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Autore: ___Page    25/06/2016    1 recensioni
-So che è difficile ma Usopp ha preso la decisione che lui ha reputato migliore per se stesso. È giusto e normale che ti manchi ma devi anche essere felice per lui. Ha deciso di intraprendere una strada diversa dalla nostra e noi dobbiamo credere in lui e forse un giorno lo incontreremo di nuovo- spiegò, sorridendo materna.
Chopper tirò su con il naso.
-E se non dovessimo vederlo mai più-
-In quel caso avrai sempre il suo ricordo nel tuo cuore-
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Usop
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Sunny scorreva placida sulle acque della Grand Line, tagliando silenziosamente la notte in due. Sparsi per tutto il vascello, i Pirati di Cappello di Paglia cercavano ognuno a modo proprio e disperatamente di superare quella notte che prometteva di essere lunga e dolorosa come quella di qualche giorno prima, se non di più.
Il fatto di essere di nuovo e ancora in sette non era che un costante promemoria di quanto accaduto e, più di tutti, il settimo membro doveva fare i conti con quella pesante atmosfera che aleggiava sulla nave che lui stesso, con tanta dedizione, aveva costruito.
Addossando i giganteschi avambracci alla balaustra del castello di poppa, il cyborg lasciò vagare lo sguardo sul ponte erboso della Sunny. Anche se erano ripartiti da poche ore, gli mancavano già Water 7, i suoi ragazzi e anche quel baka di Iceburg. Ma non poteva certo affermare di non essere felice di essere lì. Sapeva che i Mugiwara sarebbero diventati presto la sua nuova famiglia, una famiglia con cui aveva combattuto, una famiglia di cui desiderava fare parte.
Di cui di fatto faceva già parte.
Per questo motivo anche se era appena diventato uno di loro e aveva avuto poco tempo per conoscerlo, anche lui sentiva un piccolo buco allo stomaco causato dalla sua mancanza. Anche lui riusciva a percepire il vuoto che quello strano ragazzo aveva lasciato nella loro famiglia.
 

