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Autore: ladyT    23/06/2016    1 recensioni
Il consulente investigativo è alle prese con uno strano mistero che avvolge le mura dell’Hampton Court. Un mistero che non gli lascia tregua. “[…]Holmes cercava di svincolarsi dalla sua presa, mentre gli occhi erano fissi su quella scena insanguinata. I pezzi del cadavere erano privi di colore. Non riusciva a dare forma a quel volto. Non vedeva gli occhi, il naso, la bocca. Il suo cuore batteva freneticamente evitandogli anche di respirare. Per la paura, in realtà.”
Genere: Generale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà degli autori Steven Moffat e Mark Gatiss; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

Autrice: ladyT
Regular Cast: Sherlock Holmes, John Watson.
Tipologia: One-shot
Spoiler: NO.
Storia collocata dopo l’episodio finale della terza season.
Rating: G.
Riassunto: Il consulente investigativo è alle prese con uno strano mistero che avvolge le mura dell’Hampton Court. Un mistero che non gli lascia tregua. “[…]Holmes cercava di svincolarsi dalla sua presa, mentre gli occhi erano fissi su quella scena insanguinata. I pezzi del cadavere erano privi di colore. Non riusciva a dare forma a quel volto. Non vedeva gli occhi, il naso, la bocca. Il suo cuore batteva freneticamente evitandogli anche di respirare.
Per la paura, in realtà.
Titolo:

 

EXPERIENCING DEJA VU CAN BE KIND OF CREEPY

 

«Ricordami perché mi lascio sempre trascinare in certe situazioni senza sapere il frutto dei tuoi piani? Perché c’è sempre un piano nel tuo palazzo mentale, Sherlock!»

