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Autore: Love Your Sin    23/06/2016    6 recensioni
Magnus/Alec; Jace/Clary; Simon/Isabelle
Capitoli: 8/8
Neighbors!AU
Modern setting!AU
||TRADUZIONE||
[Alec non ha mai fumato. Ha sempre odiato il fumo e tutto ciò che lo riguarda, a partire dall’odore sino al sapore. Ma eccolo, alle dieci di sera, a comprare un pacchetto di sigarette nel piccolo supermercato alla fine della strada, con l’unico scopo di avere una scusa per poter uscire sul balcone e parlare con il suo bellissimo vicino senza ombra di dubbio impegnato. Alec si sente veramente stupido, in quel momento.]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6.

The Hangover.
 

I don't want to repeat my innocence.
I want the pleasure of losing it again.
” 
(F. Scott Fitzgerald)
 

 

“Mi hai chiamato per ricominciare l’Operazione Malec? Perché sappi che non sono più d’accordo come la prima volta.”
Simon si era seduto di fronte ad Isabelle nel solito coffee shop. Era un posto carino, con divanetti comodi e drinks fantastici, anche se la musica non era di sicuro delle migliori. Era diventato un luogo familiare per Simon, che non ci era mai stato prima di conoscere i Lightwood, ed era sicuramente meglio del coffee shop nell’East Brooklyn. Non si sa come, aveva legato quel posto ad Isabelle e forse anche per questo gli era diventato accogliente e famigliare.
Isabelle indossava una canottiera rossa, che si abbinava al rossetto, e una giacca in pelle leggere adatta ai giorni di sole che erano finalmente arrivati. Ormai si conoscevano da otto mesi, eppure a Simon continuava a mancare il respiro ogni volta che la vedeva.
“No” aveva risposto con un sorriso timido, così insolito per lei.
“Che c’è allora? Hai bisogno di qualcosa?” aveva chiesto Simon, quasi preoccupato, scuotendo la testa per incontrare il suo sguardo.
“Pensi che io ti cerchi soltanto quando mi serve qualcosa?”
Il tono quasi ferito aveva fatto boccheggiare Simon una o due volte prima di rispondere.
“Beh, più o meno è così” aveva detto semplicemente, sistemando nervosamente gli occhiali sul naso. “Mi chiami solo quando hai bisogno di aiuto, come è successo per l’Operazione Malec o quella volta con il messaggio S.O.S perché Alec non ti rispondeva oppure quando mi hai chiesto di venirti a prendere a –“
“Okay, okay, ho capito” lo aveva interrotto Isabelle, alzando una mano per fermarlo. “Oggi non mi serve il tuo aiuto, comunque.”
“Allora perché mi hai chiamato?” le aveva chiesto, sorpreso.
Isabelle aveva respirato profondamente e lo aveva guardato. “Me lo farai dire, vero?”
Simon aveva semplicemente alzato un sopracciglio, confuso.
“Volevo vederti, Simon” aveva sputato alla fine e lui non riusciva a capire come facesse a sembrare infastidita e affettuosa al tempo stesso. “Volevo soltanto prendere un caffè con te.”
“Oh.”
Si era costretto a tenere la bocca chiusa per non sembrare un pesce lesso. Isabelle non smetteva di agitarsi sulla sedia e, tutto d’un tratto, non era più la ragazza sicura di sé che era sempre stata. C’era qualcosa di vulnerabile nel modo in cui aveva portato una ciocca di capelli dietro l’orecchio, guardando ovunque ma non lui. Amava la sua sicurezza, il fuoco che la seguiva ovunque andasse, ma questo era tutt’altro, qualcosa di più profondo, qualcosa che lei gli aveva concesso di vedere. E gliene era estremamente grato.
“Perché?” aveva chiesto alla fine.
Questa volta lei aveva riso, alzando gli occhi al cielo in un modo che gli ricordava Alec. Quei due erano così diversi, ma al tempo stesso così simili che faceva quasi paura.
“Perché mi piaci” aveva risposto.
Era stato semplice e abbastanza strano, come se avesse detto quelle parole già migliaia di volte solo con gli occhi.
“Oh.”
“Ti ricordavo più logorroico. Di solito non stai mai zitto.”
Simon aveva sorriso e si era seduto dritto sulla sedia, schiarendosi la voce.
“Mi piaci anche tu” aveva affermato, sperando che Isabelle percepisse la sincerità nella sua voce.
Gli aveva sorriso; un grande e vero sorriso che aveva fatto evaporare l’intero mondo intorno a loro.
“Lo so, stupido” aveva detto, ridendo.
In un qualche modo aveva letto nei suoi occhi che no, non lo sapeva; non davvero.

