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Autore: _earlygreytea__    20/06/2016    0 recensioni
Amori e guerre. Niente di nuovo, forse niente di originale. Amore, tra i soliti due, lei troppo testarda lui insofferente della sua vita. Amore, che è forse più forte dell'ambizione? Forse si, forse no. Se volete scoprirlo, leggete. Leggete di una guerra di un altro mondo, leggete di draghi e di streghe, leggete di demoni e sirene, leggete per sapere se un amore vero può sconfiggere il male più grande del mondo. La superbia dell'uomo e il suo desiderio di potere.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Amoris Ars
Prologo

Ringhiere arrugginite. Sterpaglie lungo il vialetto. La carrozza buia andava a passo d’uomo verso il grande e vecchio edificio e James con i suoi occhi da bambino raccoglieva quante più informazioni sulla sua nuova casa.
Lo stabilimento era senz’altro vecchio, e non quel tipo di vecchio e accogliente, ma più il tipo di vecchio e abbandonato. Trasudava tristezza e malinconia, forse in memoria dei giorni di gloria che aveva avuto agli inizi del secolo scorso, quando era nato come un’ospedale all’avanguardia. Poi la guerra, le morti, il sangue e le bombe. Le bombe che cadevano intorno. Mai era stato però intaccato, l’edificio. Sempre sopravvissuto mentre era spettatore di tutta la morte che lo circondava. Finita la guerra venne comprato dalla Santità, rinacque come un’orfanotrofio dove “le povere anime dei bambini abbandonati e soli potessero crescere nell’amore dei Cinque Giusti”. Un buon modo per farsi buona pubblicità insomma, di come questi credenti fossero i portatori della vera pace, dopo tanti anni di sofferenza. Con il tempo la gente, e la Santità, si dimenticò di questi orfanotrofi colmi di povere anime relegate fino alla maggiore età e poi sbattute fuori a fare compagnia agli altri barboni.
Ma di tutto questo James era ignaro come è normale che lo sia un bambino di sette anni. Era un bastardo, James. Suo padre era un notaio, non ricco, ma sicuramente benestante. Sua madre era una delle serve e lui era stato accettato dal signore in mancanza di altri eredi. James era un bambino buono e curioso e nessuno avrebbe mai detto essere figlio dello scorbutico e taccagno notaio del piccolo comune di Gaheel. Era uno di quelli che amava studiare e aiutare la madre a pulire e a cucinare.
James con i suoi grandi occhi scuri osservava tutto con sorpresa e meraviglia. L’alto porticato contornato da un’edera ormai secca e morta, le finestre scure, la vernice che si staccava dalle pareti. Si divertiva immaginandosi che quelle piccole aquile di pietra vicino i balconcini spiccassero il volo. La testa verso l’alto, gli occhi spiccicati verso il cielo a immaginare. Continuava a camminare verso l’edificio, non si ricordava nemmeno di quando fosse sceso dalla carrozza. A fermalo furono le gambe di una suora che attendeva il nuovo arrivato sul portone. A quel punto James abbassò lo sguardo per incontrare gli occhi spenti e scocciati di suor Gerilda.
Il cocchiere che aveva accompagnato il bambino salutò frettolosamente la suora, che James avrebbe giurato fosse grande quanto un armadio. La signora dunque tornò a fissare James, poi, dopo averlo squadrato velocemente, aprì la bocca circondata da piccole labbra secche: “Seguimi.”
Il bambino annui frettolosamente e dopo aver tirato su la sua unica valigia corse dietro la donna che aveva già iniziato a fare il giro dell’edificio incurante o meno che il bambino la stesse seguendo.
“È vietato l’accesso alla sala ovest. Al primo piano ci sono le aule dove si tengono le lezioni. Le lezioni iniziano alle otto in punto e terminano alle dodici e un quarto per poi riprendere alle due e finire alle quattro e un quarto. Al primo piano c’è la mensa. La colazione è dalle sette alle sette e mezza, il pranzo da mezzogiorno e mezzo alle una e la cena dalle dalle sette alle sette e mezza. Si può accedere al cortile dalle una alle una e mezza e dalle quattro e mezza alle sei e mezza. Nell’ala est ci sono i dormitori, primo piano le ragazze, secondo i ragazzi. Il coprifuoco è alle nove e mezza. C’è solo un bagno per piano. Nell’ala nord c’è la biblioteca, si può accedervi solo con un permesso scritto della reverenda madre.” La suora parlava e camminava, camminava e parlava senza fare una pausa, senza riprendere fiato. Quando il donnone ebbe finito, James, che aveva capito si e no la metà dello sproloquio, capì di essere arrivato ai dormitori maschili. La suora aprì la bocca per un ultimo comando “prenditi un letto tra quelli liberi”e neanche il tempo per James, ancora spaesato, di rispondere che si era già avviata giù per la rampa di scale.
Il bambino dai capelli pece buttò la testa dentro la grande stanza ed esaminò attentamente ogni particolare. Non c’erano tanti bambini, ma a pensarci bene dovevano essere le cinque, quindi la maggior parte dei residenti doveva essere in giardino a godersi le ultime giornate di sole autunnali. In fondo alla stanza c’era un gruppo di ragazzini, sicuramente con uno o due anni in più di James, che confabulavano di affari tutti in cerchio su un paio di brandine.