La voce di Watson era ovattata contro la spalla del consulente investigativo.
«Mio caro, Watson. Sai che c’è un unico mistero che mi appassioni davvero..» La luce bianca della torcia illuminava fiocamente la grande classica sala medievale delineando i contorni delle pareti sontuosamente decorate con arazzi d’epoca. «Non dirmi che siamo entrati furtivamente, in piena notte, nell’Hampton Court per ammirare questa rappresentazione artistica?» Sherlock era fermo e immobile davanti agli arazzi che rappresentavano la storia di Abramo. Alla ricerca di particolari incognite. Dettagli che potessero ‘raccontare’ quella storia. Ma anche un piccolo scorcio di vita dell’artista che aveva dato luce a questo tessuto a dominante di trama. «La tua impazienza è noiosa, Watson!» Poi percepì qualcosa attraversare il suo corpo. Un qualcosa di inspiegabile che gli aveva procurato dei brividi, quasi da pelle d’oca. Una sensazione negativa che, fortunatamente, durò poco o forse abbastanza. «E per la cronaca non siamo venuti qua per ammirare questi arazzi..» E per dare un tocco di teatralità al discorso che stava per intraprendere, spense la torcia. «Siamo qui per la storia di Catherine Howard, una giovane ragazza costretta a sposarsi con un sovrano di avanzata età, il crudele e capriccioso re Enrico VIII. Accade che la moglie si innamorò perdutamente di un giovane di corte. Ma un giorno, il Re sorprese gli amanti in flagrante e decise il loro destino. Al giovane di corte spettò la morte, mentre alla consorte toccò l’esilio nelle sue stanze con la proibizione assoluta di non lasciarle. E bla bla bla.. Tornando, ai giorni nostri, si vocifera che molti hanno visto il suo fantasma passeggiare in questa sala, in quel corridoio e bussare contro quella porta, urlando. Implorando istericamente il perdono.» Poi riaccese la torcia per ‘ammirare’ la faccia di Watson: un’espressione facciale che diceva Tu mi credi interessato, ma in realtà sono alquanto seccato. «Sherlock, mi sembri… Frenetico!» Il consulente investigativo disegnò una linea curva sulle labbra e con gli occhi chiari e scintillanti, proferì parola. «Puoi dirlo ben forte!» poi gli diede le spalle e proseguì il cammino fino al centro della sala. «Oserei aggiungere anche..» E subito Holmes continuò la frase del partner «Estatico?» Watson fece il segno negativo muovendo l’indice della sua mano destra. «Psicotico!» Questo aggettivo lasciò senza parole il consulente investigativo. E poi il partner perse la calma. «Sherlock, lasciatelo dire. Tu… Non sei umano!» E d’improvviso la torcia si spense. Lasciando quei due al buio. «Accendi quella dannata torcia, Sherlock!» Al buio, la sala sembrava spettralmente lugubre, cupa e tetra. Le grandi finestre colorate erano del tutto oscurate da grosse nubi grigie scure e minacciose. Le travi di legno sembravano deformarsi. «Ti sembra il momento di scherzare, Sherlock?» Poi il rumore della torcia lanciata con violenza sul pavimento. «Batterie scariche, Watson. Fantastico!» Vibrava un’atmosfera misteriosa in quella sala. E, nonostante la mancanza di luce, i due partner non abbassarono mai la guardia e scrutarono ogni angolo del Great Hall tenendo le orecchie ben aperte. «Ma che..?» Watson sgranò gli occhi nel vedere qualcosa o meglio qualcuno in penombra. Non si vedeva bene. Era completamente una figura, priva di ogni colore, che stava seduta su quella poltrona che a quell’epoca era stata occupata solo dal Re. Sembrava che stesse sorridendo. Un largo e luminoso sorriso agghiacciante. «Chi sei?» Watson, preso dalla curiosità, si avvicinò lentamente a quella figura che sembrava aspettasse qualcuno dietro a quella porta che chissà dove conduceva. Il cuore diventava sempre più matto man mano che la loro distanza si accorciava. «Quel sorriso..» La paura cresceva a dismisura dentro di lui. «No. Non può essere vero!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola quando il volto di quella figura si era avvicinata bruscamente al suo ridacchiando come uno psicopatico per poi smaterializzarsi nel nulla. «SHEEEERLOOOOCK!!» Il suo urlo fece sobbalzare il consulente investigativo che cercò di raggiungere velocemente il partner. «Watson?» La sua faccia era spaventosamente paonazza. «Sembri che hai visto un fant..» Improvvisamente udirono un rumore provenire fuori dalla sala. Sembravano dei passi pesanti accompagnati dalle urla isteriche. E le finestre che ‘vibravano’ con la stessa tonalità di suono della sua stridula voce. «Questo è solo un incubo, chiudo gli occhi e mi sveglierò accanto a mia moglie!» Watson chiuse le palpebre e poi le aprì. Non