***

“Questo” aveva cominciato Magnus severamente “non è ciò che mi aspettavo accadesse.”
“E cosa ti aspettavi invece?” aveva borbottato Alec in risposta, alzando gli occhi al cielo.
Magnus aveva scrollato le spalle, lanciando un’occhiata innocente al suo vicino. Alec non aveva creduto alla sua purezza nemmeno per mezzo secondo.
“No, seriamente” aveva detto, incrociando le braccia al petto. “Sono curioso. Cosa ti aspettavi che succedesse?”
“Beh, prima di tutto, non mi aspettavo che andasse via la corrente di tutto il piano” aveva risposto.
Stava camminando per tutta la stanza, accendendo della candele per creare un po’ di luce.
“Ma che cavolo volevi fare?” aveva quasi urlato Alec, alzando le braccia al cielo per l’esasperazione. “Costruire una macchina del tempo?”
Magnus aveva sorriso, voltandosi con una candela in mano per fronteggiare l’altro. “Perché avrei dovuto farlo se ho tutto quello di cui ho bisogno qui e ora?”
Aveva osservato, estasiato, Alec arrossire, il rossore sulle sue guance ancora più visibile alla luce della candela.
“Non cambiare il discorso” lo aveva ripreso. “Sono arrabbiato con te, per colpa tua mi sto perdendo la partita!”
“Sembri Raphael quando parli così” aveva sbuffato Magnus, alzando gli occhi al cielo.
Alec si era irrigidito all’improvviso e Magnus si era accigliato, chiedendosi il motivo.
“Non hai ancora risposto. Cosa stavi cercando di fare?” gli aveva chiesto Alec, corrugando le sopracciglia con fare sospettoso.
“Stavo ridecorando e –“
“Oh mio Dio, smettila di riarredare ogni mese!” lo aveva interrotto, incredulo.
“Mai” aveva risposto Magnus, senza lasciare spazio ad altre parole. “Stavo ridecorando e volevo appendere le nuove lampadine colorate che io stesso ho costruito, se lo vuoi sapere, e appena ho attaccato la spina, è saltata la corrente.”
“Hai costruito lampadine colorate?” aveva ripetuto Alec, sollevando un sopracciglio, scettico. “Tu?”
“Non mi piace questo tono, Gideon.”
“Non mi chiamare Gideon” aveva borbottato, avvicinandosi e stringendo gli occhi, cercando di apparire minaccioso, ma fallendo miseramente. “Fammi vedere queste lampade, devi aver sbagliato qualcosa.”
Magnus aveva tenuto il broncio per un po’, ma aveva acconsentito, raccogliendo l’oggetto per porgerlo al suo vicino di casa. Ci aveva messo due minuti per trovare il problema.
“Magnus! Non puoi collegare queste lampadine con un cavo così debole. È ovvio che sia saltata la corrente.”
“Ci ho provato. Al posto di rimproverarmi, dovresti incoraggiarmi per i tentativi che ho fatto” aveva risposto con nonchalance.
“Sei che sei terribile a fare questi lavori manuali” era intervenuto Alec. “Avresti potuto prendere una scossa.”
“Alexander, la tuo preoccupazione è commovente, davvero, ma sto bene. E sarei semplicemente stato più elettrizzato del solito” aveva scherzato Magnus, Alec non aveva riso ma alzato gli occhi al cielo. “Per di più, ti assicuro che sono bravissimo con le mani. Posso farti vedere, se vuoi.”
Gli aveva fatto un occhiolino e Alec aveva stretto i denti, contraendo la mascella. Magnus non sapeva se lo stesse facendo perché esasperato o perché stava ardentemente provando a non arrossire. Era sexy in ogni caso.
“Ora, vuoi provare ad evocare un demone? Non ho acceso tutte queste candele per niente” gli aveva offerto Magnus, sorridendo.
“Io me ne vado. Andrò a denunciarti ai nostri vicini immediatamente.”
Alec aveva a malapena fatto due passi quando la voce di Magnus lo aveva fermato.
“Ho preparato i cupcakes prima” aveva detto e non c’era alcuna traccia di innocenza ora, soltanto malizia.
Il suo vicino si era voltato per guardarlo, l’irritazione ormai sparita dal suo volto.
“Stai cercando di corrompermi con i cupcakes?” aveva chiesto, socchiudendo gli occhi sospettoso.
“Sta funzionando?”
“Potrebbe.”
“È alla nocciola” aveva continuato, maliziosamente. “Il tuo gusto preferito.”
“Sto cominciando a chiedermi se sapevi che sarebbe successo tutto questo” aveva detto Alec, entrando in cucina.
“Stai dicendo che ho volontariamente fatto saltare la corrente così che potessi attirarti nel mio appartamento per invocare un demone insieme?” Magnus aveva finto uno sguardo offeso.
“Potresti averlo fatto. Sei una terribile persona” aveva dichiarato Alec solennemente, masticando un cupcake.
“Basta complimenti, Gideon. Mi farai arrossire.”
“Ti strozzo con le mie mani se mi chiami in quel modo di nuovo.”
“E cosa farai quando io sarò morto e dovrai sopportare un altro vicino? Sono il migliore che ti potesse mai capitare.”
“La mia vita era così tranquilla prima di incontrarti” aveva sospirato Alec.
“Spero che con tranquilla’ intendi noiosa, altrimenti niente più cupcakes per te, cupcake”  lo aveva minacciato Magnus, col cuore spezzato.
“Mi hai appena chiamato cupcake?”
“Sì” aveva risposto con un sorriso malizioso. “Ti sta bene, sai. Per via del tuo amore incondizionato per i cupcakes.”
“Ho una proposta per te” aveva detto Alec, fissando Magnus con occhi impassibili.
“È un po’ presto per sposarci, tesoro. Non abbiamo nemmeno avuto un appuntamento” aveva sorriso Magnus.
“Ho una proposta per te” aveva ripetuto, alzando la voce, come se lui non avesse detto una parola.
“Ti ascolto.”
“Tu la smetti con questi stupidi soprannomi” aveva cominciato, incrociando le braccia al petto.
Sarebbe risultato più minaccioso se non avesse avuto metà cupcake in bocca.
“E cosa ottengo in cambio?” aveva chiesto Magnus, scettico.
“Non ti ucciderò” aveva risposto, guardandolo.
 Magnus aveva riso, lasciando cadere la testa all’indietro.
“E poi chi ti cucinerebbe i cupcakes?” aveva sorriso. “E non dire Isabelle, perché sai benissimo che i suoi potrebbero seriamente ucciderti.”
Alec aveva provato a gemere sconfitto, ma c’era un piccolo sorriso che gli giocava sulle labbra.
“Suppongo che dovrò tenerti tra i piedi, allora” aveva borbottato, ferito, come se fosse l’avversità peggiore della sua vita. Dopodiché aveva finito di mangiare il suo cupcake.

