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Autore: RainXSmile    21/06/2016    1 recensioni
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Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti un ragazzo circa della sua età dagli occhi enormi ed espressivi e delle labbra a forma di cuore. Anche lui doveva essersi seduto per ammirare lo spettacolo della pioggia che bagnava e purificava tutto quello su cui ricadeva, pensò in un primo momento. Poi il ragazzo misterioso si girò verso di lui, rivolgendogli la parola: “Dovresti rientrare o ti ammalerai.” il tono schietto con cui lo disse diede non poco fastidio a Jongin che rispose di getto preso dall’irritazione: “Sono affari miei. E poi potrei dirti la stessa cosa. Ci conosciamo per caso?” gli chiese ad un tratto, catturato dalla profondità degli occhi del ragazzo seduto accanto a lui. “Non proprio” rispose, anche se Jongin riuscì a distinguere nella sua voce quella che gli parve tristezza.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Rain.

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Shadows settle on the place, that you left.

Our minds are troubled by the emptiness.

Destroy the middle, it's a waste of time.

From the perfect start to the finish line.

 

 

Il cielo era ricoperto da una vasta moltitudine di nuvole con varie sfumature di tenue grigio, che rendevano ancora più cupa e spenta l’atmosfera di una semplice giornata d’inizio inverno come tante altre.

Jongin si soffermò ad osservare le prime goccioline di pioggia che scorrevano agili come venature sulla finestra di vetro posta alla sua sinistra, riflettendo su quanto fosse corta e vana la vita di ognuna di esse. Non gli piaceva la pioggia, lo rendeva inquieto e riportava alla mente ricordi confusi e appannati dai quali la sua testa sembrava stesse cercando di far riaffiorare qualcosa, ma non riesce a capire cosa; eppure, doveva ammettere che lo scroscio dell’acqua lo rilassava, come una dolce melodia che lo invita ad addormentarsi e a non risvegliarsi più.

L’attenzione del ragazzo dai capelli biondo argentato viene richiamata da dei continui e ritmici ticchettii di una penna sulla superficie di una pregiata scrivania edificata in legno di quercia, che tendono ad infastidire il giovane. Così, volta la testa in direzione del suono snervante, solo per incontrare un paio d’occhi più neri dell’inchiostro con cui è rifornita la penna che quella figura tiene stretta in mano, che lo scrutano con fare seccato.

“Dove eravamo rimasti?” 

Chiede l’uomo seduto dietro alla scrivania e dai lineamenti delicati, che però tradiscono in quel preciso istante una certa agitazione. 

“Non ricordo, mi dica lei, dottore.” 

Risponde con ironia ed impertinenza l’adolescente, divertito dalla facilità che riscontra sempre nell’irritare gli psicoanalisti che vengono pagati profumatamente da suo padre per visitarlo e per trovare cosa non vada in lui, o meglio, capire quando ha iniziato ad esserci qualcosa di sbagliato in lui.

L’uomo di fronte a lui però, al contrario dalle aspettative di Jongin, gli rivolge un dolce sorriso che sarebbe esser potuto definito addirittura materno, per poi continuare la discussione.

 “Mi dovevi parlare di quel ragazzo, Jongin, quel ragazzo che hai conosciuto circa un anno fa.” 

Dice con fare sollecitante. 

L’espressione del ragazzo dai capelli tinti si scurisce immediatamente, per poi incominciare a muovere involontariamente il piede destro in un tic nervoso che il dottore non si lascia sfuggire. 

“Non c’è molto da dire.”

Sussurra con tono debole lui, pronto a chiudersi in sé stesso, almeno fino alla fine dell’ora di analisi, ma la voce rassicurante del medico di fronte a lui lo tranquillizza.

“Non avere paura Jongin, sono qui per aiutarti. Incominciamo dalle cose banali, dimmi come si chiama.” 

Il giovane sapeva perfettamente di non doversi fidare dei dottori, detesta come questi cerchino di entrare nella sua testa e capire i suoi pensieri quando nemmeno lui ci riesce, lo trova alquanto irritante, eppure non può fare a meno di stupirsi della calma che quello psicoanalista in particolare riesce a trasmettergli, intravede il suo nome sulla targhetta metallica appesa al suo camice bianco, e si annota mentalmente di non dimenticarselo come ha fatto con quello di tutti gli altri, Yixing Zhang.