era un incubo. «Andiamo ad aprire quella porta!» La curiosità di Sherlock era immensa quanto una galassia. Troppa era la voglia di smascherare ai quattro venti che le calamità paranormali non esistevano. E nemmeno i fantasmi. Adagiò le mani alla maniglia della porta cercando di aprirla, ma invano. «Vuoi aiutarmi o preferisci rimanere lì impallato, Watson?» Troppo strano. La porta era vittima di violenza da parte della donna urlatrice. Con tutti quei calci e pugni che riceveva, eppure qualcuno o qualcosa neutralizzava le azioni di Sherlock. Quella di aprila. «È inutile, Sherlock!» Involontariamente cominciava ad agitarsi anche lui. E come se non bastasse, si udirono altri passi pesanti mentre la donna continuava ad aumentare la forza per sfondare la porta. Era incredibilmente spaventata e lo dimostravano anche le grida di terrore e i pianti isterici. E poi il silenzio assoluto. Le finestre non vibravano più. Le travi erano perfettamente allineate ed in equilibrio. Le nubi erano completamente scomparse. La torcia era tornata a funzionare. Sherlock la andò a prendere, mentre Watson aprì con incredibile facilità quella porta. «Oddio! Non ci posso credere!» Era più che spaventato. «I fantasmi non esistono, Watson. C’è qualcuno che si prende gioco degli umani creduloni!» Poi girò le spalle e vide una scena fuori dal comune. Fuori dalla pazzia. Una pozzanghera di sangue lungo quel corridoio. Pezzi di corpo sparsi qua e là. «Mi dispiace, Sherlock!» Una piccola lacrima rigava il volto di John mentre cercava di alzarsi. Le gambe molli, la forza che gli veniva a mancare e il respiro che sembrava appesantirsi sempre di più. Ma non doveva cedere altrimenti chi avrebbe consolato il suo partner? Chi gli avrebbe dato coraggio di continuare ad andare avanti? «Chi è?» Sherlock aumentava sempre di più il passo fino a trovarsi di correre, ma John gli venne incontro e lo bloccò a metà strada. «Devo sapere chi è! Dimmelo!» Le labbra di Watson tremavano, non riuscivano a formulare quel nome. «Levati di torno!» Holmes cercava di svincolarsi dalla sua presa, mentre gli occhi erano fissi su quella scena insanguinata. I pezzi del cadavere erano privi di colore. Non riusciva a dare forma a quel volto. Non vedeva gli occhi, il naso, la bocca. Il suo cuore batteva freneticamente evitandogli anche di respirare. Per la paura, in realtà. Teoricamente non si spaventava facilmente, ma quella notte qualcosa era riuscita a far cambiare le carte in tavola. La stanza venne invasa da un ticchettio dell’orologio che segnava le ore 3 del mattino e che nessuno ci faceva caso. E poi una sensazione strana e gelida si era impossessata del corpo di Holmes. Fortunatamente durò pochissimo o abbastanza. «Sherlock, tutto bene?» Chiese Watson nel vederlo del tutto ‘smarrito’. Si, gli era sembrato un po’ spaesato con la testa tra le nuvole. Il consulente investigativo si guardò intorno e poi riprese vitalità. «Oh, quegli arazzi..» Ma qualcosa non lo convinceva e cercò con tutte le forze di scacciare via quell’inquietante sensazione anche se lo stava abbandonando da un bel po’. «Siamo qui per Catherine Howard, mio caro Watson.» Spense la torcia per dare un tocco di melodrammaticità. «Una giovane ragazza costretta a sposarsi con un sovrano di avanzata età, il crudele e capriccioso re Enrico VIII. Un giorno, il Re sorprese la moglie con un giovane di corte in flagrante e decise il loro destino. Lui venne ucciso e la moglie rinchiusa nelle sue stanze con la proibizione assoluta di non lasciarle. E..» Nella sua mente un flash di immagine di una torcia che cadeva per terra. Poi tornò alla realtà e continuò il discorso. «Siamo qui per incontrare lei! Molti dicono di averla sentita sfogare dietro quella porta. Un fantasma isterico.» Poi riaccese la torcia per ‘contemplare’ la faccia di Watson. La sua solita normale espressione facciale. «Sherlock, sembri..» Una vocina nella testa di Sherlock gli suggerì l’aggettivo che stava per descriverlo. «Frenetico. »  E, infatti, Watson disse: «Frenetico!» Non ci fece caso alla vocina e sorrise di gioia illuminata. «Puoi dirlo ben forte!» esclamò incamminandosi fino al centro della sala. «Oserei aggiungere anche..» Holmes voleva continuare la frase, ma la vocina in testa lo bloccò in tempo: «Stai per dire ‘Estatico’, ma Watson muoverà l’indice della mano come segno negativo e ti dirà..»  