La visita
del re
Sigert
de
Morlhon non provò mai nessun tipo di rimorso.
Gli
sceriffi
che lo interrogarono cercarono invano quel sentimento sul suo volto, ma
ciò che
videro fu solamente un uomo dallo sguardo scuro e fermo, la bocca che
rimaneva
ostinatamente chiusa. Nemmeno in precedenza, quando l’idea di
assassinare il re
era ancora solamente un progetto, aveva mai guardato con vergogna ai
suoi
pensieri. Anche se questo gli sceriffi non potevano saperlo.
Dei
passi
iniziarono a risuonare nei corridoi delle prigioni nell’esatto istante
in cui
Morlhon appoggiava la schiena al muro, esausto. Quando il rumore fu
abbastanza
vicino a lui, poté sentire il suono di parole esitanti, che non riuscì
a
comprendere e che non lo turbarono.
Fu
sorpreso
però di sentire una voce che conosceva bene rispondere stizzita.
La
voce del
giovane re di Francia.
*
Luigi
IX era
andato alle prigioni spinto da un istinto impulsivo e irrazionale. La
sua non
era stata affatto una azione ponderata. Una volta terminato il
combattimento,
in un modo che, doveva ammetterlo, mai si sarebbe aspettato, non aveva
staccato
gli occhi da Morlhon fino a quando il cavaliere non era stato preso in
custodia
dai suoi ufficiali. L’uomo non era
rimasto a capo chino di fronte a lui, ma gli aveva riservato uno
sguardo di
puro odio.
Luigi
serrò
forte i pugni, ogni muscolo rigido per la tensione. Un pensiero
continuava ad
affacciarsi alla sua mente e lui aveva tentato di ignorarlo, perché era
il
simbolo della sua ingenuità, di una verità che non poteva perdonarsi.
Ignorarlo
era però stato più difficile ad ogni passo. Perché non poteva impedirsi
di
pensare che non avrebbe mai creduto possibile che il conte di Morlhon
lo
volesse morto. Tra tutti, mai avrebbe pensato che proprio lui volesse
attentare
alla sua vita. Alla vita del re. Così rispettata e incerta.
La
sua anima
bruciava di rabbia. Il re faticò, per un momento, a mantenere il
respiro
regolare. La verità era che non si era mai sentito tradito prima
d’allora, non
sapeva cosa volesse dire. E dover provare quella rabbia verso Morlhon,
dover
ammettere di essersi fin da subito sbagliato, perché fin
da subito si era fidato di quel cavaliere che avrebbe dovuto
diventare suo parente, era insopportabile.
Quello
che
stava vivendo era un sentimento mai provato.
Si
chiese se
un re dovesse farci l’abitudine, così da non provare più, mai più,
quell’amaro,
insopprimibile misto di rabbia e delusione.
Per
la prima
volta, davvero aveva dubitato di se stesso, davvero non avrebbe saputo
dire,
solo qualche ora prima, da che parte stesse la verità. Poi era arrivato
il
Giudizio di Dio, e, inoltre, le prove tangibili che tutti gli uomini
avrebbero
potuto vedere su questa terra. Le prove della colpevolezza di Morlhon,
del suo
essere oramai dannato e imperdonabile.
Il
re
portava ancora la corona. La tolse dalla testa per stringerla tra le
mani. Il
simbolo del suo potere per la prima volta in pericolo.
Poi
Morlhon
era stato condotto in cella sotto il suo sguardo impietoso, ma anche
cupo, che
non riusciva a trasmettere nulla, neanche quanto una parte di lui fosse
affranta. Cos’era che tanto lo aveva sconvolto? Il pensiero che non
tutti i
suoi sudditi lo amassero? Il pensiero che quello che credeva essere uno
dei
suoi protettori più fedeli lo aveva pugnalato alle spalle, lo aveva
ingannato e
tradito…
Luigi
IX
aveva potuto immaginare il suo scopo. Razionalmente poteva farlo, ma
era come
se qualcosa, in lui, ancora non capisse. Ma avrebbe dovuto accettarlo,
prima o
poi, che il re non era un uomo, era un’ istituzione, una pedina
politica,
potente ma umana. Potente se aveva dei seguaci fedeli. E per questo,
forse ci
sarebbe sempre stato qualcuno che lo avrebbe voluto morto. A
prescindere da chi
fosse l’uomo, il vecchio, o il ragazzo sotto la corona.
