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Autore: kissenlove    18/06/2016    3 recensioni
[Amuto*]
Un giorno Amu decide di indagare personalmente sulla sua situazione. La giovane si trova da sola, in bagno, con solo una possibilità al primo posto, fare quel benedetto esame. Ma il risultato cambierà per sempre la sua vita?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                       Ikuto sono... indovina?
                                                                                  Parte IV Ikuto... sono incinta?

 - Ikuto - la voce diventò flebile, quasi un sussurro, rimasi intrappolata nella gola al vederlo, come un miraggio, davanti a me. Credevo fosse l’ennesimo sogno, il mio desiderio di rivederlo, di parlargli, di abbracciarlo, di dirgli che lo amavo, che aspettavo un bambino che ci avrebbe uniti per sempre, nella gioia come nel dolore, per il resto delle nostre vite, ma quando ero talmente vicina ad assaporare quel momento il sogno svaniva, ritornava tutto come prima, e Ikuto non era più lì. Era un pugno nello stomaco pensare che era stato soltanto un sogno, la rappresentazione del mio desiderio; forse era sogno anche quello, e presto avrei dovuto fare i conti con la mia solitudine e l’amaro risveglio nel letto, perché lui non poteva essere lì, lui era a Parigi, a fare gli spettacoli nei teatri, ad incantare tutti con il suo violino, con le sue malinconiche note e i suoi romantici accordi di un’anima votata prima al male. Ikuto... Ikuto.. — sussurravo il suo nome, lo sentivo dentro di me il dolore per la sua lontananza, il rispetto per i suoi obiettivi che mi costringeva a stare da sola, che mi faceva stare male, che mi faceva impazzire.. — presto il suo corpo sarebbe diventato inconsistente, come la neve che si scioglie al sole, e il rimorso di essermi svegliata non mi avrebbe più fatto chiudere occhio. 
Quella tortura però sembrava non avere più termine, realizzai che non poteva durare così a lungo quella visione. Avvicinai una mano al braccio e mi diedi un pizzicotto, il dolore era tangibile, non era più un sogno dei miei, lui era reale, non ci potevo credere... Ikuto era tornato da me, volando? Era impazzito, aveva abbandonato i suoi progetti solo per accertassi se stessi davvero bene? Era stato un vero e proprio sconsiderato, ma ammetto che la sua presenza mi faceva sentire rianimata, ero tornata a vivere, prima mi ero sentita morire, con questa responsabilità, con la storia della gravidanza, con il bambino. Adesso Ikuto era lì, e potevo dirgli tutto, dirgli del bambino, delle nostre condizioni, perché lui sarebbe stato felice di sapere che presto sarebbe diventato padre, o almeno era quello che continuavo a sperare, specchiandomi nei suoi occhi blu notte, in cui affogavo ogni qualvolta di notte ci eravamo trovati a coccolarci profondamente. 
– Ikuto... ma.. - provai a parlare, avevo tante domande in mente che non sapevo davvero da dove cominciare. 
- Amu.- lui si scrollò dalla sua posizione, e diminuì le nostre distanze. Osservavo incredula il suo corpo trascinarsi verso il mio, avrei voluto lanciarmi nelle sue braccia, farmi stringere, ma avevo paura.. paura di guardarlo, paura che la notizia non avrebbe sortito lo stesso effetto che avevo avuto io e nonostante provassi ad ignorarla, essa si ripresentava ancora più crudele a mandarmi in paranoia il cervello. 
- Adesso non saluti più il tuo fidanzato come una volta? - chiese mettendo il broncio. 
- Ikuto.. scusa, non ti aspettavo.. – confessai, sentendomi poi mille volte stupida. 
- Non fa niente, è stata colpa mia, volevo farti una sorpresa e renderti felice. - 
- Ho apprezzato la visita davvero, mi sono accorta che eri tu perché nessuno entrerebbe dalla finestra.. cioè nessuno che non sia il mio Ikuto. - increspai un sorriso, cercavo di calmarmi, ma le mie mani continuavano ad intrecciarsi dietro la schiena. Sperai tanto che Ikuto ignorasse la mia ansia, ma ero così prevedibile.. mi conosceva troppo bene, per questo alle volte finivamo per discutere, perché ai suoi occhi tutti i miei difetti risaltavano e non perdeva tempo a farmeli notare con strafottenza. 