Sherlock, con il suo solito modo di fare, continuò la frase dell’amico. «Scommetto che stai per dire ‘Psicotico!’, vero Watson?» Poi sorrise sorprendendosi di saper prevenire i pensieri degli altri. E questo fece scattare la pazienza del povero John. «Sherlock.. Non sei umano!» E d’improvviso la torcia si spense. Lasciando quei due al buio. «Accendi quella dannata torcia, Sherlock!» Il consulente investigativo non riusciva a sentire le imprecazioni di John poiché si trovò investito da una sensazione di aver già vissuto questa scena. La sala lugubre, cupa e tetra. Le nubi che sembravano minacciare il finimondo. Le travi di legno che si deformavano in una strana danza. E poi la scena della torcia lanciata sul pavimento. «Batterie scariche, Watson.» Percepiva una strana atmosfera girare intorno a loro. Poi la vocina nella testa gli suggerì di non perdere di vista il suo partner. Così fece. Dopo un po’ vide che lui aveva sgranato gli occhi nel vedere qualcosa o meglio qualcuno in penombra. Con un’unica differenza, però. Lui intravedeva semplicemente una poltrona che all’epoca era stata probabilmente designata solo al Re, mentre Watson vedeva una figura seduta sopra, priva di ogni colore. Con il cuore a mille e la paura che cresceva a dismisura dentro di lui «Oddio non può essere vero!» John urlò con tutto il fiato che aveva in gola quando il volto di quella figura si era avvicinata bruscamente al suo ridacchiando come uno psicopatico per poi smaterializzarsi nel nulla. «SHEEEERLOOOOCK!!» La vocina nella testa di Sherlock lo rimproverò dicendo che non c’era tempo per chiedergli se aveva visto un fantasma perché il peggio doveva ancora arrivare. Precisamente dietro quella porta. E, infatti, Sherlock ignorò Watson e corse verso quell’infisso interno. Ed ecco un rumore provenire proprio nell’altra parte della sala. Passi pesanti e urla isteriche. Sherlock si ritrovò scaraventato da un’immagine all’altra di scene probabilmente già vissute. Forse in un’altra dimensione. «Ora le finestre vibrano ogni volta che lei urla.» Ed ecco avvenire quella scena. «Tu dirai che è solo un incubo e quindi chiuderai gli occhi sperando di svegliarti accanto a Mary.» Si girò verso Watson e vide che lui stava chiudendo le palpebre per poi aprirle deluso di non essere nel posto desiderato. «Come facevi a sapere quello che stavo per dire e fare? Hai incluso il dono della veggenza, ora nel curriculum?» Ma non c’era tempo di rispondere a quella domanda perché la curiosità aveva condotto Sherlock ad aprire quella porta. «Watson aiutami prima che succeda l’irreparabile!» Ma il partner era rimasto rabbrividito davanti a quella scena. Strana era a dir poco. «È inutile, Sherlock!» E altre ‘premonizioni’ investirono la mente del consulente investigativo. Dei passi pesanti che cercavano di raggiungere la donna. Lei che, non volendo essere catturata da loro, continuava ad aumentare la forza per sfondare la porta. Grida di terrore e di pianti isterici. E poi il silenzio assoluto. Le finestre che smisero di vibrare in modo accattivante. Le travi che tornarono ad essere perfettamente allineate. Le nubi che scomparvero completamente. E, come tocco finale «Ora Watson, la torcia si è accesa, vero?» Il partner puntò lo sguardo verso quella torcia che giaceva sul pavimento in mezzo alla sala. E vedendola accendere di colpo, rimase senza parole, Aveva davvero il dono della veggenza? «Non chiedermi perché e come faccio a sapere tutto questo.» Sherlock prese la torcia mentre la vocina lo ammoniva dicendo di aver sbagliato e che doveva subito aprire la porta. Cosa che ci pensò immediatamente Watson. Ed ecco il suo grido di orrore. «Oddio! Non ci posso credere!» Era più che spaventato. Holmes intuiva dentro di sé che non doveva far nessuna battuta sull'inesistenza dei fantasmi e girò subito le spalle. Davanti agli occhi vide John prossimo allo svenimento. «Ma che..?» E vide anche una scena fuori dal comune. Fuori dalla pazzia. Una pozzanghera di sangue che ‘bagnava’ una grande parte di quel corridoio. Pezzi di corpo sparsi qua e là. «Ora Watson ti dirà un desolato ‘Mi dispiace, Sherlock’.» ed ecco avvenire quella scena. «Mi dispiace, Sherlock!» Una piccola lacrima rigava il volto di John mentre cercava di alzarsi. «Vai oltre alla domanda ‘Chi è?’ che non te lo dirà mai. Non ha la forza di pronunciare quel nome. Corri e vai a riconoscere da solo quel corpo fatto a pezzetti! » Sherlock ascoltò il consiglio e aumentò sempre di più il passo fino a trovarsi di correre, ma John gli venne incontro e lo bloccò a metà strada. «Levati di torno!» Holmes cercava di svincolarsi dalla sua presa, mentre gli occhi erano fissi su quella scena insanguinata. Cercava mentalmente di comporre i pezzi del corpo che giacevano dispersi in quel corridoio zeppo di schizzi di sangue. Pezzi privi di colore. E, in quel