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Autore: ShioriKitsune    17/06/2016    4 recensioni
[AU! Taekook/Yoonkook]
"Successero molte cose durante l'estate della scomparsa di Taehyung.
E, durante quell'estate, Yoongi si rese conto di amare qualcuno che non avrebbe mai potuto avere.
"
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Gukkie»,

Il minore si voltò, studiando il viso dell'altro. Il suo profilo perfetto, dai lineamenti dolci e il naso all'insù, era rivolto verso l'alto, nei suoi occhi scuri il riflesso di un cielo che prometteva tempesta.

«Hai mai... paura?»

Jeongguk aggrottò la fronte. «Tutti hanno paura, hyung. Siamo esseri umani».

Faceva freddo, quella sera. Più freddo del normale per essere giugno, ma questo non aveva fermato i due ragazzi dal voler trascorrere del tempo insieme all'aperto, nella speranza di guardare le stelle.

Ma di stelle quella sera non ce n'era neanche una.

«Sì, lo so, ma... hai mai paura di crescere? Di lasciarti alle spalle tutto questo?».

Un tuono ruppe il silenzio e Taehyung tremò: era sempre stato spaventato dai temporali. Jeongguk sospirò, intrecciando le dita con le sue.

«Penso che i cambiamenti spaventino chiunque, ma è più facile affrontarli quando hai qualcuno accanto».

Il maggiore si voltò e sorrise. I suoi capelli color lavanda erano mossi dal vento e il suo sguardo, rivolto a Jeongguk, era caldo e pieno d'affetto.

«Vorrei restare giovane per sempre», ammise alla fine. «Essere libero, pronto a sfidare la vita. Correre per strada urlando solo perché mi va di farlo», ridacchiò. «Passare il tempo assieme a te, senza preoccupazioni e...», fece una pausa, incatenando lo sguardo del ragazzo accanto a lui. «senza che nulla possa dividerci».

Jeongguk allungò la mano libera – quella che non stringeva il suo intero mondo – e gli scostò una ciocca di capelli dagli occhi. «Niente potrà mai dividerci, hyung».

E Taehyung gli credette.

 

 



Kim Taehyung scomparve durante quella sera di giugno.

Scomparve dopo l'ultimo lampo, ma prima del sorgere del sole. Scomparve senza che nessuno avesse idea di dove potesse essere.

Jeongguk pianse, così come il resto dei loro amici, e più i giorni passavano, più tutti quanti iniziavano a perdere le speranze. Non Jeongguk però, che si aggrappava a quel filo come se da ciò dipendesse la sua stessa vita. Non Jimin, che era da sempre stato il suo migliore amico e che sapeva che sarebbe comparso, prima o poi. E nemmeno Yoongi, che pensava che Taehyung fosse troppo in gamba per arrendersi al suo destino, qualsiasi esso fosse.

Successero molte cose durante l'estate della scomparsa di Taehyung.

Il clima mite di giugno lasciò il posto a quello più caldo di luglio e di lui ancora nessuna traccia.

Ma quando lugliò si ritirò, facendo spazio all'afa di agosto, anche Jimin iniziò a crollare.

Jeongguk era rimasto solo, se non per il tacito sostegno di Yoongi.

Yoongi che non parlava spesso, ma che sapeva sempre cosa dire.

Yoongi che gli poggiava una coperta sulle spalle quando Jeongguk si addormentava fuori, seduto sul porticato, nella speranza di vedere Taehyung tornare a casa.

Yoongi che lo osservava, mentre dormiva, chiedendosi perché un ragazzo così giovane dovesse soffrire così tanto. Chiedendosi cosa fosse successo a Taehyung e se Jeongguk lo avrebbe mai accettato.

Successero molte cose durante l'estate della scomparsa di Taehyung.

E, durante quell'estate, Yoongi si rese conto di amare qualcuno che non avrebbe mai potuto avere.

 

 

A te, io dono

 

 

 

Erano cresciuti tutti insieme, in quella piccola città sul mare che era sempre stata un posto molto tranquillo. In quella grande casa che li aveva accolti quando nessuno di loro sapeva dove andare e nella quale avevano imparato il significato della parola famiglia.

Ognuno di loro aveva un passato dal quale sfuggire, ma lì c'era il tacito accordo di non svegliare i mostri assopiti all'interno di se stessi. Doveva essere un nuovo inizio, in fondo.

Jeongguk e Taehyung si erano conosciuti alla rispettiva età di dieci e dodici anni e, da quel momento in poi, erano stati praticamente inseparabili.

Tutti si erano accorti di ciò che stava succedendo tra loro, ma Jeongguk aveva pregato i suoi hyung di non farne parola con Taehyung, che non sembrava aver capito ancora quanto intensi fossero i sentimenti che legavano il minore a lui.