A prescindere dalla sua giustizia o dalla sua
infamia.
Lo
sguardo
d’odio che Morlhon gli aveva rivolto, l’aveva rivolto davvero a lui, o
alla
corona?
Luigi IX lasciò la corona ad uno degli
ufficiali che lo seguivano, che la prese con deferenza tra le mani, e
fece
cenno ad altri due di seguirlo, anche se controvoglia.
«
Non
intromettetevi in alcun modo. » ordinò, secco.
Con
altri
due passi raggiunse la sala in cui Morlhon era stato a lungo
interrogato senza
successo, una sala oppressiva, dalle pareti pesanti di pietra scura,
illuminata
dalla luce inquietante ed appena sufficiente di due torce. Il custode
chinò il
capo e aprì la porta massiccia, non senza qualche fatica.
Il
re fece
un passo e fu dentro, mordendosi per un attimo le labbra.
Sigert
de
Morlhon alzò su di lui uno sguardo feroce.
«
Avete
tolto la corona, mio signore. » esordì, con un gesto sarcastico prima
di
ripiombare nell’immobilità « Pesava?»
Luigi
si
sforzò di rimanere impassibile. Appena lo aveva visto, seduto su uno
sgabello
che la cella in cui sarebbe stato trasferito di lì a poco non avrebbe
avuto,
aveva sentito la rabbia ruggire ancora più potente di prima dentro il
suo
petto, travolgerlo come un’onda bruciante. Non gli rispose ma si
avvicinò fino
a poter distinguere distintamente i capelli neri scarmigliati, lunghi
fino alle
spalle e gli occhi scurissimi. Morlhon non abbassava lo sguardo, pieno
di collera
in un volto assurdamente freddo. Era evidente che Luigi IX non era più
un re
per lui.
Non
lo era
mai stato.
Mentre
il
battito del cuore accelerava, il re alzò il mento come aveva visto fare
così
tante volte a suo padre.
«
Sigert de
Morlhon, vi siete macchiato di tradimento. Il vostro silenzio è
inutile. Sapete
che ho prove concrete per accusarvi. Anche se il Giudizio di Dio basta
a
condannarvi. »
Morlhon
ascoltava in silenzio. Nei suoi occhi si poteva leggere la stessa
domanda che
Luigi si pose subito dopo. Perché sei
qui?
Tentò
di
ignorare il fatto di non sapersi dare una risposta, ma quando capì che
il conte
era pronto a parlare di nuovo sentì un brivido percorrergli la schiena.
«
Il mio
silenzio è utile a me. » rispose Morlhon, la voce calma e terribile,
diversa da
come il re l’aveva sempre sentita.
Qualcosa
si
ribellò dentro all’anima di Luigi IX, come una bestia rinchiusa che
scuote la
testa ostinata. Non poteva pensare di essersi fidato così tanto, di
essere
arrivato a conoscere bene ogni inflessione della voce di quell’uomo, di
averlo ammirato.
«
Sareste
diventato mio parente. » disse, la
voce che tremava di rabbia, lentamente, controllando a stento le sue
emozioni.
« Non era abbastanza? Cos’altro può volere un uomo? » continuò, a voce
più
alta.
I
pensieri
cominciarono a turbinare nella sua testa in un unico flusso
incontrollabile.
Vi avrei coperto di onori,
mi avreste
seguito in ogni luogo, sareste stato parte della mia famiglia. Forse
sareste
stato l’uomo a me più vicino.
Morlhon
rimase impassibile per qualche secondo, gli occhi sempre fieri e
rigidi. Poi
sul suo viso si aprì un lieve sorriso.
«
Ci sono
tante cose che un uomo può desiderare. Io avevo una causa. E mi bastava
»
Questa
volta
fu il re a sorridere in un modo terribile. Ma si sentiva come se non lo
stesse
facendo in prima persona, come se il suo corpo fosse abitato da qualcun
altro e
la sua anima da fuoco fosse diventata ghiaccio al suono delle parole di
Morlhon. Per un attimo desiderò di aver fatto di tutto per farlo
parlare, di non
avergli risparmiato la tortura. E si sentì spietato almeno quanto lui.
Spietato
e
ferito.