James  contò fino a tre, fece un respiro, ed entrò. Non era mai stato un bulletto, ma neanche uno di quelli coraggiosi. Lui, come detto prima, era buono. Non sarebbe mai riuscito a trovare un insulto azzeccato o a tirare un pugno in faccia a un bambino. Così si fece piccolo piccolo, passò le prime due file di brandine e poi trovò finalmente un letto libero. Ci mise su la valigia di pelle, visibilmente vecchia, forse di seconda mano. La aprì e tirò fuori un grande libro di fiabe e un foglio stropicciato. Richiuse ordinatamente il bagaglio e lo pose sotto la brandina.
Rialzò lo sguardo verso i due oggetti che aveva posto sopra il lenzuolo, ma con enorme orrore notò che mancava il libro di fiabe.
Sentì delle risa provenire da dietro e voltandosi di scatto scoprì essere del gruppo di ragazzini che trattavano in fondo lo stanzone. “Non ci siamo ancora presentati sfigato, ma guardando quello che ti porti dietro non so se devo darti del lui o della lei, fighettina” disse un ragazzo alto e cicciottello dai capelli carota e la faccia piena di lentiggini. Gli occhi di James iniziavano a riempirsi di lacrime, non tanto per gli insulti, ma per paura che quella conversazione si concludesse con la distruzione del libro. Era, insieme alla lettera stropicciata, l’unica cosa che rimaneva di sua madre, insieme ai ricordi. Non aveva nient’altro non essendoci più nulla di lei, almeno, di vivo.
“Ridammelo” gracchiò con la voce sommessa James spinto da un impeto di disperazione.
“vuoi che te lo ridia? Fighetta? Bene” la faccia porcina del bambino si girò verso i compagni ridendo “ridiamoglielo” e detto questo, aprì il libro, prese la prima pagina e iniziò a strapparla lentamente via. I goccioloni ormai uscivano senza ritegno dagli occhi fanciulli di James “Ti prego non farlo!”. Ormai era in preda al panico. Il bulletto rise, disse un altro paio di fighetta e poi, presa la seconda pagina fece per ripetere l’azione.
“Senti maiale piantala di prendertela con quelli più piccoli di te.” Una voce pulita e ferma si era fatta sentire da dietro le spalle di James.
“Senti lesbica non mi rompere le scatole, sto facendo amicizia con il nuovo arrivato” la massa di ragazzetti dietro la faccia porcina sogghignò all’insulto portato avanti da pel di carota.
“Gustave smettila di essere imbarazzante, hai otto anni, non usare parole di cui non sai il significato, e adesso va via o finisce come l’ultima volta.” La voce aveva parlato ancora, e più intimidatoria di prima. Con una minaccia, di cui non capiva molto il senso James, era riuscita a far allontanare faccia di maiale e la sua banda.
Appena se ne furono andati James andò a recuperare in fretta e furia il libro e la pagina strappata che Gustave aveva lasciato cadere a terra. Tentò di ricomporre alla meno peggio la prima pagina e dopo aver chiuso il libro lo strinse a sè e a occhi chiusi tirò un sospiro di sollievo.
“ti piacciono le storie sui cavalieri?”.
James che quasi si era dimenticato della presenza della voce femminile di poco fa. Aprì celermente gli occhi per ritrovarsene davanti un altro paio, grandi e azzurri, incorniciati da una chioma bionda e un sorriso genuino.
James sorrise a sua volta, quasi inconsciamente. “Ehm, si.. mi piacciono, anche se preferisco molto di più quelle sui draghi e le creature magiche”.
Il volto della bambina si illuminò “ io adoro le storie sui cavalieri, voglio diventare una di loro, io.”
James ci pensò su, un cavaliere donna, chi avrebbe dovuto salvare? Una principessa, un principe? Scrollò le spalle, gli sarebbe piaciuto leggere una storia del genere, più originale delle altre. “ Quindi saresti una cavaliera”. La bambina rise “tu pensi ce la farei?”.
Il bambino la guardò curioso, insomma, non era un bambino asociale, ma sicuramente introverso. Lui non la conosceva, che ne sapeva se sarebbe riuscita ad essere una cavaliera. “Penso che possiamo essere tutto ciò per cui lottiamo” optò di salvarsi in extremis con la frase che sua madre gli ripeteva ogni sera mentre gli rimboccava le coperte.
Guardò la bambina, che continuava a fissarlo e, come l’educazione comanda si presentò, portando avanti la mano sinistra per farla stringere a lei. Era una cosa che faceva, portare avanti la mano sinistra al posto di quella destra, era mancino in tutto. “Comunque, ehm… Io sono James Kcalb, tu?”. La bimba strinse subito la manina del bambino e con un sorriso a trentuno denti, aveva perso un molare appena la settimana prima, rispose “ il piacere è mio Ylil Aeleza”.

Angolo scrittrice
Ok, non mantengo spesso le mie promesse di terminare le long fic. Ma per questa sento che è diverso, è più chiaro nella mia testa malata sia il finale che possibili sequel ed essendo io finalmente in vacanza a cazzeggiare serenamente tra una versione di greco e una di latino prometto di portarla avanti fino al termine. Voi tutti che leggete questo abbozzo che “tenta di assomigliare ad una bella storia, ma fallisce miseramente” recensite. Punto. Tenterò di aggiornare una volta a settimana, se sono in vena anche più di una volta. Spero di non deludervi e di avervi incuriosito con questo prologo. Tranquilli, se le cose vi sembra stiano iniziando bene, non durerà per molto.

   
 
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