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Autore: SalazarSerpeverde    17/06/2016    0 recensioni
Il brutale omicidio di un semplice insegnante di storia londinese, porta il solitario detective Edgar Lyonel, sulla pista di qualcosa che ben presto si accorgerà essere più grande di lui.
[Dal capitolo primo - La vittima in questione era ancora seduta sulla sua sedia. Indossava un noioso completo beige in pieno stile insegnante e c’era ancora un’espressione terrorizzata sul suo volto snello.
La causa della sua morte era proprio li, al confine tra la fronte ed i suoi folti capelli castani e scombinati: un foro di proiettile gli aveva attraversato il cranio, perforato il cervello ed era uscito nuovamente fuori, conficcandosi nella lavagna appena dietro di se.]
SalazarSerpeverde
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Edgar VS Darkness [VI]

"Old Street. Trovati!"
Un secondo dopo essersi precipitato fuori la porta degli archivi automobilistici, Anthony Warren lo raggiunse, tirandosi su i calzoni con una mano e tenendo gli occhiali con l'altra.
"Non vorrai mica andare da solo a casa di quelli che volevano ucciderti vero?"
Per un momento Edgar si fermò. Effettivamente quei due erano armati, e potevano avere compagnia nel luogo dove erano fermi adesso. Edgar non aveva nemmeno l'autorizzazione per tenere con se una pistola. Per quanto odiasse la collaborazione con la polizia, non poteva andare da nessuna parte senza di loro. Allora decise di andare da Derryl, per organizzare una scorta. E poi lui avrebbe saputo a chi rivolgersi per emettere un mandato d'arresto.
Così, il detective, invece di scendere al piano terra ed uscire, si diresse da Derryl. Lo trovò nel suo ufficio, a fumare in panciolle sulla sua sedia. Sembrava stressato e stanco. Molto stanco.
"Cosa c'è?" chiese Derryl in tono brusco, trattenendo un violento sbadiglio quanto poteva.
"Ho trovato l'assassino di Wales. Un certo Philip, non conosco il cognome, ma so dove trovarlo."
"Ah si?" rispose Derryl, spegnendo la sigaretta consumata nel posacenere. "E tu che ne sai?"
"Sono testimone della sua confessione."
"E chi mi conferma le tue parole?" continuò Derryl.
"Lo sai che sto indagando su questo caso. E poi io non sono mica un giovanotto che ha assistito per caso ad un crimine. Le mie parole sono attendibili. Direi che incriminare questo Philip per omicidio ed anche per il mio tentato omicidio insieme al suo compagno sia abbastanza per sbatterli in galera. In realtà ci sarebbe anche l'accusa di guida spericolata, ma su quello lasciamo correre che anche io sono colpevole."
Su questo, Derryl non poteva protestare. Effettivamente Edgar aveva aiutato non solo una volta a risolvere un caso e la sua parola era sempre risultata attendibile.
"Bé, almeno dopo aver arrestato quei due la finirai con questa storia di Joe Wales." accettò Derryl.
"Certo." rispose Edgar. Ma non era vero. C'era ancora una cosa che interessava a Edgar al momento riguardante l'omicidio Wales, anche più importante del delitto stesso. Ma per evitare che Derryl si indispettisse inutilmente, Edgar tenne per se questa informazione. Ne avrebbe parlato direttamente con Simon e Philip dopo il loro arresto, dato che erano loro i diretti interessati.
"Ok, contatto subito Terence. Tra pochi minuti il mandato d'arresto sarà pronto per entrambi e potremmo partire per...?" domandò Derryl, alzandosi di botto dalla sedia.
"Old Street." sbottò Edgar, tutto euforico.
Mentre l'agente Terence emetteva i due mandati e Derryl organizzava una scorta di cinque poliziotti più Edgar, quest'ultimo controllava e ricontrollava l'applicazione sul suo cellulare che gli aveva permesso di scoprire l'ubicazione dei due criminali. Erano ancora fermi in una casa a Old Street. Il detective sapeva benissimo come poterci arrivare da New Scotland Yard, ma controllava sempre la mappa per assicurarsi che l'auto dei due non partisse alla volta di qualche altro luogo.