 
§

 
-Che cosa fa Franky?-
Zoro si girò verso Nami, apparsa alle sue spalle, poi verso il castello di poppa dove il cyborg sospirava nell’aria notturna, lo sguardo perso nel vuoto anche se sembrava che stesse guardando verso di loro, e poi di nuovo verso il mare.
-Prende una boccata d’aria?- propose una possibile risposta lo spadaccino, stringendosi per un attimo nelle spalle.
Nami sollevò un sopracciglio ma non fece commenti , non rimproverò Zoro e non lo colpì con un pugno in testa come avrebbe fatto in qualunque altra occasione per il semplice fatto che le dava le spalle mentre stavano parlando. Quella sera non aveva voglia di litigare. Sospettava non ne avrebbe avuto voglia per molte sere e giorni a venire. Non era certa di voler vedere più nessun tipo di litigio sulla loro nave, ne aveva avuto abbastanza per il resto della propria vita.
Un brivido la percorse, non certamente dovuto alla brezza tiepida che smuoveva i sottili fili d’erba del ponte. Si abbracciò da sola, accarezzando leggera le braccia con i palmi delle mani, e si avvicinò all’altalena. Una risata le sfuggì al pensiero di quanto si sarebbe esaltato quel cretino se avesse visto che c’era un’altalena sul ponte della loro nave.
“Sono campione di dondolata acrobatica io!”
Sicuramente avrebbe detto così, mettendosi nella sua assurda posa, gambe divaricate, petto in fuori una mano sul fianco e il pollice a indicarsi con orgoglio.
Sì, avrebbe fatto proprio così.
Puntò gli occhi sui propri piedi mentre un groppo le si formava in gola.
-Pensavo davvero che sarebbe tornato…-
Nami sollevò la testa di scatto e si girò verso Zoro, che ostinato continuava a voltarle le spalle.
-Non ho mai preso neanche in considerazione che avrebbe scelto di rimanere a Water 7. Soprattutto dopo che la Merry…- si bloccò nel bel mezzo della sua confessione e prese un profondo respiro per calmarsi.
Nami sorrise materna e malinconica. Per quanto non volesse darlo a vedere, anche Zoro teneva a lui e sentiva terribilmente la sua mancanza. Non ne aveva mai dubitato.
-Se solo avessi immaginato io non avrei mai…- riprese ancora lo spadaccino.
-Cosa?- lo interruppe lei -Non avresti mai dato a Rufy il consiglio giusto? Gli avresti permesso di perdere la sua autorità come nostro Capitano e leader?-
Zoro si girò finalmente a guardarla, l’espressione dura e impassibile come sempre ma gli occhi appena un po’ lucidi e Nami dubitava fosse per il saké. Si guardarono alcuni istanti, sostenendo fieramente l’uno lo sguardo dell’altra.
-No. Avrei fatto e detto esattamente le stesse cose in ogni caso-
Nami annuì, soddisfatta dalla sua risposta.
-Rufy avrà bisogno di noi, ora più che mai. Avrà bisogno di te- sottolineò la navigatrice.
Fu il turno di Zoro di annuire deciso, riuscendo a far sorridere la compagna, anche se di un sorriso tirato e molto poco luminoso.
-Bene. Ora torno a lavorare alle mie cartine- lo informò, voltandosi per tornare nel sottocoperta. Avere un ufficio tutto suo la invogliava a lavorare con ancora più dedizione e costanza ma non era quello il motivo per cui non aveva intenzione di tornare in cabina e provare a dormire.
Sapeva che il solo modo per non crollare di nuovo nello sconforto era tenere la testa impegnata e se fosse andata a letto avrebbe finito con il non riuscire a dormire e continuare a rimuginare e pensare e immaginare i mille altri modi in cui quella faccenda sarebbe potuto concludersi.
Ma il punto era che era inutile. Ormai era andata così e non sarebbe andata in nessun altro modo perché indietro non si poteva tornare.
Tenersi occupata era la soluzione.
-È davvero la cosa più interessante che ti viene in mente, disegnare quelle cartine?- le domandò Zoro.
Nami lo fulminò con un’occhiata da sopra la spalla.
-Di sicuro è più intellettualmente stimolante dei tuoi allenamenti- ribatté un po’ avvelenata ma Zoro non si scompose.
-Pensavo più a una bottiglia di saké io ma se devi lavorare non ti trattengo-
Nami sgranò appena gli occhi, un po’ incredula e colta alla sprovvista.
Non sarebbe certo stata la prima volta che bevevano insieme ma era sempre capitato per caso, non era mai successo che uno dei due proponesse all’altro una bevuta in modo così diretto ed esplicito. Men che meno se lo sarebbe aspettato da parte di Zoro.
 Ma era chiaro che, come lei, lo spadaccino avesse bisogno di non pensare e che allenarsi non bastava per chiudere fuori i pensieri negativi. Contare le flessioni non bastava e nemmeno bere, se lo faceva in solitudine.
Nami scosse appena la testa e tornò sui propri passi fino a raggiungere Zoro, ancora addossato alla paratia.
-Tanto lo sai che ti batto, vero, testa di verza?-
-Questo è tutto da vedere- ribatté lo spadaccino con un ghigno.
 