***

 
Il giorno preferito di Alec non era sicuramente quello del suo compleanno. Ogni anno gli ricordava dolorosamente quanto stesse invecchiando e quanto fosse inesorabilmente single, come Isabelle amava dire. Si sveglia da solo e tornava a letto allo stesso modo. Credeva che quell’anno non sarebbe stato diverso.
Non aveva programmato niente di particolare. Non era mai stato una persona molto estroversa e socievole e non faceva eccezione nemmeno al suo compleanno. Aveva semplicemente invitato Magnus per la cena, Isabelle e Jace si sarebbero sicuramente uniti, quindi ci sarebbero stati anche Clary e Simon, perché in quei giorni Isabelle e Simon facevano tutto insieme. Era una cosa strana e non sapeva esattamente cosa ci fosse tra i due, ma non aveva fatto molte domande, dopo che la prima volta la sorella gli aveva risposta qualcosa del tipo: ‘non lo so nemmeno io, te lo farò sapere quando lo capirò’. Stava quindi aspettando che succedesse così da poterci capire qualcosa di più.
Aveva avuto una giornata semplice. Era venerdì e il venerdì era sempre un giorno tranquillo. Aveva solamente tre lezioni, una delle quali con una classe che gli piaceva particolarmente e che, scoperto che era il giorno del suo compleanno, gli aveva portato dei brownies. Forse era stato un po’ freddo, ma era comunque rimasto sorpreso da quel piccolo gesto. Era sicuro al novantanove percento che due delle sue studentesse avessero anche flirtato con lui, ma non poteva incolparle per non sapere che fosse gay, quindi le aveva rifiutate con gentilezza.
Stava tornando a casa, desideroso come al solito di arrivarci, per poi andare a correre, fare una doccia e passare la serata con Magnus. Sostanzialmente aveva intenzione di passare una normalissima serata. Non aveva bisogno del suo compleanno per sentirsi speciale, visto che era circondato tutto l’anno da persone speciali.
Perciò era rimasto leggermente shockato quando, aprendo la porta, aveva trovato il suo appartamento pieno di volti familiari. Era quasi saltato sul posto quando gli avevano urlato ‘sorpresa!’, ma a sopraffarlo più di tutto era stato il forte affetto che si poteva percepire nell’aria.
Forse il suo compleanno non era poi un giorno così brutto.

