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Autore: GeoFender    25/06/2016    2 recensioni
Quinn ha perso i contatti con i componenti del glee da quando si é trasferita a Yale , sembra scomparsa...e se nascondesse un segreto più grande di lei ?
-Se hai detto che ha due genitori gay non c’è niente di cui preoccuparsi, ti accoglierà di sicuro a braccia aperte.
E inoltre mi pare che tu abbia una cotta per lei, o mi sbaglio? -disse ridendo e prendendola in giro.
-Non… non ho una cotta per lei e anche se fosse vero, chi sano di mente starebbe con un mostro come me? Neanche se fossi l’ultima persona sulla faccia della Terra. -disse con tono sconsolato.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Nuovo personaggio, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Vorrei ringraziare Greta, Chiara e Ylenia per avermi fatto da beta reader, grazie per aver creduto a questa storia
Era stata una notte lunga per tutti, soprattutto per Leon. Aveva infatti cercato di dormire in tutti i modi, ricorre do persino ai sonniferi che però non avevano sortito l’effetto sperato, anzi, l’avevano addirittura tenuto sveglio. Si ritrovava ora alle undici del mattino a fissare con occhi sbarrati il soffitto della camera, incerto se svegliare Alex o meno. Alla fine decise di buttarlo letteralmente giù dal letto conoscendo il sonno pesante della ragazza che si lamentò svegliandosi. 
-Sempre delicato Leon. E comunque sono sveglissima e attiva. Non come te che sembri aver bevuto una decina di tazze di caffè e che hai le occhiaie talmente scure che sembra che ti abbiano preso a pugni. E il taglio sulla guancia non aiuta. -disse alzandosi e sbadigliando rumorosamente, cercando di mettere a fuoco la stanza e cercando qualcosa per coprire quelle grosse occhiaie.
Leon si girò verso Alex e la guardò in modo gelido, come se avesse detto un’eresia. Si avvicinò lentamente verso di lei e cercò di sferrarle un pugno, prontamente bloccato. Gli strinse il polso e glielo portò dietro la schiena, facendolo gemere per il dolore. 
-Qualcuno a quanto pare è nervosetto. Mi sa che non ti ricordi che faccio arti marziali miste, altrimenti non avresti provato a colpirti con quelle deboli braccia. Uomo o no, sei debole. Devi riprendere a fare sport, ti aiuterà anche a scaricare la rabbia. Sei sicuramente nervoso per l’incontro di questo pomeriggio e perché hai fame, cosa da non sottovalutare. -disse lasciandogli andare il braccio e facendolo stendere sul letto.
Leon affondò leggermente nel morbido letto e si sdraiò in posizione fetale, portandosi il più possibile le ginocchia al petto e si massaggiò il polso arrossato per la presa troppo stretta di Alex. Stette in quella posizione per diverso tempo, il tutto non proferendo parola e aprendo la bocca per respirare. In modo del tutto inaspettato ruppe il silenzio con la sua voce.
-Hai ragione, non sono degno di essere un uomo. Sono solo una donna che vuole mettersi degli abiti maschili per stare comoda, niente di più. Piango come una donna, ho la voce da donna, sono debole come una donna, tutto in me urla donna. Come potrei mai negarlo? Basta guardarmi allo specchio. Fianchi, labbra, seno, zigomi, naso e per l'amor del cielo, ho partorito! Ho letteralmente espulso un essere umano dal mio corpo, come potrei mai essere uomo? Se Dio mi ha creato così, chi sono io per andare contro il suo disegno? -urlò con il viso pieno di stanchezza rigato dalle lacrime e pieno di dolore.
Vedendolo in quelle condizioni per causa sua, Alex si sdraiò vicino a lui e lo strinse fra le sue braccia, accarezzandogli la schiena per calmarlo. Si sentiva tremendamente in colpa, non aveva nessuna intenzione di causargli un episodio di disforia.
-Tesoro, non volevo... Vieni qui e fatti abbracciare. Non volevo dire questo. Certo, non sei la persona più forte del mondo ma a questo si può rimediare. Puoi andare in palestra e magari entrare a far parte di un club sportivo, qui a Yale ce ne solo molti, hai solo l'imbarazzo della scelta. Potresti entrare in un club di kickboxing ad esempio o fare palestra. A te la scelta, basta che tu ti senta te stesso. Ora vedi di vestirti, ti porto a far colazione o pranzo, data l'ora. -disse fissando l'orologio che segnava ormai mezzogiorno. 
