mentre con la
coda dell'occhio seguiva i movimenti di Gibbs al piano di sopra,
intento a parlare con Vance.
Osservare il capo era per
lui un'abitudine consolidata da sette anni di pratica. Era il modo
migliore per prevenire le sue richieste e, sul campo, per coprirgli
le spalle o porsi tra lui e il pericolo. Sin dai primi tempi in cui
aveva lavorato per lui l'aveva sentita una propria responsabilità,
maggiormente in seguito quando, con l'allargarsi del team, lui era
divenuto ufficialmente l'agente anziano, il braccio destro di Gibbs.
Inevitabilmente ripensò
alla solitudine e al disagio vissuto nei mesi in cui era rimasto
esiliato in mare. Come avesse sentito costantemente gli sguardi dei
marinai su di sé, quasi fosse stato possibile che, nonostante la
frenetica attività delle portaerei, ci fosse stato qualcuno con
nient'altro da fare che tenere d'occhio il “poliziotto della nave”.
Aveva odiato quella sensazione di sentirsi spiato, osservato,
analizzato. Solo nell'angusto spazio della propria cabina o nel
piccolo ufficio aveva avuto la possibilità di restare solo, un lusso
su una nave della marina, dove le attività si riducevano a malapena
nelle ore notturne. Avevano continuato a dirgli che ci si sarebbe
abituato, che con il tempo non avrebbe più fatto caso al costante
frastuono dovuto al passaggio degli aerei, che il fascino della vita
in mare era anche quello di non essere mai soli, ma Tony aveva odiato
tenacemente il rumore, la folla, gli spazi stretti, il forte odore di
mare impregnato nei vestiti, l'impossibilità di riuscire a
concentrarsi su qualcosa. Aveva sempre saputo di non essere tagliato
per quella vita e gli era mancata ogni giorno di più quella che si
era lasciato indietro. Quattro mesi prima aveva accettato il
trasferimento come la giusta punizione per la morte di Jenny, ma
aveva avuto abbastanza tempo per rendersi conto che nulla di quello
che avrebbe potuto fare avrebbe fatto la differenza. Aveva sperato
che anche gli altri fossero giunti alla stessa conclusione, ma non lo
poteva sapere nemmeno adesso, non era una cosa che si potesse
chiedere.
Quando Gibbs aveva
ripreso nella sua squadra Ziva e McGee si era sentito tagliato fuori,
impossibilitato a sapere se il capo stava provando davvero, come
diceva, a riavere anche lui, o se era stato lieto che il suo incarico
lo tenesse lontano da Washington.
Gibbs stava scendendo le
scale proprio in quel momento, assorto nei propri pensieri. Ma il
grido di Abby lo costrinse a distogliere l'attenzione.
- Tony! Sei tornato per
restare, vero? - il grido della giovane Goth fu seguito dal forte
abbraccio della ragazza che lui ricambiò con pari entusiasmo.
Con Abby tra le braccia,
una presenza familiare e rassicurante, Tony rise felice, lo sguardo
rivolto a Gibbs che nel frattempo li aveva raggiunti. Era la sua
reazione che importava davvero.
- Trasferito a Washington
con effetto immediato, Vance me lo ha appena confermato.
Gibbs
fece un cenno di
assenso, sollevato, spostò per un attimo lo sguardo verso il piano
superiore, grato che Vance avesse preso la decisione giusta. Riportò
lo sguardo ai suoi ragazzi, di nuovo insieme come una grande
famiglia. Gibbs sospirò, dopo sette anni era stato sconcertante non
avere Tony a coprirgli le spalle, a dissipare la tensione con le sue
battute e le sue citazioni di film. In quei quattro mesi si era reso
conto di quanto con il tempo avesse finito con il contare
sull'intuito e le capacità del suo agente e quanto la sua assenza
fosse negativa sia per il morale della squadra che per il suo.
Guadandolo adesso, rilassato e allegro, ripensò per un attimo alle
poche volte in cui gli aveva parlato in videoconferenza, il sorriso
tirato, lo sguardo sfuggente. E poi la gioia, che non aveva saputo
mascherare, quando lui e Ziva lo avevano raggiunto a Cartagena. Lui
stesso aveva sorriso mentre l'israeliana si faceva avanti per
abbracciare il collega, mentre Tony da sopra la spalla della ragazza,
gli lanciava uno sguardo perplesso ma felice di una così plateale
dimostrazione di affetto. Per un attimo aveva provato l'impulso di
abbracciarlo anche lui, ma il buon senso aveva prevalso e si era
limitato a dire, nel suo solito tono burbero, che c'era molto da fare
e nessun tempo da perdere.
D'impulso tese la mano
verso il giovane. Tony alzò lo sguardo, scrutando attentamente nel
suo, tutta la sua sorpresa riflessa negli occhi. Gibbs annuì e
sorrise nel vedere la gioia diffondersi sul viso di DiNozzo mentre
comprendeva la portata di quel gesto e lo accettava insieme a quella
simbolica stretta di mano.
Tony
si guardò attorno,
gli altri erano andati tutti via. Si alzò e fece il giro della
scrivania cercando il telefono. Sarebbe andato in hotel, in attesa di
trovare un nuovo appartamento da affittare. Stava per chiamare un
taxi quando una figura familiare gli si parò davanti.
