Fanfic su artisti musicali > EXO
Ricorda la storia  |      
Autore: threeisaperfectnumber    19/06/2016    2 recensioni
Quando il Destino ha già messo la sua firma non c'è altro da fare che lasciare che le cose scorrano così come sono state scritte. E forse neanche l'amore può salvare le persone.
XiuChen- Xiumin, Chen
||angst; menzioni a temi delicati quali malattie||
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Chen, Chen, Xiumin, Xiumin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'amore, a volte..



« L'amore è una forza che non puoi controllare. »
 

Parte così una storia scritta dalla fine, dove tutto è già deciso, tutto già programmato. Uno spiraglio di luce in cui tutto è freddo e cupo.
Una storia in cui l'amore sconvolge i piani, a tratti diventa uno di essi e si insinua nei meandri più bui e distrae, anche se per poco, da quella che è un Sorte già annunciata.


Quando il Destino ha già messo la sua firma non c'è altro da fare che lasciare che le cose scorrano così come sono state scritte.
E forse neanche l'amore può salvare le persone.

 

Questa è la storia di Jongdae e Minseok.

 

**

 

Se pensa ad un anno fa, Kim Jongdae, ora diciannovenne, sorride in modo ironico.


Si sono conosciuti in modo totalmente usuale, lui e Minseok. Tra i banchi di scuola di un vecchio e trasandato laboratorio di chimica.
I ricordi sono perfettamente vividi nella sua testa.

Non lo aveva nemmeno guardato negli occhi, la prima volta. Essendo compagni di laboratorio si scambiavano solo qualche parola strettamente necessaria purché il progetto a cui stavano lavorando insieme fosse perfetto, aggiungendo, così, un'altra A all'altrettanto perfetta media scolastica di Jongdae.


Scuote leggermente la testa ravvivando con una mano i suoi capelli, come se, così facendo, la mente smettesse di lanciargli flash di infiniti episodi passati con lui.
Guarda distrattamente l'orologio: arriverà a Los Angeles precisamente per l'ora di cena con il suo bel pick-up, ora apparentemente nuovo di zecca.   
Inclina leggermente la testa sbattendo in malo modo contro il seggiolino che gli farà da seduta per tutto il viaggio. Le mani fra i suoi capelli si stringono impercettibilmente attorno ad essi tirandoli come se volesse strapparli.
Il dolore, ancora vivido nelle sue viscere, martella contro le sue tempie come un martello pneumatico. Va tutto bene, si ripete imponendosi di calmarsi, a questo ha fatto l'abitudine, forse.


Se qualcuno gli avesse detto che la sua vita avrebbe preso quella strana piega, ci si sarebbe sicuramente sbellicato dalle risate con i suoi amici snob: appena un anno prima si sarebbe visto alla University of Florida con la sua strameritata borsa di studio, con un avvenire assicurato dal padre ricco imprenditore e con magari qualche bella ragazza dall'altrettanto nobile famiglia al suo fianco. 
Sul suo viso il sorriso ironico si trasforma in una strana smorfia, un ghigno deformato.


Non cambierebbe nulla, Jongdae. Rifarebbe tutto: i passi falsi, le discussioni coi suoi genitori che gli impedivano di vedere Minseok, tutte le notti in ospedale affianco a lui. Soprattutto rifarebbe l'amore con lui, ancora e ancora.


Decide di non abbattersi, comunque. Dopotutto sta andando lì per realizzare il suo sogno, e, forse è un po' ammattito, ma se chiude gli occhi riesce ancora a sentire le sue mani accarezzarlo con quel modo tipico di lui: solo con i polpastrelli, delicatamente, su ogni centimetro del suo corpo martoriato dai morsi. Non ci fosse una parte che Minseok non avesse esplorato, non avesse baciato, che non avesse amato.


Minseok lo amava nel modo più strano e complesso possibile, ma forse anche nel modo più genuino che sia mai esistito. 
Nel modo in cui solo una persona che sta per morire può fare: dando tutto e per tutto.


