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Autore: underdogkira    26/06/2016    0 recensioni
La semplice storia di come una sentinella si innamoró di una ragazza speciale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Adattamento. Adrian era convinto che quella parola fosse la chiave del successo nel suo lavoro. Doveva adattarsi a fare di tutto. “Un essere che s'adatta a tutto. Ecco, forse, la migliore definizione che si possa dare dell'uomo” era la frase che si ripeteva di continuo. Non ricordava chi l'avesse pronunciata o scritta ne tantomeno quando, non era molto istruito e non aveva memoria troppo lunga per cose che non riguardavano direttamente ciò che faceva, ma gli piaceva particolarmente, perché gli ricordava che anche se le cose fossero andate diversamente si sarebbe dovuto adattare comunque.


Quell'anno era stato il caos per lui. Alto, bello, biondo, dalle parvenze ariane e con conoscenza del tedesco pari a zero perché americano puro, era stato scelto per una missione particolare. Arruolarsi nelle file nemiche. E voi vi chiederete come fa un americano a diventare un soldato tedesco così, senza sapere neanche la lingua. Beh, la regola delle tre A: Addestramento, Adattamento, Azione.


E alla fine l'adattamento era l'unico modo per passare le altre due. Aveva imparato il tedesco in meno di 6 mesi con non poche difficoltà, si era adattato per un po' a vivere i panni del giovanotto tedesco e si era rassegnato e adattato all’idea che avrebbe dovuto fare da leccapiedi a qualche comandante dell'esercito germanico. E così infatti alla fine si arruolò.


Per questa missione erano stati mandati in pochi e ancora meno erano riusciti a entrare in posizioni che avrebbero permesso di portare a termine con successo la missione. Lui per esempio era tra quelli che dovevano essere mandati a sorvegliare le città di confine.


Ci era rimasto parecchio male, 6 mesi snervanti per imparare la lingua e essere mandati in capo alla nazione, in una cittadina dimenticata da Dio, per sorvegliare uno stupido cancello? Comunque si adattó a fare pure quello. Turni di vedetta, turni di ronda, turni con i cani (quelli erano divertenti, i cani gli stavano simpatici), tutta roba noiosa più o meno. Almeno finché non si accorse che dalla torretta dove era solito fare la sentinella nei suoi turni non si vedeva anche la camera di una bella signorina.


Eh già, doveva pur fare qualcosa durante i turni di vedetta. E allora si metteva lì, sognante, con le mani a sorreggersi il volto, a guardare le ombre dietro le finestre della camera. Un paio di volte aveva provato ad usare il binocolo per vederci meglio, ma non era servito a granché. Sognava che la ragazza che viveva la dentro fosse una che del regime se ne fregava, che fosse una cantante lirica, che giocasse a scacchi perché annoiata e che fosse rinchiusa lì in attesa del principe azzurro.


Peccato che la ragazza in questione fosse Charlotte. L'unica cosa su cui Adrian aveva centrato il segno era che a lei del regime fregava poco. Hitler era un fanatico estremista e a lei piaceva poco la gente che impone le sue idee. Ma per il resto non era una cantante lirica, non giocava a scacchi perché le facevano schifo e certamente non aspettava il principe azzurro. Soprattutto visto che i suoi le avevano relegato un giovane ragazzo talmente preso da se stesso e dal suo Fhürer che quando veniva per stare insieme a lei al massimo parlava di come il grande Adolf avesse tenuto l'ultimo dei suoi discorsi. Quindi al massimo aveva bisogno del Drago, sua unica salvezza da quella grande schifezza. Solo che a pensare quelle cose rischiava parecchio, la pelle in primis, quindi al massimo si concedeva di guardare fuori e di esprimere tutto il suo odio verso le sentinelle al confine, che dalla sua stanza si vedevano bene. Ed era in uno di quei momenti che aveva notato il soldato che guardava la sua camera. Era lì, impalato, con la bocca spalancata. Mancava la lingua di fuori e la coda scodinzolante e sarebbe sembrato un cagnolino davanti all'osso. Le faceva quasi impressione. Doveva ammetterlo, era un bel ragazzone, ma era un soldato. E a lei i soldati non piacevano, combattevano una guerra sbagliata, checché ne dicesse la gente.


Adrian in quello stesso momento stava pensando che probabilmente la ragazza non poteva essere più bella, la sua immaginazione aveva fallito nel cercare di delineare un volto immaginario tanto carino. E niente, quando rimaneva affascinato apriva la bocca e rimaneva così come un ebete, non poteva farci nulla. Che poi un po' ebete lo era, si era innamorato del volto corrucciato della ragazza della finestra.


Adesso il problema era conoscerla. E questa era la parte difficile, non aveva tanto tempo ne una scusa per presentarsi alla sua porta. Ma era un uomo dalle mille risorse, quindi chiese una licenza di poche ore e ai appostó sotto il portone. Peccato che il genio aveva poco senso dell'orientamento e si era appostato sotto il portone sbagliato.


La ragazza invece lo riconobbe. E non poté fare a meno di pensare che quel citrullo voleva provarci con lei. Era scesa per andare da sua nonna, le doveva dare una mano con le faccende di casa ogni giorno, solo che il citrullo le stava simpatico dopo tutto. Aveva un grosso sorrisone ebete che le faceva pensare al gigante buono. Gigante anche perché lei era alta qualcosa come un metro e un sassolino. Gli passó davanti, avrebbe potuto evitarlo, solo perché voleva farsi notare e fargli capire l'errore. E lui capì di aver sbagliato portone, meglio tardi che mai.