- La finestra è il luogo perfetto. Non voglio che i tuoi mi scoprano.. - 
- Non hai motivo per preoccuparti, sanno che siamo fidanzati... e poi credo che non servirà tutta questa sicurezza, Ikuto. - 
- Amu, amo tener fede al mio carattere. Mi piace entrare dalla finestra e stupirti.- mi disse sorridendo. 
Quanto mi era mancato quel sorriso radioso che riserbava solo a me. Era nei miei pensieri, nella mia pelle, nel mio sguardo e ora si era appropriato anche della mia pancia, del mio spirito, della mia anima con nostro figlio. Anche se ero giovane, non avrei mai rinunciato a mio figlio, lui era parte di me e parte di Ikuto. Era il prodotto finale del nostro amore, era la catena di congiunzione, e se eravamo due adesso saremmo diventati tre. 
- Però... devo confessarti che ero preoccupato per te. - 
- Per me? Ho fatto o detto qualcosa.. - sussultai, rendendo palese il mio nervosismo. Tutta colpa della gravidanza e degli ormoni. Ikuto era bravo a fare leva sui miei sentimenti, e presto o tardi avrei dovuto parlargli della questione, non volevo aspettare si notasse, non era corretto che il padre del bambino non partecipasse all’attesa. Ero certa che Ikuto era responsabile, e visto la sua esperienza con il padre, avrebbe accettato questa condizione. 
- No, ma mi sei sembrata nervosa, triste, preoccupata. Non hai risposto alle mie telefonate. - 
- Sei tu il mister occupato non certo io. - alzai il tono. Gli ormoni iniziarono a schizzare, era uno degli effetti collaterali del corpo di una donna in stato interessante e Ikuto si mostrò alquanto infastidito dal mio atteggiamento. - Scusa Amu se mi sono preoccupato. - 
Abbassai il volto colpevole. - Scusami tu.. - iniziai improvvisamente a sentire il bisogno di piangere, e mi lanciai fra le sue confortevoli braccia, quelle braccia che più di ogni cosa avevo amato e aspettato per troppo tempo. Ikuto rimase pietrificato dal continuo cambio di atteggiamento, ma non appena mi strinse fra le sue braccia sembrò dimenticare la sfuriata di prima e mi accarezzò piano i capelli. 
- Stai bene? - mi sussurrò piano nell’orecchio, mentre eravamo coinvolti ancora in quell’abbraccio. 
– Uhm.. - mugugnai premuta contro il suo petto per ascoltare i battiti del suo cuore, che erano come una ninna nanna. - Sì, ora sì che ci sei tu. - continuai gettandogli le braccia al collo, mentre lui mi sollevò. 
Il mio cuore smise di calpestare la mia cassa toracica e l’atmosfera molto lentamente sfumò da ansia e preoccupazione, in dolcezza e teneri baci. Ci sedemmo sul letto, avevo finalmente incitato me stessa a parlargli del bambino prima di ogni cosa e poi del resto, ma con Ikuto non servivano parole, lui sapeva leggermi nel pensiero e alleggerire ogni mia paura. Lui sapeva farmi stare bene, sapeva farmi ridere e arrabbiare, ma sempre con smisurata dolcezza, anche se nei primi tempi era il re della perversione, dopotutto questa era la parte di lui che più mi aveva attirato. I suoi colpi bassi, i suoi scherzi, i suoi atteggiamenti, ma anche le continue volte in cui ero stata in pericolo per colpa della Easter e lui mi aveva protetto, indirettamente e direttamente. A lui dovevo la mia felicità, una felicità che avevo sempre temuto di perdere. 