Dopo dieci lunghi minuti, Edgar ebbe la conferma che la squadra di poliziotti era pronta per partire. Lui per primo schizzò in testa alla squadra. Non vedeva l'ora di raggiungere quei due ed ottenere le informazioni sperate. I cinque poliziotti più detective sarebbero saliti in due macchine. Edgar avrebbe avuto un posto riservato nella prima, in modo da dare indicazioni al poliziotto al posto del guidatore ed anche alla vettura dietro.
Finalmente, dopo che tutti erano a bordo delle auto, si poteva partire. Edgar era alla sinistra di Henry Newell, che guidava. Le sirene di entrambe le auto erano spente, per evitare di dare nell'occhio una volta arrivati in Old Street. Edgar continuava a dare indicazioni su dove svoltare per arrivare il prima possibile e in nemmeno un quarto d'ora arrivarono. La casa dove era ferma la BMW di Simon e Philip era in fondo alla strada. Le due vetture della polizia si fermarono e scesero tutti, mano alla fondina, mentre Edgar stringeva in mano i due mandati d'arresto.
Con fare esperto, due poliziotti sfondarono la porta d'ingresso con due spallate. Mentre entravano, tutti i poliziotti mettevano mano alla pistola. Henry Newell diede l'ordine di sparpagliarsi per l'abitazione, finché da una stanza in fondo ad un lungo corridoio non giunse una voce.
"Trovato!"
Tutta la squadra si diresse alla fonte della voce, e trovarono un altro poliziotto che metteva le manette ad un uomo inginocchiato a terra, mentre con l'altra mano teneva la canna della pistola puntata sul cranio dell'uomo.
"E' lui?" domandò velocemente Henry.
Edgar lo osservò più a lungo di quanto avrebbe dovuto. "No." rispose infine.
L'uomo che aveva davanti infatti, non aveva niente a che fare con Philip o Simon, o almeno così sembrava a prima vista.
"Un giretto a Scotland Yard non ti farà male." concluse Henry Newell, dando ordine di scortarlo in una delle due auto. L'uomo in manette fu molto collaborativo. Non aveva molte chance in effetti, circondato da tutti quei poliziotti ed in manette.
Newell fece prima un rapido giro della casa, per assicurarsi che fosse solo, poi salì di nuovo al volante della vettura con Edgar al suo fianco e partì di nuovo alla volta di Scotland Yard.
"Dobbiamo interrogarlo?" esordì a metà strada un poliziotto nel retro dell'auto.
"No. L'abbiamo invitato per prendere del tè con i biscotti." rispose ironico Henry.
"L'auto degli assassini di Wales era nella sua proprietà. Che lo voglia o no ci dirà qualcosa." disse Edgar, guardando il poliziotto dietro di se attraverso lo specchietto retrovisore.
Il resto del viaggio fu accompagnato da un silenzio pesante. Le due auto raggiunsero Scotland Yard. Ormai le prime tenebre serali avevano oscurato il cielo londinese, ma c'era ancora una sfumatura rosea del sole che contornava le nuvole più basse.
Henry Newell ed un altro agente, scortarono l'uomo nel seminterrato di Scotland Yard, dove una cella aperta attendeva il nuovo ospite. Tutte le altre celle di quel piano erano vuote. Dopotutto, quelle erano solo celle provvisorie per imputati non ancora sotto processo.
Dopo aver chiuso la cella dell'uomo, Newell prese una sedia, la girò al contrario, e si sedette a guardare fisso l'interno della "gabbia".
Sotto le deboli luci del seminterrato di Scotland Yard, gli zigomi di Newell erano più pronunciati. Aveva gli occhi piccoli, con un accenno di rughe sotto di essi. Aveva i capelli color biondo sbiadito e sembrava che quella faccia da Poliziotto Cattivo gli venisse naturale, quasi l'avesse fatta chissà quante altre volte prima di allora. E probabilmente era proprio così. Henry Newell era un vero e proprio agente veterano, e lo si capiva da come tutti lo rispettassero ed anche da come aveva preso da solo l'iniziativa dell'arresto di quella sera, facendosi poi seguire da tutta la squadra.
