Nickname autore: roxy_xyz
Titolo: About us
Genere:
Oneshot, Romantico
Pairing e/o Personaggi aggiuntivi: Harry Potter/Hermione Granger
Rating:
Verde
Betareading: Jaybree (come farei senza di
te?)
Introduzione:
Harry trova una Giratempo un po’ particolare e, come al
solito, si metterà nei guai. Per fortuna Hermione, anzi le due Hermione, lo
aiuteranno a capire cosa è davvero importante. O chi!
NdA: Questa storia nasce da un’idea di Lights,
ma ovviamente sono uscita fuori tema. Lei aveva
chiesto una commedia, invece sono caduta nel romantico. Sono un po'
arrugginita, scusatemi!
Ovviamente partecipo al contest “Questione di
Giratempo” indetto dal nostro mitico gruppo Facebook “Cercando
chi dà la roba alla Rowling”. Buon 5° anniversario, Aurors!
About us
“Che v’ha di più grande quaggiù, per due anime
umane, del sentirsi unite per la vita, per sorreggersi in tutte le fatiche, e
riposare l’una sull’altra in tutti i dolori, e soccorrersi in tutte le pene, e
confondersi l’una coll’altra nelle silenziose ineffabili memorie dell’ultima
dipartita?”
George Eliot
§
Harry non era mai stato un maniaco delle pulizie,
non poteva neanche definirsi un uomo ordinato, anzi il più delle volte Hermione
lo sgridava per via del caos che lasciava ovunque lui passasse. Era come se il
disordine che aveva sempre regnato nei suo capelli si
fosse trasferito in ogni cosa che lui toccasse. Nonostante tutto, non aveva mai
visto una casa così sporca come quella che lui e Hermione stavano perquisendo.
Apparteneva a un Mago che i suoi colleghi, Cox e
Stanley, avevano arrestato alcuni giorni prima. Visto che
non erano riusciti a cavargli una singola parola dai loro interrogatori, gli
avevano chiesto di controllare se ci fosse qualcosa di sospetto in casa.
Quando aveva aperto la porta aveva capito di chi aveva
bisogno: Hermione. Anche se, molto probabilmente a fine lavoro, lei lo avrebbe
odiato profondamente, ma almeno avrebbero finito in fretta e sarebbero potuti
tornare ai loro uffici.
Più rovistava e più pensava che non ci fosse
nulla che potesse aiutarli, eppure Hermione continuava a cercare, convinta che
sotto quel disastro ci fosse qualcosa di utile alle loro indagini.
Lo aveva anche messo in guardia, come se Harry fosse un bambino di dieci anni e
non un Auror con molti anni di esperienza. “Quando trovi qualcosa, chiamami e
non fare nulla di stupido. Hai capito, Harry?”
Lui aveva trent’anni, maledizione! E poi se
avevano avuto bisogno del suo intuito, poteva anche permettersi di indagare su
ciò che trovava, presupposto che ci fosse veramente qualcosa in quella topaia,
oltre a piatti sporchi e bevande in lattine sparse ovunque per terra.
“Che schifo, come si può vivere in questo stato?”
Fu il suo commento alla vista di grossi scarafaggi nascosti sotto uno dei
cuscini del divano.
Nonostante il disgusto, decise
di controllarlo a fondo. Se avesse svolto male il suo
lavoro, non avrebbe sopportato le lamentele di Hermione. Infilò la mano in una
fessura del divano e le sue dita si trovarono a stringere qualcosa di duro e
piccolo. Harry sperò con tutto se stesso che non fosse un altro insetto, o
qualcosa di peggio.
Con un sospiro di sollievo vide che si trattava
di un ciondolo, ma quando lo osservò da più vicino
capì cosa era realmente. Una Giratempo.
Non ne vedeva una da anni, ma era impossibile da dimenticare quando grazie a
essa lui e Hermione si erano trovati a salvare Sirius,
tornando indietro nel tempo. Solo a pensare a quei momenti con il suo padrino
gli si strinse il cuore. Lui era così forte e pieno di voglia di vivere.
Avrebbe dovuto chiamare Hermione come un bravo
bambino, invece si ritrovò a fissare la Giratempo e a toccarla, curioso come non
mai. Perché mai si trovava lì? Da quello che ne sapeva
non esistevano molti esemplari come quella che avevano usato al terzo anno.