Jeongguk non avrebbe potuto sapere che non ci sarebbero state altre occasioni.

Passava le sue giornate nei posti che Taehyung amava e le sue notti in attesa di un ritorno. Isolatosi dagli altri – non aveva bisogno della pietà che i loro occhi volevano trasmettergli – poteva impiegare quel tempo e quel silenzio per riflettere, per ripensare a cosa fosse successo durante quell'ultima sera che avevano trascorso insieme.

Non c'erano stati segnali e lui era piuttosto certo che Taehyung non lo avrebbe mai lasciato solo, per nessuna ragione al mondo.

L'unica spiegazione possibile era che gli fosse accaduto qualcosa, eppure nessuno sembrava propenso ad indagare sulla faccenda.

Perché Kim Taehyung era solo un nome tra tanti, senza una vera famiglia a cui fare ritorno. La sua scomparsa, o quella di qualsiasi altro ragazzino sperduto, passava in secondo piano.

«Maledizione!».

Le sue nocche colpirono il legno più volte, fino a spaccarsi. Ma quella, al momento, era la ferita che faceva meno male.

«Fare così non servirà a farlo tornare indietro».

Jeongguk si voltò e Yoongi era lì. I capelli di un tenue verde mossi dal vento e le mani nelle tasche, mentre gli rivolgeva uno sguardo deciso. «Se Taehyung fosse qui-».

«Non parlare di lui come se fosse morto».

Il maggiore serrò la mascella. Jeongguk non incrociava mai il suo sguardo per più di qualche secondo perché aveva paura. Paura che anche Yoongi avesse iniziato a pensarla come gli altri, paura che anche lui avesse gettato la spugna.

«Non è quello che ho detto, Jeongguk».

L'altro sospirò, chinando il capo fino a quando le ciocche corvine non gli oscurarono completamente la vista. Poi, illuminata dalla luce fioca della luna, una lacrima solitaria rigò la sua guancia.

«Mi manca, hyung».

Jeongguk non amava mostrarsi debole. Non amava che gli altri lo compatissero, rivolgendogli frasi di circostanza che non sarebbero servite a farlo stare meglio. Ma da Yoongi non avrebbe ottenuto nulla di tutto questo, lo sapeva bene, così decise di lasciarsi andare.

«Perché nessuno sembra credere che tornerà? Perché pensano tutti che sia scappato o...morto? Anche Jimin, hyung. Perché? Era il suo migliore amico».

Yoongi sospirò, sedendosi accanto a lui sulle vecchie scale di legno.

«Sperare in qualcosa vuol dire restare in un'impasse nell'attesa che accada, Guk. Vuol dire lasciare una porta aperta ad un possibile dolore. Il loro è un percorso di accettazione, soprattutto per quanto riguarda Jimin». Fece una pausa. «Piange ogni notte, sai. Piange e si domanda perché sia andato via».

«Ma lui non è-».

«Tutti conoscevamo Taehyung, okay? Tutti noi sapevamo come fosse fatto. Aveva bisogno di evadere, ogni tanto. Parlava di ideali e viveva libero da schemi, in una costante ricerca di qualcosa. Non è difficile capire perché tutti pensano che sia fuggito».

Jeongguk serrò la mascella. «Ci voleva bene. Non avrebbe mai fatto in modo che ci preoccupassimo per lui. Lui...».

Lui non mi avrebbe mai lasciato indietro.

Non lo aveva detto a parole, ma era come se lo avesse fatto.

Yoongi fece vagare lo sguardo nella notte, prendendosi del tempo per formulare quella domanda.

«Se Taehyung fosse davvero fuggito, e ti avesse chiesto di andare via con lui... cosa gli avresti detto?».

Jeongguk non esitò nemmeno. «Lo avrei seguito, hyung. Senza fare domande».

L'angolo della bocca del maggiore si piegò impercettibilmente all'insù. «Lo immaginavo».

Era vero, lo immaginava.

Ma questo non lo rendeva meno doloroso.

 

 

 

«Tae! Rallenta! Non vedi che ci stai lasciando tutti indietro?», si lamentò Jimin, le mani sulle ginocchia nel tentativo di riprendere fiato.

Taehyung si voltò, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi rettangolari. «Non tutti, Jiminnie. Gukkie riesce a stare al mio passo, vedi?».

E Yoongi lo vide, così come tutti gli altri. Vide come Jeongguk lo guardava, quando pensava che nessuno ci facesse caso. Vide quel sorriso spontaneo che partiva dagli occhi e che era dedicato solo a Taehyung.

Yoongi lo vide, ma come tutte le altre volte, finse di non averlo fatto.

 

 

Era stato Yoongi a trovare Jeongguk ed introdurlo nella loro piccola famiglia, un pomeriggio di settembre di molti anni prima.