“Si chiamava Kyungsoo” 

Risponde con tono incolore e distaccato, come se stesse cercando di impedire a tutti i sentimenti che quel nome gli riporta in mente di assalirlo. La sensazione di pronunciare quelle lettere sulle sue labbra ancora una volta gli infonde malinconia e nostalgia, e nonostante gli sembra di aver perso il fiato, continua.

“Ci incontrammo in un giorno di pioggia proprio come questo.”

 

 

L’intervallo si era già concluso, ma Jongin non aveva voglia di tornare in classe: si sentiva soffocare in quella massa di persone che a lui apparivano tutte uguali, senza volto, ma con solo una maschera superficiale che nascondeva la vera essenza della loro persona. Così si sedette sul muretto di mattoni, sotto un pino nel cortile, godendosi la quiete, fino a quando non sentì qualcuno sedersi accanto a lui.

Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti un ragazzo circa della sua età dagli occhi enormi ed espressivi e delle labbra a forma di cuore. Anche lui doveva essersi seduto per ammirare lo spettacolo della pioggia che bagnava e purificava tutto quello su cui ricadeva, pensò in un primo momento. Poi il ragazzo misterioso si girò verso di lui, rivolgendogli la parola.
 “Dovresti rientrare o ti ammalerai.” 
Il tono schietto con cui lo disse diede non poco fastidio a Jongin che rispose di getto preso dall’irritazione.
 “Sono affari miei. E poi potrei dirti la stessa cosa. Ci conosciamo per caso?”
Gli chiese ad un tratto, catturato dalla profondità degli occhi del ragazzo seduto accanto a lui. 
“Non proprio.” 
Rispose, anche se Jongin riuscì a distinguere nella sua voce quella che gli parve tristezza.

Quello fu il primo di tanti e brevi incontri che ebbe con quello strano ragazzo che col tempo imparò a conoscere con il nome di Kyungsoo. Quest’ultimo infatti, spuntava fuori quando Jongin meno se lo aspettasse, sempre pronto con un commento acido su qualsiasi cosa, che si trattasse del suo abbigliamento o del suo dubbio gusto nello scegliere il nuovo colore con cui tingersi i capelli. Lo incontrava quando era solo in biblioteca per finire una ricerca, quando aspettava alla fermata il bus che lo avrebbe portato a scuola, quando tornava a tarda ora dall’estenuate sessione di allenamento di danza oppure quando mangiava in solitudine i suoi pasti al fidato bar dietro l’angolo di casa sua. Era una presenza continua e costante, che Jongin arrivò addirittura a trovare piacevole. Infatti i due si perdevano sempre in battibecchi su ogni argomento, parlavano del più e del meno, facevano tornei ai videogames e camminavano per infinite ore per la strada di notte.

Jongin arrivò a considerare il ragazzo più basso qualcuno simile ad un amico, parola che per lui non aveva un significato ben preciso. Classificava come conoscenti tutte le persone attorno a sé, ma non gli pareva di aver mai avuto un legame profondo con qualcuno, o almeno così pensava.

 

We are the reckless,

We are the wild youth

Chasing visions of our futures

One day we'll reveal the truth

That one will die before he gets there.

 

“Eravate amici.” 

Afferma il dottor Zhang in quella che sembra più una constatazione che una domanda, dopo aver seguito e soppesato attentamente ogni parola del ragazzo seduto di fronte a sè.

Jongin annuisce debolmente, sentendo appena un dolore al petto nel riportare alla luce questi ricordi che cercava di rinchiudere nei meandri della sua mente. 

Nota distrattamente lo psicoanalista scrivere velocemente qualcosa sul suo block notes, per poi tornare a rivolgergli lo sguardo sempre più diligente. 

“Che cosa è successo allora? Avete litigato?” 

Gli chiede premurosamente ma al contempo con una punta di interesse. 

“No, non è successo niente.” 

Risponde lui in modo incerto, stupendosi di se stesso per la sua mancanza d’abilità nel mentire in quel preciso momento, ancora preso dai dolci ricordi ai quali accosta la voce di Kyungsoo, sempre decisa e immediata a rispondere a tono ad uno dei suoi insulti affettuosi. Inconsciamente si copre le mani con le maniche troppo lunghe della felpa nera che indossa, come se cercasse di coprirsi, di proteggersi. 

