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Autore: PandorasBox    22/06/2016    2 recensioni
#1 [Talia/Reyna]
#2 [Jason]
#3 [Nico/Will]
#4 [Luke/Talia]
#5 [Talia/Reyna]
#6 [Nico/Will]
#7 [Leo, Teen Wolf!au]
In quel momento, la sua già di suo triste e complicata vita, era diventata un film. Ma non un film bello, un film che somiglia più alle infinite telenovelas che vede tía Rosa in cui, ad una sfiga se ne aggiunge un’altra ed un’altra e poi un’altra ancora e arrivi a milleottocento puntate senza aver risolto nulla e con più morti di una guerra nucleare. Solo che i morti che vorresti tornassero non tornano e restano sottoterra
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note:

Non sempre scrivo per le iniziative ma, quando lo faccio, di solito mi lascio prendere la mano. Tutto questo non è betato, non è riletto, è solo postato con tutta la frustrazione di chi ci mette eoni a scrivere quel che vorrebbe e non viene assolutamente fuori come vorrebbe.



 


 


It's like finding gold

Buried in the shore

Once it's yours to hold

All you want is more

 

Baby, look at us

Any fool could see

I was made for you

And you were made for me

[...]

We could walk away

And just like others would

Or we live our life

Like we know we should





 

Talia è disordinata e lei è stanca di raccogliere le sue mutandine di pizzo dal pavimento della cucina, è stanca di ripescare posate sporche un po’ ovunque, è stanca di dover cercare i suoi vestiti nel monocromatico armadio dell’altra ed è stanca e basta: perché a lei piace avere tutto sotto controllo e così non va.

Talia è tra le peggiori coinquiline che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare ma almeno paga il dannato affitto con regolarità e tanto basta per riuscire a sopportare la musica rock a volume improponibile e ad orari non proprio consoni e la sua mania di girare per casa seminuda praticamente ad ogni ora del giorno.

Più la osserva più le sembra impossibile che quella bestia tatuata sia la sorella del suo ex ragazzo, lo stesso ex ragazzo che le aveva chiesto in ginocchio di affittare a lei la camera libera che aveva in casa così da salvarla da quei vagabondaggi che l’avevano portata a visitare qualcosa come venti paesi nell’ultimo periodo viaggiando quasi solo in autostop.

«Non vuole tornare a casa con papà e non le do colpa, ma le serve un posto in cui abitare che non sia un ostello in India oggi ed una tenda in Tibet domani.» erano state le parole di Jason e Reyna non aveva avuto il coraggio di ribattere: dopotutto anche lei era scappata da casa di suo padre, dopotutto anche lei aveva passato anni a cercare il proprio posto nel mondo.

Però non lo aveva fatto sparendo in Mongolia, insomma.

Già andarsene dal Porto Rico era stato dannatamente difficile, non immagina neanche lontanamente cosa possa essere vivere come una nomade cercando di incastrarsi in quel che dovrebbe essere il tuo posto nel mondo.

«Non è difficile.» aveva detto Talia, una mattina, seduta sul bancone della cucina a mangiare il suo gelato per colazione «Viaggiare in autostop, intendo. Una volta, in Argentina, ho detto di essere una missionaria e mi hanno portata in macchina praticamente fino in Colombia. Ho i miei metodi»

«Non so come abbiano fatto a crederti, io non ti darei un passaggio.»

«Oh, non lo so, devono essere strani i missionari, in Argentina. E non ho bisogno di passaggi ora che sono a San Francisco.»

 
*


«Hai una del genere in casa e non ci provi neanche per sbaglio?» Nico la guarda come se volesse prenderla a sberle e ci starebbe, ci starebbe benissimo, se lo meriterebbe uno schiaffo ed anche uno bello forte così magari si sveglia.

Lo ha cercato perché sa che è in città e gli ha dato a malapena il tempo di andare a trovare Hazel prima di chiamarlo come si chiama l’ambulanza in casi di emergenza.

Perché la sua è un po’ un’emergenza, perché la sua coinquilina è assurda e Nico di coinquilini assurdi se ne intende─ dopotutto ha diviso una casa con gente del calibro di Leo Valdez ed è sopravvissuto a qualcosa come tre principi d’incendio - tutt’ora a che fare con un ragazzo che a volte passa le nottate a far maratone di Grey’s Anatomy e Doctor House dimenticandosi anche di mangiare, qualcosa deve pur sapere.