“Harry? A che punto sei?” Il richiamo veniva dalla stanza da
letto e lui avrebbe dovuto risponderle, ma quando si passa tanto tempo dietro
ad una scrivania di un ufficio, si comincia a sentire l’esigenza di fare
qualcosa di avventato come ai tempi passati. E poi, se ricordava bene,
bisognava girare la clessidra per poter viaggiare nel
tempo e lui non stava facendo nulla di male. Solo che questa Giratempo era
diversa e Harry non dovette aspettare molto per capire quanto si sbagliava. Al centro di essa non vi era la classica clessidra, bensì una
pietra nera che cominciò a riscaldarsi con il suo tocco, fino a diventare di un
rosso incandescente. Gli bastò sentire l’urlo di Hermione prima di scomparire
davanti ai suoi occhi, arrabbiati ma anche tanto spaventati, per capire che si
trovava nei guai.
§
La prima cosa che fece fu vomitare dietro a un
cespuglio e non fu di certo una bella sensazione. Dio mio, perché aveva
mangiato le uova a colazione e non si era limitato al solito caffè?
“Tutto bene?” Una voce gentile e femminile,
leggermente preoccupata. Aveva alzato una mano chiedendo tempo, si era ripulito e girato lentamente visto che il mondo non aveva
ancora smesso di girare furiosamente.
“Porc!” Non poteva
essere così sfigato, ma doveva anche esserci abituato
dopotutto. Tra tutte le persone che poteva incontrare, ovviamente il destino
aveva scelto Hermione, o meglio la sua versione più giovane.
“Harry? No, no, non può essere. Chi sei?” Aveva preso la
bacchetta dalla tasca della sua divisa e non aveva esitato un attimo a
puntargliela alla gola. Era stato preso in contropiede come un
principiante e per di più non aveva la minima idea di dove fosse la sua
bacchetta.
“Sono io, Hermione. Devi credermi.” Teneva le mani alzate, come fosse in arresto.
“Sì, certo. Chi ti ha
mandato? Ho capito… sei un Mangiamorte!”
Era ovvio che si comportasse così, a quell’epoca Voldemort ideava ogni anno un nuovo modo per far fuori
Harry, e giustamente Hermione era diventata sospettosa verso
tutti. Soprattutto verso un uomo che era comparso all’improvviso e che
somigliava terribilmente al suo migliore amico.
“Rifletti, Hermione. Potrei aver preso la pozione Polisucco, ma a quel punto somiglierei a Harry e non alla
sua versione adulta! E non sono un Mangiamorte,
guarda non ho alcun marchio.” Si era scoperto il
braccio immacolato e aveva visto le spalle di lei
rilassarsi.
“Non puoi essere davvero
Harry.”
Non l’aveva mai vista così spaesata e confusa, e
purtroppo non poteva darle torto.
Aveva allontanato la bacchetta e poggiato le mani sulle sue spalle tremanti.
Doveva capire che lui non le avrebbe mai fatto del male e forse sarebbe
riuscito a convincerla.
“Hermione, sono io. Guardami.”
La vide mordersi il labbro, sicuramente era in
pieno conflitto con se stessa. Credergli o Schiantarlo?
Hermione, o meglio la sua versione adolescente,
si era avvicinata per guardarlo meglio, poteva vedere ogni singola lentiggine
sul suo viso. “È vero, sei più vecchio.”
“Ehi!” Quando si trattava di maltrattarlo e
infierire Hermione Granger era sempre la numero uno, però almeno ora sembrava
credergli. “Ho solo trent’anni e, comunque, non ho nemmeno un capello bianco.”
“Hai fatto nuovamente l’idiota,
vero? In che guaio ti sei
cacciato?” Aveva alzato improvvisamente le mani per fermarlo. “No, anzi
non me lo dire: vieni dal futuro per sistemare una situazione terribile.
Cavolo, deve esserci qualcuno peggiore di Voldemort
se sei dovuto venire qui.”
Per un attimo Harry aveva pensato di mentire
spudoratamente, di inventare una tragedia degna di un film americano
sull’Apocalisse, ma un istante dopo si era ricordato chi aveva davanti. Anche
se era una versione più acerba, quella era l’unica donna che non si faceva
abbindolare dalle sue parole.
“Quanti anni hai? Sto cercando di capire perché mi trovo qua, in questo periodo.”
“Quattordici anni.”
Harry aveva fatto un rapido calcolo mentale: si
trovava nell’anno del Torneo Tremaghi, un periodo che
era stato davvero pessimo per lui, oltre che stressante. Voldemort
era tornato in vita proprio quell’anno e lui aveva assistito alla morte di Diggory. Forse era tornato in questo periodo per un motivo,
per cambiare qualcosa del suo passato.
“Hai la stessa faccia di quando stai per fare
qualcosa di assolutamente idiota.” Aveva commentato brevemente Hermione.