Leon annuì a quelle parole e scese dal letto, avviandosi trascinando i piedi verso quell'ammasso informe di vestiti che chiamava armadio. Guardò incerto quel mucchio di vestiti non sapendo cosa farne.
-Alex, non so proprio che cosa mettermi. E' tutto troppo rosa, troppo... femminile, ecco. Ma cosa avevo in testa quando ho comprato questa roba? Gli unicorni e i fenicotteri? Non so proprio da dove tirerò fuori qualcosa di neutro e decente. -disse passandosi una mano fra i corti e spettinati capelli e notando un reggiseno sportivo nero, illuminandosi in volto per averlo trovato.
Vedendo Leon in evidente difficoltà e completamente nel panico, Alex si avvicinò alla pila di vestiti e ne trasse fuori una felpa blu di Yale, delle converse bianche e degli skinny jeans grigi.
-Leon, per essere entrato a Yale ed aver ottenuto una borsa di studio comprendente di tutto sei parecchio rincoglionito. Per non parlare del disordine, è ovvio che sei un uomo. Come ha fatto la gente a non accorgersene in tutto questo tempo? Dovevano essere ciechi, stupidi o qualcosa del genere. Basta guardarti, sei un disastro. -disse ridendo e tirandogli addosso i vestiti presi dall'armadio.  
Quella palla che erano ormai diventati i suoi vestiti lo colpì sullo stomaco e le scarpe lo colpirono dritto sul naso.
-Ehi, me lo sono rifatto da poco! E comunque hai ragione, potrei fare qualche sport perché in ogni caso il college mi pagherebbe l'attrezzatura. La kickboxing … la kick boxing può andare. Rafforza tutti i muscoli del corpo e potrebbe essere utile sapermi difendere, non trovi? Di sicuro forma molto di più rispetto all'atletica e alla boxe. Oltretutto colpire sacchi credo che diminuisca lo stresso. -disse andando in bagno e cambiandosi lì. Fino a poco tempo  prima si sarebbe cambiato senza problemi davanti ad Alex ma ora che aveva realizzato di essere un uomo gli dava fastidio mostrarsi nudo davanti ad Alex. 
Notando che Leon era entrato in bagno e aveva chiuso la porta a chiave per cambiarsi, Alex si avvicinò alla porta e ci si appoggiò per continuare a parlare con il suo amico che nel frattempo si era cambiato e si guardava allo specchio, non accennando ad uscire.
-Q… Leon, quanto è che non vai dal tuo psichiatra?  Sempre se ci sei mai andato ovviamente. In ogni caso, dovresti farci un salto perché non puoi continuare così. Comunque per non spaventare la gente e soprattutto Rachel devo coprirti quelle occhiaie con del trucco. So che quasi sicuramente non ti andrà a genio questa cosa e se non vuoi non importa, davvero. Se accetti però aprimi la porta così potrò darti una mano. -detto ciò, aspettò pazientemente che Leon desse cenni di vita in modo tale da renderlo presentabile ed uscire dal campus, luogo che in quel particolare momento le era stretto.
Aspettò diversi minuti e Leon sembrava non dare segni di vita così si preparò a sfondare la porta con tutta la sua forza. Stava per prendere la rincorsa quando la porta si aprì all’improvviso rivelando Leon Fabray vivo e vegeto. Alex però aveva già fatto un leggero in avanti nel momento in cui Leon aveva aperto la porta, scatto che la fece finire sul petto dell’alquanto sbalordito ragazzo e che lo fece arrossire e balbettare parole sconnesse. 
-Sono… sono ormai un paio di settimane che non ci vado. In realtà è stata lei a dirmi di non venire. Comunque alle 15 ho un appuntamento e in teoria dovrebbe essere l’ultima seduta. Dopo questa vedrà se darmi la relazione da dare all’endocrinologo per farmi assumere il testosterone. E per il trucco… se si tratta di coprire solo le occhiaie posso sopportarlo. Ti ricordo che per quattro anni ho portato una divisa che faceva vedere praticamente tutto. Portare del copri occhiaie per qualche ora non mi ucciderà. Almeno credo. Se … se vuoi venire non c'è nessun problema. Anzi, credo che la psichiatra vorrà parlare con te perché le accennerò qualcosa. -disse facendola entrare in bagno per farle sistemare quelle mostruose occhiaie. Appena entrata, Alex prese il copri occhiaie e iniziò a metterlo a Leon che nel frattempo si era seduto.