Quel giorno toccava a Yoongi recarsi al supermercato per la spesa e, mentre gettava cose random nel carrello, fu distratto dalle grida del vecchio proprietario.

«Sono stufo di te, ragazzino! Se non paghi, questa volta ti faccio sbattere dritto in riformatorio!».

Yoongi aggrottò la fronte. Non era da lui immischiarsi in faccende che non lo riguardavano, ma se c'era di mezzo un ragazzino come loro, Seokjin l'avrebbe odiato a vita se non avesse fatto qualcosa.

Quando arrivò alla cassa, il vecchio teneva dal collo della maglia un bambino che poteva avere dieci anni al massimo. Il suo sguardo era fermo, per nulla intimorito dalla situazione.

Yoongi decise che quel marmocchio aveva le carte in regola.

«Che succede qui?».

I due si voltarono nello stesso istante. «Questo qui! È la terza volta che lo becco a rubare nel mio negozio!».

Yoongi incrociò il suo sguardo, chiedendogli silenziosamente di stare al gioco. «Al mio fratellino piace fare scherzi, ma non è un piantagrane». Sospirò. «Per scusarmi, pagherò tutto quello che ha preso».

Il bambino sgranò gli occhi, confuso, ma al proprietario bastò la promessa di risarcimento per lasciarlo andare.

Una volta fuori, camminarono in silenzio per qualche minuto prima che il più piccolo si decidesse a parlare.

«Perché l'hai fatto? Non mi conosci nemmeno».

Yoongi fece spallucce. «Hai rubato del pane e del latte. Ho pensato che lo avessi fatto per necessità, non per infrangere la legge. Dove sono i tuoi genitori?».

L'altro chinò il capo e scosse la testa.

«Capisco», annuì il maggiore. «Io sono Yoongi, comunque. Tu come ti chiami?».

Questi esitò. «Jeongguk»

«Ascolta, Jeongguk. Se non hai un posto dove stare, io ne conosco uno che potrebbe fare al caso tuo. Non è chissà cosa, ma almeno non sarai più solo».

Jeongguk sembrò pensarci per qualche attimo. «C'è qualcuno con cui posso giocare?».

Yoongi annuì. «Credo che Taehyung e Jimin saranno felici di dividere i loro giochi con te».

Per la prima volta lo sguardo del minore si illuminò, ed il suo sorriso svelò due adorabili denti da coniglio.

Così, quel pomeriggio di settembre, la spesa non fu l'unica cosa che Yoongi portò a casa.

 

 

«Hyung, insegnami a suonare il piano».

Le dita di Yoongi si fermarono e alzò lo sguardo per incrociarlo con quello del minore.

«Potresti anche dire per favore».

Jeongguk roteò gli occhi, sedendosi sullo sgabello accanto a lui.

Aveva sedici anni adesso e le fiamme nei suoi occhi non facevano che diventare più grandi, così grandi da essere in grado di appiccare un incendio.

Yoongi era paglia, e quel ragazzo il fuoco in grado di accenderlo. Di donargli la grinta che a lui spesso mancava. «Perché questa richiesta, di punto in bianco?».

A quella domanda, Jeongguk arrossì e distolse lo sguardo, posizionando le mani sui tasti.

«Ho solo voglia di imparare qualcosa di nuovo».

 

Qualche giorno dopo, Yoongi udì della musica e delle risate provenienti dal salotto.

«Yah, Gukkie! Devi smetterla di essere così bravo in tutto! Quando hai imparato a suonare?».

Taehyung e Jeongguk occupavano il vecchio pianoforte e sembravano totalmente indifferenti al mondo esterno, chiusi com'erano nella loro bolla di felicità.

Il minore fece spallucce, senza distogliere lo sguardo dalle proprie mani. «Hai detto che ti piace la musica, no?».

Nessuno, a parte Yoongi stesso, sentì il suo cuore che si fermava per un attimo.

 

 

Da quando Taehyung era scomparso, la fiamma negli occhi di Jeongguk si stava lentamente estinguendo.

Yoongi aveva capito da tempo cosa avesse alimentato quel fuoco, ed era certo che presto o tardi tutto sarebbe caduto a pezzi.

Non si domandò cosa avrebbe fatto lui, senza la passione di Jeongguk a tenerlo sveglio, perché era un pensiero troppo egoista per un momento così delicato.

L'inverno era quasi finito quando Yoongi soprese il minore a suonare il piano, dopo mesi di assoluto silenzio.

Jeongguk si accorse della sua presenza, ma non smise di accarezzare i tasti.

«Questa era la sua preferita», mormorò. Magari potesse sentirla.

Nessuno dei due amava parlare più del necessario, così il maggiore rimase semplicemente lì, a fargli compagnia, fin quando non fu Jeongguk a rompere il silenzio.

«Ho deciso di andare via, hyung».