***

La mattina successiva era stata tuttavia una cosa terribile.
Alec si era svegliato con un mal di testa opprimente che gli colpiva le tempie. Si sentiva come se qualcosa gli fosse morto in bocca e lo stomaco gli si contorceva a causa dell’abuso di alcool fatto la sera prima. Non era la prima volta che doveva affrontare i postumi di una sbornia, ma questa era senza ombra di dubbio la più dolorosa. Aveva aperto con grande difficoltà gli occhi, imprecando contro le luci del mattino che entravano dalla finestra, e aveva immediatamente alzato una mano per coprirli. Dopo essere riuscito a tenerne aperto definitivamente uno, si era guardato intorno, sollevato nello scoprire di trovarsi nel suo letto. In quel momento, però, si era anche reso conto di non ricordare nulla della nottata.
Si era seduto sul letto, sfregando le mani sugli occhi, e aveva gemuto a causa del dolore provocato dal mal di testa sempre più forte.
“Stai flirtando con me?”
“Alec, tesoro, flirto con te da otto mesi, ma grazie comunque per averlo notato.”
Si era accigliato al ricordo, anche se più che un ricordo erano solo parole confuse nella sua testa. Stava per rinunciare a ricordare, con l’intenzione di lasciarsi cadere sul letto, quando il suo cellulare era vibrato sul comodino. Era un suono debole, ma abbastanza rumoroso da fargli fare una smorfia per il dolore. Aveva afferrato il telefono, schiacciando ovunque sullo schermo per farlo smettere e aveva urlato qualche parolaccia quando la luce dello screen aveva colpito i suoi occhi già sensibili.
Era un messaggio di Jace.
Sto convivendo con i peggiori postumi della sbornia in vita mia e penso che Clary sia arrabbiata con me, anche se non ne so il motivo. Tu eri messo molto peggio di me, ieri sera. Fammi sapere se sei vivo. Un punto bonus se mi rispondi prima che mi alzi per andare a vomitare.
Non riusciva a trovare le forze nemmeno per ridere alle battute del fratello, per cui aveva ripreso a borbottare.
Sono vivo, non so per quanto ancora visto che la testa mi sta per uccidere. Che è successo ieri notte?
Il telefono ci aveva messo circa cinque secondi a suonare e il rumore si era sparso amplificato in tutta la stanza. Lo avrebbe lanciato addosso ad una parete, ma era Jace, che probabilmente era in grado di ricostruire tutti i pezzetti mancanti del puzzle.
“Non ti ricordi niente?” aveva sputato il fratello, non appena aveva risposto.
“Ti prego, non urlare” si era lamentato, stringendo le palpebre. “Potrei morire, se lo fai.”
“Scusa” aveva risposto Jace. “Cosa ti ricordi?”
 “Niente” aveva sospirato, cercando di farsi passare il mal di testa per riavere indietro i ricordi. “Oh sì, ricordo che Simon mi ha sfidato a chi beveva più shots. Sono piuttosto sicuro di aver perso, costatando il mio stato.”
Jace aveva esitato per qualche secondo prima di schiarirsi la voce. “Ricordi…altro?”
Se fosse stato in grado di muoversi, Alec si sarebbe probabilmente ghiacciato sul posto. Il tono di suo fratello in quel momento era la cosa più preoccupante che avesse mai sentito in vita sua.
“Che cosa è successo?” aveva chiesto, frettolosamente. “Che ho combinato?”
“Beh, prima di tutto hai detto a Clary di esserle grato per essersi fidanzata con me, così ora non mi devi più fare da babysitter…crudele!”
“Jace, di questo non me ne pentirò, è la verità. Cosa ho fatto di cui mi pentirò sicuramente?”
Jace si era schiarito nuovamente la voce, una cosa terribile per i nervi di Alec, che non aveva assolutamente bisogno di ciò, e il suo mal di testa.
“Sono piuttosto sicuro che tu abbia fatto sesso con Magnus” aveva detto il fratello lentamente, strascicando le parole come se fosse forzato a dirle.
“Cosa?” aveva urlato, pentendosene immediatamente, quando la testa aveva preso a pulsare ancora di più. “E cosa vuol dire piuttosto sicuro poi?”
“Con piuttosto sicuro, intendo al novantanove percento” aveva risposto Jace, comprensivo, il tono addolcito. “Avete cominciato a limonarvi sul balcone e poi siete spariti per un po’ in camera tua. Quando sei tornato…bhe, avevi l’aspetto di uno che ci ha appena dato dentro. Conosco la tua faccia da ho-appena-fatto-sesso.”
Alec aveva chiuso gli occhi, gemendo dolorosamente, e il telefono gli era quasi sfuggito dalle mani.
“Ti odio” aveva sospirato. “Perché non mi hai fermato?”
“Per dirla tutta, non sono sicuro che qualcuno ci sarebbe riuscito” aveva detto Jace e c’era così tanta verità in quelle parole che era quasi più doloro del mal di testa. “Eri completamente andato. In più, ero ubriaco marcio anche io. In tutto questo immagino che non saprai dirmi perché Clary è arrabbiata con me…”
“Non lo so e sinceramente, scusa, ma ora non me ne potrebbe fregare di meno” aveva sputato Alec, sfregando le dita sulle tempie per far allontanare il dolore.
“Mi ero dimenticato di quanto sei dolce quando hai i postumi di una sbornia.”
“Jace! Non scherziamo. Ho fatto sesso con Magnus!”
“Se ti può far sentir meglio, era ubriaco anche lui” aveva risposto Jace, senza essere d’aiuto.
“E questo dovrebbe farmi star meglio?” aveva chiesto, incredulo.
“Non lo so, penso di essere ancora ubriaco.”
Dopodiché era sceso un lungo silenzio. Alec stava mettendo in dubbio ogni decisione presa nella sua vita e Jace stava probabilmente pensando a cosa avesse combinato con Clary.
“Alec, va tutto bene” aveva detto alla fine. “Vai a parlargli, è letteralmente dietro la porta affianco alla tua.”
“No che non va bene” aveva borbottato Alec. “Come faccio a guardarlo negli occhi? E Raphael?”
“Che? Hai fatto sesso anche con lui?”
Alec aveva veramente voglia di dargli del coglione.
“No! Beh, non credo, ma non ricordo nulla quindi chi lo sa?” aveva detto, la voce pregna di irritazione rivolta soltanto verso di sé. “Non berrò mai più” aveva concluso, sospirando.
“Lo avevi detto anche dopo quello che era successo a Time Square e guardati ora” aveva insinuato Jace e Alec lo aveva odiato un po’ di più. “Prendi un’aspirina, fatti una doccia e va’ a parlargli! Non puoi evitarlo per sempre. Richiamami poi. Io ora vado a vomitare, poi chiamerò Clary per sapere perché non mi parla più.”
E senza aggiungere altro, aveva attaccato.
Per cui Alec aveva semplicemente seguito il consiglio del fratello. Ci aveva messo ben dieci minuti per alzarsi dal letto, ma alla fine si era spostato verso il bagno, inciampando nei suoi stessi piedi. Aveva trangugiato due aspirine e si era poi buttato sotto la doccia.