-Mi dispiace ma ci metterò un po' a coprirle. Comunque sarei felice di venire con te e che tu abbia così tanta fiducia da parlare di me alla tua psichiatra. E così serve una relazione per permetterti di andare da un endocrinologo che ti farà la ricetta per il testosterone? Certo che è un giro abbastanza contorto. E una volta ottenuta la relazione otterrai automaticamente il cambio di nome? Te lo chiedo perché di queste cose burocratiche me ne intendo poco. Comunque ho quasi... no, ho finito. -disse dandogli una pacca sul sedere e sistemandogli i capelli che potevano essere paragonati ad un nido di uccelli per quanto erano spettinati. 
Leon sobbalzò per il contatto inaspettato e si giro verso di lei, pronto a darle una spiegazione nel modo più semplice possibile.
-Beh, sì. Per un periodo minimo di sei mesi e massimo di un anno le persone trans, che siano MtF o FtM, devono affrontare un percorso psicologico per arrivare alla diagnosi di disforia di genere. Ti racconterei cosa succede dopo ma è una procedura lunga, di sicuro ti annoieresti. Purtroppo nel caso dei giudici il cambio del nome può essere rifiutato come nel caso, oltretutto molto recente, di un FtM al quale un giudice ha rifiutato il cambio di nome in Elijah perché lo considerava un nome troppo mascolino. Ma questi sono casi molto rari, spesso si tratta di giudici che sono vicino all'età pensionabile e quindi sono più conservatori. In ogni caso ho già fatto le mie ricerche, in questo stato e in Ohio non ci sono giudici con precedenti del genere quindi posso ritenermi in una botte di ferro. -disse cercando di spiegarsi nel modo più chiaro possibile.
Non sapendo quando tempo fosse passato, Alex guardò l’orologio elettronico che portava al polso e vide che ormai segnava le due del pomeriggio e mancava quindi solamente un’ora alla seduta di Leon. 
-Leon, ad interessarmi mi interessa. Anche molto direi. È solo che … è solo che non ci è rimasto più molto tempo. Sono ormai le due del pomeriggio e quindi faremo a malapena in tempo a mangiare un panino al volo prima della tua seduta con la dottoressa. Quindi per questa volta niente bacon, non ti farà male non mangiarlo una volta. Quindi cercherò di sbrigarmi e nel giro di cinque secondi ci ritroveremo fuori di qui, sono stata chiara? -disse infilandosi una maglietta e saltellando per la stanza cercando di mettersi dei jeans e un paio di anfibi. 
-Le due? Cazzo, cazzo... Devo sbrigarmi o la dottoressa Turner mi ucciderà per il ritardo. O è capace di non armi la relazione. Devo correre, devo correre! -disse correndo per la stanza e cercando come un ossesso il portafoglio, cellulare e tessera della metro.
Alex lo guardò come se fosse impazzito e mentre seguiva i movimenti di Leon simili a quelli di una pallina in un flipper, notò gli oggetti della ricerca del povero ragazzo e trattenne l'impulso di tirarglieli in faccia. 
-Deficiente, stavano sulla tua scrivania. Io dico, esistono le borse a tracolla anche da uomo e a te non è passato neanche per l'anticamera del cervello di comprarne una. Mi calmo solo perché siamo in ritardo e ora vieni qui.  -disse prendendo Leon per un braccio e trascinandolo fuori dal dormitorio.
Si avviarono così verso la metro e scesero circa cinque fermate dopo. Leon le indicò un caffé proprio vicino allo studio della dottoressa Turner ed entrarono. Si sedettero ad un tavolo riparato e ordinarono una caesar salad e un cheeseburger con il bacon, quest'ultimo naturalmente era per Leon. Stettero in silenzio per l'intera durata del pranzo, non sapendo di cosa parlare. Ci furono diversi tentativi, soprattutto da parte di Alex, ma niente riuscì a rompere l'imbarazzante silenzio. Dopo aver pagato, uscirono dal caffè e si diressero verso lo studio della psichiatra, accomodandosi nella sala d'attesa. Si sedettero l’uno vicino all’altro, mantenendo il silenzio imbarazzante nato nel caffè, quiete rotta dalla psichiatra che chiamò Leon nel proprio studio. Lo accolse nello studio una donna sulla quarantina, con lunghi capelli ricci e castano chiaro e penetranti occhi turchesi. Lo fece accomodare e gli sorrise, chiudendo piano la porta.
-Da quanto mi hai scritto, come nome hai scelto Leon. Nel frattempo non credo che tu abbia cambiato nome, altrimenti credo che me l’avresti comunicato. Comunque è un po’ che non ci vediamo e immagino che sia dovuto agli esami, Yale ha l’abitudine di farli fare poco dopo le vacanze. È successo qualcosa in queste due settimane? -disse guardandolo negli occhi mentre prendeva una matita e un blocchetto.
