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Autore: Bishoujo Tensai Madoushi    18/06/2016    3 recensioni
Lina e Gourry, insieme dopo mille battaglie... fino a quando Lina non deciderà di darci un taglio. Perchè? E Gourry le permetterà di andare via?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco quindi, un bambino.
 
‘Quando aspettano un bambino, le donne diventano strane. Sono più fragili ed emotive ma pronte a combattere come leonesse per il loro piccolo. Come gli animali con i loro cuccioli, capisci? Ti ricordi la cagna con i cuccioli? Ricordi come ringhiava se ci si avvicinava troppo ai cagnolini?’
 
Annuii, compito. Avevo da poco compiuto undici anni ed ero la delusione costante nella vita di mio padre. Sapevo che mi odiava nonostante cercassi di compiacerlo in tutte le maniere. Ero bravino con la spada e i cavalli ma non bastava. Più spesso che no mi bastonava o mi puniva con la cinghia e le frustate aumentavano se finivo in lacrime. Ma come potevi non piangere quando ti staccava la pelle dal sedere e non  riuscivi ad appoggiarti per settimane?
 
Ritenevo che solo mia nonna mi volesse bene. Mia madre era fredda e assente, non con me in particolare, con tutti. La nonna diceva che soffriva per i bambini che aveva perso e quando ero più piccolo ero terrorizzato dal fatto che magari, in una delle passeggiate silenziose che mi concedeva, avrebbe perso anche me. Crescendo la nonna mi aveva spiegato e mi aveva mostrato le tombe. Tra me e Edward c’erano sette anni di distanza e in quel tempo c’erano stati altri bambini, tanti fratellini morti alla nascita o prima che la pancia diventasse grossa. Non avevo capito però perché mia madre fosse però così triste se aveva comunque me ed Edward. (Anche se Edward era cattivo).
 
Mio padre mi fissava disgustato per la maggior parte del tempo, teneva la bocca come dopo aver assaggiato un frutto amaro e le rare volte che l’avevo visto sorridere era in direzione di Edward. Non sorrideva mai alla mamma e la toccava solo nelle cerimonie davanti ai suoi vassalli o alle riunioni di suoi pari. Non sorrideva neanche alla nonna, che era pure sua madre. Lo avevo sentito usare parole dure perché si prendeva cura di me. “E’ grande, madre, non ha bisogno di una balia né di nessuna donna che lo cresca più viziato e piagnucolone di quello che è. Per me poteva fare la fine degli altri, non lo avrei certo pianto.” La nonna gli aveva mollato uno schiaffo ed io ero scappato via in lacrime.
 
E’ vero, ero una frigna, come non mancava di sottolineare Edward. Anche lui mi odiava. Aveva qualcosa di feroce negli occhi, quando mi si accorgeva della mia presenza. Se combattevamo con i bastoni mi colpiva le costole o dietro alle ginocchia a tradimento. A cinque anni, quando lui ne aveva dodici e già aveva una spada vera, mi aveva centrato con il legno in piena faccia, facendomi saltare gli incisivi. Era il mio primo ricordo, il dolore, il sangue e lui che mi afferrava per il colletto sibilandomi di non osare parlarne con nostro padre. Aveva raccontato a tutti che ero caduto di faccia perché ero un inetto e tutti gli uomini di mio padre e mio padre stesso gli aveva creduto, deridendomi.
 
Venivo da  una famiglia dove infelicità e crudeltà andavano a braccetto, l’unica luce era mia nonna. Adesso c’era la possibilità di un figlio mio, mio e della donna che amavo, una nuova vita, un riscatto. Forse non sapevo esattamente cosa fare come padre però sapevo bene cosa non andava fatto.
 
Questo sempre se la mia Lina avesse deciso di sentirsi pronta a proseguire con la gravidanza.
 
Altrimenti al diavolo tutto, non potevo vedere un’altra donna distrutta dall’essere madre. Non potevo farlo a lei e non potevo né volevo farlo a quel figlio.
 
Lasciavo a lei la decisione ed io l’avrei supportata sempre e per sempre.
 
Però… volevo sapere. C’erano delle cose di cui doveva discutere in tutti e due i casi.
 
“Lina…”
 
La maga, adesso seduta al mio fianco, si girò a guardarmi. Un po’ della disperazione che aveva negli occhi era scomparsa ma non del tutto. Era pensosa, valutava. Immaginavo il suo cervello vagliare le possibilità, costruire e scartare scenari, in un continuo lavorio.
 
“Dimmi, Gourry.”
 
La sua voce era più ferma, più forte.
 
“Se deciderai di abortire… promettimi che non userai ferri da calza.”
 