Se avesse saputo che il discorso si sarebbe spostato su Talia e sul suo problema con le magliette extra-large (che, no, decisamente non sono vestiti ma lei si ostina a pensarla diversamente e non metterci assolutamente degli shorts sotto) avrebbe evitato ed avrebbe chiamato, che so?, Frank. Ora che ci pensa, Frank sarebbe stato l’ideale.

Stupida Reyna che ci pensa troppo tardi.

«D’accordo, Octavian non era il più virile dei ragazzi ma questo non significa che sia passata all’altra sponda.» mugugna e, di nuovo, lo sguardo di Nico è più eloquente di mille parole ─ ed è tutto dire, visto il vizio che l’altro ha preso di parlare e parlare e parlare fin quando qualcuno non gli rifila una gomitata.

Nico ha capito prima di lei che quella che ha detto è una bugia bella e buona ed è tutto dire, di nuovo.

Perché Reyna non sopporta il disordine di Talia in casa tanto quanto non sopporta il disordine che crea nei suoi pensieri. Quei pensieri che riduce ad una matassa aggrovigliata che non somiglia a niente di tutto ciò a cui Reyna pensa di solito. Solo due notti prima si era svegliata accaldata dopo un sogno fin troppo vivido che l’aveva lasciata confusa, imbarazzata e con la voglia di scoprire dove finisse il tatuaggio che l’altra ha sulla spalla.

Per tutta la giornata aveva evitato lo sguardo dell’altra ragazza, si era rintanata in palestra e, una volta tornata, si era trincerata in camera sua.

«Ho ordinato cinese, esci o mangerò anche le tue nuvolette» aveva urlato Talia dall’altra parte della sua porta ostinatamente chiusa ma Reyna aveva risposto solo con un suono indistinto.

«Fa niente, resterò qui finché non avrai voglia di aprire.» aveva detto Talia ma lei non le aveva dato ascolto e quella era stata la discussione più lunga avuta tra di loro per più di due settimane.

Quando la mattina dopo aveva deciso di mettere il naso fuori dalla camera se non altro per andare in bagno, Talia era ancora seduta accanto allo stipite della sua porta, accanto a lei un cartone di riso alla cantonese mezzo mangiucchiato ed il suo telefono, la testa abbandonata sulla spalla destra.

Perché a Reyna piace avere tutto sotto controllo ma, quando si tratta di lei, di controllo non se ne parla proprio e  sente le sue dita pizzicare dalla voglia di scostarle i capelli dal viso ma si riscuote appena in tempo.

Quando esce dal bagno la sua coinquilina sembra sparita ma basta un veloce sguardo all’interno della sua camera per vederla sdraiata sul suo letto mentre abbraccia il suo cuscino per capire che, di nuovo, non è tutto sotto controllo ed un’altra giornata in palestra non gliela toglie nessuno.

«Stai uscendo?» le chiede l’altra comodamente sdraiata sulle sue lenzuooa, con la voce ancora impastata dal sonno, aprendo appena gli occhi.

Reyna annuisce e Talia sembra farselo bastare.

«Il tuo letto è davvero comodo, credevo volessi farmi compagnia.» è l’ultima cosa che le sente dire prima di chiudersi la porta alle spalle ed andarsene.

 
*
 

«Quello è il suo modo di flirtare.» è quel che le conferma Jason, masticando con gusto il suo panino — ed a furia di frequentare il coach evidentemente anche le sue papille gustative devono essersi bruciate, visto tutto quello che ha infilato tra quelle due fette di pane.

E deve aver notato il disgusto sul suo volto, vista la velocità con cui si scusa ed aggiunge «Non sai cosa significa avere una fidanzata salutista, vivo per i giovedì fast food con gli altri ragazzi.»

Reyna gli rivolge solo un gesto della mano perché, davvero, non fa niente, è comunque amica di Nico anche se le sue abitudini alimentari passano da un estremo all'altro e perché i suoi problemi sono altri, al momento,  e sono più ingombranti di un panino. Reyna non si è mai posta determinate domande perché non ne ha mai bisogno. La storia con Jason era durata abbastanza a lungo da farle capire che, in generale, non è fatta per le storie né per i Jason né per nessun altro. Era stato divertente, all’inizio, dare la colpa di quel fallimento a Piper ma il divertimento era finito presto perché Piper è una ragazza in gamba con la quale parlare dei nuovi rossetti della MAC come del football come del riscaldamento globale e la tratta delle armi nel Centro America.

Quindi il problema deve essere effettivamente lei e niente, non vale la pena farsi domande per per cose a cui non sa dare (e per cui non vuole avere) risposta.