– Ma al datore di lavoro non ti ha detto nulla? - gli chiesi quando ci sdraiammo sul letto, senza voglia di fare niente di sensuale, stando così con i nasi su al soffitto, lui sotto di me, io invece comodamente premuta contro il suo petto ancora coperto dalla camicia. 
Ikuto sghignazzò. - Non sono di certo un bambino, Amu. Non gli ho detto nemmeno che lasciavo Parigi. - 
- Quindi dovrai ritornarci. - ipotizzai incrinando la voce. Ikuto lo notò e con una mano mi spinse ancora di più verso il suo corpo. 
- Non finché non saprò che stai bene, ma preferirei che mi licenziasse. Stare lontano da te è una tortura. - 
- Sì, lo so.. ma è il tuo lavoro, la tua vita. Non pensare a me, pensa alla fama che potrai ottenere. - 
- Quello che volevo è già qui, Amu. - inclinai il capo verso il suo, e portando una mano ad accarezzargli il petto gli lasciai un tenero bacio a stampo. - Tutto qui? - mormorò, e mi riportò nuovamente su di sé, accarezzandomi una guancia, per poi finire nella chioma sciolta rosa pastello. Ci baciammo con passione come non facevamo da tempo immemore, ma purtroppo anche i tempi più felici sono destinati a terminare perché a quanto pareva il bambino non era felice di questa dimostrazione di spinto affetto, e il bisogno di vomitare mi agguantò lo stomaco, fino a stritolarmelo mentre il sapore acido mi saliva in bocca come sulle montagne russe. Non potevo ignorarlo purtroppo, altrimenti avrei vomitato lì. 
- I-ikuto... ti dispiace se.. - non riuscii a proferire altro, e tappandomi la bocca con una mano per evitarne la fuoriuscita saltai giù dal letto e corsi direttamente in bagno. 
- Amu! - esclamò Ikuto, rimanendo fuori dalla porta. Bussò. – Posso entrare? Che ti prende, stai bene?
- No, Ikuto. Non entrare, faccio subito. - cercai di rassicurarlo, ma mi piegai convulsamente sul water. 
- Amu adesso rompo la porta, perché ti sei chiusa in bagno? A chiave, per giunta? - 
Non riuscivo ad aprire bocca, continuavo a vomitare senza fermarmi, come se la bocca del mio stomaco si fosse d’un tratto spalancata, senza mettersi un freno. Quando arrivava un nuovo attacco non potevo far altro che prepararmi, spingere le braccia, incastrare la testa dentro, e tossire, tossire per espellere tutto. Rinvenivo in un bagno di sudore, inginocchiata davanti al water e la sua tazza bianca, come se stessi pregando. La gravidanza portava queste nausee, mi aveva spiegato il ginecologo, solo per i primi mesi, ma era insopportabile dover correre sempre nel bagno per soddisfare i riflessi repentini del corpo, ma dovevo resistere... tenere duro, perché presto sarei stata ricompensata dalla nascita del bambino. 
- Amu, rispondimi! - continuava Ikuto.
Esaurito il succo gastrico, tirai lo sciacquone, che con un enorme risucchio si trascinava con sé pezzettini invisibili della mia anima squartata da quella gravidanza. Mi rialzai, e andai verso il lavabo per sciacquarmi la bocca, e darmi una rinfrescata visto che vomitare significava anche sudare. Quando ebbi finito di rendermi presentabile, girai la chiave e comparii alla porta dove c’era Ikuto, che non si era staccato un minuto dalla porta, con una faccia che ricordava quella di un fantasma. 
- Amu, stai bene? - mi chiese vedendomi cerea in volto, risultato del malessere passeggero che mi molestava ogni ora del giorno e persino della notte. 
Scusami.. sicuramente con il freddo di questi giorni avrò preso un bel malanno, non faccio altro che vomitare... - mi spostai velocemente da lui tenendo una mano sulla pancia, nel tentativo di calmare il bambino che non faceva altro che causarmi danni. 
- Dovresti farti vedere da un medico se stai male. Ti ci porto io, domani, di prima mattina. - 
-Ikuto non è da te. - lo rimbeccai. 
