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Autore: livevil_99    25/06/2016    4 recensioni
"Se Jace era oro, e catturava luce e attenzione, Alec era argento: così abituato al fatto che tutti guardassero l’altro da guardarlo a sua volta, così abituato a vivere nella sua ombra da non aspettarsi di essere notato. Forse bastava essere la prima persona a dirgli che meritava di essere notato per primo in una stanza, e osservato più a lungo.
L’argento, poi, sebbene in pochi lo sapessero, era un metallo più raro dell’oro."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Magnus stava sonnecchiando sul suo divano rosa acceso. Una finestra immensa che dava su Brooklyn si estendeva per tutta la parete. Continuava a scrutare i confini poco definiti di quel mondo che aveva già ampiamente visitato e si sentiva pesante. I millenni gravavano sulle sue spalle come macigni e Magnus poteva quasi contare gli anni che aveva passato sulla terra come granelli di sabbia bagnata che lo ricoprivano come una crosta.
Alec non c'era. Si trattava solo di qualche paio di demoni Raum, aveva detto mentre usciva. Max e Raphael erano con Catarina in vacanza in qualche paese esotico. E per la prima volta da tempo la casa del sommo stregone di Brooklyn era vuota. Fatta eccezione per Chairman Meow che vigilava sul loft dalla sua postazione in cima al frigo.
Erano circa le cinque del pomeriggio quando Magnus si addormentò mentre l'orizzonte iniziava a tingersi di varie sfumature rosate.
Magnus fece un sogno. Non era un sogno piacevole. Era confuso e tormentato.
Sognò Will. I suoi occhi celesti e la sua anima color malva lo fissavano con passione. E nonostante Magnus non l'avrebbe mai ammesso, al tempo si era infatuato di quell'insieme di malinconia e ardore che era William Herondale.
Poi Will iniziò a trasformarsi in Alec. Gli occhi presero una colorazione leggermente più torbida e scura e una forma più allungata.
Alec sorrideva, e più Alec sorrideva, più Magnus sentiva delle catene d'acciaio che lo stringevano e stritolavano.
"Vieni con me. Sii come me. Invecchia con me." gli disse l'Alec del sogno avanzando verso di lui. La pressione lo schiacciava e Magnus sentí il suo respiro mancare.
"Non posso... " sussurrò in un rantolo.
E il sogno finì così com'era iniziato. Improvvisamente.
Magnus aveva sentito la serratura scattare. Si mise a sedere e si stiracchiò allungando le gambe lunghe sul parquet di quercia.
— Ciao, sono tornato. – esordì Alec entrando nell'ampio open-space.
Magnus si ricompose e instaurò nella sua testa un muro intorno a tutte le cose che lo preoccupavano, intorno ai suoi incubi e alle sue paure. Non voleva che Alec ne venisse a conoscenza. Magnus lo conosceva bene. L'aveva conosciuto quando non era che l'ombra pallida e tenue di Jace e si trascinava addosso tutti i suoi dolori e problemi insieme con quelli del suo parabatai. Magnus si era invaghito di quel ragazzo ma ciò che l'aveva fatto innamorare era stato quello che aveva trovato sotto le sue insicurezze, sotto le cicatrici e i brutti ricordi che lo perseguitavano, sotto i suoi complessi di inferiorità. Aveva scavato ed era penetrato oltre la corazza che Alec si era costruito attorno a sé, e lì aveva trovato l'amore.
Da quel momento, Magnus aveva giurato a sé stesso che avrebbe cercato di evitare di caricarlo con preoccupazioni inutili perché il germoglio avvizzito che aveva trovato dentro di lui aveva bisogno solo di gioia e amore per sbocciare.
— Scusa se ho fatto tardi ma Jace ha insistito perché tornassi all'istituto con lui per salutare Clary. – continuò Alec mentre metteva le chiavi nel portaoggetti di fronte all'ingresso e appendeva la giacca pesante di pelle sull'appendiabiti.
Avanzò a passi lunghi verso il divano e si sedette accanto allo stregone. Appoggiò la schiena e buttò la testa all'indietro lasciando che i capelli castani e finissimi, lasciati crescere oltremisura, penzolassero nel vuoto.
Indossava ancora la tenuta da combattimento. Nera, strappata in più punti e ricoperta di un colloso icore verdognolo tipico dei demoni Raum.
Magnus notò un ferita ancora aperta sulla spalla e si chinò per leccare via il sangue e lasciare bacini umidi tutt'intorno. Con la coda dell'occhio vide un accenno di sorriso materializzarsi sul viso stanco e incrostato di sudore del fidanzato.
Il respiro di Alec si fece più lento. Calmo, profondo. Aveva abbassato la guardia. Magnus lo poteva capire dalle ciglia della palpebra superiore adagiate come fili di seta su quelle inferiori. I muscoli del viso rilassati e distesi. La pelle bianca di porcellana tesa sugli zigomi accentuati.
Alec era uno shadowhunter. Sempre guardingo, sempre all'erta. Quei momenti erano rari, pensò Magnus. I momenti in cui Alec era completamente in pace, come un ingenuo angioletto. La completa fiducia che Alec aveva in Magnus e la sicurezza che la sua vicinanza gli trasmetteva.
– Sai cosa? – sussurrò lo shadowhunter come timoroso di rompere quel silenzio magico.
Alec alzò la testa e aprí gli occhi stanchi circondati da un alone scuro di occhiaie.