“Era quello che stavo facendo prima di venire
qua, a dire il vero.” Si sentiva confuso e il mal di testa non lo stava
aiutando. Non riusciva a pensare lucidamente e temeva di incasinare tutto.
“Vieni con me, andiamo a sederci in un posto più
appartato.” Hermione gli aveva afferrato la mano e iniziato a condurre lungo un
sentiero che non aveva mai preso. Per fortuna non era solo neanche qui.
“Ecco, qui non verrà a disturbarci nessuno e non
creerai alcun problema.” Come riusciva a capire ogni cosa senza che lui
parlasse? “ Dimmi cosa è successo. Dall’inizio, per favore.”
Harry aveva esitato per un attimo. “Ecco, eravamo in questa casa e la stavamo perquisendo, quando ho
trovato una Giratempo. Era diversa dalla nostra. Un attimo dopo tu sei entrata in
soggiorno e mi hai guardato, i tuoi occhi erano pieni di paura… come ora, a
dirla tutta. Cazzo, che casino ho combinato?”
“Innanzitutto sei un idiota, mettersi a giocare
con una Giratempo… solo tu, Harry. Potresti aver scatenato la terza Guerra
Mondiale, provocato una crepa nella linea spazio-tempo e modificato qualche
evento fisso nel tempo…”
“Alt! Ma come parli?”
Hermione aveva fatto le spallucce, commentando
semplicemente. “Doctor Who, Quantum Leap, non mi piace solo leggere! Sono
un’adolescente con molti interessi, ecco.”
Harry si era guardato attorno. “Dove siamo
esattamente?”
A quel punto la sue
guance si erano fatte di un rosso accesso. “Non siamo lontani dal Lago Grande.
L’ho scoperto quest’anno e ci vengo spesso per… pensare. Tu giri con quell’Uovo
in mano e Ron, beh lasciamo perdere!”
Improvvisamente Harry aveva capito. “Ci vieni per
limonare con Krum!”
“No! Non limoniamo, cioè
non facciamo nulla di sconveniente. Parliamo e basta.”
Ora tutta la sua faccia era rossa. “Una volta mi raccontasti che con lui non parlavi e che era una
cosa… be’, fisica.
Credevo ci raccontassimo tutto, invece anche allora avevamo segreti.”
Hermione aveva raddrizzato le orecchie. “Abbiamo dei segreti nel nostro futuro? Io come sono? Più magra e con dei capelli decenti?”
“Non posso dirtelo, non vorrei creare una crepa o
modificare qualcosa per poi svegliarmi in un universo parallelo, mi dispiace.”
Era stato il suo commento laconico, pur di non soddisfare la curiosità della
ragazza.
“Odioso.”
“Grazie, ne vado fiero.”
“Quindi hai capito perché sei qua?
Non è che hai la Giratempo con te?”
Harry l’aveva stretta in mano prima di scomparire
e ora non sapeva dove fosse. Controllò le tasche dei
suoi pantaloni finché non sentì qualcosa al loro interno.
“Eccola.” disse prima di mostrarla alla sua
amica, l’unica che avrebbe capito qualcosa dell’intera faccenda.
“Hai ragione, è diversa.” Poi, non fece altro che
osservarla in silenzio per qualche secondo, mentre Harry era terrorizzato
all’idea di perderla anche in quel presente.
“Perché non sei scomparsa anche tu?” aveva
domandato.
“In che senso?”
“Io non avevo fatto nulla, la
stavo semplicemente guardando, ha cominciato a scaldarsi e… puff, eccomi qua! Perché a te non è successo?” A terrorizzarlo era
soprattutto l’idea di rimanere incastrato lì.
“Stavi facendo qualcosa di particolare?”
Harry ci aveva pensato su un momento. “No, nulla. Stavo semplicemente pensando
alla mia vita, sai ultimamente non va alla grande. Mi
sento un po’ inutile.”
Hermione si era seduta su una panchina e l’aveva
invitato a seguire il suo esempio. “Non dire sciocchezze.
Cosa c’è che non va?”
“Mi hanno tarpato le ali, sono chiuso tutto il
giorno in un ufficio…”
“E quando non lo sei, ti metti a
giocare con una Giratempo. Tipico di Harry
Potter!” aveva concluso Hermione.
“Non è questo. È che…” aveva cominciato a dire, prima di essere
nuovamente interrotto.
“Non riesci a mettere a rischio la tua vita!”
“La finisci? Vorrei tanto riuscire a finire una
frase, e che cavolo! Fai sempre così, come credi mi debba sentire io?”
