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Autore: SoulHunter    18/06/2016    0 recensioni
“Ora uccidetevi” sembrano dire, perché si aspettano che lo facciano seriamente; e non hanno altra scelta, se non quella di combattere per la loro misera vita, ormai gettata tra le fiamme, e costretta a vagare alla ricerca di un modo per saziare la sua sete tremenda di vendetta.
In palio l’onore, la gloria e la fama, per l’unico rimasto in piedi, per il carnefice più spietato, ma anche l’odio eterno da parte di chi, alla fine della battaglia, non vedrà più la luce.
E ne sono consapevoli, di non essere abbastanza, di fronte ad un colosso di tali dimensioni, quando i colpi non vanno a segno, o se lo fanno, non ne scalfiscono nemmeno l’armatura.
[Song-fic - Centuries - Fall Out Boy]
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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[Song-fic – Centuries – Fall Out Boy]

 

 Cherry Blossoms

 
❝ Some legends are told
Some turn to dust or to gold
But you will remember me
Remember me for Centuries.❞
 
Lento e cadenzato il passo dei tributi, così come la pioggia, pressante, scivola via dai loro corpi, ricercando un luogo in cui convogliare a formare una pozzanghera.
Non esiste pace, non esiste quiete.
Catapultati in un’arena, ognuno di loro lotta per affermare la supremazia di un titolo che non verrà mai riconosciuto, lotta per salvare quello che è rimasto della sua dignità.
Sanno che la maggior parte non è destinata a varcare di nuovo la soglia di quel cancello, ma, alla fine, rimarrà distesa su un letto spoglio, interamente ricoperto di terra battuta, in balia del vento, e del mondo intero, che avrà assistito a quella carneficina.
La loro anima troverà il riposo eterno nella polvere, mentre solo uno, a quel punto, potrà godere dello splendore perpetuo dell’oro, destinato a colui che non sarà stato vinto dalla pietà e dalla compassione, ma per il quale verranno provati sentimenti decisamente contrastanti.
Le asce, le spade, ad ognuno la propria tecnica di difesa.
Vengono gettati in un mondo fatto unicamente di sangue e distruzione, chiuse le porte e serrata ogni uscita.
“Ora uccidetevi”  sembrano dire, perché si aspettano che lo facciano seriamente; e non hanno altra scelta, se non quella di combattere per la loro misera vita, ormai gettata tra le fiamme, e costretta a vagare alla ricerca di un modo per saziare la sua sete tremenda di vendetta.
In palio l’onore, la gloria e la fama, per l’unico rimasto in piedi, per il carnefice più spietato, ma anche l’odio eterno da parte di chi, alla fine della battaglia, non vedrà più la luce.
E ne sono consapevoli, di non essere abbastanza, di fronte ad un colosso di tali dimensioni, quando i colpi non vanno a segno, o se lo fanno, non ne scalfiscono nemmeno l’armatura.
Si arrendono o continuano, mossi da chissà quale volontà, da chissà quale delle tante pazzie che spesso convivono nell’animo umano.
Si ricorderanno del loro mietitore, porteranno il suo nome fino alle soglie della morte, quando lo grideranno con tutte le loro forze, riversando su di esso la rabbia di non aver saputo tenere testa ad una furia del genere.
La sua figura invece splenderà, verrà insignita delle più alte cariche immaginabili, e renderà costantemente omaggio a chi ha saputo fornirgli le armi e gli insegnamenti migliori. Colto da un’improvvisa voglia di affermare il suo potere, deturperà i vostri corpi, affonderà la sua lama in ognuno di essi, rivoltandone le carni come foste animali da macello, e vi stenderà sopra una coperta di sangue, e siederà ad ammirare la sua grande impresa, accecato dalla convinzione di essere il migliore.
 
 
Mummified my teenage dreams
No, it's nothing wrong with me
The kids are all wrong
The story's all off.
 

