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Autore: Boris96    25/06/2016    0 recensioni
Squarcio nella mente di James Sunderland
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sunderland
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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“Assomiglio alla tua ragazza?”

Lei mi guarda ammiccando. In mezzo a tutta quella nebbia sembra quasi un miraggio, come le ali di una libellula. Ha i capelli biondi e lisci e l’ombelico scoperto, a cui sembra esserci appeso un piccolo brillantino. Ha una farfalla tatuata su un fianco e mi dico che ha avuto coraggio per farselo lì, dove le donne sono più in metamorfosi, e quello mi dava l’impressione che non sarebbe cambiata mai.

“No, no…io…ho ricevuto una lettera…”
Non so cosa dire. In verità assomiglia proprio a lei.

“E che lettera?”

“Sto cercando mia moglie.”
Sono arrivato qui solo ieri e non ho visto altro che nebbia…il lago Toluca era il suo luogo preferito, avevamo persino fatto un giro in barca e a un certo punto mi era caduto un remo nell’acqua. Siamo rimasti lì per ore, finché non è calata la notte.

“E’ qui in vacanza?”

Mary stava già molto male allora…aveva la pelle liscia e vuota come quella di una scolaretta d’inverno, ma il suo sorriso era rimasto intatto. Fu l’ultima volta che l’amai sul serio, il momento in cui non c’era nient’altro che il mio amore per lei.

“Veramente, mia moglie è morta.”
La donna che ho di fronte mi guarda incuriosita. Pensavo che sarebbe rimasta orripilata da questa confessione, e ora che l’ho detta sembra ancora più macabra.

“Non credo la troverai allora…” dice lei e sembra deridermi. Ha denti bianchi come perle. “Io mi chiamo Maria. Lavoro all’Heaven’s Night.”
“Lo strip club?”

“Esatto.” Indugia un po’, lo sguardo perso verso la vastità nebbiosa del lago. “Scusami se ti ho offeso per tua moglie…forse puoi trovarla all’ospedale di qui…”
D’un tratto mi sembra la soluzione più plausibile, più razionale, o almeno di giorno. Quando cala la notte ho sempre l’impressione che Mary torni, cerchi il suo letto e il suo cuscino, quello con il cielo nero stellato, e che poi scoppi a piangere scoprendo che l’ho lavato con acqua troppo calda ed è diventato nebbioso e slavato anche quello, come tutto il resto.

E’ da un giorno e mezzo che mi trovo a Silent Hill e non esiste né giorno né notte.

Tu, Mary, amavi stare qui. Dicevi che ti sentivi a posto, che io e te qui saremmo rimasti insieme per sempre.

Eppure da quando sono arrivato non ho visto altro che strade desolate, negozi abbandonati per la costruzione del nuovo centro commerciale sulla statale, una donna che andava a trovare sua madre al cimitero e questa donna dello strip club.

“Mi chiamo Maria.” Dice lei, sventolandomi la mano davanti al volto. “Ci sei? Ti ci posso accompagnare, se vuoi, all’ospedale.”

Decido di seguirla. E’ la prima figura che mi sembra fatta di carne e sangue, anche se ha le mensch rosa e gli stivali neri del discount. Forse l’ho già vista. Ogni tanto si volta e ride per una battuta che ha fatto. Non so perché ma evito di guardarla in viso. Cristo, sembrate sorelle, tu e lei.

Mi ricordo quella volta che sono andato al supermercato e ho incontrato la tua infermiera. Si è ricordata che le avevi dato una lettera per me e me l’ha consegnata. Nella lettera parlavi di Silent Hill, ma non sono riuscito a finire di leggerla. Stavo male, sembrava fossi lì a guardarmi mentre storpiavo tutte le tue parole attraverso le lacrime.

“E lei come si chiama?”
“Ah, mi scusi se non mi sono presentato…io…”
“Non importa…”

“Mi chiamo James Sunderland.”

“Ma no, intendo tua moglie!”

Mi irrigidisco e smetto di seguirla.

Lei si ferma e mi guarda. Si rende conto che mi si è contorto lo stomaco al pensiero della tua lettera, Mary, al ricordo di te che giacevi su quel lettino d’ospedale.

“James…” dice lei avvicinandosi, preoccupata. “C’è qualcosa che non va?”

Effettivamente, c’è qualcosa che non va.

Quella cosa non va affatto.

E’ lui, l’uomo nella piramide. Mi segue ovunque da quando sono qui. Prima c’era, qualche volta, se mi trovavo da solo. La sua visione mi da un senso orribile di costrizione, come quando mia madre mi faceva provare le magliette troppo strette quand’ero piccolo. Ricordo che non riuscivo più a toglierle. Per sfilarle, dovevo strappare la manica.

Gli istanti prima di romperla, – soffocamento, tensione, rimorso – queste sono le sensazioni che provo quando vedo l’uomo nella piramide.

Non vuole farmi del male, lo so. Ma odia questa Maria dello strip club a morte. Appena l’ha vista ha cominciato a sudare e scalpitare come uno stallone che sente il calore di una puledra.

L’ho odio, vorrei che tu non l’avessi mai visto, Mary. E’ brutto, è la parte di me che vorrei non esistesse.

Neanche ora, quando siamo arrivati e Maria mi mostra l’ospedale, e vedo lui – quella cosa – che si avvicina a noi so che vuole ucciderla e lo odio, perché so anche che non intende uccidere me. E’ qui per farmi soffrire.

Per farmi soffrire perché questa donna mi ricorda troppo te, Mary.

E perché io non ho potuto aiutarti.

Non ho potuto renderti felice.

E perché quando ti ho vista l’ennesima volta in quel lettino, troppo stanca per alzarti, non ce l’ho fatta e ti ho odiata perché volevo ricominciare ed essere felice, anche senza di te.

Mi dispiace tanto, Mary

…te l’ho dissi perché l’avevo letto nel tuo sguardo spento che tu sapevi.

Sapevi che andavo in quel locale a bere e guardare le altre donne, soprattutto questa Maria in particolare.

Mi dispiace tanto…

Avrei voluto che tu ti fossi dimenata mentre ti premevo il cuscino sopra la faccia, e avrei voluto che tu mi avessi scaraventato a terra e riempito di pugni. Io non ti meritavo, non meritavo che tu morissi per la mia felicità. Cazzo, non meritavo di decidere niente della tua vita.

Ma non posso più scusarmi, ora.

Non ha più senso.

L’uomo con la piramide mi ricorda ogni volta che il conto dovrò prima o poi pagarlo.

   
 
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