Sollevò le sopracciglia, sorpresa. Non era una informazione “da uomo” ma ero stato un ragazzino con la tendenza alla fuga e la capacità di intrufolarsi in luoghi non consoni.
 
“Non credo userei quello.”
 
“Non usarli, ti prego.”
 
Avevo la memoria di un groviera per nomi e luoghi ma certe cose non potevi cancellartele dal cervello neppure se volevi. All’epoca non avevo capito esattamente le implicazioni di quello che avevo visto ma ne ero rimasto tanto turbato da sognarmelo e risognarmelo e alla fine mi ero rivolto all’unica persona che mi abbracciasse e mi baciasse, facendomi sentire degno di essere al mondo. Nonna.
 
Lina aveva iniziato a massaggiarsi le ginocchia con fare nervoso.
 
“Come sai dei ferri?”
 
“Quando ero bambino… ho visto un aborto praticato con i ferri. Sono rimasto così impressionato da averne incubi per settimane.”
 
Lina fischiò tra i denti. “Mi dispiace. Deve essere stato terribile per un bambino… perché ti trovavi in un luogo simile?”
 
Non parlavo quasi mai della mia vita ad Elmekia ma con Lina ero al sicuro, a lei avevo iniziato a confidare pezzi della mia infanzia e giovinezza. Era duro, parlarne, faceva un male cani avere avuto tutta la vita la consapevolezza di essere indesiderato e odiato. Ti faceva crescere pensando a te stesso come un inutile rifiuto umano.
 
“Scappavo dalle legnate che mio padre aveva deciso di somministrarmi. In genere mi presentavo al suo cospetto e mi piegavo al suo volere ma quella volta avevo troppa paura perché secondo mio fratello ero stato io a far scartare il suo cavallo e a farli cadere. Avevo solo sei anni ma sapevo benissimo che, vero o no, la ferita di mio fratello aveva un prezzo.”
 
“Immagino che non fosse colpa tua. Mi hai detto poche cose di tuo fratello ma mi sono bastate per capire che era un arrogante piccolo pezzo di merda.”
 
Scossi la testa. “Era caduto da solo facendo il cretino con suo cavallo, voleva fare il grand’uomo ma non era un abile fantino. Mio padre ignorava testardamente questo fatto e puniva stallieri e maestri quando Edward combinava qualcosa, guai se cadeva, il mio signor padre era capace di far saltare teste. Sfortuna vuole che io fossi nei paraggi sul mio pony e per giustificare la caduta e l’azzoppamento del cavallo Edward usasse me. Amava vedere le mie lacrime quasi quanto le odiava mio padre.”
 
“Bastardo… ma perché nessuno ha mai aperto gli occhi a tuo padre?”
 
Sospirai. “Tutti dovevano ballare alla musica di mio padre. Stallieri e maestri si saranno battuti il cinque per non essere stati indicati come colpevoli. A nessuno di loro fregava nulla di me, te lo posso assicurare.”
 
Lina mi strinse la mano con forza. “Quella sera non sapevo se sarebbe stato il bastone o la cinghia ma ero certo che sarebbe stato molto brutto. Scappai. Nessuno poteva proteggermi, neanche la nonna. Mi intrufolai nelle cucine buie, il fuoco era quasi spento e i servitori spariti. Doveva essere molto tardi, mio padre adorava farmi aspettare.”
 
Mi fermai un attimo. Mi faceva male pensare al bambino che ero stato. Non rimpiangevo per un secondo nulla di quello che avevo fatto fuggendo da quel posto dimenticato dagli Dei.
Lina mi si avvicinò di più, appoggiando la testa alla mia spalla, intrecciando le dita alle mie.
 
“Improvvisamente ho sentito delle urla soffocate provenire dalla seconda cucina, quella piccola dove venivano trattati gli alimenti. In realtà ho poi scoperto che non era quasi più usata venendo preferita quella più ampia e attrezzata ma all’epoca non lo sapevo. Avvicinandomi alla porta ho visto… ho visto una servetta con le gonne alzate e un’altra donna che le infilava un ferro da calza dritto dentro… continuava a ravanare mentre la ragazza urlava nonostante una terza persona le tenesse un panno sulla bocca. Ero come paralizzato ma poi al primo fiotto di sangue  sono riuscito a scappare…”
 
Mi sporsi verso di Lina e con la mano libera la accarezzai. “La servetta è morta alcuni giorni dopo. Mio padre quando sono corso ai piani superiori in lacrime mi ha acciuffato e me le ha suonate con le mani prima e la cinghia poi… io… ho  pisciato a letto per almeno un mese dopo quella faccenda.”
 