I codardi restano in un angolo, ad attendere che, lenta, anche la loro fine si faccia avanti.
Tra questi, molti tremano, rimembrano i tempi passati di una vita da ragazzini, giovani e inesperti, e mai si sarebbero aspettati che qualcuno, ad un certo punto, disponesse per loro.
Si può intuire cosa passi per le loro menti, serpi di pensieri destinati a scemare nel momento in cui la morte busserà alle loro porte.
Nessuno osa parlare, solo le mani si muovono nervosamente, tenendo strette le dita intorno all’arma prescelta, come se davvero ancora ci fosse una speranza, un appiglio a cui aggrapparsi per evitare la distruzione.
I respiri si infrangono gli uni con gli altri, in un’arena dove il tempo sembra essere scandito dalla paura, dove ogni secondo ti avvicina inesorabilmente alla tua ora, e tu lo sai perfettamente, e non puoi fare altro se non aspettare.
I più coraggiosi tentano, credendo che non ci sia nulla di sbagliato nell’utilizzare un po’ di follia, soprattutto quando non si ha più niente da perdere.
Sbalzano in aria i giovani sogni di altrettante vite sprecate, colpite dallo strumento di guerra più temibile, impugnato dall’uomo che nessuno mai avrà la forza di contrastare.
Sono tutte così, quelle sottili essenze, ormai affidate al vento, il quale avrà cura di trasportarle in un luogo migliore.
La terra si macchia di sangue, formando un tappeto cremisi, un prato di morte dove gli unici fiori sono gli stessi corpi di chi ha dato la vita per un ideale sbagliato, uno stupido gioco dove non vi sono reali vincitori, solo deboli vinti.
Così, in quello spaventoso scenario, si consuma l’ignobile destino di pedine scelte per adempiere proprio quell’incarico, vittime sacrificabili per il divertimento e la gioia degli spettatori.
Gli animi infuriati del pubblico, si riversano sui modi di fare di chi, in quel momento, sta avendo la meglio, intimandolo ad essere ancora più spietato, a regalare ancora quei brividi che si provano alla vista di un cadavere.
Credono sia lecito, assistere ad una simile caccia all’uomo, alla manifestazione degli istinti più reconditi delle belve dalle quali discendiamo, e all’utilizzo dell’ingegno come alleato della morte.
Non vi è, ormai, più alcuna differenza; nel subbuglio generale, chiunque cerchi di scappare è destinato a cadere al suolo, esattamente come quelli che hanno lottato.
Forse li chiameranno codardi, ma sappiamo tutti quanto abbiano cercato di preservare un dono prezioso come la vita, e alla fine, anche i loro nomi saranno scritti insieme a quelli dei più temerari.
 
 
❝ And I can't stop 'til the whole world knows my name
'Cause I was only born inside my dreams
Until you die for me, as long as there's a light, my shadow's over you
'Cause I, I am the opposite of amnesia.❞


La sete di vittoria ti spinge ad andare avanti, ormai hai la strada spianata, lo gridano anche dalle tribune.
In mezzo a quei corpi, il tuo sguardo si posa sul mio, lo osserva, e riconosce, in quel giovane vigore, l’amico d’infanzia quale sono sempre stato.
Ma non ti fermerai nemmeno di fronte ad un sentimento così tanto futile, non è il momento di pensare ai legami.
Hai già falciato via le vite di tanti ragazzi, e di certo la mia non sarà così importante da essere risparmiata.
Il tuo nome riecheggia per l’arena, sbatte contro i cancelli, riempie le menti di chi è ancora vivo, e di chi, ben presto, non lo sarà più.
Non esiste pace, non esiste quiete.
La lama trafigge altri corpi, sibila sorda mentre trapassa le carni, s’impregna di un sangue innocente, si appropria di qualcosa che non gli appartiene.
Le gocce di pioggia ti oscurano la visuale, ma non è un problema per te, che hai un elmo a proteggerti; lo è piuttosto per me, che, a viso scoperto, sono stato lanciato tra le braccia della morte senza ritegno, come se fossi nato soltanto per questo.
Per uno stupido gioco.
Dall’alto, ci osserva chi avrà l’onore di decretarti vincitore, chi getterà sulla tua schiena un tappeto di rose, e coronerà il tuo capo con l’alloro, per consacrare il tuo nome, e la tua storia.
Ammetti di aver aspettato questo giorno con trepidazione, ammetti di essere tremendamente fiero di ciò che hai fatto, e forse quella coerenza potrà risparmiarti il mio odio.
Riconosco i tuoi occhi, avidi di gloria come il primo giorno che ti ho conosciuto; i tuoi capelli, morbidi e fluenti anche al di sotto dell’elmo. Quei riccioli che forse ricadranno sul mio viso, quando ti chinerai a tagliarmi la gola.
Riconosco il tuo fisico, scolpito e definito, chiaro segno di quanto la tua forza sia superiore a quella di tutti gli altri, qua dentro.
Aspetti forse che mi avvicini, che mi faccia avanti per combattere, e perire sotto alla tua spada, ma così non accadrà.
Non me ne andrò seguendo le orme di chi ha provato a contrastarti, non darò alcuna soddisfazione a chi, da anni, aspetta solo di assistere alla mia fine.
Avverto i tuoi passi, sempre più carichi di furore, perché sai che, dopo di me, ti aspetta la gloria eterna, e quel titolo che da tempo hai sperato di poter ricoprire.
Spezzare vite sembra essere così facile, quando si tratta di perfetti sconosciuti, ma così, di fronte al mio migliore amico, non muoverei nemmeno un passo, e non solleverei nemmeno una singola lama.
 