-Infatti è per gli esami che ho cancellato la seduta della settimana scorsa, volevo studiare tutto prima in modo tale da non arrivare con l’acqua alla gola una settimana prima degli esami e fare nottata per arrivare ad un misero diciotto. In realtà qualcosa è successo. Ieri Santana, una delle mie migliori amiche del liceo, mi ha chiamato per fare da mentore a Kitty Wilde, un membro del Glee Club del mio liceo. Io ho rifiutato e le ho attaccato il telefono in faccia, mormorando qualche scusa. Qualche ora dopo mi ha chiamato Rachel, un’altra mia amica del liceo, e l’ha fatto perché è stata Santana a informarla del mio comportamento. Ci vedremo oggi alle 17 e nel frattempo ho fatto coming out con Alex, mia amica e compagna di stanza. Si è dimostrata molto aperta e comprensiva però mi ha preso per il polso perché ho avuto un grosso episodio di disforia. Tutto qui. -disse guardando negli occhi la dottoressa senza lasciar trasparire particolari emozioni.
-Leon, te l’avrò già detto decine di volte, puoi mostrare le tue emozioni. Non significa essere meno uomo o meno Fabray mettendole a nudo. Significa avere coraggio di mostrarsi quel che si è, anche se significa mostrarsi vulnerabili. Sono contenta che tu abbia fatto coming out con qualcuno, non potevi aver bisogno solo di me ma anche dei tuoi amici e familiari. Per quanto riguarda Rachel e Santana, è ovvio che tengano molto a te e ti hanno chiamato per cercare di aiutarti. Dovremmo lavorarci su ma per quanto riguarda la relazione eccola qui, pronta per essere consegnata ad un endocrinologo a tua scelta. Magari ti posso fare qualche nome se ne hai bisogno. -disse sorridendo, firmando la relazione stampata in precedenza. 
Leon prima la guardò con un'espressione neutra, simile a quella di quando suo padre gli aveva detto di essere fiero di lui poi, al solo vederla firmare la relazione, il suo viso si accese di gioia come se si trovasse di fronte ad un piatto pieno di bacon. 
-Farò tutto quello che vuole per ringraziarla di avermi dato la relazione! In ogni caso seguirò sempre i suoi consigli e cercherò di essere più flessibile dal punto di vista emotivo, ovvero mostrerò le mie emozioni. È anche a causa di questo che sono venuto tardi a patti con me stesso e devo farmi aiutare dalle persone che mi vogliono bene, lasciarle entrare nel mio guscio. Grazie ancora del suo tempo dottoressa Turner, farò tesoro di tutto quello che ha detto. -disse uscendo dallo studio e tornando a casa insieme ad Alex. Nel frattempo la dottoressa iniziò a riflettere sul caso di Leon.
-Spero vivamente che continui a venire qui. Non sarà per niente facile affrontare la transizione. Il problema non sarà tanto la transizione in se', anzi, sarà entusiasta di esservi sottoposto. Il problema sarà la reazione degli altri, che siano conoscenti, amici, familiari o estranei. Ci saranno dei giorni in cui si pentirà di aver fatto un percorso del genere, di essere solo qualcuno che cerca di ottenere qualcosa di impossibile solo per capriccio e molti non potranno capirlo, neanche io potrei capirlo a fondo perché non  lo sto vivendo in prima persona. Vorrei dire che sarà un percorso facile per lui, ma in realtà sarà una strada in salita che difficilmente riuscirà ad affrontare da solo. -dopo una riflessione del genere, la dottoressa Turner uscì dallo studio e lo chiuse definitivamente per la giornata. 


Ritornati a casa, Alex vide che Leon aveva sul viso un’espressione idiota che non gli aveva mai visto. Si ritrovò così a chiedersi il motivo ma, non giungendo a nessuna conclusione, chiede al diretto interessato.
-Leon, è da quando siamo usciti dallo studio della dottoressa Turner che hai quell’espressione idiota e vagamente inquietante sul volto, sembra che tu abbia una paresi facciale o che ti abbiano fatto troppe iniezioni di botulino. È successo qualcosa? Mi devo preoccupare o picchiare qualcuno? -chiese con tono preoccupato e leggermente protettivo. Dopo tutto considerava Leon come il fratellino che non aveva mai avuto e voleva… doveva proteggerlo.
A quelle parole Leon iniziò a volteggiare come una farfalla per la camera rischiando però, con la sua innata grazia, di far cadere il computer fisso che si trovava sulla scrivania di Alex.