***

Era sul balcone con Magnus e la testa gli girava a causa dell’alcool. La sigaretta che gli bruciava tra le dita era un’ottima distrazione da quella terribile sensazione. Però, in un qualche modo, né l’alcool né il fumo erano tanto intossicanti quanto l’uomo di fronte a lui.
L’alcool aveva sempre spinto Alec a soddisfare qualsiasi suo desiderio e pensiero per cui ora aveva bisogno di tutto l’auto controllo possibile per non baciare Magnus, senza agitarsi più di tanto. Era più difficile del solito, soprattutto perché Raphael non era lì.
“Quindi” aveva cominciato, dondolandosi leggermente sui piedi. “Chi ha organizzato la festa? Non ho scoperto nulla ed è strano, visto che Jace era coinvolto.”
“Abbiamo fatto tutto io e tua sorella” aveva risposto Magnus con un sorriso. “E credo che tuo fratello abbia tenuto la bocca chiusa perché Clary lo aveva minacciato di smettere con il sexting se avesse detto qualcosa.”
Alec aveva fatto una faccia disgustata. “Non mi servono i dettagli.”
Magnus aveva riso, in modo un po’ confuso a causa dell’alcool, e si era avvicinato ad Alec, spostandosi in avanti verso di lui. Non aiutava di certo la resistenza di Alec.
“Lo hai chiesto tu, cupcake.”
“Avevamo detto niente più soprannomi” aveva borbottato, rabbrividendo nei punti in cui Magnus lo toccava.
“Lo hai detto tu. Io non ho concordato su nulla” aveva risposto Magnus con un sorrisetto. “E sappiamo entrambi che non mi ucciderai. Sei troppo carino per finire in prigione.”
“Potrei sempre scappare” aveva detto Alec, spegnendo la sigaretta e lasciandola nel portacenere che, mesi prima, avevano appoggiato sul muretto che divideva i loro balconi.
“Non lo faresti!” aveva sussultato Magnus, fingendo di essersi offeso e poggiando una mano sopra al cuore. “Dove troverei un sedere fantastico quanto il tuo da fissare?”
E, davvero, era crudele da parte di Magnus fargli questo. Non era arrossito, per il semplice fatto che ci aveva già pensato l’alcool, ma aveva dovuto rafforzare la presa sul muretto per trattenere il suo corpo. La sua testa era tutta un’altra storia.
Sapeva che Magnus flirtava praticamente con tutti, ma ora l’alcool stava lentamente bruciando i muri che aveva costruito in quei mesi e stava diventando troppo.
“Stai flirtando con me?”
Magnus aveva sorriso e gli aveva fatto un occhiolino, voltando la testa per guardarlo negli occhi.
“Alec, tesoro, flirto con te da otto mesi, ma grazie comunque per averlo notato” aveva detto, la voce pesante di sarcasmo e Whiskey.
“Non dovresti” aveva borbottato, stringendo i denti sia a causa della rabbia che del fastidio. “Non è giusto.”
Un cipiglio si era creato sul volto di Magnus e Alec gli era così vicino che riusciva a vedere il movimento delle sopracciglia che si corrugavano per la confusione.
“Perché?” aveva chiesto e, per un secondo, Alec avrebbe voluto spingerlo via e scappare.
Era impossibile che Magnus non sapesse cosa stesse facendo e perché fosse sbagliato.
“Perché uno di questi giorni” aveva sussurrato lentamente, come se stesso contando tutte le parole “perderò e ti bacerò.”
Magnus aveva sbattuto le palpebre una, due volte e gli aveva sorriso, alzando lentamente gli angoli della bocca. Gli occhi verdi si erano illuminati e si era voltato per fronteggiare completamente Alec, fissandolo dritto negli occhi.
“Fallo.”
Lo stava mettendo alla prova, era una chiara provocazione ed era l’ultimo input perché Alec si dimenticasse di tutti i suoi dubbi. Ciò che era rimasto del suo autocontrollo crollò a terra e lui si lanciò in avanti, spingendo le loro labbra ad incontrarsi. Magnus aveva trattenuto un gemito nel retro della gola, le dita si erano strette alla maglia di Alec per tirarlo più vicino e i due si erano baciati ferocemente, senza pensarci due volte. Non lo avrebbero comunque fatto.
Alec si era spostato in avanti, costringendolo ad appoggiarsi alla parete, coprendo il corpo di Magnus con il proprio. Fremeva per il desiderio e le mani tremavano, quindi le aveva fatte scivolare sotto la maglia dell’altro, sfregandole sulla pelle nuda. Il suo cuore aveva perso un battito, quando le mani di Magnus si erano aggrappate ai suoi capelli, tirandoli abbastanza da farlo allontanare. Le sue labbra si erano spostate automaticamente a mordicchiare la mascella di Magnus e poi giù a lasciare un succhiotto sul collo.
“Alec, dovremmo fermarci” aveva sospirato quello, mostrando però il collo per offrire al compagno un accesso migliore. “Non siamo esattamente da soli.”
Le labbra di Alec erano risalite velocemente e si erano fermate vicino all’orecchio. “Camera da letto” aveva mormorato, mordendogli il lobo.
“Cazzo” aveva gemuto Magnus.
“Questo è il piano” aveva sospirato Alec in risposta, sorridendo ampiamente. 1.
Si era allontanato riluttante, fissando per un attimo lo sguardo negli occhi di Magnus che stavano ardendo per l’intensità del desiderio – di cui era sicuro stessero bruciando anche i suoi – e aveva poi afferrato la sua mano, trascinandolo dentro.
“Usate le protezioni!” aveva urlato Jace quando si erano fermati nel salotto, dove avevano trovato il fratello di Alec a guardarli, mentre li indicava con un dito della mano con cui reggeva un bicchiere, mentre l’altra era attaccata alla parete per tenersi in piedi.
Si era fermato per un secondo, guardandosi intorno, ma nessun’altro nella stanza stava prestando loro attenzione.
“Andate a scopare” aveva borbottato Jace, lasciandoli allontanare con un movimento della mano. “Vi copro le spalle se qualcuno fa domande.”
Alec aveva deciso di ignorarlo e di continuare la sua strada verso la camera da letto, portando Magnus con sé. Sembrava lontana chilometri.