Al dottor Zhang questo particolare non sfuggì, ma non cercò di forzare il giovane a parlare contro la sua volontà. Perciò scelse di dargli un momento per calmarsi: andò a fare due caffè con la macchinetta apposita, appoggiata su un gran comò nel suo ufficio, per poi porgere la tazza ripiena di liquido caldo al biondo. Quest’ultimo accettò di buon grado e bevve con calma estenuante, come a voler ritardare il più possibile la continuazione della discussione. L’aroma del caffè appena fatto gli solleticò le narici e per un impercettibile momento l’odore gli fece rivoltare lo stomaco, associandolo ad uno di quei ricordi sfocati che la sua testa rimescola con quelli più recenti. Posa quindi la tazza sul tavolino posto al centro della stanza e si morde il labbro inferiore con tanta forza da farlo quasi sanguinare. 

“Cambiamo argomento, intanto.” 

Gli propone lo psicoterapeuta notando il suo cambiamento di stato d’animo, per poi continuare.

 “Ho saputo che ricordi poco del tuo passato, è così?” 

Gli domanda cautamente, per ottenere come risposta un debole cenno da parte di Jongin.

 “Sì, cioè, non esattamente… Mi ricordo, solo che a volte i miei ricordi mi appaiono confusi e poco chiari, non ho idea del perché. Però mi ricordo tutto perfettamente da un anno a questa parte.” 

“Da quando hai conosciuto Kyungsoo, non è vero?” 

Chiede prontamente il dottore. 

“Sì.”

Risponde affermativamente Jongin con rassegnazione, detesta non potersi fidare della sua memoria, eppure stranamente non ha più avuto questo problema da quanto Kyungsoo entrò nella sua vita.

O forse dovrebbe dire fino a quando Kyungsoo era entrato nella sua vita.

Ripensare all’ultimo incontro con il ragazzo che considerava il suo più caro amico lo scosse, ma decise di buttare tutto fuori, di raccontare come un fiume di parole ciò che successe al dottore, dato che non riusciva più a tenersi dentro tutta quella sofferenza.

 

Well I've lost it all, I'm just a silhouette,

A lifeless face that you'll soon forget,

My eyes are damp from the words you left,

Ringing in my head, when you broke my chest.

Ringing in my head, when you broke my chest.

 

Non vedeva Kyungsoo da qualche settimana, e questo preoccupò non poco Jongin. Si chiedeva se stesse bene, se fosse malato o se gli fosse successo qualcosa. Lo incontrò nuovamente una tarda sera, di ritorno dalle sessioni serali degli allenamenti di danza, seduto scomodamente sul bordo del marciapiede con la testa bassa. Appena lo vide, Jongin si sentì sollevato e si sedette di fianco a lui. 
“Che combini qui?” 
Gli chiese, contento di rivederlo. Ma il ragazzo più basso di statura anziché rispondegli, gli rivolse uno sguardo spento, vuoto, che diede i brividi all’amico accanto lui.

Jongin riuscì a scrutare il suo viso solo grazie alla fioca luce di un lampione a pochi metri da loro e dalla pallida illuminazione che la luna notturna gli forniva e solo allora si accorse che Kyungsoo sembrava terribilmente stanco. Questa visione riportò alla mente ricordi sfocati che causarono al ragazzo una forte emicrania e un senso di nausea implacabile, ma nonostante ciò, si fece coraggio e guardò con più attenzione il viso dell’amico.

Sembrava ancora più pallido della luna, con le guance scavate, occhiaie viola tendenti al nero che sottolineavano la debolezza e fragilità dal ragazzo di fronte a lui. Niente di quella figura gli ricordava la vitalità che lo contraddistingueva solitamente, niente. I brividi cominciarono a prendere possesso del corpo di Jongin che non riusciva a smettere di tremare. Gli sembrava un incubo, eppure dentro di sé conosceva già tutte queste sensazioni, è come se le avesse già vissute. 

Era come vedere un fiore appassire, un bellissimo fiore perdere a poco a poco ogni suo petalo, il suo profumo, i suoi colori, fino a diventare nient’altro che polvere nel vento.

Avendo la mente occupata da tali elucubrazioni, Jongin non si accorse nemmeno che la pioggia aveva cominciato a cadere imperterrita su di loro, la luna era scomparsa dietro alle nuvole e ormai erano entrambi fradici. 

Fu allora che Kyungsoo sussurrò con voce spezzata.
 “Devi lasciar andare, Jongin. E’ ora che mi lasci andare” 
Disse quasi sul punto di piangere. Ma se stesse piangendo davvero o no, Jongin non lo seppe mai, dato che probabilmente le gocce di pioggia camuffavano le sue lacrime. 