La ragazza non aveva esitato un attimo a
replicare. “Be’, quest’anno me l’hai dimostrato a sufficienza, mettendoti a
urlare contro tutti e combattendo anche contro i tuoi
migliori amici.”
Harry ricordava perfettamente come si sentisse al
quarto anno, soprattutto dopo essere stato accusato da Ron di aver messo il suo
nome dentro il Calice di fuoco. Era come se i sentimenti di allora si fossero unite a quelle del suo presente, provocandolo e mettendolo
alla prova ancora una volta.
“Credo che le tue emozioni ti abbiano portato
qua, perché provi le stesse cose, la stessa
frustrazione. E che io sia qui per aiutarti. Sarà una Giratempo empatica o
qualcosa del genere.” Sapeva perfettamente che neanche
lei ne era sicura, parlava solo per rassicurarlo.
“Devi calmarti e tu potrai tornare da me, dalla mia versione alta, bella e con
i capelli perfetti.”
Improvvisamente era scoppiato a ridere. “Hai
smesso da tempo di farti certe paturnie, per fortuna.
Ora sei una donna forte e con dei bellissimi capelli mossi e impossibili da
pettinare.”
“Ehi, e la Terza Guerra Mondiale?”
Non aveva replicato, rimanendo con i sensi
all’erta come se ci fosse qualcuno nelle vicinanze. “Nah, non abbiamo cambiato nulla. Lo dovrei sapere,
no? In fondo in fondo.”
“Non smetterò mai di dirtelo, ma in fondo in
fondo vorrei picchiarti.”
“Me lo dici spesso, non ti preoccupare.”
Il sole stava per tramontare e presto Hermione
sarebbe dovuta andare nella Sala Comune, lasciandolo lì, a meditare, forse per
sempre, sulla sua impulsività.
“Perché abbiamo dei segreti? Intendo io e te nel futuro.”
“Non lo so. Con l’età siamo cambiati, e io sono diventato un
vigliacco. Ho paura di dirti come stanno le cose.” Come poteva parlarne con lei
quando nemmeno lui sapeva bene cosa gli stava succedendo. Era solo consapevole
di volerla accanto e di non riuscire più ad accompagnarla a casa e a salutarla,
come un qualsiasi collega di lavoro. Non l’aveva chiamata per aiutarlo in
quella dannata perquisizione, ma perché aveva voglia di stare con lei, di
essere sgridato da lei.
Lui era sempre stato un disastro con le donne e aveva troppa paura di perderla,
e ricordava perfettamente come erano stati tesi i
rapporti di Hermione e Ron dopo la rottura. Solo dopo molti mesi erano riusciti
a parlare in maniera distesa, senza lanciarsi un servizio di piatti.
“Quest’anno ho sofferto a vederti così, odio
quando non mi parli e non mi dici cosa non va. Mi spezzi come una bambola di
pezza con tutti i tuoi cambiamenti d’umore, Harry. Fidati di me, perché non mi perderai mai. Neanche se dovessi confidarmi qualcosa di
terribile come un omicidio.”
“Mi hai scoperto,
maledizione. Sono un serial killer!”
“Non sto scherzando,
Harry. Per te ci sarò sempre e affronteremo tutto, Voldemort, e il nostro futuro insieme. Non avere paura di
quello che succederà, perché avrai sempre me.”
Hermione non aveva mai smesso di guardarlo, come se volesse trasmettergli tutta
la sua forza con quelle parole. Era quello che aveva sempre fatto, dopotutto.
“E se mi odiassi per aver rovinato qualcosa di
bello?”
Si era avvicinata e gli aveva accarezzato il
viso, così simile e diverso allo stesso tempo da quello dell’altro Harry.
“Significa che l’avrai fatto per qualcosa di straordinario. Vai,
torna a casa.”
“Ma… ma come faccio? Non lo so nemmeno io!” Ed era vero, purtroppo.
“Devi pensarmi intensamente, ovviamente la mia altra me, e se le mie ipotesi
sono corrette ti ritroverai là dove vi siete
lasciati.”
Harry non sapeva come lei potesse trasmettere
così tanta fiducia quando in realtà stava parlando di qualcosa di sconosciuto,
ma non poteva fare altro che stringere quella Giratempo e pensare all’unico
amore della sua vita, a quegli occhi così spaventati e pregare di tornare in
quel sudicio soggiorno. Prese la Giratempo e si concentrò sull’unica cosa
importante, promettendo a se stesso di non farla più soffrire, come sicuramente
aveva appena fatto scomparendo così improvvisamente. Quando sentì il calore sul
suo palmo capì che, ancora una volta, Hermione aveva
avuto ragione.