momento, l’orologio incominciò a ticchettare. Erano le ore 3 del mattino. La vocina esclamò con tono mesto «Oh, no! Tempo scaduto.» E poi una sensazione strana e gelida si era impossessata del corpo di Sherlock. Fortunatamente durò pochissimo o abbastanza. «Pronto, Sherlock! Ci sei?» Watson gli afferrò un braccio, lo scosse come per svegliarlo. Si leggeva nei suoi occhi un senso di smarrimento e di confusione. Anche se gli occhi di Sherlock erano indirizzati verso quelli di Watson, in realtà vedeva scorrere, in modo accattivante, flash di immagini di scene diverse. «Ora viene il momento in cui gli racconterai del motivo per cui hai trascinato Watson in questa caccia al fantasma. Spegnerai la torcia per dar un tocco di melodrammaticità. E gli racconterai velocemente la storia di Catherine Howard. »  E quando tornò nella realtà si rese conto che stava concludendo il racconto. «Un giorno il Re sorprese la moglie con un giovane di corte in flagrante e decise il loro destino. Lui venne ucciso e la moglie rinchiusa nelle sue stanze con la proibizione assoluta di non lasciarle. E..» Poi la confusione lo portò a interrompere il discorso. «Ma non te lo avevo già raccontato, Watson?» Riaccese la torcia e con gli occhi attenti e orecchie ben aperte si guardò intorno. Qualcosa stava per succedere, ma non sapeva ancora cosa. Questa volta era Watson che ‘contemplava’ la sua faccia. Sherlock incominciò a raccontare le scene che stavano invadendo il suo palazzo mentale. «Ora tu mi dirai che sembro ‘frenetico’ e io sorriderò sfacciatamente così..» Disegnò un largo sorriso sulle labbra anche se si sentiva ancora spaesato. «Stai per dirmi…» - imitando la voce di Watson - «’Oserei aggiungere anche…’» - cambio di voce - «E io ti bloccherò esclamando ‘Estatico’, ma tu mi farai il segno negativo muovendo l’indice della tua mano destra correggendomi con..» - ritornò ad imitare la voce di Watson - «’Psicotico’!» Non sapeva se vantarsi di sapere predire le scene future oppure entrare nel panico perché qualcosa non stava filando liscio come l’olio. Ma John perse la pazienza « Sei strafatto? Cocaina o morfina? » E d’improvviso la torcia si spense. Lasciando quei due al buio. «Prima che mi urlerai contro questa testuale imprecazione..» - e di nuovo imitando la voce del partner - «’Accendi quella dannata, torcia, Sherlock’» - e poi di nuovo tornando alla sua voce normale - «Io ti risponderò che le pile sono scariche!» Però qualcosa gli diceva di non lanciare per terra la torcia e di tenerla sempre in mano. Così fece. Loro due in mezzo a quella sala lugubre, cupa e tetra. Quelle nubi che presagivano qualcosa di sinistro. Le travi di legno che si divertivano a flettere e a deformarsi. E, inoltre, circolava un’aria così misteriosa e fredda nella sala medievale. Poi la vocina nella testa gli suggerì di inseguire Watson. «Probabilmente, seduta su quella poltrona, tu vedrai un fantasma. Sgranerai gli occhi dal terrore di aver visto qualcuno di famigliare, vero? Ma la giusta domanda è ‘Chi’?» E, così d’istinto osservò le pupille del suo partner sperando di vedere ciò che lui stava guardando. Seppur piccola l’immagine nei suoi occhi, intravedeva una figura priva di colore che sfoggiava un sorriso luminoso e agghiacciante. E, in quell’istante, Watson lanciò un urlò «Oddio non può essere vero!», ma Sherlock lo bloccò cercando di capire l’identità di quel fantasma. «Dimmi chi hai visto!» e riuscì solo a sentire «Mmmm..» poiché la solita vocina nella testa riuscì ad ottenere la sua completa attenzione ordinando di andare verso quella porta. E in fretta. «Watson, veloce! Dobbiamo aprire quella porta!» E una volta arrivati a destinazione, Sherlock iniziò a descrivere le premonizioni che frullavano nel suo palazzo mentale «Rumori di passi pesanti. Le finestre colorate che vibrano con la stessa tonalità di suono delle urla isteriche di quella donna.» Ed ecco avvenire quella scena. «E poi, tu chiuderai gli occhi sperando di svegliarti accanto a Mary.» Si girò verso Watson e vide che lui stava chiudendo le palpebre per poi aprirle deluso di non essere nel posto desiderato. «Aspetta. Come fai a sapere tutto questo?» Ma il tempo stava scadendo. «Tu continuerai a trovare il modo di aprire la porta, ma lui ti dirà ‘È  inutile, Sherlock!’  poiché una forza paranormale tenterà di neutralizzare le tue azioni. E sentirai altri passi pesanti che cercheranno di raggiungere la donna. E lei, non volendo essere catturata da loro, continuerà a sfogarsi contro la porta. Calci, pugni, A graffiare le ante di legno. Tutto invano. Altre urla e poi silenzio assoluto. »