- Per cosa? - 
- Preoccuparti degli altri... e di me, sto bene e poi questo malanno mi passerà in fretta. Domani starò molto meglio, non preoccuparti. - 
- Hai vomitato, Amu! - urlò Ikuto in versione “papà” vederlo in questa modalità era davvero molto carino, si preoccupava molto per me, ero felice che fosse tornato solo per questo motivo. - Fammi controllare.. - continuò, allungando una mano verso la mia fronte. - Uhm.. no, è fredda. - gliela spostai con forza. 
- Non sono una bambina, Ikuto. - 
- Lo so... ma io ti amo. - mi sussurrò all’orecchio con dolcezza mentre il rossore si impadroniva delle mie guance e il cuore continuava a battere all’impazzata, strimpellando con feroci battiti nella mia testa. 
- Ikuto... davvero? - sorrisi come una bambina piccola, in realtà lui era più grande di me, e io ero un po’ la sua piccolina. Mi piaceva sentirmi coccolata da lui, ma adesso non potevo essere più bambina, dovevo maturare.. per Ikuto e per il bambino che cresceva dentro di me con tanto impeto e sostenuto da un forte amore. 
- Ti prego, non faccio spesso il romantico. Non farmelo ripetere.. - 
- Io invece non ho sentito bene! Puoi ripeterlo, ti prego? - gli chiesi con gli occhi splendenti. 
- Amu, hai sentito benissimo. - 
- Ikuto.. sei molto cattivo con la tua fidanzata. - 
- Non sono cattivo, tu sai benissimo che ci tengo a te.. e che.. non ti ho mai odiato, non sono mai stato un tuo amico quando ero nella Easter, e che ero gelosissimo di te e Tadase. - 
- Mi piaceva farti sentire geloso. - gli confessai, mentre lui mi venne dietro e mi alzò. Protestai, ma invano, e facendomi il solletico mi adagiò piano sul letto, massaggiandomi molto lentamente la pancia.
- Sei diventata donna, Amu. Ora non sei più una bambina. - mi baciò delicatamente la pancia, alzandomi la maglietta, mentre piano risaliva verso il petto, le scapole. Una mano massaggiava la clavicola destra, e la sua bocca torturava il collo di baci e carezze. Non lo fermai, avevo bisogno di quel contatto intimo. Il suo corpo attaccato al mio, i suoi gesti innocenti ma che diventano sempre più passionali, mentre dal collo finiva nuovamente sulla pancia, massaggiandola con giri circolari. Gli presi la testa fra le mani e lo tirai velocemente sul mio volto, in modo che mi guardasse, in modo che i nostri occhi potessero specchiarsi. Si avvicinò, e le nostre bocche si sfioravano, si toccavano sempre più ardentemente, si schiudevano e si chiudevano con uno schiocco; le nostre fronti collidevano, i nostri cuori erano sull’onda più alta. Ikuto smise di baciarmi le labbra, e si concentrò a togliersi e togliermi i vestiti, per rimuovere quello strato che gli impediva di avere accesso al mio corpo. Prima mi privò della maglietta, continuando a sfiorare ogni singolo strato di pelle, poi proseguì con il pantalone, ma proprio mentre stavamo per intensificare quel contatto in qualcosa di più profondo, lo fermai prendendogli le mani. - Ikuto... aspetta. - lui mi fissò interrogativo. Era la prima volta che gli impedivo di arrivare all’apice, ma pur volendo la gravidanza non mi permetteva di avere un rapporto fisico importante. Non volevo arrecare danni al bambino, ma Ikuto non riusciva a capire il mio tentennamento, e disgustato dal mio rifiuto si tirò a sedere con il petto discinto. - Scusa, non sapevo di farti così... ribrezzo col mio corpo. - 
Ero ancora sdraiata sul letto con i capelli scompigliati, privata della maglietta.