§
“Dio mio, Harry! Sei scomparso e ricomparso
dall’altra parte della stanza! Vuoi farmi venire un collasso, per caso?”
Era lì, era tornato! Senza pensarci un secondo,
la raggiunse e la strinse tra le sue braccia, come avrebbe voluto fare da
sempre. La sentì irrigidirsi per un attimo per poi rilassarsi; poteva sentire
il suo sorriso anche senza vederlo.
“Scusami, sono stato un
incosciente. Usare una
Giratempo, poi.”
“Lo sei sempre, è per questo
che ci sono io.” Tipico di lei, riassumere tutto con quelle poche parole
che potevano significare tutto o nulla. “Fammela vedere, dai.”
Harry non dovette cercarla perché era ancora lì
tra le sue mani e la pietra era diventata nuovamente nera. Hermione non aveva
esitato un attimo a togliergliela e con il suo solito zelo da studentessa
modello aveva cominciato a studiarla. Anche se l’aveva già fatto, sedici anni
prima per l’esattezza.
“Ti ho incontrato, sai?
Forse ora dovresti ricordare, avevi quattordici anni…”
Hermione aveva smesso di osservare l’oggetto
magico e l’aveva fissato a lungo prima di rispondere. “È
molto strano, ma sì. Tu… tu eri così spaventato e
io avevo paura per te. Poi ce l’avevi fatta e io ero
tornata al Castello e ti avevo trovato nella Sala Comune, così demoralizzato
per la prova del Torneo.”
“Credo che quell’anno sia stato il peggiore di
sempre.” Disse, con un piccolo sorriso.
“Oh, Harry. Lo sono stati tutti. Fossi stato un normale adolescente
saresti scappato a gambe levate.”
“E invece non l’ho mai fatto.” Come poteva farlo
quando ogni sua singola decisione avrebbe segnato la vita di tutti, di ogni
persona che amava?
“No, appunto. Scusami, ma mi devo abituare ad aver
incontrato te, in versione matura, nel mio passato. Eppure è come se l’avessi
saputo e per questo mi sono fidata di te.”
I suoi occhi non erano più ridenti, bensì
spaesati come non mai. “Non avrò fatto danni, vero?
Quando usciremo da quella porta sarà tutto come
prima?”
Poi Hermione l’aveva guardato dritto in faccia e
la sua voce era stata dura. “Non lo so, dipende da te e dai nostri segreti.”
Harry non poteva crederci, ma molto probabilmente
lei ricordava ogni dettaglio della loro conversazione.
“È come se fosse appena successo, sto ricordando
tutto poco alla volta.” Gli aveva spiegato brevemente.
“E…?” Aveva chiesto, esitante.
“Mi ci devo abituare, a te che mi nascondi
qualcosa perché hai paura di me. Credevo di non fare più questo effetto. O almeno solo ai nuovi arrivati al Dipartimento.”
No, no, non poteva crederci! Anziché migliorare
le cose, le aveva ingarbugliate ancora di più.
Cercava sempre di fare la mossa giusta, di non essere il solito impulsivo e
alla fine non otteneva nulla, se non altri malintesi. Cosa ci avrebbe
guadagnato ora, dal suo piccolo viaggio nel tempo?
“Non ho paura di te, ma di me e di quello che
potrei fare se avessi un minimo di coraggio in più.”
Hermione aveva afferrato le sue mani e, anche se
erano così piccole rispetto alle sue, Harry si era sentito protetto, come mai
lo era stato prima di allora.
Come se lo avesse fatto cento, mille, miliardi di volte, si era
chinato e l’aveva baciata. Un semplice tocco, nulla di più, ma che gli fece
girare la testa per l’intensità e il desiderio provato.
La voleva, l’aveva sempre voluta ed era stato un folle
a credere di poter accettare quel loro rapporto, quella loro amicizia fatta di
sguardi e di parole non dette, quando poteva stringerla a sé per tutta la vita.
Non riusciva a smettere di credere di averla finalmente tra le braccia, poteva
sentire ogni curva del suo corpo e sapeva che anche lei non era rimasta
indifferente.
I suoi occhi luccicavano, come una bimba prima di commettere una marachella.
“Hermione? Secondo te, abbiamo provocato la terza guerra magica? O
una crepa nel come-cavolo-si-chiama?”
Gli aveva tirato i capelli con così tanta forza
che Harry ne era rimasto sorpreso, ma non era riuscito a dire nulla. Per così tanto tempo
aveva taciuto sui suoi sentimenti e ora invece, poteva permettersi il lusso di
un secondo bacio. O di un’infinità. A chi importava? Avevano tutto il tempo che
volevano.