-Non è un’espressione idiota, è solo che sono felice. Felice di aver ottenuto la relazione, felice di essere in grado di diventare la persona che ho sempre voluto essere e soprattutto che la strada per farlo è ormai tutta in discesa. Felice perché ho una persona che mi supporta. Ora però dobbiamo andare, manca circa mezz’ora alle cinque del pomeriggio e odio arrivare in ritardo. Ricordati di essere distante da noi ma non troppo. -le rispose e uscì saltellando dal campus seguito a ruota dalla rossa. Circa una decina di minuti dopo, i due arrivarono alla stazione di New Haven e si sedettero su una panchina poco distante dal binario 9, luogo dove sarebbe arrivata Rachel Berry. Alex gli mise una mano sulla coscia stringendogliela per farlo rilassare e calmare.
-Vedrai, andrà tutto bene. E non devi fare subito coming out se non vuoi, prenditi il tuo tempo. Hai detto che rimarrà qui qualche giorno ed è venuta qui proprio perché dovevi dirle qualcosa di importante! Quindi in questi giorni devi dirglielo, magari stasera a cena in camera nostra. Non potrà dare di matto, al massimo se ne andrà e non saremmo noi ad essere cacciati. E te lo ripeto, filerà tutto liscio come l'olio.
-Forse hai ragione, non posso sfuggire a lungo, mi sono messo da solo in questa situazione e da solo ne uscirò, in un modo o nell'altro. Beh, dirglielo a cena non sarebbe male come idea anche se credo che mi passerà la fame nel frattempo, dovrai man- si interruppe non appena scorse la sagoma del treno fermarsi ed Alex, notando quella reazione si allontanò mandandogli un sms in cui diceva che sarebbe andata al caffè Soleil e di raggiungerla lì.  
Sorridente, Leon si alzò dalla sedia e si avvicinò alla banchina del binario, vedendo una figura minuta scendere dal treno ormai fermo. La figura minuta appartenente ad una castana di sua conoscenza gli  corse incontro e gli sarebbe saltata al collo se non avesse avuto un grosso bagaglio con se'.
-Quinn, mi sei mancata! E' bellissimo rivederti e sarà stupendo passare le vacanze insieme. Kurt se la caverai benissimo senza di me, anzi, sarà contento di non avermi tra i piedi. Beh, ora che facciamo? Mi fai fare un giro per Yale o per New Haven? Dimmelo, sono curiosa! -esclamò saltellandogli intorno come se non lo vedesse da anni. Tutto quello che riuscì a pensare in quel momento fu a quanto fosse carina Rachel quando si comportava come una bambina. Scacciò via quel pensiero e cercò di non arrossire, sorridendole.
-Anche tu mi sei mancata, Rach. Scusami ancora per essermi fatta sentire poco e soprattutto tramite email, ti avrò fatto preoccupare. Anche secondo me Kurt sarà felice di avere l’appartamento tutto per se'. Comunque per il momento non visiteremo Yale o New Haven ma andremo al caffè Soleil, un caffè che si trova ad un centinaio di metri da qui. Ti va bene? Potremmo passare al mio dormitorio così puoi posare i bagagli, sono un po'… ingombranti. -le rispose guardando l'inquietante mucchio di valigie e borse e prendendole sulle spalle, constatando che non fossero così pesanti quanto pensava.
-Caffé Soleil dici? Vedo che i tuoi gusti non sono cambiati, Quinn. Sono sofisticati come sempre ma una donna deve pur viziarsi ogni tanto, o mi sbaglio? Comunque non c'è bisogno di passare al tuo dormitorio, non ho fretta e non sono poi così stanca. Ora andiamo, sono curiosa di sapere com’è questo caffè Soleil. -disse facendosi guidare da Leon verso il luogo da lui scelto. Arrivati di fronte al caffè, entrarono e Leon diede una veloce occhiata all’interno del bistrot notando che Alex si era seduta in un angolo appartato. Si sedette, seguito da Rachel, vicino ad un muro color carta da zucchero sul quale vi era appesa una copia del celebre dipinto di Van Gogh, la Notte Stellata. Con un solo cenno della mano chiamò un cameriere che iniziò a parlare con forte accento francese.
-Vorremmo un caffè macchiato con del latte di soia e un pizzico di cannella. Per me lo stesso e ci può portare delle madeleine per favore? -non appena finì di ordinare, il cameriere andò a riferire l’ordine.