 
§

 
La porta della biblioteca si aprì con un fluido movimento e senza cigolii.
Franky aveva fatto le cose per bene, la nave profumava di compensato nuovo, ma la biblioteca aveva quel tipico odore di carta e inchiostro che da sempre aveva il potere di rilassare Robin, indipendentemente dalla quantità di stress accumulata.
E non si poteva certo dire fosse poca dopo ciò che aveva recentemente vissuto. Aveva rischiato di morire, di finire a Impel Down, di assistere nuovamente a un Buster Call, diretto contro i suoi Nakama.
Per quante ne avesse passate negli anni, poteva dire con certezza che quelle erano state le ore peggiori della sua vita, dopo quelle durante le quali era stata perpetrata la distruzione di Ohara.
Ma ora era finita. Era di nuovo a casa. Grazie ai suoi Nakama.
-Vieni pure avanti Chopper- lo invitò con un sorriso, senza neppure staccare gli occhi dalla pagina del libro.
La piccola renna sobbalzò, presa in contropiede, continuando a osservare l’archeologa “nascosto” dietro lo stipite, domandandosi come avesse fatto a percepire la sua presenza dal momento che la porta si era aperta senza il minimo rumore, quando lui l’aveva spinta per sbirciare all’interno.
Tranquillizzato dal sentirsi chiamare per nome anziché “dottore”, come Robin era solita fare, Chopper avanzò cauto nella stanza. Robin posò il libro sul grande tavolo e si girò completamente verso di lui, dedicandogli tutta l’attenzione che meritava.
Il cuore le si strinse quando vide il tenero peluche della loro ciurma tremare senza controllo e con i lacrimoni agli occhi.
-Io non riesco a dormire…- ammise Chopper, parlando a fatica e mandando giù saliva per bloccare i singhiozzi -Mi… mi mancano le sue storie… mi manca tanto… mi manca lui…- ammise un attimo prima di cedere alla disperazione.
Senza smettere di sorridere Robin si affrettò ad avvicinarsi per prenderlo in braccio e cullarlo come una mamma con il proprio bambino.
-Tranquillo- gli sussurrò all’orecchio mentre lo accarezzava sulla testa libera dal cilindro, in mezzo alle corna -È tutto a posto Chopper-
Senza smettere di coccolarlo, Robin tornò alla comoda poltrona in cui era sprofondata a leggere fino a un attimo prima, facendo accomodare la renna sulle proprie gambe. Lo osservò strofinarsi gli occhi con gli zoccoli e singhiozzare per qualche minuto prima di riuscire a riprendere il controllo su se stesso. L’archeologa riprese ad accarezzarlo sulla testa mentre sceglieva con cura le parole.
-So che è difficile ma Usopp ha preso la decisione che lui ha reputato migliore per se stesso. È giusto e normale che ti manchi ma devi anche essere felice per lui. Ha deciso di intraprendere una strada diversa dalla nostra e noi dobbiamo credere in lui e forse un giorno lo incontreremo di nuovo- spiegò, sorridendo materna.
Chopper tirò su con il naso.
-E se non dovessimo vederlo mai più-
-In quel caso avrai sempre il suo ricordo nel tuo cuore-
La renna la guardò con tanto d’occhi a quelle parole, ricacciando indietro nuove lacrime che minacciavano di rompere gli argini e annegarlo di nuovo nello sconforto, prima di lasciarsi scivolare contro di lei e rilassarsi sul suo petto, respirando a grandi boccate per recuperare l’ossigeno perso.
Robin non avrebbe saputo dire per quanto erano rimasti in quella posizione quando Chopper parlo di nuovo, la voca arrochita dal pianto.
-Robin?-
-Dimmi- lo invitò, stringendolo a sé.
-Tu pensi che starà bene?-
L’archeologa rimase un attimo in silenzio e poi un sorriso di puro affetto le increspò le labbra.
-Ne sono certa. Naga Hana-kun sa sempre come cavarsela- 
 