Ma il senso di quella frase a lui non fu chiaro, non capiva cosa stesse succedendo e nella sua testa c’era troppa confusione. 

Sentì improvvisamente la mano di Kyungsoo sfiorargli la guancia dolcemente e  avvertì il ragazzo avvicinarsi pericolosamente al suo viso.

Le loro labbra si incontrarono in un bacio che sapeva di pioggia, dolore e qualcosa che Jongin non avrebbe saputo definire. Quella notte piovosa il suo cuore si spezzò, ma la sensazione era stranamente familiare. L’unica cosa di cui è sicuro è che da quel giorno non rivide più il ragazzo di cui si era innamorato. E che l’emicrania divenne le sua migliore amica.

 

And if you're in love, then you are the lucky one,

'Cause most of us are bitter over someone.

Setting fire to our insides for fun,

To distract our hearts from ever missing them.

But I'm forever missing him.

 

“Lo amavi?”

La domanda risuona banale e scontata alle orecchie del biondo che per la prima volta dall’inizio del loro colloquio, risponde al dottore guardandolo negli occhi.

“Sì.” 

Ma la calma sicurezza che Jongin aveva trovato nel constatare quella semplice affermazione venne spazzata via dalle parole seguenti dell’uomo dietro alla scrivania.

“Eppure tu lo sai, la tua testa sta cercando di fartelo capire, ma ho l’impressione che sia il tuo cuore a non voler darle retta. Tu hai vissuto già una volta tutto quello che mi hai raccontato.” 

Jongin guarda senza comprendere il dottore con espressione sconvolta. Un moto di rabbia si impossessa di lui improvvisamente. 

"Questo stronzo pensa di potermi leggere la mente, eh? Quanta arroganza."

Pensa tra sé e sé Jongin che da un momento all’altro si alza dalla sedia su cui era seduto da ormai un’ora e strappa il primo foglio del block notes dell’analista, che preso alla sprovvista non riesce ad impedirglielo. Ciò che legge lo lascia ammutolito.

 

Paziente: Kim Jongin

Sintomi psicologici: ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni;  paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore, aggressività immotivata, incapacità di gestire le emozioni, insensibilità. 

 

Diagnosi: PTSD - Disturbo post traumatico da stress

 

Trauma scatenante: Morte di Do Kyungsoo

 

Le parole non volevano uscire dalla bocca di Jongin, impegnato a rileggere infinite volte quell’ultima frase che lo fece cadere in un vortice di disperazione, e incapace di assimilare le informazioni appena ricevute. I ricordi lo colpiscono tutti in una volta sola, chiari dopo tanto tempo.

 

Era seduto in una sala d’attesa da ormai parecchie ore. Le infermiere gli avevano offerto una tazza di caffè, ma lui non riuscì a berne nemmeno un sorso. Tutto era successo troppo velocemente, senza che lui se ne accorgesse. Stavano tornando a casa da scuola come sempre, quando improvvisamente Kyungsoo  era svenuto in mezzo alla strada. Disperato Jongin lo aveva portato all’ospedale e ciò che apprese dalla madre del suo miglior amico una volta lì lo raggelò. Gli disse che Kyungsoo era malato di leucemia da tanto tempo, ma che non aveva mai voluto dirglielo, per non farlo preoccupare, o per la paura che Jongin provasse a cominciare pena per lui. Tutto aveva così poco senso: erano migliori amici sin da quando erano piccoli eppure non gli aveva mai rivelato una cosa così importante. Quel ragazzo, che dava un senso alla sua stessa vita, stava per essergli strappato via in modo così crudele. Le lacrime avevano già cominciato a rigare il suo volto.

Non ci fu un addio drammatico e toccante come nei film. Semplicemente un’infermiera che comunicò di essere spiacente per il lutto del giovane ragazzo. La testa di Jongin faceva estremamente male, si accasciò per terra tremante preso dalla disperazione, non poteva crederci, doveva essere un incubo. No, nemmeno un incubo poteva essere così fottutamente doloroso.

Perciò si mise a correre, correre lontano dalla sofferenza, dalla paura, dalla realtà. Ma prima di accorgersene era già in strada, e sentì appena lo schianto di una macchina contro di lui.

Kim Jongin venne investito quel giorno di pioggia, e quando si svegliò non ricordava assolutamente niente di Do Kyungsoo.

 

“Hai rimosso completamente il trauma a causa dell’incidente, ma il tuo cuore si ricorda perfettamente. Hai incominciato ad avere allucinazioni croniche di Kyungsoo qualche settimana dopo. Mi dispiace.” 