Jongdae ricorda ancora quando gli diede del matto dopo che, con quel solito ghigno strafottente da cattivo ragazzo che non era, gli disse categoricamente che alle quattro del mattino sarebbe passato a prenderlo per portarlo fuori con lui.
Ora, una persona sana di mente sarebbe scappata, ed è questo che gli consigliò il suo migliore amico Jongin. 
Si impose, quindi, di non andarci assolutamente.
Inutile dire che alle quattro in punto precise Jongdae era già sul suo portico, aspettando che Minseok facesse la sua comparsa con il suo tanto amato pick-up.


Quello fu il primo di tanti appuntamenti, tante scappatelle a notte inoltrata che finivano sempre con l'aspettare l'alba sulla sponda del lago con due birre, una sigaretta condivisa in due e qualche bacio sulle labbra.
Jongdae non si era mai sentito più felice di così.


Piange disperatamente, ora, Jongdae.
Forse è anche un po' colpa sua, forse sta solo delirando: la mente di un folle malato d'amore che ha appena perso tutto.
Pensa che se solo se ne fosse accorto prima, se solo avesse saputo, le cose sarebbero state diverse. Forse avrebbe potuto salvarlo, forse il suo amore sarebbe bastato per lenire tutte le ferite di Minseok.
Ma Jongdae, però, aveva già lenito tutte le ferite aperte e sanguinanti dell'animo di Minseok: quando lo guardava, quando gli diceva ti amo, quando si lasciava amare e modellare da quelle mani che sembravano così tanto esperte. 
Minseok un po' guariva.


Jongdae, però, questo non lo sa e si chiede come sia stato possibile non accorgersene.
Certo, Minseok era sempre stato un tipo discreto, ma diamine, quella era una cosa seria. Jongdae aveva il diritto di sapere.


Si ricorda ancora il leggero tremolio delle sue mani e gli occhi stralunati quando era arrivato alla fatidica conclusione.
Si era avvicinato al suo hyung addormentato al suo fianco, reduci appena di una notte d'amore. Sembrava un dio greco: con le sue spalle ampie e il suo fisico ben scolpito, ma allo stesso tempo con quel viso tanto dolce. 
Gli carezzò lievemente i capelli fino a che Minseok sorrise svegliandosi.
Prese un respiro profondo non staccando, però, la mano dai suoi capelli, la voce un po' lo tradiva "è vero dunque, Hyung?" Minseok ci mise un secondo a capire dove volesse andare a parare Jongdae, si alzò solo lievemente col busto e lo abbracciò di slancio. 
Jongdae crollò come un castello di carte dopo una folata di vento.
"Avevo il diritto di sapere" sussurrò tra le lacrime ed i singhiozzi.
Minseok se lo strinse contro quasi possessivamente "mi dispiace amore mio. Non sono riuscito a proteggere me stesso, volevo proteggere te" disse con tutta la calma del mondo, tipica di lui.


Poi c'era stato il periodo in ospedale, quello più brutto. 
Minseok stava continuamente male, era ormai arrivata l'ora. Non si ricorda un giorno, un momento, un attimo, in cui avesse lasciato la mano dell'altro.
Minseok aveva perso tutto il suo colore.
Ora era solo un corpo steso su un lettino di un ospedale, un camice bianco asettico addosso ed il viso spento.
Sorrideva ancora, però,  alle volte. Quando la chemio non gli distruggeva tutte le forze ed era ancora un po' lucido.


All'ospedale poco dopo andarono anche i genitori di Jongdae. Se ci ripensa lo assalgono i conati di vomito. Fu quasi felice di vederli arrivare, pensava avessero capito e che erano lì per dare supporto al figlio. 
Le uniche cose che dissero, invece, furono frasi del tutto senza senso. Cercavano di farlo ragionare dicevano e di farlo tornare sui suoi passi. Era ancora in tempo per i corsi universitari.
Si ricorda bene come li cacciò immediatamente dalla stanza in cui il suo Minseok stava riposando e di come gli avesse, con odio sprezzante, urlato in faccia quanto li odiasse e quanto non avrebbe voluto vederli mai più.


E si ricorda, poi, le lacrime di Minseok. La prima volta che lo avesse mai visto piangere. Gli urlava di andarsene, di viversi la sua vita. Che lui era solo un corpo freddo attendente la morte e che Jongdae era così bello e pieno di vita, non si meritava affatto di rimanere vicino un malato terminale quando c'era tutto un mondo di opportunità la fuori.

