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Autore: Fox2_Fox    23/06/2016    3 recensioni
Non era stato facile, all'inizio, accettare qualcuno, ma lei non me lo aveva domandato, mi aveva regalato la sua presenza e basta, non c'erano stati stupidi giri di parole del tipo "sei solo e non dovresti", "io potrei essere tua amica", si era semplicemente piazzata di fianco a me sulla cima del colle che dava su Nuova Roma e lì era rimasta, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimane dopo settimane, nemmeno le mie occhiate erano riuscite a farla scappare e, gradualmente, si era avvicinata di qualche centimetro, non solo al mio corpo pallido, ma anche al mio cuore nero, degno di Ade stesso.
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Piccola One-shot (che è più una Flashfic ma sforava con le parole) sulla Reyco (nata come broship, gente, sono una Pernico shipper convinta). Spero vi piacca!
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nico di Angelo, Reyna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E la luce passerà -Reyco- Io e Reyna abbiamo sempre avuto uno strano rapporto, su questo non ci piove. Non so nemmeno se possiamo definirci amici sul serio.
Non credo che esista una vera definizione del termine "amici", probabilmente mi servirebbe, giusto per identificare il tipo di relazione che ho con il resto del globo terrestre. Eppure con la figlia di Bellona era sempre stato diverso, sentivo, dentro di me, che non era mai stato come con gli altri.
Avevamo condiviso la nostra serie di episodi traumatici, eventi impensabili e missioni suicide e, forse grazie a questo, si era formata quella reciproca complicità che è difficile ottenere con chiunque altro.
Non parlavamo mai molto, solamente, lei si sedeva di fianco a me, in silenzio, e fissava il nulla. Non era stato facile, all'inizio, accettare qualcuno, ma lei non me lo aveva domandato, mi aveva regalato la sua presenza e basta, non c'erano stati stupidi giri di parole del tipo "sei solo e non dovresti", "io potrei essere tua amica", si era semplicemente piazzata di fianco a me sulla cima del colle che dava su Nuova Roma e lì era rimasta, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimane dopo settimane, nemmeno le mie occhiate erano riuscite a farla scappare e, gradualmente, si era avvicinata di qualche centimetro, non solo al mio corpo pallido, ma anche al mio cuore nero, degno di Ade stesso. Alla fine eravamo finiti con la sua testa sulle mie gambe, io che giocavo con i suoi capelli mentre entrambi fissavamo il cielo. Come ho detto, non parlavamo molto.
Reyna aveva sopportato, mi aveva aiutato, confortato, rassicurato, compreso e vendicato con una parola, un solo sguardo. Era sulle sue spalle che appoggiavo il mio carico, nella sua mente che imprimevo i miei problemi. Lei ascoltava, storceva le labbra in quella mossa così sua, arricciava leggermente il naso aquilino e scuoteva la testa con aria di disapprovazione mentre io passavo le dita tra i suoi capelli che parevano raso.
Probabilmente qualcuno aveva iniziato a pensare che stessimo insieme o cose simili, il Pretore più temuto e il figlio di Ade che, con una sola parola, porta ombra e nulla ovunque, ma, anche se i pettegolezzi giravano, nessuno aveva mai detto nulla ad alta voce, e a noi stava bene così. Ero rimasto stupito quando il mio "io" era diventato un "noi", a dirla tutta. Non avrei mai pensato di trovare in quella figlia di Bellona maledetta dal Fato un qualcosa di tanto grande e importante.

Quindi, ammettiamolo, il dolore alla mascella sembrava giustificato. Quante volte lei era rimasta ad ascoltare le mie urla? Quante volte aveva assistito impotente alle mie manie di autodistruzione? Quante volte aveva trascinato il mio corpo che appariva e spariva, mentre gradualmente si confondeva con l'ombra, infondendogli la sua forza perché resistessi ancora un po', un altro po', solo un altro po'? Quante volte mi aveva stretto senza dire una parola, lo sguardo duro puntato sul sangue grondante da ogni ferita che mi ero inflitto ? Aveva taciuto ascoltando le mie urla, non aveva cercato di cambiarmi, mi aveva fatto restare vivo, mi aveva stretto anche se, ne sono certo, aveva una voglia matta di urlarmi in faccia.
E ora lei piangeva, e mentre piangeva i suoi occhi brillavano illuminati di una luce bestiale.
Un altro pugno mi arriva in faccia, e mi pare che la mascella mi scricchioli mentre il sangue mi riempie la bocca. Un calcio nello stomaco ed io mi piego in due tossendo mentre mi stringo il ventre, ma lei non ha pietà, un colpo alla nuca ed io sono a terra, tutto intorno a me che gira, Reyna sopra di me che mi tempesta di pugni e sberle mentre le lacrime le rigano la pelle color caffè, gli occhi scuri che brillano di rabbia, di disperazione, di tristezza, di solitudine.
Un altro pugno in faccia. La vista mi si appanna, un dolore lancinante ma sordo mi pervade mentre sento, come alienato, il sangue uscirmi dal naso e dalla bocca, probabilmente per via delle ossa del setto rotte.
I pugni ora sono diretti al mia petto e mi pare quasi che mi si incrinino le costole sotto la forza disperata ed accecante della mia migliore amica. Il mio cuore batte rapido contro la cassa toracica mentre i colpi di fanno sempre più deboli, i gemiti di lei sempre più forti, le lacrime sempre più violente. Ora mi sta quasi accarezzando il petto, la forza le manca mentre mi graffia la pelle sotto la maglia leggera con le unghie mangiucchiate.
Crolla sul mio petto, piangendo forte, senza riuscire a fermarsi, gemendo disperata e singhiozzando parole incomprensibili. E, mentre il sangue mi esce dalla bocca e dal naso, mentre il mio corpo urla di dolore, io stringo Reyna al petto e le accarezzo i capelli sciolti, neri come carbone senza fiatare, senza emettere alcun suono, lascio che la figlia di Bellona, cui mai avrei creduto di affezionarmi, mi bagni la canotta bianca con lacrime salate che celano il dolore profondo di chi sa di esser solo.
   
 
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