***

“Merda” aveva sussurrato Alec a nessuno, quando la doccia gli aveva schiarito le idee e alcuni ricordi si erano riaffacciati.
Era un completo disastro.
Ma Jace aveva ragione: doveva parlare con Magnus. Non poteva semplicemente fare finta di niente.
Si prese un po’ di tempo per raccogliere il coraggio necessario, aveva bevuto un caffè e cercato di richiamare alla mente tutti i ricordi.
Stavano tornando tutti come onde. Lo sentiva nell’inquietante sensazione dello stomaco che si attorcigliava, la pelle che solleticava, il fantasma di un tocco sulle labbra. Per essere onesti, anche nel corpo intorpidito.
Era perso nei suoi pensieri quando il telefono era vibrato sul tavolo, annunciando l’arrivo di un nuovo messaggio.
VA’ A PARLARGLI!!!
Jace era davvero un ragazzo irremovibile.
Alla fine, a pomeriggio inoltrato, aveva preso un bel respiro e aveva lasciato il suo appartamento, per bussare alla porta del vicino. Era strano, visto che non bussava da settimane prima di entrare. Solitamente entrava come se fosse casa sua, ma in questo caso voleva lasciare a Magnus la possibilità di chiudergli la porta in faccia se non avesse voluto vederlo. Forse un po’ lo sperava anche.
Ovviamente Magnus non l’aveva fatto: non si era mai tirato indietro di fronte ad una sfida e tantomeno davanti ad un confronto. Era troppo onesto e trasparente per farlo.
“Hey” aveva detto, vedendo Alec fermo sulla soglia della porta.
Un segno rosso campeggiava sul suo collo. Si era sistemato i capelli, ma non il trucco, quindi non doveva essere sveglio da molto.
Si era schiarito la voce, dondolandosi imbarazzato sui piedi. “P-posso entrare? Dobbiamo parlare.”
La sua voce tremava un po’ e se ne era sorpreso. Era solo Magnus, dopo tutto.
“Certo” aveva risposto quello, spostandosi di lato per farlo entrare. “Non devi nemmeno chiedere.”
Magnus si era diretto in cucina per accendere la caffettiera, mentre Alec si era seduto sul divano e aveva cominciato a guardarsi intorno, come se fosse la prima volta che metteva piede in quel posto. Si sentiva a disagio e il cuore gli martellava nel petto. Il mal di testa era quasi passato, ma percepiva ancora un lieve dolore sul retro del cranio, a ricordargli che non avrebbe più dovuto bere.
Passandogli la tazza, Magnus gli aveva sfiorato le dita.
“Te ne pentirai domani mattina?” aveva respirato Magnus sulla sua bocca, entrambe le mani impegnate a sbottonargli la camicia.
“Non lo so” aveva sussurrato in risposta, stringendo le dita intorno alla cintura di Magnus per tirarselo vicino.
La cosa peggiore era che non lo sapeva nemmeno ora che era sobrio. Se ne stava davvero pentendo? Lo aveva voluto per così tanto e ora che era finalmente successo e stava cercando di rimettere insieme tutti i pezzi gli sembrava del tutto irreale.
Stava guardando nel vuoto, mentre Magnus guardava lui, seduto sull’altro divano con la tazza fumante tra le mani. Un leggero cipiglio si era formato sul suo viso e Alec aveva capito che stava cercando di interpretare la sua espressione, per prevedere qualsiasi sua potenziale reazione. Ma come poteva farlo quando Alec per primo non sapeva cosa pensare o fare?
Alla fine Magnus, perdendo la pazienza, si era schiarito la voce e si era seduto a gambe incrociate sul divano, stringendo forte la tazza tra le dita. Era sulla difensiva come se si aspettasse che Alec lo ferisse e faceva male, faceva così male che Alec aveva sentito il cuore stringersi nel petto in una morsa dolorosa.
“Quindi” aveva detto Magnus, con voce roca. “Siamo stati a letto insieme.”
Alec era riuscito soltanto ad annuire.
“Alexander, hai intenzione di parlarmi o anche solo di guardarmi o continuerai a fare finta che io non sia qui?” aveva chiesto Magnus, senza risultare scortese, ma estremamente stanco.
“Dobbiamo dirlo a Raphael” aveva mormorato Alec, più a se stesso.
“Scusa?!”
“Dobbiamo dirlo a Raphael” aveva ripetuto, alzando la voce e sollevando lo sguardo per guardare l’altro.
Il modo in cui Magnus aveva spalancato gli occhi, guardandolo sorpreso a bocca aperta, era quasi offensivo.
“Scusa?” aveva chiesto, di nuovo. E, sul serio, questa conversazione non sarebbe arrivata da nessuna parte.
Il suo vicino sembrava averlo realizzato perché aveva cominciato a scuotere la testa, l’incredulità ancora del tutto visibile.
“E perché mai dovremmo dirlo a Raphael?” aveva domandato.
“Fai davvero?” era scattato Alec, la rabbia che iniziava a crescere. “Perché mi sento in colpa! Ecco perché!”
“Okay, Alec, non ti sto seguendo.”
Alec si era alzato in piedi, pentendosene immediatamente perché la testa aveva ripreso a girare. Aveva cominciato a fare su e giù per la stanza, incredibilmente arrabbiato. Non era possibile che Magnus non si sentisse nemmeno un po’ in colpa per ciò che era successo quella notte. Raphael era la ragione per cui Alec stava così male – e non gli stava nemmeno simpatico – e il fatto che Magnus gli desse così poca importanza gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
“Sei serio?” aveva urlato di nuovo, fissando in modo accusatorio il vicino del tutto stupefatto. “Se è uno scherzo, sappi che non è affatto divertente Magnus! Dobbiamo dirlo a Raphael!”
“Dirmi cosa?”
Alec si era voltato e si era congelato sul posto. A sua discolpa, non lo aveva sentito entrare.
Raphael era in piedi vicino alla porta, la giacca di pelle bordeaux in estremo contrasto con la pelle pallida. Aveva le braccia incrociate e stava guardando Magnus con sguardo protettivo e fiero. Alec non sapeva se fosse perché gli aveva appena gridato contro oppure perché era semplicemente un fidanzato possessivo. Nessuna delle due opzioni gli piaceva.
Magnus si era girato per guardare Raphael dietro di lui, osservandolo sorpreso.
“Apparentemente, ti dovrei dire che io e Alec abbiamo fatto sesso la scorsa notte” aveva sputato, suonando tanto sorpreso quanto lo sembrava. “Se ne capisci qualcosa, fammelo sapere.”
Alec aveva spalancato la bocca. Okay, voleva che Raphael sapesse la verità, ma pensava che lo avrebbero detto con calma.
La faccia di Raphael si era invece macchiata di una smorfia.
“E perché io dovrei saperlo?” aveva esclamato, quasi schifato. “Non voglio sapere nulla della vostra vita sessuale!”
Alec si stava chiedendo in quale strana dimensione si fosse svegliato quella mattina o se la notte prima avesse mischiato all’alcool anche della droga, quando i due si erano voltati in sincrono verso di lui.
“Che significa che non lo vuoi sapere?” aveva sputato, prima che chiunque potesse anche solo aprire bocca.
“Significa esattamente quello che ho detto” aveva risposto Raphael, sollevando un sopracciglio. “Stai bene? Dobbiamo portarti da un dottore?”
“Non ho bisogno di un dottore!” aveva urlato Alec questa volta. “Ho bisogno di capire cosa sta succedendo e per quale cavolo di motivo non ti sei incazzato visto che ho fatto sesso con il tuo fidanzato ieri!”
Alec non aveva mai dovuto convivere con un silenzio simile a quello che era sceso dopo la sua sfuriata. La testa gli stava scoppiando sia per la confusione sia per i ricordi della notte precedente. Non riusciva a spiaccicare parola. Doveva processare il tutto.