- No! Ikuto.. - mi rialzai con impeto e gli presi le spalle appoggiandomi su di esse. - Ti prego.. non pensare che non voglia.. - 
- Voglio sapere perché non posso toccarti, perché non posso farti mia ora e subito. Sei innamorata di un altro? Lo hai conosciuto quando io ero a Parigi e per questo eri così fredda? Se è così, non voglio essere la tua seconda scelta, quindi me ne andrò e non mi vedrai più. - si alzò dal letto e si infilò la maglia, che prima aveva abbandonato sul pavimento. Lo vidi seccato per il mio comportamento, ma come potevo fare l’amore con lui se ero già incinta? Dovevo dirglielo prima che fosse troppo tardi, prima che lui se ne andasse, prima che lui sparisse dalla mia vita senza sapere la verità che gli stavo nascondendo. Ikuto, bastavano solo tre parole. Ikuto sono incinta e sei tu il padre del bambino. Dovevo assolutamente costringere la mia bocca a dirlo. 
- Amu, mi dispiace che... ti sia innamorato di un altro. Non voglio essere la tua seconda scelta, quindi così come sono arrivato, così mi vedrai scomparire. Non sopporterei di nuovo questa rivalità con un altro uomo. - 
- Ikuto! Ti prego.. - 
- Amu... - lui mi guardò. Il mio cuore stava per andare in mille pezzi, si stava sgretolando nelle mie mani. 
- Ikuto! Ascoltami, dannazione! Non essere stupido! - 
- Sono stanco. Prima vomiti, mi dici che hai preso un malanno, non volevi che ti toccassi e ora.. basta, non voglio stare con una persona insicura come te. Ho bisogno di certezze, quindi.. parla, parla ora! O taci, per sempre Amu. - 
- Ikuto.. io.. - cercai di dirglielo, strinsi gli occhi per ritrovare il coraggio. - Ikuto io.. - non riuscivo a dirlo, non ci riuscivo per quale dannato motivo? Ero incinta, avevo vomitato, non avevo voluto farlo.. Ikuto, sono così felice, che quasi non riesco a respirare. Ikuto sembra sempre più inquieto. Vuole andare via, lo leggo dai suoi occhi, dal modo sdegnato con cui continua ad osservare ogni piccola parte del mio corpo e del mio viso. 
- Ikuto... io non amo nessuno. Io amo solo te, sento così tanto amore che credo di poter morire da un momento a un altro, e ho bisogno di te, ti prego non te ne andare, non voglio che mi lasci! - gli strillai. 
Lui rimase immobile, poi sembrò reagire, e mi prese le spalle. - Amu, dimmi perché mi rifiuti. - 
- Mi fa male farlo, non capisci! - 
- Perché ti fa male, dannazione! - continuò con voce dura, mentre io stavo per mettermi a piangere. 
- Perché... perché... perché... - mi avvicinai, e prendendogli una mano la avvicinai al mio addome ancora piatto, ma non per molto, mentre Ikuto osservava la mia pancia. - Ikuto, non hai capito? 
- Cosa? Tu sei... - 
Ciondolai il capo. - Sì, sono incinta. Aspettiamo un bambino, Ikuto. - 



Angolo della Love*

Finalmente, Amu ha detto ad Ikuto di essere incinta, dopo molti problemi... e un quasi voler fare l’amore! la verità è finalmente sgusciata fuori dalle labbra della povera Amu, che aveva paura di perdere Ikuto, ha dovuto per forza dire la verità... e ora come reagirà il papà alla notizia della futura nascita Tsukiyomi
Dovete scoprirlo nel prossimo capitolo, che verrà partorito a breve.. questo è stato invece partorito dalla notte, che porta consiglio. Io adoro scrivere di notte, mi porta molto consiglio, sopratutto guardando Amuto in Shugo Chara, ah se ci fosse stata questa scena, avrei guardato la serie molto... ma molto... attentamente. 
Fortunatamente ci sono le fic, e possiamo immaginare quello che vogliamo. Come finirà la storia della gravidanza? Problemi o filerà tutto liscio come l’olio? Bene.. ci vediamo nel prossimo con la AMUTO. 

#Love-chan. 
   
 
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