Dice mestamente il dottor Zhang. Elaborate quelle parole, Jongin si sente tradito in quel momento: tradito da Kyungsoo per non avergli detto della sua malattia, tradito da mondo per un’ingiustizia tale, ma soprattutto tradito da se stesso. Come cazzo poteva aver dimenticato? Come?

 

Il sole ha rischiarato tutto il territorio circostante, nel cielo non c’è più alcuna traccia di nuvole, e il freddo invernale penetra nelle ossa di un ragazzo biondo, che sta ritto di fronte ad una lapide. Il dolore c’è ancora, anzi, Jongin si chiede come faccia a sopportarlo. Si china per trovarsi davanti all’immagine familiare di un ragazzo stupendo, occhi grandi ed espressivi e labbra a forma di cuore - riconoscerebbe quel volto ovunque. Resta a fissare la foto per una quantità di tempo indeterminato poi parlare con voce sommessa.

 “Non so se riuscirò mai a lasciarti andare.”

 

Non si sarebbe mai aspettato di vedere ancora una volta Kyungsoo. Non il suo Kyungsoo, ma la mera allucinazione della sua mente. Eppure, le sue parole, i suoi gesti, ora che ricorda, sembra proprio il suo Kyungsoo.

Lo incontra una sera in cui Jongin è accasciato sul pavimento della sua stanza, con la testa appoggiata alle ginocchia, quando una mano accarezza le ciocche morbide dei suoi capelli che gli ricadono sul volto.

Sente che quello sarà il loro ultimo incontro, ma la paura che lo divora da dentro è implacabile: non vuole lasciar andare Kyungsoo, nemmeno se è la proiezione della sua mente. Il tocco del giovane è rassicurante e premuroso, così lo lascia fare. Quando con un dito gli alza il mento per guardarlo dritto degli occhi, Jongin si accorge del sorriso splendente che il suo migliore amico gli rivolge. Si avvicina a lui, fino a quando le loro fronti non sono a contatto, e Kyungsoo gli sussurra.

“Scusami. So che il dolore che stai provando adesso sembra troppo lancinante, so che l’oscurità che avverti ti sembra troppo profonda, ma tienimi nei tuoi ricordi, e fidati di me. Vivi Jongin, vivi anche per me. Ti amo.” 

 

 

Angolo dell’autrice:

Eccomi qui con la mia prima storia. Ero incerta se pubblicarla o no, ma alla fine mi sono decisa ed eccola qui! La parte iniziale mi soddisfa, mentre il finale per i miei gusti è un po’ troppo banale - mi rifarò con la prossima no worries - anyway, se avete un commento da lasciare fate pure, altrimenti vi ringrazio semplicemente di aver letto, significa già molto. Volevo soffermarmi un attimo sull'argomento portante della fanfic ovvero il disturbo PTSD: avevo intenzione di approfondirlo meglio ma sfortunatamente non ne ho avuto né l'occasione né il tempo, sappiate però che quello che ho scritto è frutto di alcune ricerche da me fatte e un po' da esperienze personali, quindi niente è stato inventato di sana pianta. Mi sono accertata inoltre che succede, anche se raramente, che una conseguenza del disturbo possano essere le allucinazioni, escamotage che ho usato apposta per la mia storia. Mi scuso se ho infastidito qualcuno con l'argomento, so che può essere una tematica delicata, proprio per questo l'ho aggiunto nelle avvertenze.

Tornando a noi, ad essere onesti non pensavo mi sarei cimentata nella scrittura di fanfiction finchè non mi sono innamorata della KaiSoo: sono due persone stupende e provo per loro un affetto e un'empatia fuori dal comune - in particolare per Jongin devo ammettere - e vi anticipo che probabilmente le mie prossime apparizioni potrebbero essere nuovamente nel fandom degli EXO, oppure nel fandom dei BTS, dato che questi sono i miei bias groups. Alcune fonti d’ispirazione per questa storia sono il meraviglioso drama It’s Okay, That’s Love - in cui Kyungsoo ha dato il meglio di sé - e la canzone Youth dei Daughter che se non conoscete vi consiglio di darci un’ascoltata perché merita parecchio. Detto ciò, ditemi pure se trovate qualche errore di battitura nel testo o se avete qualche critica costruttiva da fare, vi assicuro che sarà più che apprezzata. Un abbraccio, 

RainXSmile.

   
 
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