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Autore: FireFistAce    21/06/2016    1 recensioni
"Tu non mi hai mai parlato del tuo passato, Marco."
E quella consapevolezza ad Ace aveva fatto molto, molto male. Si era sentito in qualche modo tradito per l’ennesima volta.
"Tu sai tutto di me, sei l’unico a conoscere il mio passato e l’identità di mio padre perché per me sei importante, molto più di quanto credi, e... scoprire che tu non hai mai fatto come me, che non ti sei mai fidato di me al punto da aprirti, ecco... mi ha fatto capire che probabilmente non sono abbastanza importante per te."
Dirlo ad alta voce, concretizzare quel pensiero e quella nuova consapevolezza faceva molto più male che lasciare che rimanesse tutto nella sua testa.
Marco, a quelle parole, sgranò di poco gli occhi cerulei e lo fissò incredulo. Era quello che Ace pensava? Era quello che lui gli aveva fatto credere? Si sentiva uno stupido, ma la verità era che Ace aveva ragione e Marco non aveva niente da ribattere per potersi difendere.
Non c’era niente da difendere.
"E questo vuol dire che avevi ragione quando mi hai detto che puoi vivere benissimo senza di me. Io posso vivere benissimo senza di te."
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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BORDER OF LOVE

Capitolo I

La sera era calata da un pezzo sulla città di Sabaody ed Ace si tirò su il cappuccio del giubbino per coprirsi meglio, aumentando il passo e stando attento a non beccare tutte le pozzanghere in strada. Se non fosse arrivato all’Harem in tempo si sarebbe preso una non indifferente strigliata da Lucci, il responsabile della struttura situata in quella parte della città, e sebbene Ace fosse in possesso di una pistola e fosse più che in grado di utilizzarla, la possibilità di far incazzare Lucci riusciva comunque a farlo rabbrividire e lo costringeva a rinunciare a dormire quanto avrebbe voluto.

Lui odiava quel posto, era uno dei Groove più malfamati della città e non c’era nemmeno l’ombra lontana di qualcuno che facesse le veci di giustizia.
Non che a gli dispiacesse molto, aveva avuto alcuni spiacevoli passati con la polizia.

Una volta giunto al vecchio e fatiscente edificio sospirò, poi entrò e si tolse la giacca, lasciandola nel mobile del quale solo loro lavoratori avevano accesso.
Tempo nemmeno dieci minuti che Rufy gli saltò addosso per abbracciarlo.

"Ace! Finalmente sei arrivato, aspettavamo solo te per aprire!"

Il più grande sbuffò appena e cercò di liberarsi dall’abbraccio del ragazzino, con scarsi risultati, mentre si guardava intorno. Nami lo salutò cordialmente mentre se ne stava dietro al bancone, il posto al quale sarebbe dovuto rimanere anche Rufy, e Trafalgar fece un cenno del capo verso la sua direzione a mo' di saluto, ed era probabilmente il massimo che avrebbe potuto ricevere da lui.
Di Marco non c’era traccia.

Il lavoro di Ace consisteva nel fare da buttafuori, se ne stava appoggiato al muro vicino l’entrata dell’edificio sperando che il freddo non fosse troppo e stando pronto a scattare in caso dentro si creassero casini. Come quando un grassone ubriaco e sdentato, con i capelli ispidi, si era messo ad urlare che a lui, il grande Barbanera, tutto era dovuto e aveva cercato di portarsi a letto Nami che non faceva parte delle puttane che lavoravano lì. Certo, in quel caso il problema era stato bloccare Rufy prima che spaccasse la faccia a quel tipo a suon di pugni, ma quello era un altro discorso.

In sostanza, il suo lavoro faceva schifo; doveva starsene al freddo e all’umido, al bagnato se pioveva, a sperare che nessuno spaccasse la faccia a nessuno e attendendo impaziente l’ora in cui sarebbe potuto andar via, ovvero verso le cinque di mattina. Anche più tardi se i clienti si addormentavano con le ragazze e non volevano andarsene.

L’unica cosa che riusciva a risollevare l’umore nero del ragazzo era la presenza di Marco, amico fidato e silenzioso, che si affacciava ogni tanto per porgergli un caffè, una sciarpa o anche solo per una chiacchierata, rassicurandolo che dentro andava tutto bene e che potevano anche rilassarsi un po’.

Amico. Già.

Il problema era che Ace ne era innamorato, e non poco.
Si era riscoperto geloso quando il biondo era stato trascinato via da una ragazza un po’ troppo disinibita e vogliosa, aveva provato a far finta di niente per i giorni a seguire ma alla fine aveva dovuto fare i conti con sé stesso e da lì a scoprire i suoi veri sentimenti, beh, il passo era stato breve, e questa cosa andava avanti da quasi tre anni ormai.
Erano stati tre lunghi anni di silenzi e sorrisi tirati su al momento, era sempre stato discretamente bravo a nascondere i suoi reali stati d’animo.

"Certo che stasera fa proprio freddo, mi chiedo come tu faccia a stare qui fuori tutte le sere."

Ed ecco che l’oggetto dei suoi pensieri si materializzava al suo fianco, lasciando che la porta si chiudesse alla sue spalle e porgendo una tazza di caffè bollente al giovane corvino.

Un sorriso gli si disegnò in volto, dando animo alle lentiggini che gli tempestavano le guance, mentre prendeva la bevanda calda tra le mani coperte dai guanti.

"Abitudine."

Rispose semplicemente, dando la falsa impressione che il freddo pungente, segno dell’imminente termine dell’autunno e arrivo dell’inverno, non lo scalfisse minimamente, sebbene la realtà fosse diversa.

Il silenzio che adesso era calato lo fece fremere e rabbrividire, facendolo tendere per l’ansia che gli trasmetteva, perché nel silenzio i suoi pensieri si soffermavano su come potesse essere baciare le labbra di Marco. Erano screpolate per il freddo? Oppure erano morbide e ancora calde per il tepore di cui aveva goduto finché era rimasto all’interno dell’Harem? Avrebbe voluto scoprirlo, ma probabilmente avrebbe solo scoperto cosa si provava nel ricevere un pugno dal proprio migliore amico, perché Marco andava spesso a letto con le clienti che richiedevano i suoi servigi e questo stava a significare che fosse etero.

Le cose si complicavano sempre di più.

"La situazione dentro com’è?"

Chiese poi per rompere il silenzio, guadagnando uno sbuffo annoiato dall’altro.

"Solita noia, sembra che per stasera nessuno creerà problemi."

Ace scrollò le spalle e bevve il caffè, godendo del tepore che si irradiò dalla sua gola e che lo riscaldò per qualche misero secondo prima che una folata di vento portasse via quella piacevole sensazione.

Odiava il freddo, ed il silenzio era calato ancora una volta.

Prima che Ace potesse dire qualunque cosa, Marco si congedò con un sorriso appena accennato e tornò dentro.

Ancora una volta solo con i suoi pensieri per una notte intera.
  
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