«Comunque se non ti interessa puoi dirglielo, non è di vetro né ha dieci anni.» continua Jason, abbandonando il panino per dedicarle una lunghissima e serissima occhiata. Per una frazione di secondo Reyna nota quanto gli occhi del ragazzo somiglino a quelli di sua sorella ma si ferma prima che il pensiero possa diventare qualcosa di concreto.

«Scusa se te lo faccio notare, ma sei la persona meno indicata per dare certi consigli.»

«Scusa se te lo faccio notare, ma sono la persona che conosce meglio entrambe.»

Reyna sospira, avvilita,  ma nasconde la sua sconfitta dietro un sopracciglio alzato ed un sorso preso dal suo bicchiere di spremuta.

«Comunque la settimana prossima pensavamo di affittare alla “Cabina di Ermes” per una festicciola prima che ognuno torni alla sua vita.»

«Odio quel posto.»

«Chi non lo odia?»

 

Quando è in mezzo agli altri, Talia è completamente un’altra persona: ride, scherza, parla con quel suo tono di voce assordante e si muove come se fosse nata per stare in mezzo alla gente, come se gli altri fossero in qualche modo fatti per starla a sentire ─ e chissà di cosa sta parlando, poi, visto come tutti ridono.

Non ha visto Percy ed Annabeth che per pochi minuti: un po’ chiunque se li sta contendendo, un po’ chiunque vuole sentire del loro viaggio in Giappone sulle orme di un Grover che ha deciso di salvare le balene sparendo senza avvisare.

«Ho incontrato Grover in aeroporto, una volta.» le dice Talia che appare accanto a lei, si  fa versare un bicchiere di qualcosa che sembra limonata ad aggrotta le sopracciglia. Parte della sua espressione allegra è sparita, nonostante il tono resti lo stesso «È stato un caso ed è stato strano, ho deciso allora di tornare a casa. Comunque dovresti divertirti, è una festa, conosci la parola festa? Dovrebbe essere una delle prime che insegnano a chi arriva in America!» poi alza il bicchiere come ad imitare un brindisi e, senza aspettare che lei trovu qualcosa da dire si dirige verso Annabeth per abbracciarla.

Le vede parlare e parlare e parlare, ridere, darsi pacche sulle spalle; Jason e Percy le hanno raccontato qualcosa a proposito della loro infanzia ma lei è stata abbastanza indelicata da dimenticare ed ora se ne pente. Non è gelosa ma vorrebbe sapere, insomma, la sua è solo semplice curiosità.

Una curiosità un po’ ingombrante -più ingombrante di quella collana che adora ma è una tortura indossare- ed parecchio scomoda.

Dal suo angolo da “anima della festa” vede Hazel che tenta di convincere Frank a ballare, un alticcio Will che spiega ad una ancora più alticcia Clarisse come si fa a spezzare un osso («Se sai aggiustarle allora sai anche come romperle per bene!») e tante altre facce che non conosce si mescolano in uno strano amalgama di voci e corpi e vite che non le appartengono e sente il bisogno di uscire un po’.

Il vestito che ha messo , già di per sé stretto, sembra diventare ancora più soffocante.

Niente è sotto controllo ma fuori soffia un vento leggero e fresco, qualcosa sembra andare meglio. Il basso muretto di fronte al locale continua a non essere il posto più comodo su cui si sia mai seduta ed è quasi convinta di aver rotto le calze, i capelli sciolti continuano a solleticarle il naso e si pente di non aver portato nulla per legarli.

«L’ultima volta che sono stata qui Grover aveva messo della musica di merda, doveva essere qualcosa tipo Jesse McCartney o qualcosa del genere. Strano ma vero stasera ho la stessa voglia di andarmene.» la voce di Talia alle sue spalle la sorprende ma poi non troppo, i suoi passi sul vialetto sono quasi riconoscibili ed il modo in cui si siede a cavalcioni sul muretto è così poco femminile e così da lei da riuscire a strapparle un sorriso.

«Credo che anche i proprietari vorrebbero andarsene, chissà perché ci ostiniamo a venire qui.»

«Perché alla fine diremmo così di qualsiasi altro posto.»

Silenzio tra loro ma voci tutt’intorno, musica troppo alta, vestiti scomodi e rossetto rosso. Un bacio inaspettato su quel muretto ed i suoi bracciali che tintinnano mentre le sue braccia vanno automaticamente ad allacciarsi dietro il collo dell’altra, i suoi capelli corti che quasi fanno solletico.

Poi ancora labbra su labbra, mani fredde e pelle scoperta, una scossa ogni volta che i loro bocche si incontrano. È così strano e così normale che fa fatica persino a capire che sta accadendo davvero.