- Pronto ad andare a
casa, DiNozzo? - gli chiese Gibbs, facendolo sussultare.
- Appena trovo un posto
dove dormire qui in zona, - rispose il giovane aprendo un cassetto in
cerca della rubrica telefonica.
Gibbs si sporse e
richiuse il cassetto, prima che Tony potesse guardarci dentro.
- Capo? - gli chiese
confuso.
- Andiamo, DiNozzo, e
ricordati che se mi allaghi di nuovo il bagno ti butto fuori senza
pensarci due volte, - sentenziò con tono severo.
Tony sorrise per
l'ennesima volta. Era tornato a casa, Gibbs lo rispettava e,
nonostante i guai che gli aveva combinato nelle occasioni precedenti,
era pronto ad ospitarlo a casa propria. Non avrebbe potuto essere più
felice, nemmeno se di punto in bianco...
Si morse la lingua e
censurò i propri pensieri.
Avrebbe ripreso a
flirtare con tutte le donne che gli capitavano a tiro, doveva solo
stare attento a non esagerare con Ziva. L'israeliana aveva sviluppato
un certo attaccamento nei suoi confronti e non voleva illuderla, non
avrebbe cercato un coinvolgimento con una collega nemmeno se fosse
stato realmente interessato, la disastrosa breve relazione con Paula
Cassidy gli aveva insegnato quanto la regola dodici di Gibbs fosse
valida.
Ripensò con nostalgia a
Kate. Con lei non aveva avuto nessuna necessità di stare attento. Si
capivano e litigavano, flirtavano e scherzavano consapevoli che si
trattasse solo di un gioco, un bluff a beneficio di Gibbs. Kate era
stata come una sorella per lui e, nonostante fingesse di essere
scandalizzata dai suoi comportamenti, lo capiva come nessun altro era
mai riuscito a fare. Lei aveva intuito il suo segreto e gli aveva
offerto un perfetto paravento dietro al quale nasconderlo e nello
stesso tempo aveva coperto se stessa. Era ironico a ben pensarci, lui
e Kate, così diversi eppure entrambi attratti come falene verso la
luce dalla stessa persona.
Si passò una mano tra i
capelli, sospirando. Era stanco ma doveva concentrarsi e indirizzare
i propri pensieri in tutt'altra direzione.
- DiNozzo!
Tony strinse gli occhi e
abbassò la testa d'istinto, sicuro che sarebbe presto venuta in
contatto con la dura mano di Gibbs. Passarono alcuni secondi senza
che accadesse nulla prima che osasse riaprire gli occhi.
Gibbs aveva dipinto sul
viso un sorriso ironico e compiaciuto e il giovane si sentì mancare
il fiato nell'incrociarne lo sguardo.
- Devo portarti via di
qui di peso o ti decidi a muovere quelle gambe?
Tony sperò vivamente di
non essere arrossito e si affrettò a seguire il capo, prima che
mettesse in pratica la minaccia.
Gibbs
frenò l'impulso di
colpire DiNozzo alla nuca con uno scappellotto. Il giovane era
abbastanza provato da quattro mesi di vita in mare, avrebbe dovuto
avere un po' di pazienza con lui. Un sorriso ironico gli sfuggì
dalle labbra mentre uscivano dall'ascensore. Il suo livello di
tolleranza non era mai stato particolarmente alto e Tony aveva
l'innata capacità di testare i suoi limiti.
Il giovane era
insolitamente silenzioso durante il tragitto in auto e, quando Gibbs
arrischiò un'occhiata nella sua direzione, scoprì che si era
addormentato.
Un'ombra gli passò sul
viso mentre ripensava a tutto quello che aveva passato negli ultimi
anni: le volte in cui era quasi morto, la fallimentare missione sotto
copertura a cui lo aveva sottoposto Jenny, la morte di Kate, Paula, e
infine quella di Jenny che aveva portato all'incarico sulle portaerei
Reagan e Seahawks.
Involontariamente ricordò
anche qualcos'altro: l'espressione incredula e ferita del giovane
quando lui, tornato dal Messico, aveva ripreso il suo posto a capo
del team senza una parola, e quella smarrita di quel giorno di
novembre dell'anno prima, quando incurante della propria salute Tony
si era tuffato in acqua per salvare lui e Maddie Tayler. Non lo aveva
nemmeno ringraziato eppure il giovane agente aveva continuato a
lavorare con lui e a coprirgli le spalle con lo stesso entusiasmo di
sempre.
SI rese conto che era
giunto il momento di dare qualcosa in cambio. Non avrebbe fatto nulla
di plateale ma avrebbe seguito la strada intrapresa meno di un'ora
prima, quando impulsivamente aveva stretto la mano del giovane.
Parcheggiò di fronte a
casa e spense il motore. Il suo passeggero era ancora addormentato e
colse l'occasione per osservarlo, alla luce del lampione stradale.
DiNozzo non era più il
ragazzo indisciplinato che aveva portato via alla polizia di
Baltimora sette anni prima, anche se talvolta ne aveva ancora tutta
l'aria. Il giovane uomo seduto accanto a lui era un investigatore
esperto e lo avrebbe trattato con il rispetto che meritava. Non ci
sarebbero più stati scappellotti, e questa era una sfida verso se
stesso e la propria capacità di essere paziente e di rinunciare alle
vecchie abitudini. Era un marine, poteva farcela.
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