“Oh, Gourry…”
 
“Mia nonna pensava fosse per le botte ma non era solo per quello. Era per l’insieme… alla fine le ho raccontato e lei mi ha spiegato in modo che capissi bene. Mi ha parlato di infelicità. Non ricordo bene i discorsi che mi ha fatto ma mi ha aiutato molto. La cosa del ferro però è rimasta sepolta in me… fino a quando durante i miei anni di mercenario l’ho visto rifare.”
 
“Tuo… tuo padre ti ha picchiato anche per i tuoi incidenti notturni?”
 
“Mio padre mi picchiava per tutto. Edward era la luce dei suoi occhi mentre io… chiaramente no. A volte mi chiedo come sono sopravvissuto a tutte quelle botte.”
 
Lina tacque, poi sospirò. “Anche mia sorella era cattiva… ma io ero una peste e certe punizioni me le sono meritate. Certo, lei era esagerata ma non era così crudele. I nostri genitori ci amavano e non avrebbero permesso a nessuna delle due di passare il limite… mi dispiace così tanto Gourry…” Si morse le labbra. “Credo userei le erbe. Bisogna stare attenti… ma con un buon erborista o un abile pozionista non si rischia l’avvelenamento. Non sempre funziona, a volte se la gravidanza è troppo avanti fanno male ma non… non la interrompono.”
 
La maga si alzò in piedi. “Gourry… ho paura. Hai ragione a dire che non posso vivere con l’ansia che i demoni ti usino o usino questo bambino per costringermi a richiamare la magia del caos e con essa L.o.N. ma… perché Xelloss è apparso? Non può non voler dire niente.”
 
“Bè, un demone si nutre degli stati d’animo negativi, della sofferenza…”
 
“Siamo d’accordo. Ma Xelloss non agisce a caso se…”
 
“Se, se…”
 
Lina strinse i pugni e abbassò lo sguardo, le labbra ora una linea sottile. “Sai cosa intendo.”
 
“So solo che hai paura ed è una paura giustificata, in uno o nell’altro senso. Ma lasciarsi travolgere non è un bene… Non ti posso promettere che Xelloss o un qualsiasi altro demone non si presenterà qui da noi per costringerci a combattere, non ti posso promettere che non mi succederà mai nulla come tu non lo puoi promettere a me. Non posso neanche prometterti che se metterai al mondo nostro figlio la sua vita andrà sempre liscia. Ti posso promettere però che mi impegnerò a vivere con te pienamente, a godere delle gioie, a lottare se necessario. Tutto qui. I demoni ci sono, alcuni potrebbero essere attirati dal tuo nome, è una possibilità. Potrebbe… e se… Non si vive più a ragionare su tutte le variabili del futuro.”
 
“Ma Xelloss…”
 
“Xelloss cosa ti ha detto esattamente?”
 
“Che scherzo col fuoco… Che sono debole perché mi circondo di persone che amo.”
 
“Non ha detto nulla che tu non sapessi già… intendo dire… alla fine ti accusa solo di essere umana. E forse di esserti ‘impicciata’ in cose di demoni. Io non vedo niente altro tranne che un po’ di divertimento suo nel farti stare male… per me ha avvertito qualcosa in te e ha voluto colpirti, la gravidanza ha fatto il resto. Sei più sensibile e accusi il colpo prima. E lui ne gode come se sorbisse il più dolce dei nettari.”
 
“Forse… aveva l’aria di un avvertimento, però.”
 
“Se te ne fossi andata…”
 
“Mi avresti cercato con la cocciutaggine di un cagnolino abbandonato mostrando a chiunque volesse vedere l’amore che provi per me.”
 
“Già.”
 
“Avresti reso il mio sacrificio vano.”
 
“Di sicuro.”
 
“La persona che ero prima di conoscerti… a quella persona non sarebbe pesata la solitudine, per quella persona la solitudine era una amica fidata. Amica della sua avidità e del suo egocentrismo.”
 
“Se posso permettermi, sei ancora avida.” Le strizzai l’occhio.
 
“GOURRY! Cercavo di fare un discorso serio…”
 
La attirai tra le mie braccia. “Amo anche i tuoi discorsi seri. Amo tutto di te.”
 
“Mia sorella mi aveva detto che se avessi continuato con la mia ricerca ossessiva della magia mi sarei ritrovata sola. Aveva già capito che era una strada molto pericolosa.” Appoggiò la testa sulla mia spalla.
 
“Secondo me aveva capito che nonostante tutto hai a cuore le persone a cui vuoi bene. E che per proteggerle avresti preferito punirti, allontanandoti.” Iniziai ad accarezzare i suoi magnifici capelli di fuoco.
 
“Stai con me, Lina.”
 
Mi strinse con forza. “Sempre. Sempre, sempre, sempre.”
 
 
 
 
 
 
  
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