-Quinn Fabray, mi stupisce il fatto che ti ricordi il mio ordine. Mi avrai sentito solo una volta dire qual è la mia bevanda preferita, non pensavo che mi prestassi così ascolto. -sorrise a quell’affermazione e sfiorò la mano. A quel contatto Leon arrossì, facendo in quel modo risaltare il taglio che si era procurato recentemente. Cercò nervosamente di nasconderlo con i capelli ma si trovava in un punto in cui non era possibile farlo.
-Stare in disparte e non dire niente non significa non fare caso a quello che dici. Si tratta solo di ascoltare in silenzio e non dimenticare. Poi per caso una volta l'ho assaggiato anche io, avevano sbagliato il mio ordine, e mi sono innamorat... a di questa bevanda. Non pensavo fosse così energizzante, credo che sia a causa della cannella. -mentre rispondeva in questo modo, si morse la lingua per aver dovuto usare il femminile ma doveva reggere il gioco, almeno fino a cena. Finalmente arrivò il cameriere con le loro ordinazioni poco prima che si creasse un silenzio imbarazzante a causa della mancanza di argomenti da parte di Leon. Prese la bevanda calda ed iniziò a sorseggiarla lentamente per non scottarsi, guardando Rachel in attesa di una risposta.
-Beh, almeno qualcun altro oltre al signor Shue mi stava a sentire. Diciamo che in generale non ero simpatica a nessuno, non posso biasimarvi. Ero e sono abbastanza egocentrica quando si tratta di cantare. Mi stupisco che nessuno abbia mai tentato di uccidermi. Comunque ieri hai detto di dovermi raccontare una cosa. Di cosa si tratta? -replicò sorridendo e assaggiando una delle madeleine dopo aver bevuto un sorso del suo caffè macchiato.  
-Già, diciamo che il fatto di atteggiarti da diva non aumentava la tua già scarsa popolarità e simpatia. Sei una persona fantastica ma difficilmente la gente riesce a tollerare questa parte del tuo carattere, capisci cosa intendo? E' vero, ti dovevo parlare di una cosa ma preferisco farlo stasera a cena così avrai tutto il tempo di rilassarti, il viaggio ti avrà sicuramente stancato. -disse finendo ciò che rimaneva del suo caffè e della sua madeleine nel tentativo di terminare al più presto quella scomoda conversazione che non si sentiva per niente pronto ad affrontare. 
-Diva si nasce e diva si muore, posso solo comportarmi meno da diva ma se lo facessi non sarei più me stessa. In effetti sono un po' stanca e una doccia non sarebbe male, non sai quanto erano sporchi la metropolitana ed il treno. E non vedo l'ora di mangiare qualcosa di più sostanzioso di un panino, sai com'è, vado sempre di fretta. -replicò mangiando l'ultima madeleine rimasta e buttando in un cestino i bicchieri di carta ormai vuoti. Leon si alzò e annuì con la testa segno che aveva capito che cosa intendesse Rachel. Uscì poi dal caffè portandola con se' i bagagli di Rachel e le fece cenno di seguirlo. Estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans e digitò un numero.
-Sono L... Quinn Fabray. Vorrei che un taxi arrivasse fra quindici minuti al numero 23 di Unicorn Drive. Ok, quindi il numero del taxi è 0834. Va bene, a tra poco. -chiuse così la chiamata e si girò verso Rachel, aspettandosi una delle sue solite reazioni esagerate che non tardò ad arrivare.
-QUINN! Non dovevi chiamare un taxi, chissà quanto ti costerà! Possiamo andare a piedi al tuo dormitorio, i miei bagagli non sono poi così pesanti. Ho portato solo l'indispensabile per una vacanza a Yale, quindi capi per ogni occasione. -reagì sbuffando alla telefonata appena fatta da Leon. Era veramente scocciata, non voleva che Quinn sprecasse dei soldi che avrebbe potuto usare per mangiare o pagare la retta del college. Non bisognava essere dei geni per sapere che i college dell’Ivy League fossero più costosi rispetto ad altri. 
-Rachel, va bene che bisogna tenersi in forma. Ma farsi dieci isolati a piedi con tutto questo bagaglio non fa bene a nessuno di noi due. E non c’è dentro l’essenziale, pesano quanto Santana. Per quanto riguarda la retta, non ti devi preoccupare. Ho ottenuto una borsa di studio completa quindi i soldi che spendo sono relativamente pochi, fidati di me. E non fare quella faccia da finta scocciata, so che è una di quelle in cui ti eserciti per ottenere una parte. Se ti stai chiedendo come lo so, la risposta è solo una: Finn Hudson. -rispose alzando gli occhi al cielo e vedendo di sfuggita un'automobile gialla con il numero 0834 sulla fiancata.