§
 

-Hai fame?-
Rufy si irrigidì, seduto al tavolo della cucina che era stata immersa fino a pochi secondi prima nel buio. La voce di Sanji era così piatta e atona che era impossibile evincerne il suo stato d’animo. Il rumore che le suole rinforzate delle sue scarpe provocavano a ogni passo riecheggiò assordante nelle orecchie del capitano che si limitò a osservare il suo Nakama mentre, una sigaretta tra le labbra, avanzava verso il bancone per preparargli qualcosa.
Alla sola idea, il suo stomaco emise un cavernoso brontolio.
In realtà non era lì perché aveva fame. In effetti, se quello fosse stato il nocciolo della questione, Sanji lo avrebbe trovato intento a saccheggiare o quanto meno tentare di scassinare la dispensa e non immobile al tavolo con lo sguardo perso nel vuoto.
Se Rufy si trovava lì e non a ronfare nella propria amaca era perché non riusciva a chiudere occhio.
E doveva ammettere che era stato stupido scegliere proprio il sacro regno della sola persona su quella nave che avrebbe preferito evitare.
Non che avesse un problema con Sanji, ovviamente. Solo c’era il dubbio che Sanji avesse un problema con lui.
Per quanto tutti ci stessero male, nessuno era rimasto più sconvolto del cuoco dalla perdita di Usopp.
Dopo averlo spronato a Enies Lobby, avere creduto in lui con ogni fibra del suo corpo, averlo visto provare quel discorso idiota sulla spiaggia, l’ultima cosa che Sanji si era aspettato era che Usopp decidesse di non tornare più da loro.
Quella sera, per la prima volta da quando era un Mugiwara, Sanji aveva cucinato sulla loro nave senza la voce del cecchino a tenergli compagnia con le sue pompose, ridicole, esagerate frottole. Per la prima volta aveva lavato i piatti senza nessuno a cui passarli perché li asciugasse.
E, per la prima volta, si era reso conto di quanto quella routine fosse importante per lui. Di quanto quel maledetto bugiardo fosse importante per lui, più di quanto avesse mai osato immaginare.
Non che a Rufy non mancasse, anzi.
Nemmeno per lui era semplice. Quando aveva realizzato pienamente che Usopp non sarebbe più stato uno di loro era stato come se Sanji lo avesse di nuovo colpito con un calcio in faccia. No, era decisamente il contrario di semplice.
Ma la faccia gli faceva ancora male dove Sanji lo aveva colpito alcune sere prima per farlo tornare in sé, anche se era stato tutto inutile. E quel dolore, che di fisico aveva poco dal momento che lui era fatto di gomma, gli ricordava costantemente fin dove il cuoco si era spinto, fin dov’era arrivato, a colpire il proprio capitano, per difendere Usopp.
Per questo Rufy temeva che Sanji potesse avercela con lui, che lo reputasse colpevole di quanto successo. E anche se lui era il capitano e i suoi ordini non si discutevano e sapeva che Sanji mai li avrebbe messi in discussione, l’idea che uno dei suoi Nakama potesse provare del rancore per lui gli faceva male.
Non che questo gli togliesse l’appetito.
-Sei senza fondo- sospirò rassegnato Sanji quando lo stomaco di Rufy si produsse in un secondo mugugno d’impazienza.
Sbuffando una nuvoletta di fumo, il cuoco posò il piatto carico di cibo sotto il naso di Rufy che ci si avventò immediatamente, mentre Sanji si lasciava cadere in una sedia lì accanto e si dedicava completamente alla propria sigaretta.
Per un po’ solo il rumore della mascella di Rufy che masticava a triturava il cibo risuonò nella cucina, almeno finché il capitano non riuscì più a ignorare la presenza del Nakama a pochi passi da lui.
-Non riesci a dormire?- articolò a fatica a causa delle guance gonfie, sputacchiando chicchi di riso qua e là.
-Non parlare con la bocca piena, quante volte devo dirtelo?- lo ammonì Sanji, tirandogli una scapellotto talmente leggero che riuscì solo a fargli cadere il cappello sugli occhi.
Rufy risollevò il copricapo, sbirciando il Nakama da sotto la tesa e leggendo tutta la tensione e il dolore sul suo volto.
Deglutì il pantagruelico boccone che si era infilato in bocca.
-Sanji, io…- cominciò ma il rumore della sedia che strusciava per terra mentre il cuoco si alzava sovrastò le sue parole.
-Non dirlo, Rufy- lo avvisò Sanji, avviandosi per uscire dalla cucina, le mani infilate in tasca -Non hai nulla da rimproverarti, un capitano fa ciò che un capitano deve fare- si fermò per prendere una boccata di tabacco, sfilando la sigaretta dalle labbra -Per quanto mi costi ammetterlo, Zoro ha ragione. Ha avuto ragione su tutta la linea-
Rufy lo osservò riprendere a camminare verso la porta, infilandosi distrattamente la forchetta carica di cibo in bocca. Sanji appoggiò una mano allo stipite.
-Non esitare. Sei il capitano, devi essere così, determinato. Noi abbiamo bisogno di credere in te- mormorò prima di dileguarsi nel corridoio.
Rufy rimase a fissare per un po’ il rettangolo nero della porta, masticando sempre più lentamente, le gocce di salsa che cadevano sul dorso della sua mano incessantemente. Abbassò gli occhi per ripulirsi e fu solo allora che si rese conto che non era più in grado di vedere niente e che il liquido caldo che sentiva sulla pelle non era affatto l’ottimo condimento di Sanji ma lacrime.
Lacrime che stavolta erano arrivate troppo inaspettate per riuscire a controllarle e respingerle.
Tremando appena, si girò completamente verso il piatto ancora fumante e riprese a mangiare a grandi forchettate anche se più lentamente del normale, sopprimendo i singhiozzi con i bocconi di cibo e senza nemmeno cercare di controllare le gocce salate che gli rigavano le guance.
Gli mancava.
Gli mancava il suo cecchino. Gli mancava il suo migliore amico.
Gli mancava Usopp, da morire.
Ma Usopp aveva fatto la propria scelta e lui era il capitano e aveva ancora l’appoggio e la lealtà di tutti i suoi Nakama. Non poteva permettersi di crollare.
Non poteva  e per questo avrebbe finito il suo pasto, sarebbe andato a dormire e il giorno dopo avrebbe proseguito il proprio viaggio insieme alla sua famiglia.
O almeno insieme a quella che era ancora lì con lui.
 
  
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