Jongdae prese un respiro profondo, e con una calma che non sapeva appartenergli si avvicinò al ragazzo sdraiato come di consueto su quel lettino circondandogli, l'ormai scheletrica, vita con le braccia.
Quello che fu più simile all'abbraccio più significativo che gli avesse mai donato "e che me ne importa di un mondo di opportunità la fuori quando il mio di mondo è proprio fra le mie braccia?"


Forse si, si era illuso che l'amore avrebbe salvato entrambi, alla fine.

Si sbagliava.

Lo realizzò precisamente tre settimane dopo.

 

**


Quella mattina di gennaio il clima era abbastanza rigido. 
Jongdae, però, il freddo non lo avvertì subito. La mano che stringeva la sua era ancora calda, tiepida.
Questo bastava a scaldare il suo cuore.


Come di consueto, come tutte le mattine, Jongdae stava parlando.
Minseok non era più capace di farlo e allora era Jongdae a parlare per tutti e due.
Parlava di tutto, argomenti che variavano tra i più disparati temi, e, quando non c'era di che raccontare, Jongdae cantava.


Proprio quella mattina, Jongdae stava cantando la loro canzone, commuovendosi anche, per giunta.
Minseok aveva una strana luce negli occhi quella mattina, serena, quasi felice. 


Ad un certo punto successe qualcosa di davvero strano: Minseok alzò lievemente il braccio e carezzò la guancia del suo ragazzo. 
Ma Jongdae non fece in tempo a godersi appieno le sue carezze che sentì la mano che era ancorata fra la sua stringere forte per poi rilassarsi completamente: Minseok chiuse gli occhi e il braccio  teso cadde con un tonfo sordo sul materasso.
L'elettrocardiogramma segnò una linea retta.


Terrore negli occhi di Jongdae e un urlo spezzato dalle lacrime.


"Kim Minseok, ora del decesso 9:54, data 
ventisei gennaio duemilaotto"


Quella mattina tutti gli infermieri in corridoio parlavano di una rigida mattinata di gennaio, quella in cui morirono due ragazzi: uno portato via da una malattia senza cure e rimedi ed un altro, morto dentro, diventato un corpo vuoto.

 

**


Jongdae si asciuga velocemente le lacrime che sembrano non voler smettere di scendere, mette in moto il pick-up e parte.

 

**


"Avrei voluto stringerti più forte, respirare un po' di più il tuo profumo. Avrei voluto che tu mi fossi stato accanto la mattina, al mio risveglio, per poi alzarmi e prepararti la colazione.
Avrei voluto vivere di te, ed avrei voluto farti vivere di me. 

Sai amore mio, quando si perdono le speranze e non si ha più nulla a cui aggrapparsi ci si aggrappa all'amore. Pensavo che amarti con tutto me stesso ti avrebbe salvato. Pensavo che nessuno ti avrebbe mai portato via dalle mie braccia. 
Vorrei poterti dire come mi sento, ma non posso farlo. Io non sento nulla, sento solo il freddo. Il gelo mi ha avvolto dove una volta mi avvolgevano le tue braccia. 
Sai? Ho concluso il tuo pick-up. Tra meno di una settimana andrò in California. Sto per realizzare il tuo sogno. 
Ti prometto che vivrò ogni singolo attimo di questa vita in modo dignitoso e significativo. Cercherò di tirare avanti, per te. 
Ti amo con tutto me stesso.

Per sempre tuo
-Jongdae"






 

ANNYEONG HASEYOOOOO
Beh, che dire, per prima cosa se siete arrivate fino a qui GRAZIE MILLE.
Questa è stata una delle storie più difficili che abbia mai scritto e ci sono molto legata.
È vagamente ispirata al film Keith, che è in assoluto uno dei miei film preferiti. 
Spero vi piaccia è stato un parto scriverla.
E, CHIEDO SCUSA PER L'ANGST AHAHAHAHAHAHA

Alla prossima, Preziosa❤️

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > EXO / Vai alla pagina dell'autore: threeisaperfectnumber