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Autore: clarisss95    25/06/2016    2 recensioni
In seguito alla persecuzione degli ebrei, tutto cambia.
Amicizie, famiglia, le persone.....
Sara e Sofia avevano in comune molto più di ciò che ci si aspetta.
Solo che una era morta, l'altra no.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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Milano, 1944

 

Ultimamente qui non c’è tempo per leggere, né scrivere, tanto meno recitare. Le proprie passioni sono proibite, e capisco che queste leggi siano emanate con tanta cattiveria, solo che non mi capacito di quanto l’uomo, alcune volte, possa essere così non uomo. Ma forse sono io che sbaglio ad essere quella buona. Non dovrei nemmeno esistere, a detta di Quelli.

 

Avevo solo quindici anni, e non riuscivo nemmeno a guardarmi allo specchio, per paura di vedere la mia brutta faccia da ebrea. Avevo appena poggiato il solito foglietto del resoconto della mia vita in un libro che mi piaceva leggere da morire “Il buio oltre la siepe”. Era proprio in quella libreria, incustodita, disabitata, che avevo trovato la mia disavventura. Il mio ragazzo, si, quello che nella tuta portava un simbolo chiaramente avversario nei miei confronti, aveva una pistola. Impiegai poco tempo, prima di sentire lo sparo, poi i miei sensi finirono sottoterra.
Mentre giacevo, però, le storie continuavano ad andare avanti...

 

 

 

 

Sofia Fabretti aveva diciannove anni, capelli lunghi e scuri, occhi azzurri come il mare, chissà da chi li aveva ereditati. Di certo non dalla madre, la quale possedeva due occhi scuri che aveva tramandato poi all’altra figlia, la minore tra le due, diciassette anni, capelli biondi e viziata, il suo nome era come quello di una nobile: Isabella.
Nora, si chiamava così la madre, aveva cresciuto le due sorelle in un modo così diverso che si faceva fatica a comprendere se le ragazze fossero davvero imparentate: Sofia era cresciuta con l’ideale di libertà, democrazia, nonostante queste fossero private, e soprattutto con una passione da coltivare: quella dei libri. Lavorava spesso in una biblioteca di un vincolo vicino casa loro, e quella era il massimo del percorso da lei rispettato. Avrebbe vissuto in quella libreria, se avesse avuto tempo. Eppure sapeva il suo pericolo imminente, e soprattutto che qualcosa sarebbe a breve cambiato; al contrario Isabella aspirava alla nobiltà e credeva seriamente che un giorno sarebbe divenuta una famosa principessa e che molte si sarebbero ispirate a lei. Non aveva alcuna passione, ma conosceva i monarchi presenti in Inghilterra, e spesso si domandava se sarebbe riuscita nel suo intento. Per lei non esistevano gli ostacoli, nonostante sapesse chi era.


Quel giorno di giugno la più grande si trovava nella sua camera, slegava le trecce scure, pettinando i capelli e tirandoli potentemente con la spazzola, rischiando di strapparseli, ma tanto non le sarebbe importato, perché a lei non importava un granché se fosse pelata o meno, non sarebbero stati i capelli a rispecchiarli. Eppure sua madre non era mai stata d’accordo sul fatto di tagliarli. Si guardò allo specchio, eppure non si riconobbe. Il suo volto era composto da smorfie, una serie in continuazione di facce buffe. Provava una strana sensazione nel petto, come se qualcosa l’avesse colpita fino a sorpassare tra le due parti del corpo e centrarla in pieno. Le mancò per un secondo l’aria, poi si ridestò.
Quando udì un urlo provenire dal salotto, seguito da una voce della madre, che diceva “Avevate detto che non me le avreste portate via..” seguito da una di quegli uomini con la divisa con quel simbolo che “Avevi promesso di scoparci gratis. Tue figlie non sono gratis. Sono sporche.”
E la delusione comparve sul suo volto.
Non sprecò il suo sguardo a guardare la madre, mentre veniva portata via, mentre quella gridava invano, e sua sorella, al fianco, piangeva. Non proferì alcuna parola.

 

 

 

 

“Sofia ma dove ci stanno portando? Non mi piace questo posto..”
Il treno era freddo e si avvertivano solamente il rumore delle ruote che si scontravano con i binari. Dentro vi era un ammasso di persone che rimanevano zitte, consapevoli di ciò che gli sarebbe capitato. Ad eccezione di Isabella, che non la smetteva di frignare.
Sofia non aveva detto niente, si era limitata a poche parole. A quel punto la minore aveva dovuto arrangiarsi, aveva stretto amicizia con una ragazza, Mafalda, e veramente in situazioni del genere si stringe amicizia? Pensò la maggiore.
Come se non bastasse Isabella aveva conosciuto un ragazzo e da quel che aveva capito si frequentavano.

 

Come se non stessero andando ad un campo di concentramento.
Come se non stessero per morire, loro.
Tutti loro. 

   
 
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