-Una borsa di studio completa Quinn? Tu sei... non so che aggettivo usare per descriverti. Comunque ormai il taxi è qui e mi sembra molto poco cortese rifiutare di prenderlo. E Finn… Finn non tiene mai la sua appendice nasale fuori dagli affari altrui, per citare Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. Come sai quanto… lascia stare, ho capito. -disse salendo in macchina e lasciando a Leon il compito di sistemare nel bagagliaio le ingombranti valigie. Una volta sistemati i bagagli, Leon si sedette vicino a Rachel e fece cenno al tassista di partire e di dirigersi verso il campus di Yale.
Una volta arrivati al campus, Leon fece strada alla ragazza e finalmente arrivarono in camera, dove poggiarono i bagagli. Si sedette sul letto e diede una veloce occhiata alla stanza vedendo Alex seduta vicino la sua scrivania intenta a scrivere un saggio breve.
-Rachel, se vuoi la doccia è tutta tua. Ah, io e Alex pensavamo di ordinare del cibo cinese ma sei vegana e i cinesi mettono uova ovunque quindi lasciamo decidere a te cosa ordinare visto che sei mia ospite. Noi due mangiamo di tutto quindi puoi proporre quello che vuoi. -disse sdraiandosi senza ritegno sul letto e togliendosi la felpa, rimanendo in jeans e reggiseno sportivo. Vedendo Leon in quello stato, Rachel arrossì per l'imbarazzo e si girò per non far vedere la sua reazione alla scena di pochi secondi prima.
-In effetti farei volentieri una doccia. Per quanto riguarda la cena, il cinese mi va più che bene. Ormai sono vegetariana, essere vegana costa a New York anzi, essere vegana costa ovunque. Non me ne sono resa conto finché non sono andata via di casa e non ho abbracciato la vita reale. -replicò entrando in bagno, spogliandosi ed entrando in doccia. Le avrebbe schiarito le idee e soprattutto le avrebbe fatto dimenticare la scena svoltasi in camera. Non poteva piacerle Quinn, fino a poco tempo prima stava con Finn.
-Ma chi voglio prendere in giro. La verità è che io e Finn non funzionavamo da un po' di tempo, ho accettato di sposarlo solo per reprimere quello che provavo per Quinn e quando non ci siamo sposati mi sono sentita sollevata, ma ero soprattutto preoccupata per la vita di Quinn. E' però chiaro come il sole che Quinn non potrà ricambiarmi, è etero al cento per cento! Devo... devo solo lasciarmela passare e ritornerà tutto come prima. -detto ciò, uscì dalla doccia ma non vide asciugamani nel bagno. Così cerco ovunque, aprì i cassetti e le ante del mobiletto del bagno ma degli asciugamani non vi era traccia. All'improvviso la porta si aprì e vide entrare la sagoma di Quinn.
-Rachel, ecco degli asciugamani. Mi ero dimenticata di metterne di nuovi e... -alzò gli occhi che prima fissavano il pavimento e, con un rapido sguardo, percorse da capo a piedi la figura di Rachel che, imbarazzata, cercò di coprirsi con la tendina della doccia in cui era raffigurata la tavola periodica, simile a quella utilizzata in The Big Bang Theory.
-Quinn, non … non ti preoccupare, ora me li hai portati. Può capitare a tutti di dimenticare di metterne di nuovi, non credi? -disse guardando la tavola periodica, diventata improvvisamente la cosa più interessante in quella stanza.    
-Hai… hai ragione, chiunque se lo sarebbe dimenticato. Ora esco di qui e vado a ordinare la cena. Ti prenderò tutto senza carne e anche della birra cinese. -balbettò imbarazzato uscendo dal bagno e sdraiandosi di nuovo sul letto, meditando sulla scena di un attimo prima. Così prese il cellulare e compose il numero del ristorante.
-Pronto, ristorante Oceano d’Oro? Vorrei ordinare del cibo da asporto se possibile. Vorrei due bottiglie di birra cinese, tre porzioni di ravioli al vapore ripieni di verdure, tre porzioni di involtini primavera, una confezione di nuvolette di drago e tre porzioni di riso alla cantonese. Portate tutto alla camera 96 del dormitorio G del campus di Yale alle 19, quindi fra mezz’ora. A tra poco. -chiuse la chiamata ed esplode in un sospiro esasperato che distolse Alex dal suo saggio.