Magnus e Raphael lo avevano guardato a bocca spalancata, poi si erano guardati, poi aveva rispostato lo sguardo su di lui, gli occhi che si allargavano sempre un po’ di più.
“A meno che tu non sia volato in Perù e non sia tornato stamattina, dubito che tu abbia fatto sesso con il mio fidanzato ieri sera” aveva affermato Raphael alla fine.
Alec ci aveva rinunciato. Le spalle si erano piegate in avanti e si era lasciato cadere sul divano, massaggiandosi le tempie con le dita. Niente di tutto quello aveva senso. Di fianco a lui, Chairman Meow si era risvegliato dal suo sonnellino, aprendo gli occhi stanchi e richiudendoli dopo aver riconosciuto la sua figura familiare.
“Pensi…pensi che Raphael sia il mio fidanzato?” aveva borbottato Magnus, quasi senza fiato.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, poi si era costretto a incrociare quello di Alec. Sembrava aver appena avuto un’illuminazione.
Alec aveva capito tutto dalla sua espressione e dalle sue parole. La verità gli era andata addosso con prepotenza come una macchina.
“Oddio” aveva sussurrato a se stesso, sentendosi stupido come mai prima. “Non lo è, vero?”
Aveva alzato lo sguardo giusto in tempo per vedere che Raphael si era seduto di fianco a Magnus sul divano e che entrambi stavano scuotendo la testa in negazione. Aveva giurato a se stesso che non avrebbe più chiamato Jace idiota.
“Non state insieme?” aveva chiesto, in un sospiro.
“No” avevano risposto i due contemporaneamente.
“Ci siamo lasciati molto tempo fa” aveva aggiunto Magnus. “Raphael è il mio migliore amico e sta frequentando un mio caro amico da quattro anni–“
“Cinque” lo aveva interrotto il diretto interessato.
“Cinque anni” si era corretto, alzando gli occhi al cielo. “Ragnor, il suo fidanzato, è dovuto andare in Perù per lavoro l’estate scorsa. Tornerà a settembre.”
Il suo tono era gentile, come se stesse spiegando ad un bambino come funziona il mondo. Alec aveva dimenticato persino come funzionava lui.
“Non state insieme” aveva ripetuto, questa volta pienamente convinto.
“Alexander, posso sapere cosa te lo ha fatto pensare?” aveva chiesto Magnus in un soffio, quasi dolcemente.
Quel tono faceva strani scherzi allo stomaco di Alec, che per una volta aveva lasciato che succedesse e basta. Non ha alcuna ragione per non farlo. Era del tutto sollevato da quelle scoperte.
“Lo chiami sempre tesoro.”
“Come faccio con tutti” aveva risposto Magnus, corrugando le sopracciglio in confusione.
“Lo fa per farmi arrabbiare” aveva aggiunto Raphael cautamente e, per una volta, non aveva quell’aria di superiorità che lo seguiva ovunque. “Sa che lo odio.”
“Avete un appuntamento almeno una volta alla settimana” aveva continuato Alec con tono accusatorio, senza scaldarsi troppo, ma semplicemente incredulo. “Prenotate pure!”
“Ci piace il buon cibo” aveva spiegato Raphael. “Per di più non vedevo Magnus da tantissimo, quindi abbiamo deciso di passare del tempo insieme minimo una volta a settimana.”
“Tua madre lo adora” aveva detto, guardando Raphael ma indicando Magnus con un dito.
“È vero” aveva sorriso quello ammiccando.
“Ci conosciamo da quando siamo bambini” era intervenuto Raphael. “Quindi sì, Magnus conosce mia madre e a lei piace.”
“Mi ama” lo aveva corretto il diretto interessato.
Alec e Raphael avevano alzato gli occhi al cielo in sincrono.
“Siete andati in vacanza insieme a marzo!” aveva continuato Alec, quasi come se volesse incolparli.
“Siamo stati in Perù” aveva chiarito Magnus, il sorrisetto ormai scomparso per lasciar posto alla serietà. “Per vedere Ragnor, il suo fidanzato.”
Questo era tutto quello che veniva in mente ad Alec, in quel momento. Forse più avanti avrebbe avuto nuove domande , ma per ora non riusciva a pensare ad altro. Si era chiesto se gli altri due riuscissero a sentire gli ingranaggi del suo cervello girare velocissimamente perché riusciva a farlo persino lui. Era come vedere la luce e, all’improvviso, riusciva a capire tutto chiaramente.
Magnus non aveva flirtato con lui perché lo faceva con tutti. Lo aveva fatto perché lui gli piaceva, gli piaceva davvero. La consapevolezza lo aveva colpito con così tanto piacere che il suo cuore aveva perso un battito e aveva dovuto trattenere il respiro per un secondo.
Alec aveva alzato di nuovo lo sguardo su Magnus.
“Quindi…sei single?” aveva chiesto perché era seriamente l’unica cosa che gli importava.
“Moltissimo” aveva risposto.
Alec non si era mai sentito così sollevato come ora.
Il cuore gli martellava nel petto e per un attimo si era chiesto se sarebbe schizzato fuori per la forza con cui pompava.
Non riusciva più a pensare a nulla. Chiaramente aveva già pensato troppo in tutti quei mesi.
Aveva respirato profondamente per poi alzarsi dal divano, facendo saltare Chairman Meow sul posto. Si era spinto in avanti, afferrando Magnus per il colletto per tirarselo più vicino. Aveva ignorato il suo lamento sorpreso e aveva appiccicato le labbra alle sue.
Per un momento quei pochi secondi erano sembrati durare un’eternità: Magnus era impietrito per lo shock, senza sapere cosa fare. Poi lo aveva ricambiato e l’intero mondo di Alec era come esploso. Aveva dimenticato tutto, a partire da Raphael fino ad arrivare al fatto che lui fosse così diverso da come pensava, per focalizzarsi completamente su Magnus. Aveva riversato tutto se stesso in quel bacio, dalla frustrazione di quei mesi al sollievo provato in quel momento che lo aveva reso più leggero di una piuma. Baciare Magnus era come inseguire un uragano e ad Alec non importavano affatto il pericolo o la tensione da togliere il fiato che gli attraversano il corpo, la mente e l’anima. Baciare Magnus era esattamente come lo aveva immaginato, forse anche di più.
Non si era nemmeno leggermente vergognato del gemito che gli era scappato, quando Magnus aveva preso a mordicchiare il suo labbro inferiore, e aveva aperto la bocca, lasciando che le loro lingue si incontrassero con forza.
“Non fate caso a me” era intervenuto Raphael.
Alec si era spostato riluttante, fissando Magnus direttamente negli occhi verdi.
Raphael si era alzato dal divano, schiarendosi la voce.
“Ero venuto solamente per controllare che fossi ancora vivi” aveva detto, indicando il suo non-fidanzato. “Mi hai lasciato un messaggio vocale piuttosto allarmante ieri sera. Sembravi davvero ubriaco.”
“Lo ero. Ma ora sono del tutto sobrio e vorrei che te andassi, a meno che tu non voglia vedere cose che i tuoi poveri occhi innocenti non dovrebbero vedere” aveva affermato Magnus, sorridendo ammiccante.
“Sono già fuori dalla porta” aveva risposto Raphael, tornando immediatamente ad essere il solito.
Un secondo dopo, la porta d’ingresso si stava chiudendo dietro di loro.
Magnus si era voltato di nuovo per fronteggiare Alec, che lo stava guardando come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto. E, in quel momento, lo era. Oh, lo era davvero.
“Allora…come ti sentiresti ad essere non-single?” aveva chiesto Alec, la voce tremolante sia per l’emozione che per la tensione.
Magnus aveva mostrato uno dei suoi bellissimi e luminosi sorrisi e aveva stretto le braccia intorno al collo di Alec.
“Penso che potresti persuadermi” aveva sussurrato, per poi baciarlo di nuovo.