Yoongi non si scompose, ma qualcosa dentro di lui morì. Ancora. «Dove?»

«Non lo so ancora. Lui...», sospirò, stringendo i pugni. «Taehyung, avrebbe voluto viaggiare. E adesso... lo farò io al posto suo».

Il maggiore lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, perché aveva capito ciò che quella frase implicava.

Ti stai arrendendo, Guk?

E quando i loro occhi si incrociarono, Yoongi vide tutto ciò che non avrebbe mai voluto vedere.

Jeongguk si sentiva in colpa perché voleva andare avanti.

«Guk-».

«No, hyung. È meglio così. Taehyung non avrebbe voluto che io... che io sprecassi la mia vita ad aspettarlo».

Il dolore che Yoongi provò in quel momento fu più forte di una pugnalata.

Più forte del sapere che il minore non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti.

Jeongguk stava lasciando andare Taehyung e Yoongi avrebbe dovuto lasciare andare lui. Era quella la conclusione che, segretamente, tutti stavano aspettando.

Ma quello che accadde dopo, il maggiore non se lo sarebbe mai aspettato.

Jeongguk si alzò, rapidamente, e prima che Yoongi potesse rendersi conto di ciò che stava succedendo posò le labbra sulle sue, in un casto bacio di addio.

E quando si separarono, i suoi occhi erano carichi di lacrime che non avrebbe versato.

«Mi dispiace tanto», sussurrò abbracciandolo, così forte da fargli male. «Mi dispiace, hyung».

E in quel momento, tutto fu chiaro.

Mi dispiace, hyung, ma non posso ricambiare i tuoi sentimenti.

Così Jeongguk andò via, senza dargli la possibilità di replicare.

E per la prima volta dopo tanti, tantissimi anni, Yoongi pianse.

 

 

 

 

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«Che ne dici di vedere un film stasera, hyung?».

Il volto di Taehyung si illuminò. «Scelgo io! Ma prima bisogna fare un salto al supermercato, abbiamo finito i popcorn e sai benissimo che non è lo stesso, guardare un film senza popcorn».

Jeongguk ridacchiò, alzandosi. «Andiamo allora, prima che chiuda».

«Se andiamo entrambi, gli altri si chiederanno che fine abbiamo fatto. Andrò da solo, ci metterò massimo cinque minuti!».

Il minore storse la bocca. «Tae, sei sicuro? Non mi costa nulla accompagnarti».

L'altro annuì, correndo via. «Ci vediamo a casa, Gukkie!».

Nessuno poteva sapere che Taehyung, quella sera, a casa non ci sarebbe mai tornato.

Camminava tranquillo, diretto al supermercato, il perenne sorriso stampato sul volto.

Aveva deciso di dire tutto a Jeongguk. Di dirgli cosa realmente provava per lui, nella speranza che questo non rovinasse il loro rapporto. Il cuore gli batteva al solo pensiero, ma era deciso. Ormai, erano grandi e maturi abbastanza per affrontare l'argomento.

Stava per entrare nel supermercato quando, dall'altro lato della strada, udì delle grida e uno sparo.

Corse in quella direzione senza pensarci due volte e si ritrovò ben presto faccia a faccia con una donna che piangeva, il sangue sulle sue mani mentre stringeva il corpo senza vita di un uomo.

Taehyung sgranò gli occhi, chinandosi accanto a lei. «Cosa è successo? Ehi, come ti chiami? Cosa sta-».

«Stava inseguendo un ladro e lui... lui-Oh mio Dio, qualcuno mi aiuti!»

Taehyung si guardò intorno, allarmato. Non si era mai trovato in una situazione del genere. «Okay, cerca di calmarti, ricordi l'aspetto di questa persona? Possiamo denunciarlo, possiamo...».

Ma quando la donna alzò lo sguardo, il dolore si tramutò in orrore. Sollevò la mano tremante, ma era troppo tardi.

Lo sparo la uccise sul colpo, prima che la canna della pistola fosse puntata alla testa di Taehyung.

«Ti sei trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, ragazzino», intimò la voce, prima di premere il grilletto.

Mi dispiace, Jeonggukie. Non potremo più guardare quel film insieme.

 

Qualcuno, probabilmente la stessa persona, si occupò di disfarsi dei corpi gettandoli in mare, insabbiando la cosa.

Nessuno avrebbe saputo che, in quella rapina finita male, c'era andato di mezzo anche un ragazzo completamente innocente.

 

In un certo senso, Taehyung non doveva avere più paura.

Sarebbe davvero rimasto giovane per sempre.












nda.
Okay, okay, mi odiate tutti adesso e MI DISPIACE!
Se solo sapeste come sono quando non scrivo angst... l'accusa di bipolarismo sarebbe più che lecita.
Mi farò perdonare!


 

 

 
   
 
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