«
Come è
facile nella mente di un uomo trasformare un indegno assassino in un
martire. »
Pronunciò
questa frase mentre la sua testa veniva affollata di ricordi su
ricordi, dei
momenti trascorsi con il conte di Morlhon, e la sua attenzione si
soffermava su
ognuno di essi, anche se non avrebbe voluto farlo, fino ad arrivare ai
più
recenti. Il conte che gli sorrideva nel chiedergli in che fazione
avrebbe
voluto gareggiare durante il torneo, e risentiva la sua stessa voce
rispondergli con un certo entusiasmo malcelato che avrebbe partecipato
al suo
fianco. Morlhon che affermava di doversi impegnare per non sfigurare di
fronte
a lui…
Luigi
IX
strinse i pugni, sentendosi percorrere le braccia, il petto, la gola,
dal
calore accecante dell’ira.
Morlhon
notò
la nuova ondata di collera più forte rispetto a quella che lo
accompagnava
sempre dal giorno prima, e alzò un sopracciglio, chiedendosi
probabilmente, di
nuovo, il motivo reale della sua visita. Un re non doveva visitare i
traditori,
così tanto inferiori a lui da non meritare la sua attenzione se non sul
patibolo.
Allora
perché era lì?
Era
dannatamente difficile trovare le parole per continuare quel confronto.
Perché
Luigi non sapeva cosa voleva.
E
gli occhi
di Morlhon continuavano a fissarlo intensamente e a schernirlo, e
parlavano da
soli. Quegli occhi che erano stati spesso impenetrabili e illeggibili,
ora
sembravano parlargli, ironici.
Il re non sa cosa vuole,
il re è
indeciso…
Luigi
chiuse
gli occhi per un momento, per riprendere il controllo di se stesso.
«
Siete
stato molto scaltro, ve lo concedo. E solo ora mi è chiaro il vostro
scopo. »
disse il re, sprezzante « Avete torturato Marc de Ponthieau. Un
ragazzo, un
innocente. Ancora non capisco come abbiate potuto farlo. »
Morlhon
si
scostò una ciocca corvina dal volto, con un sorriso feroce che si
rifletteva
negli occhi profondi e senza vergogna.
Due
occhi
imperdonabili.
«
Mi sarà
grato. » affermò, con la voce che vibrava di una furia ironica. « Le
sue gesta
appaiono ora ancora più degne d’onore, non è vero? Sono sicuro che
presto lo
arruolerete nella mesnie del re. »
Luigi
rimase
immobile. Morlhon aveva indovinato quella sua mossa, perché
effettivamente Marc
era diventato il suo primo cavaliere. Ma non aveva intenzione di dare
al
traditore un motivo per vantarsi della sua intelligenza.
Invece
alzò
il mento, le viscere strette da una morsa gelida.
«
A voi non
interessa, l’onore…»
Non
sapeva
nemmeno lui se la sua era una domanda, di cui già avrebbe saputo
l’innegabile
verità, o una semplice constatazione, e non sapeva immaginarsi la
risposta, e
una parte di lui la desiderava, mentre l’altra non avrebbe voluto
sentirla.
Il
sorriso
di Morlhon si spense, ma il suo volto non esprimeva nulla, ora, se non
una
altera serietà.
«
è
evidente. » disse solamente, confermando la frase del re.
«
Questo non
avrà più importanza. Il vostro piano è fallito, per quanto intelligente
sia
stato. La giustizia di Dio ha trionfato. Volevate assassinare un re,
che
governa per diritto divino. Non vi aspetta altro che l’Inferno. »
Luigi
sentì
di nuovo la corona pesare sulla sua testa e sorrise, terribile.
«
Siete già
morto, Morlhon. Mentre io sono vivo, e sposerò una donna il cui padre è
nemico
giurato della vostra terra. E lo potrei diventare anch’io. »
Il
re non
sentiva più il bisogno di riflettere. Sapeva bene cosa dire, ora, le
parole
uscivano lente e sicure dalle sue labbra e sentiva una nuova sicurezza
alimentata da un odio lucido, controllato, che cercava senza sosta
sofferenza
nell’altro uomo.
E
la
trovava. Vedeva le sue parole penetrare nel corpo di Morlhon come un
veleno. Il
conte era sospeso tra il desiderio di sentirlo continuare a parlare e
quello di
poter cancellare gli ultimi suoni di quella sera che in quel momento
pareva
eterna.