Quando i loro visi si allontanano Talia non dice una parola, non la guarda, indossa solo il suo sorriso migliore mentre scola qualsiasi cosa ci sia nel suo bicchiere.

«Lascia i capelli sciolti più spesso, stai bene.» le dice, alzandosi dal muretto e tornando verso il locale camminando a tempo di musica.

 

Quando Reyna rientra e chiede di Talia, è Annabeth a risponderle che se n’è andata poco prima, a quanto pare non stava troppo bene e lo dice come se ci credesse.

«È stata strana tutta la sera.» aggiunge, come a giustificarsi, giocando con la collana che indossa.

Quando poi aveva chiesto a Jason dove fosse sua sorella lui si era semplicemente stretto nelle spalle ed aveva detto, con tono rassegnato, che per quanto ne sa potrebbe anche essere sul primo volo per la Filippine.

«Non è colpa di nessuno, Rey, è fatta così. È anche rimasta troppo a lungo.» le dice ma Reyna lo blocca prima che possa finire la frase.

«Spero solo non sia davvero su un aereo per le Filippine perché ha le mie chiavi.»

«Allora forse è il caso che tu vada a controllare. Chiama Leo, in caso.»

 

*



Talia è disordinata e lei è stanca di raccogliere le sue mutandine di pizzo dal pavimento della cucina, è stanca di ripescare posate sporche un po’ ovunque, è stanca di dover cercare i suoi vestiti nel monocromatico armadio dell’altra ed è stanca e basta perché a lei piace avere tutto sotto controllo e così non va.

Quando apre per la prima volta la porta della camera della sua coinquilina trovandola sveglia, quasi la stesse aspettando, Reyna si accorge che sta provando con tutte le sue forze ad odiarla almeno un po’ ma non ci riesce.

«Sai che si bussa prima di entrare?» chiede l’altra, la faccia ancora sprofondata nel cuscino, e lei non risponde ma si avvicina, si siede sul bordo del letto e le regala uno sguardo perplesso, un sopracciglio alzato.

«Quando ieri hai deciso di metterci la lingua non hai “bussato”, pensavo di ricambiare il favore.» replica ed il sorriso compare di nuovo sulla labbra di Talia che rotola di lato, quasi a farle un po’ di posto in quel letto che non ricorda di aver mai visto rifatto.

«Mi stai chiedendo il bis nel modo più imbarazzante?»

«Ti sto chiedendo di lasciarmi un po’ di cuscino.» sbuffa e si arrende, sdraiandosi accanto all’altra, le mani incrociate sullo stomaco nel disperato tentativo di non sfiorarla neanche per sbaglio, Talia compiaciuta e stesa su un fianco sembra godersi la scena e il suo glorioso look mattutino fatto di vecchi pantaloncini da calcio ed una maglietta che non ha mai restituito a Jason.

Vorrebbe non sentirsi a disagio ma c’è qualcosa che punge appena al lato della sua coscienza ed una vocina che non vuole ascoltare nella sua testa.

Cerca delle parole ma le sfuggono, vorrebbe che le cose fossero più semplici da mettere in fila ma non è così.

La verità è che è ad un bivio ed in realtà sa già quale strada prendere, ha solo paura di cambiarla perché quella vecchia la conosce bene e, proprio all’entrata di quella nuova, trova solo una strana ragazza tatuata ad attenderla.

Le dita dell’altra trovano una ciocca dei suoi capelli e cominciano a giocarci, passano minuti interi in silenzio ad ascoltare le voci di qualcuno che litiga qualche piano più in basso.

«Sì o no?» chiede di botto Talia, senza smettere di giocare con i suoi capelli, ed a Reyna tocca sospirare, decidendosi a degnare finalmente l’altra di uno sguardo, quegli occhi blu che la inchiodano lì dov’è, la obbligano a non guardare altrove.

«Direi di sì.» è quel che risponde prima di voltarsi, il viso dell’altra ad un soffio dal suo ed è davvero facile attirarla a sé, è facile baciare di nuovo quelle labbra ed è facile sapere cosa fare, è facile sentire quelle mani su di sé.

È facile ammettere a sé stessa che è effettivamente quel che ha sempre voluto da quando l’altra è comparsa in casa sua con addosso un improbabile poncho variopinto.
«Sei comunque la peggiore coinquilina del mondo ed io sono comunque stanca di raccogliere la tua biancheria da terra.» riesce a dire, tra un bacio e l’altro, la risata di Talia che vibra sulle sua labbra.

Uno sguardo malizioso, il tono divertito e poche parole «Oh, Reyna,di questo ne riparliamo tra un paio di settimane, che ne dici?»

 
   
 
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