 

1Riporto le battute in inglese perché purtroppo in italiano il gioco di parole non si riesce a rendere esattamente. In inglese, infatti, il termine fuck utilizzato da Magnus è, al tempo stesso, un’espressione esclamativa corrispondente, appunto, al nostro volgarissimo “cazzo!” e un verbo che significa “fottere, scopare”. Da qui il “questo è il piano” di Alec.
[“Fuck,” Magnus moaned.
“That’s the plan,” Alec breathed back, chuckling lightly]


Nda.
Here we are! 
Con ben una settimana di ritardo rispetto a quanto avevo promesso, ma purtroppo lo stage mi sta portando via più forze e più tempo di quanto mi aspettassi.
Anyway, come avevo giurato, l'attesa è valsa la pena! Finalmente abbiamo questo benedetto bacio e anche qualcosina in più! Alec che finalmente capisce che tra Magnus e Raphael non c'è nulla, non so perchè, mi fa una tenerezza assurda. Tra l'altro, la scena dei chiarimenti è seriamente hilarious, come direbbero gli inglesi! 
Mancano 
soltanto due capitoli alla fine della storia (che come sempre ricordo non è mia, ma di Lecrit, autrice AO3. Questa è "soltanto" una traduzione) e, visto che domani (alleluja) finisco lo stage, dovrei (SOTTOLINEO IL MODO CONDIZIONALE) riuscire ad aggiornare giovedì prossimo, altrimenti il capitolo arriverà sicuramente entro lunedì 4 luglio (di già? Aiuto.)
Detto questo, see you soon!
Vi lascio con una gif del bacio Malec (quanto ho aspettato per vederlo su schermo dopo tutti questi anni nel fandom, mamma mia), che ci sta tantissimo (l'avrei probabilmente messa anche se non si fossero baciati in questo capitolo, perchè sì, fa sempre bene).
See you soon! I. xx
Come sempre lascio lo spoiler qui sotto.



#SPOILER#
“Toglietevi quei sorrisi compiaciuti dalla faccia” aveva detto Jace, dopo aver rivolto loro un solo sguardo. “Il senso della ‘camminata della vergogna’ è che dovreste sembrare vergognati.”
“Resta una ‘camminata della vergogna’ se riesci a malapena a camminare?” aveva risposto Magnus, un sorrisino arrogante a giocargli sulle labbra.
Alec aveva sentito le guance prendere fuoco.
“Magnus!” avevano esclamato, con tono di disapprovazione, lui, Jace e Clary.

 

  
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