-Ora cosa è successo? Sei rosso in viso e …. aspetta. Hai sicuramente visto qualcosa di … piacevole, se vogliamo metterla in questo modo. -disse avvicinandosi al viso di Leon e sorridendo maliziosa. -E questo qualcosa di piacevole si trova nel bagno, ne sono abbastanza sicura. -mentre parlava la porta del bagno si spalancò, rivelando Rachel ormai vestita che osservava la scena. Scena che venne da lei fraintesa, infatti invece di vedere due semplici visi vicini vide un bacio fra le altre due presenze nella stanza. 
-Ragazze, n-non volevo disturbarvi. Non sapevo che foste così … intime e che steste insieme. Quinn, come mai non mi hai detto niente del genere? Abbiamo... abbiamo parlato praticamente del nulla a tavola e quando non lo facevamo, calava il silenzio. Per l'amor del cielo, me l'avresti potuto dire! Era praticamente sicuro che ti avrei accettato, i miei papà sono gay! Come hai potuto n ... -venne interrotta prontamente da Alex.  
-Rachel… sì, so il tuo nome. Visto che Quinn è troppo imbarazzata per risponderti, lo faccio io al posto suo. Come puoi notare, non ci stiamo baciando e soprattutto siamo entrambi etero. Ho baciato e  sono andata anche oltre con delle ragazze ma come tutte le ragazze al college. Quindi calmati e siediti, la cena sarà qui tra circa trenta minuti. -disse togliendosi gli occhiali e scompigliandosi i corti capelli, dando tempo a Rachel di registrare ed elaborare le sue parole.
-Beh, sono contenta che tu sappia il mio nome perché significa che Quinn ti ha parlato di me. E sono calma, è solo che sembravate così innamorate e tenere. Come… come mai Quinn è imbarazzata? Non sarà mica per … prima, ecco. È stato qualcosa di abbastanza innocente. -disse guardando intensamente il pavimento e giocherellando con uno dei due cordini della sua felpa di Wicked.
-Non stiamo insieme e non siamo innamorate. Siamo soltanto buone amiche, niente di più e niente di meno. Io non so cosa sia successo esattamente in quel bagno ma non ci vuole molto per fare arrossire Quinn, è veramente pudica a causa della sua educazione religiosa. Quindi ha un concetto diverso di innocenza. -concluse in questo modo, zittendo Leon che stava per dire che non era assolutamente vero quello che aveva detto. Sentirono poi qualcuno bussare alla porta e Leon, per uscire fuori da quella situazione imbarazzante, andò ad aprire, trovandosi davanti il fattorino con la loro cena. Così prese il portafoglio ed estrasse da esso una banconota da venti dollari, abbastanza per pagare il tutto. Poggiò i vari contenitori su un tavolo di plastica da esterni adibito a tavolo da pranzo e sperò che le due ragazze decidessero di smetterla. Così si sedette e sentì gli sguardi delle ragazze su di lui che, sentendosi ignorate, presero il suo esempio. Prese una delle due bottiglie di birra e la aprì, versandone un’abbondante quantità nel boccale apposito che Alex gli avevo comprato in Irlanda. Prese il boccale e se lo portò alle labbra, bevendo in un sorso solo il contenuto e una goccia di esso percorse il suo collo, goccia che venne seguita da Rachel con sguardo rapito. Non appena finì di bere quello che definiva “coraggio liquido”, Leon iniziò a parlare.
-Bene, ora che siamo tutti qui ti dirò quello che non volevo dirti al telefono e al caffè. È qualcosa di importante, non volevo dirtelo al telefono perché sarebbe stata una vigliaccheria e al caffè non ho detto nulla perché c’era troppa gente. Io… io… -Alex gli strinse la mano e lo guardò dolcemente, incoraggiandolo a parole.
-Tesoro, puoi farcela. Vuoi che lo dica io al posto tuo, così sarai meno nervoso? -gli disse con tono dolce ma Leon scosse la testa.
-No, devo dirlo io e tirare fuori metaforicamente le palle. Rachel, io sono un uomo. Mi spiego meglio. Mi sono sempre sentito un uomo, almeno mentalmente. In sintesi sono trans FtM, una persona biologicamente donna che vuole transizionare e diventare uomo. E ora il mio nome è Leon, Leon Quinn Fabray. -disse guardando Alex e poi Rachel negli occhi, aspettando una sua reazione o una sua risposta.
Ecco a voi il secondo capitolo, è più lungo del precedente e vorrei informarvi del fatto che pubblicherò più o meno ogni due settimane, salvo imprevisti

   
 
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