Ran...
La morte non era mai stata così vicina a lei. La morte l’aveva accarezzata più volte nella vita, ma in quell’occasione Conan, aveva davvero temuto di perderla per sempre. In alto mare. Se i soccorsi avessero tardato di altri pochi secondi, per lei non ci sarebbe più stato nulla da fare. Nella sua giovane vita, in rare occasioni aveva perso la lucidità che da sempre lo caratterizzava. Non aveva mai permesso alla paura e allo sconforto di prendere il sopravvento. La sua determinazione era sempre stata più forte di ogni cosa. Eppure ricordava bene il dolore insopportabile che aveva imprigionato il suo cuore nell’attimo in cui tutto sembrava perduto. Si era arreso. Per la prima volta si era arreso all’angoscia più profonda e cieca. Il cuore si era fermato. Aveva stretto i pugni e urlato disperatamente il suo nome. Le lacrime avevano attraversato il suo viso. Incurante di essere in presenza di altri.
Ran…
Qualunque cosa pensasse o facesse tutto lo riconduceva a lei. L’organizzazione era stata finalmente sconfitta ma erano molti, troppi, i segreti che erano svaniti con loro, compreso l’antidoto. Non sarebbe mai più ritornato quello di una volta. Shinichi Kudo non sarebbe mai più tornato. Imprigionato per sempre in una vita che non era la sua, in un corpo che non gli apparteneva più da anni. Era diventato l’ombra di se stesso. In quegli attimi, si era trovato ad odiare profondamente Conan. Odiava tutto di lui. Incontrollato, in un impeto di rabbia, aveva gettato gli occhiali a terra. Con rabbia li aveva colpiti con un calcio. Le schegge di vetro si confondevano con la sabbia, brillando baciate dai raggi del sole. La stessa sorte era toccata anche al suo papillon rosso. Sospirò, stringendo le ginocchia e prendendosi la testa tra le mani. Strinse gli occhi, sforzandosi di trattenere tutte quelle lacrime che avrebbe voluto piangere. Cosa ne sarebbe stato di lui? Di Ran? Avrebbe dovuto continuare a vivere una vita fatta di menzogne? A fingersi un bambino, un bambino spensierato e ficcanaso delle elementari che viveva da Goro? Fino a che punto avrebbe dovuto continuare quella farsa, ad illudere coloro che più lo amavano? Avrebbe dovuto continuare ad illudere Ran, ad persuaderla di bugie, a raccontarle attraverso uno stupido telefono, avventure di una vita che non esisteva. A raccontare che sarebbe tornato… prima o poi. Chi era per prenderla in giro? Per farla soffrire? Avrebbe dovuto continuare a vedere le sue lacrime, senza poterle dire niente. A che scopo raccontarle la verità? Avrebbe sofferto, avrebbe sofferto tanto, inutilmente. Cosa sarebbe accaduto se avesse continuato a vivere con lei? Cosa sarebbe accaduto una volta che nuovamente cresciuto, non avrebbe più potuto nascondere la sua somiglianza fisica e intellettuale con Shinichi?
Avvertì il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni.
Mitsuhiko…
Quella mattina non era andato a scuola. Non aveva raggiunto i suoi amici. Probabilmente lo cercavano, preoccupati. Aveva bisogno di restare da solo, di riflettere. Aveva davvero sperato di poter ritornare quello di sempre, si era ritrovato molto vicino alla meta, ma ogni illusione era svanita. Non riusciva ad accettare di ritornare alla vita di tutto i giorni. Non poteva ritornare alla vita di tutti i giorni.
Da lontano due occhi azzurri lo fissavano preoccupati.