«
Potrei
generare un conflitto pari alla crociata Albigese, so che la ricordate
molto
bene. Potrei sterminare tutti i Tolosani e prendermi la terra che mi
spetta di
diritto. »
Morlhon
abbassò il capo, ma solo per qualche istante. Poi rialzò gli occhi
brucianti sul
re ed emise una breve, disperata risata. Luigi non avrebbe mai pensato
che un
condannato a morte potesse ridere, né che si potesse ridere con così
tanta,
travolgente rabbia.
«
Certo che
potete. » si sentì rispondere, con un odio che sperava di non provare
mai in
prima persona. Poteva quasi immaginarsi la forma marcia e distrutta di
un’anima
logorata. « Siete un re. »
Il
conte
accennò al cielo con una risata blasfema e folle. Il re ne rimase
sconvolto, si
sentì chiudere la gola e fece un passo indietro. Ma poi il suo corpo si
mosse
prima della sua ragione e si girò, facendo turbinare il mantello
pregiato sul
traditore, con spregio, determinazione e ghiaccio puro, racchiuso nel
petto.
Luigi IX aveva uno sguardo d’acciaio nelle iridi chiare, il suo passo
era
controllato, anche se non sapeva come il gelo fosse piombato
all’improvviso su
di lui, come una bestia in attesa della preda. Incrociò gli sguardi
preoccupati
dei due ufficiali, rimasti in fondo alla piccola stanza, e li ignorò
sdegnoso.
Non
poté
assistere alla collera del conte che usciva completamente allo
scoperto, ma
sentì il fruscio delle sue vesti, il rumore delle catene mentre l’uomo
si
inarcava in avanti. Quando sentì le sue urla rabbiose era già fuori
dalla
porta.
«
Non sarete
mai al sicuro! Il mondo è pieno di uomini come me! »
Luigi
prese
un respiro e gli tornò in mente il modo in cui Morlhon aveva accennato
al
cielo, con sufficienza. Come se il suo diritto divino di governare
fosse una
farsa. Si sentì tremare ma non fermò il suo passo. Morlhon non aveva
creduto al
Giudizio di Dio, non si era mai pentito di aver voluto la morte di un
re.
L’aveva considerata una morte come quella di ogni altro, e la sua vita
era
stata per lui solo una pedina politica di cui liberarsi. Senza
conseguenze.
Ma
si
sbagliava. Forse un giorno ci sarebbero stati molti uomini come lui,
disposti a
tutto per ottenere ciò che vogliono. Ma il mondo non era ancora il
posto adatto
a loro.
Almeno fino a quando
regnerò, non lo
sarà,
pensò Luigi
IX, calcandosi la corona sul capo, di nuovo.
E
mentre ad
ogni suo passo il suo spirito sembrava svuotarsi di ogni emozione per
lasciare
il posto alla stanchezza, pensò di dovere a se stesso una risposta alla
prima
domanda che Morlhon gli aveva fatto, e che gli era rimasta in mente più
di
quanto lo stesso conte potesse sapere.
« Avete tolto la corona,
mio signore.
Pesava?»
Sì, pensò il re con un
profondo sospiro, certo che pesa.
Ciao
a tutti!
L’avevo
detto che sarei
tornata*risata malefica* …
Ormai
avrete capito che
non so dare dei titoli decenti alle mie storie. Se avete qualche
suggerimento…
Questa
fic nasce dalla
mia infinita voglia di scrivere, che esiste, ve lo assicuro, nonostante
la mia
oramai ben nota lentezza.
Ad
essere sincera per
questa storia provo sentimenti contrastanti, da una parte ci sono
affezionata,
volevo scriverla da molto e l’idea mi piace, ma so che avrei potuto
scriverla
molto, molto meglio, ed ho avuto, e non me lo aspettavo,
qualche difficoltà a mettermi nei panni di re Luigi IX. Proprio per
questo mi
sono divertita, ma vorrei sapere cosa ne pensate. J
Per
inciso, ovviamente
Morlhon mi sta simpatico. E ho cercato di non renderlo OOC, ma non so…
Figurati
se la Randall
poteva creare un cattivo che non trovassi interessante…
*Jerome
sogghigna*
Ah
no, aspetta, c’è
anche Gant…
Vabbè,
detto questo
spero che vi sia piaciuta. Se no datemi dei consigli. Ne ho bisogno. J
Ciao!!!