"Allora." iniziò Henry, schiarendosi la gola.
Il prigioniero alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi per solo un attimo, quasi avesse paura di accecarsi se fosse rimasto a guardarlo per un secondo di più.
"P-perché mi avete portato qui? Io non ho fatto niente." disse il prigioniero, cercando di sfilarsi inutilmente le manette.
"L'auto di un omicida era parcheggiata nel tuo giardino e tu ci dirai perché. Io credo che se ci risparmiamo le menzogne, andremmo tutti prima a casa." ribatté Newell con voce decisa.
Il prigioniero iniziò a scuotere la testa a quelle parole.
"No." disse. "No. Per me è tardi ormai. Non tornerò mai più a casa."
"Iniziamo con qualcosa di semplice. Non siamo qui per maltrattarla, signore. Ci dica il suo nome, prego."
"L-Lawrence. Vincent Lawrence."
"Bene signor Lawrence. Le consiglio di essere collaborativo..."
"A che serve tanto? Ormai sono morto." ripetè ancora Vincent, trattendeno delle lacrime.
"Perché ripete sempre questa cosa?" domandò Newell, tutto serio.
"Perché è vero. Ora che mi hanno arrestato, non mi lasceranno mai andare." continuò Lawrence, con un tono sempre più malinconico.
"INSOMMA!" sbottò Newell adirato. "Di cosa sta parlando? Non vorrà mica che la sua pena aumenti per l'accusa di intralcio alla giustizia?"
"Basta!" intervenne Edgar dal fondo della stanza. Finora era rimasto ad osservare attentamente il prigioniero, ma era arrivato il momento di intervenire. "C'entra la Darkness. Non è forse così?"
Lawrence sgranò gli occhi, all'udire quel nome. Newell, osservando lo stupore di Vincent, chiese spiegazioni al detective.
"Non ho idea di cosa sia di preciso. Immagino un'associazione a delinquere. E' l'ipotesi più avvalorata. I tuoi cari amichetti Philip e Simon si sono lasciati sfuggire questo nome quando si sono incontrati. Ho anche sentito che Joe Wales era un affiliato, che è stato ucciso appunto perché voleva tagliare ogni rapporto con questa Darkness. Ma immagino che un'associazione mafiosa non possa assumere e licenziare membri senza alcuna precauzione, quindi hanno pensato che liquidare letteralmente il problema Wales fosse la cosa migliore e più semplice. Adesso che la polizia ha catturato un altro membro, immagino che questa Darkness voglia uccidere anche lei. Nemmeno io mi fiderei più di una persona che potrebbe aver spifferato qualche informazione importante al mio nemico, in questo caso, la polizia. Quindi probabilmente c'è già una lapide col suo nome scritto sopra da qualche parte qui fuori caro Lawrence."
Tutti i presenti pendevano dalle labbra di Edgar. Vincent Lawrence fece una smorfia nevrotica e si sedette di peso sulla branda all'interno della cella.
"Tutto esatto signor Lyonel. La classe non è acqua dopotutto. La Darkness ha fatto bene a tenerla d'occhio per tutto questo tempo. Ma immagino che se continuerà ad immischiarsi, costruiranno una lapide anche per lei, ben presto."
"Al contrario di lei, io non ho affatto paura della Darkness." ribatté Edgar convinto.
"Tutta questa sicurezza la farà uccidere caro detective." rispose Lawrence, fissando Edgar negli occhi.
"Se voi due avete finito di chiacchierare, io procederei con l'interrogatorio." intervenne ancora Newell, seduto sempre sulla sedia davanti alla cella.
Il volto di Lawrence tornò ad incupirsi.
"Parlaci di questa Darkness. Dove operate, e da quando." chiese Henry con calma.
"E' inutile agente. Non le dirò niente. Rimango fedele alla Darkness, nonostante ormai sia morto. Il mio unico rimpianto è il non poter vedere la Darkness che schiaccia il povero Edgar Lyonel. La Darkness è troppo forte. I demoni della Darkness sono dovunque, anche all'interno. Non c'è niente da fare ormai... Le mie ultime parole sono... NON RIMPIANGO NULLA."