«Ora le finestre hanno smesso di vibrare, le nubi sono scomparse, le travi sono tornate al loro equilibrio statico. E, come tocco finale, la torcia ha ripreso a funzionare.» Qualche secondo dopo, la torcia che teneva in mano si accese. Watson era rimasto senza parole per tutto questo tempo. «Mio caro Watson, conosci quella strana sensazione che si dice in francese?» Senza perdere tempo aprì la porta e subito si trovò di fronte quella scena che aveva visto inizialmente prima di raccontare la storia di Catherine. Ed ecco il famoso grido di spavento di Watson. «Oddio! Non ci posso credere!» Sherlock si inzuppò le scarpe di sangue, curioso di assemblare i pezzi di quel malridotto corpo e scoprirne l’identità. Poi s’inginocchiò accanto a quella testa nascosta dai capelli lunghi e insanguinati. Li sistemò in modo da vedere il volto. «Mi dispiace, Sherlock!» Era tutto quello che era riuscito a dire Watson nello scoprire l’identità della povera vittima, mentre il consulente investigativo continuava a scrutare altri dettagli. La forma delle sopraciglia. Gli angoli dei suoi occhi. Il contorno delle sue labbra. La pelle. Il naso. «Non può essere lei!»  Sussurrò con voce flebile. Tutti i dettagli gli davano un solo nome e cognome. Non voleva crederci. Il cuore batteva freneticamente evitandogli di respirare. Non voleva crederci. «Non può essere..» E, mentre il ticchettio dell’orologio stava segnando le ore 3, il corpo di Sherlock fu invaso da spasmi e convulsioni. Le lacrime che scendevano lungo la guancia. Le labbra che tentavano di urlare il suo nome. La mente che vedeva ancora tutti quei dettagli con su scritto “MOLLY HOOPER”! E, in quel momento, iniziò a suonare il monitor multiparametrico che attirò la completa attenzione di medici e infermieri pronti ad intervenire per salvare quel paziente disteso sul lettino della stanza in Terapia Intensiva. «Sherlock Holmes, non mollare! » gridò un infermiere pronto ad usare il defibrillatore. «Carica a 360. LIBERA! »

E fuori da quella stanza, un uomo molto elegante e sinistro stava assistendo quella scena con un sorriso luminoso e agghiacciante «Che il gioco abbia inizio! »

 

-THE END-

---Angolo dell’autrice---
Ciao sherlockiani!

È la prima volta che scrivo qualcosa su Sherlock Holmes {interpretato da Benedict Cumberbatch}, spero che sia di vostro gradimento.
Amo qualsiasi tipo di critiche, l’importante che siano costruttive senza sfondo di offese gratuite! Aspetto i vostri pareri! Ci conto, eh!
E grazie a voi per aver letto la mia inquietante, angosciante e assurda fanfiction! :’’)


  
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