Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: aschemia    24/06/2016    1 recensioni
Dentro di sé un dolore la lacerava, mordeva forte al petto, la pietrificava. Il dolore era così reale che le impediva di respirare, le mancava l'aria e di colpo non riuscì più a riprendere il controllo. Soffocava, annaspava, ansimava. Poi, di botto, ritornò in vita. Non riusciva a sentire nulla, solo voci confuse. Il suo corpo era paralizzato, le gambe non si muovevano, le mani erano immobili.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Erano uno accanto all'altro, non avevano il coraggio di guardarsi negli occhi. Erano vicini, tanto che le loro braccia si sfioravano ma entrambi continuavano a guardare a terra. Lei aveva paura, sapeva cosa sarebbe successo da un momento all'altro, sapeva che lo avrebbe perso per sempre. Lui aveva paura, non capiva cosa stava succedendo, avevano passato una così bella giornata insieme e non riusciva a seguire bene il suo discorso. Le parole di lei erano confuse, balbettava, tremava, si fermava per prendere respiri profondi. Lei avrebbe voluto fermarsi, avrebbe voluto interrompersi e fare finta di nulla, scherzarci sopra come erano soliti fare. Avrebbe voluto dire tutto ciò che pensava, tutto ciò che sentiva, avrebbe voluto fare uno di quei discorsi che aveva immaginato di fargli ogni notte prima di andare a dormire. Ma non riusciva a fare nessuna delle due cose, era bloccata nella ragnatela dei suoi stessi pensieri. "Se non riesci a parlare, puoi scrivermelo" disse lui con un'innocenza e una dolcezza che non le aveva mai mostrato. Infine lo sputò fuori, come se fosse veleno, di getto, disse: "Io non posso essere solo tua amica e so che tu non vuoi altro quindi non ci parleremo più e non ci vedremo più". Lo aveva detto. Nessuno dei due poteva tirarsi indietro, nessuno dei due poteva nascondersi. Il suono di quelle parole continuava a riecheggiare nell'aria e riempiva il silenzio. Lui provò a scherzarci sopra, a fare qualche battutina, non avrebbe mai permesso a se stesso di mostrare quanto male quelle parole gli avevano fatto. Lei strappava e piegava un fazzolettino di carta, con il quale si asciugò le lacrime. "Vabbè, dai, non essere drastica..ci sentiremo qualche volta" provò a sdrammatizzare lui, senza crederci davvero.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno immerso nei propri pensieri. Eppure entrambi avrebbero voluto dire così tanto. Lui avrebbe voluto dirle che era stata un'amica straordinaria, che finalmente aveva trovato qualcuno che lo capiva, che non voleva perdere; che era stata l'unica ad averlo guardato veramente ed essere andata oltre la sua apparente superficialità; che gli era entrata dentro e non avrebbe mai dimenticato il suono della sua risata. Lei, invece, avrebbe voluto dirgli che era stato un'amico straordinario, che finalmente aveva trovato qualcuno che la faceva ridere e non voleva perderlo, che era stato la prima persona nella sua vita ad averla guardata ed averla fatta sentire bella, che la sua presenza ormai faceva parte di lei e non avrebbe mai dimenticato quei mesi insieme. Ma nessuno dei due disse nulla e continuarono a stare vicini. Alla fine lei si alzò e disse che si era fatto tardi e che doveva prendere l'autobus. E poi si trovarono l'uno di fronte all'altra e si guardarono negli occhi. La distanza tra di loro era così piccola ed entrambi avrebbero voluto azzerarla. Lei avrebbe voluto stringere le sue braccia attorno al suo petto, appoggiare la testa su di esso, come aveva sempre fatto e poi baciarlo così delicatamente per poter ricordare le sue labbra. Lui avrebbe voluto avvolgere le sue braccia intorno alla sua vita, affondare la sua faccia nelle sue spalle e poi baciarla così intensamente per poter ricordare il suo sapore. Ma nessuno dei due fece nulla, rimasero lì a guardarsi negli occhi, cercando nello sguardo dell'altro quel coraggio che mai ebbero. "Allora, ciao" disse lei, girandosi e camminando più velocemente che poteva. "Ti accompagno alla fermata" disse lui, ma non udì mai la sua risposta, erano ormai troppo distanti, erano ormai troppo lontani.
Lei camminava con passo veloce, non voleva fermarsi, non voleva crollare. Eppure il suo corpo non poteva farcela, aveva subito un colpo troppo forte. Si fermò solo quando fu certa che lui non poteva più vederla e si lasciò andare. Dentro di sé un dolore la lacerava, mordeva forte al petto, la pietrificava. Il dolore era così reale che le impediva di respirare, le mancava l'aria e di colpo non riuscì più a riprendere il controllo. Soffocava, annaspava, ansimava. Poi, di botto, ritornò in vita. Non riusciva a sentire nulla, solo voci confuse. Il suo corpo era paralizzato, le gambe non si muovevano, le mani erano immobili. Provava a muoverle, ma non ci riusciva. Qualcuno le prese e le bagnò. Si sentiva stanca ma non riusciva prendere aria. La testa era pesante così la gettò all'indietro. Qualcuno gliela tenne ferma, mentre qualcun altro provava a farla bere e a bagnarle le secche labbra. "Aria, aria.." disse, come se non ne avesse abbastanza. Incominciò a sudare, poi sentì freddo, subito di nuovo caldo. L'aria continuava a diminuire, i suoi polmoni lavoravano a fatica. "Aria, aria.."ripeté, con la voce tremante di chi crede di star morendo. Ed era questo ciò che pensava e lacrime calde scivolarono sul suo volto. Ansia, paura, terrore. La portarono all'interno di un bar, la fecero sedere e le legarono i capelli. Si abbandonò completamente sulla sedia, sentiva uno strano formicolio su per le gambe, nelle mani e sul volto. Nero, vide solo nero. Il cuore batteva incessantemente, la gola si faceva sempre più stretta. All'interno del locale tutti la guardavano, la fissavano e provano ad aiutarla. Vergogna, imbarazzo, disagio. Qualcuno aveva sicuramente pensato di chiamare un'ambulanza perché un paramedico le prese le mani e le disse "Immagina un posto bello, pensa al mare, alla spiaggia, agli amici". E la sua mente la riportò a quella notte in cui tutto era cambiato, a quella notte in spiaggia con Lui quando per la prima volta non erano stati più solo semplici amici. Riaprì gli occhi e tutto era passato. Magicamente, riusciva a respirare e il suo corpo si era rilassato. "Hai avuto un attacco di panico" le disse il paramedico, "non preoccuparti, è tutto finito adesso." E lei capì che era finito tutto, veramente.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: aschemia