Tutta la squadra di agenti che avevano catturato Vincent erano attenti ad ogni sua parola, Edgar compreso.
Dopo le ultime parole di Vincent, il tempo sembrò fermarsi. Quest'ultimo fece un ultimo sorrisetto triste, poi alzò la manica destra della camicia che aveva indosso ed iniziò ad armeggiare con qualcosa.
Henry Newell si insospettì, si alzò di scatto dalla sedia ed aprì la cella, per paura che Vincent stesse comunicando con qualcuno attraverso un piccolo dispositivo che aveva nascosto addosso. In realtà, Vincent non comunicava con nessuno. Stretto nella mano aveva un piccolo telecomando che emetteva una debole luce rossa. Newell rimase fermo davanti a Lawrence per qualche secondo, poi la sua attenzione si rivolse alla pancia di Lawrence... si stava illuminando.
L'agente di Scotland Yard osservò la scena con sconcerto. Poi capì tutto in un lampo. Quello nella mano di Lawrence era un piccolo detonatore, quella nel suo stomaco era una bomba in detonazione.
Gli ultimi secondi di vita di Lawrence furono accompagnati da una sua grossa risata di scherno, poi scoppiò il finimondo nell'attimo successivo. Una luce accecante investì l'intero seminterrato. L'urlo di Henry Newell che ordinava a tutti i presenti di allontanarsi, uno scoppio fragoroso che recise in meno di un secondo, l'intero corpo di Lawrence, che esplose in lago di sangue, coinvolgendo anche Newell, che aveva capito troppo tardi le intenzioni del prigioniero. Il braccio ed un pezzo di busto di Newell si staccarono di netto dal corpo. Il suo urlo straziato mentre moriva fu coperto dal rombo della bomba. Successivamente la cella andò in pezzi, coinvolgendo anche quelle laterali, il soffitto ed anche il piano di sopra.
Macerie sporche di sangue e polvere si disperesero dappertutto, mentre Edgar, l'ultimo ancora ad uscire dal seminterrato, si tuffava a peso morto il più lontano possibile, schiantandosi sulle scale di pieno petto, ma almeno salvandosi la vita, mentre il resto del piano saltava in aria, sollevando macerie dovunque.
Quelli che seguirono furono secondi interminabili. La polvere cominciò a diradarsi, Edgar si alzò da terra con la testa sanguinante ed il braccio scorticato ed entrò in quello che fino a pochi attimi prima era un seminterrato per i prigionieri. C'era tanfo di macerie, fumo e sangue. Dove prima c'era la cella di Lawrence, ora c'era una montagna di detriti che splendeva rosso crrmisi grazie al suo sangue. Nemmeno un metro più in la, c'era il corpo mutilato di Henry Newell, che giaceva senza vita, con i vestiti a brandelli inzuppati del suo sangue. Il suo braccio era andato polverizzato nell'esplosione insieme all'intero Lawrence. Ormai non c'erano speranze di farlo risvegliare.
Presto sarebbero accorse ondate di altri agenti per vedere che cosa era successo in quel minuto infernale e ancora dopo sarebbero venuti i vigili del fuoco, accompagnati dalle ambulanze, alle quali toccava il compito di raccattare quel che rimaneva di Henry Newell da terra.
Edgar salì di corsa le scale che portavano al pian terreno, tamponandosi la ferita alla testa con un lembo del suo impermeabile. Uscì indisturbato mentre tutti si affrettavano a scendere nel seminterrato.
Non aveva ne il tempo e ne la voglia di assistere agli sguardi stupiti degli altri agenti e sentire i racconti strappalacrime della squadra di poliziotti sopravvissuta. Tutto ciò non gli sarebbe stato di alcuna utilità per risolvere il caso. Quello che era appena successo infatti, non aveva in alcun modo scalfito la determinazione di Edgar di portare a termine il suo compito. Non ora che aveva delle informazioni, seppur incomplete, su cosa si era andato a mettere contro. Per Edgar il gioco era solo iniziato.     ​†
  
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