 
You're a cherry blossom
You're about to bloom
You look so pretty, but you're gone so soon.❞
 

Così giovane è anche la mia esistenza, non ancora perfettamente matura, ma in procinto di esserlo.
La pioggia laverà via il mio sangue, il vento spazzerà altrove le mie ossa.
E non vi è alcuna paura, né nel mio, né nel tuo sguardo.
Attendo solamente che quest’agonia possa finalmente finire, ricordandoti che il mio nome verrà scritto accanto al tuo, quando qualcuno poserà le tue memorie.
Verremo tutti ricordati come vittime, ma verremo ricordati, e allo stesso modo lo sarai tu.
Non ci sarà differenza, una volta ottenuto il trapasso.
Il tuo corpo brillerà nell’oro, il nostro sfiorirà nella polvere, sotto ad un cielo triste e cupo come quello di oggi.
Ce ne andremo da perdenti, me ne andò da perdente, ma quando mi raggiungerai, non sorprenderti se le nostre anime si eguaglieranno di fronte al giudizio di qualcuno di ben più importante di un semplice comandante militare.
Non manca poi molto, al mio, di giudizio.
Cali la lama sul mio petto, con tutta la forza che ti è rimasta: ormai anche tu sei esausto.
Il sangue non si sofferma sul mio corpo, ma scivola piuttosto verso il basso, accompagnando in una lenta danza ciò che rimane del fisico di un giovane ragazzo.
La vista si annebbia, spenta ma priva di rancore.
Si sollevano le grida impetuose di un pubblico che sa di avere finalmente il proprio vincitore, e si mescolano ai pianti di dolore di chi ha visto i propri figli divorati da una società che non si fa scrupoli a sacrificare per il divertimento.
Hanno il terrore dipinto sui volti, il cuore a pezzi a causa di un’ingiustizia.
Ti acclamano, ti lodano, alcuni ti denigrano, ti chiamano “bestia”, ma dovrai accettarlo: non tutti sono contenti della tua vittoria.
Ora ti chini sulle mie spoglie, e posso percepire seriamente i tuoi riccioli sfiorarmi il volto.
Mi immagino il colpo di grazia, e invece ti limiti a socchiudermi le palpebre, poggiando due dita, ed esercitando una lieve pressione su di esse.
Non è questo che ti guadagnerà il perdono della mia famiglia.
Ti alzi e ti allontani, ti avvicini alla gloria tanto desiderata, all’onore tanto bramato.
Sento la vita scivolarmi dalle dita, ormai impossibile da recuperare.
Basta aspettare, e la morte verrà da sola, a recuperare tutte le esistenze che oggi le sono state consegnate.
Non esiste pace, non esiste quiete.
Le grida ovattate, il mondo che mi abbandona.
Chissà se qualcuno si degnerà di raccogliere i nostri corpi.
Dubito in una degna sepoltura, ma, almeno, la pioggia laverà via il nostro sangue.
Il sangue di giovani boccioli, e di fiori più maturi, ai quali lo stelo è stato spezzato allo stesso modo, dalla stessa falce.
   
 
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