Era come se tutte le luci di New York fossero riflesse su loro due. La notte e le sue ombre dominavano imperturbabili sulla città. Magnus lo guardò negli occhi. D'un tratto il divano, la casa, tutto intorno a loro scomparve. Dimenticarono quasi di respirare. Le iridi gialle di Magnus luccicavano nel buio della stanza. Alec accarezzò piano i capelli corti color lilla dello stregone.
Si baciarono. Non erano sicuri su chi tra i due avesse baciato per primo l'altro.
Eppure erano lì. Incollati a scaricare tutte le tensioni accumulate durante la giornata uno sull'altro. E il muro che Magnus aveva costruito prima in tutta fretta crollò in mille pezzi. E divenne tutto così intenso. Le mani dello stregone correvano audaci sul corpo scolpito di Alec mentre le sue paure si imprimevano inconsapevolmente in quei baci.
Brevi e umidi per dirgli che andava tutto bene. Lunghi e profondi per dirgli che lo amava e solo lui riusciva a farlo sentire sé stesso.
I respiri si fecero affannosi. Le mani bramose cercavano il contatto con la pelle bollente.
– Io... – cercò di dire Alec tra un bacio e un altro. Magnus si fermò con le mani sulle sue guancie arrossate e gli occhi pieni di desiderio. – Penso di aver bisogno di una doccia prima. – disse con un espressione sconvolta.
Lo stregone ridacchiò. I suoi denti bianchi comparvero dietro le sue labbra gonfie di baci.
Si alzò, silenzioso ed elegante come un gatto, e gli porse la mano.
Alec sussultò. Per lui ogni cosa era nuova, Magnus rappresentava il mondo per lui. Ma non era lo stesso mondo su cui aveva vissuto per tutti quegli anni. Era un mondo vasto, oscuro, alle volte soleggiato e giocoso. Era una novità per lui, ed ogni giorno che passavano insieme, per Alec era una piccola porzione di terra scoperta.
Si presero per mano, due ombre magre e slanciate contro il resto del mondo.
Lo smalto fosforescente di Magnus sbrilluccicava nel loft buio.
Si aggrapparono tra di loro, come se volessero salvarsi a vicenda. Abbracciati. Talmente aderenti che potevano sentire le reazioni che provocavano l'uno all'altro.
D'un tratto i vestiti sparirono. Nessuno dei due si curò di come fosse successo. L'unica cosa importante in quel momento erano loro due. Finirono nella doccia, freneticamente, senza staccarsi un attimo. I loro denti si scontrarono, le loro lingue si aggrovigliarono, l'acqua fredda quasi sfrigolò contro i loro corpi bollenti.
Magnus fece scivolare le dita lungo le sue scapole, lungo il suo stomaco piatto, i bicipiti scolpiti. Lasciò piccoli baci sulle cicatrici opache disseminate sulle sue clavicole e sul suo petto. Gli passò le dita tra i capelli togliendo i grumi di icore che si erano solidificati.
Alec non sembrava molto cosciente. Rispondeva esigente alle carezze dello stregone e tremava leggermente. Intrecciò le dita dietro il suo collo.
Era rosso in faccia, paonazzo. E si stringeva attorno al corpo di Magnus con una forza tale da lasciargli dei segni.
Alec si girò d'istinto contro la parete piastrellata della doccia. E d'un tratto non ci fu più nulla tra di loro. Fu tutto così improvviso che Alec rimase senza fiato.
Era come se in quel momento si fossero connessi telepaticamente. Insieme, pensarono, si sentivano completi.
La sensazione di essere un’unica cosa che si muoveva in sintonia si fece largo nei due.
Suoni duri e ruvidi uscirono dalla bocca di Magnus mentre si muoveva contro di lui. Il tocco delle sue mani era ardente più che mai. Mirato, sicuro. Se c'era una cosa che a Magnus non mancava era l'esperienza. Alec chiuse gli occhi mentre lo stregone continuava a scovare nuovi punti delicati che lo facevano andare in tilt. Il sangue gli ribolliva nelle vene mentre cercava di respirare.
Sentiva Magnus boccheggiare contro la sua schiena e borbottare parole incomprensibili, sentiva il suo cuore galoppare nel petto ad una velocità inumana.
E cercò di aggrapparsi alla poca razionalità che gli era rimasta mentre tutto il suo mondo cadeva in pezzi. Alec lasciò che accadesse, pezzo dopo pezzo tutto il suo controllo andò distrutto in un bagliore argentato. Lo stregone si aggrappò ad Alec circondandolo con le braccia e si lasciò trasportare.
Magnus si adagiò sulla sua schiena piena di graffi e cicatrici e per qualche secondo non ci fu che lo scrosciare assordante dell'acqua e la frenesia dei loro respiri che pian piano andava scemando.
Alec si girò e furono di nuovo faccia a faccia. I suoi occhi azzurri torbidi si immersero in quelli gialli e allungati di Magnus. E era come se stessero facendo l'amore di nuovo. Alec prese il viso di Magnus tra le mani, dolcemente. I suoi capelli bagnati gli ricadevano sulla fronte in piccole ciocche lilla.
– Ti amo. – gli disse Alec.
Magnus si avvicinò e lo baciò, lentamente questa volta. Assaporò l'interno caldo della sua bocca. Mordicchiò leggermente il suo labbro inferiore, rosso e pulsante.
Lasciò una scia di baci lungo tutta la guancia, fino ad arrivare all'orecchio. Alec sentí la sua lingua ruvida contro il suo lobo soffice e una scarica elettrica attraversò la sua spina dorsale.
– Lo so. – sussurrò Magnus.
   
 
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