Anche se lo capì con qualche ora di ritardo. Infatti era rimasto là imbambolato a seguirla con lo sguardo. Era bassina e questo lo ispirava. Fissava il portone e pensava, anche se è un attimo difficile da credere, pensava a come avrebbe potuto presentarsi. E intanto arrivó per lui l'ora di tornare. Si sistemó in branda, raccolse i pensieri e giunse alla conclusione che il modo più facile era mandarle un biglietto. Oppure un fiore. O forse era meglio un mazzo? O forse... No no, meglio fermarla con qualche scusa e presentarsi.


Due settimane dopo rieccolo lì, a sperare in un miracolo e nell'occasione giusta, stavolta sotto il portone corretto. E sempre col sorrisone ebete stampato in faccia, non riusciva a levarselo. E lei che scendeva leggiadra le scale, che correva fuori senza guardare perché in ritardo e bam! I miracoli ogni tanto succedono.


-"Ops mi scu... ah..."-rimase un attimo scioccata lei. E lui niente, non resse e svenne.


Dopotutto la scusa l'aveva trovata.


Dieci minuti, venti secondi, un bicchiere d'acqua e due schiaffi dopo rinvenne. Charlotte rideva ancora, come se non ci fosse un domani. Lui moriva di imbarazzo, ma ci si adattava anche a quello, dopotutto la stava vedendo ridere. Ebete qual era non si presentava ancora e la fissava, sotto lo sguardo divertito della gente che lo aveva visto crollare.


<>


-"Io... Beh... Si... G-grazie..."-No niente, era proprio cotto.


-"E potresti anche presentarti volendo"- sbuffó divertita Charlotte.


-"A-Adrian..."- disse lui con l'imbarazzo dipinto in faccia.


-"Charlotte, piacere. Adesso che ci siamo presentati protesti anche alzarti da terra peró"-


E lui si alzó, come se quelle parole gliele avesse sussurrate Cristo.


E lei lo piantó lì, salutandolo con la manina e con un -"benissimo, a presto Adrian"- che a lui parve sussurrato da un essere celestiale.


Solo qualche minuto, forse ora, probabilmente era geologica dopo si rese conto del casino che aveva combinato. Lui era Abel in Germania, dannati i tedeschi e dannata la guerra.

Lei intanto rifletteva e quel ragazzone iniziava anche a piacerle. La divertiva la sua goffaggine. Peccato che era un soldato. E peccato che era già promessa in matrimonio.


Dalla cima della torretta intanto lui era a metà tra il sognante e il preoccupato. Cosa avrebbe dovuto fare? Ah che bella peró... Si ma le aveva detto il suo nome. Però la sua risata la aveva ancora nelle orecchie. Ma lei conosceva il suo nome vero, quello che in Germania non doveva uscire. E se fosse stata una tedesca dedita al rigore e al regime? Doveva sapere. Doveva capire. Doveva fare qualcosa. Peccato che fosse difficile.


-"Abel, perché hai quella faccia?"- lo richiamò alla realtà il soldato lì con lui. Si chiamava Herman ed era un giovanotto mingherlino e neanche tanto in forze, persino la divisa gli stava larga. Gli stava simpatico perché comunque era molto intelligente e gli faceva quasi pena che un poveretto come lui fosse finito lì.


-"Oh? Emh... Stavo pensando a Charlotte"-


-"Charlotte? Chi è??"-


-"La ragazza della finestra lì"- Rispose Adrian indicando la finestra -"Si chiama Charlotte e ho bisogno di un modo per parlare con lei per più di mezzo secondo senza uno svenimento"-


-"Sviene quando ti vede?"-


-"Emh... Più o meno... Cioé... Svengo io quando vedo lei"-


E qui ci fu la risata sguaiata di Herman. Comprensibile no?


-"Davvero? Stai messo proprio male eh"-


-"Parecchio male"-


-"Potresti invitarla a fare un giro innocente con te"-


-"Ma so solo il suo nome e so dove abita, per quale motivo dovrebbe fidarsi di me?"-


-"...vediamo... Perché sei un soldato? Sveglia!"-


-"Ah... E se non accetta?"-


-"Adattati, che ti devo dire. Parti col piede sbagliato così peró"-


-"Mmh..."-


E davvero ci provó. Un bigliettino nella posta con l'invito, giusto per sdebitarsi e tac, arrivó il giorno della fatidica passeggiata. Che carino lui che la andó a prendere e che carina lei che pur di andarsene da quella casa di matti spostati accettó l'invito.


Che carini che camminavano insieme in silenzio, di quelli super imbarazzanti.


Che brava lei che capì che lui era proprio cotto e che giusto per rompere il ghiaccio gli chiese del suo lavoro. E di lì beh, lui si risvegliò e iniziò anche a rispondere e a domandare, cosa che in molti visto le sue condizioni non avrebbero ritenuto possibile. Ma penso si sia capito che è un uomo pieno di sorprese.


Quella chiacchierata fu salutare. Scoprirono di non avere quasi nulla in comune ma di avere un grande senso dell'adattamento. E che riuscivano a parlare di un po' tutto senza imbarazzo, a parte quello iniziale.


Adrian capì di avere davanti una che non si era lasciata abbindolare. E se è possibile se ne innamoró ancora di più. Lo aveva capito dal suo storcere la faccia ad ogni svastica incontrata. Forse non se ne rendeva conto, ma era stupenda con quella faccia.


Lei intanto aveva trovato un amico.

Si sentivano spesso e no, non per telefono. Avevano un modo tutto loro, fatto di accendini, specchi e morse. Dopotutto quella dannata torretta doveva pur servire a qualcosa no?


Ed era tutto divertente, finché ad Adrian non fu notificato un trasferimento verso il fronte.


Lo stesso giorno lo riferì a Lottie. E lei non pensava ci sarebbe rimasta così male.


Quando lui partì non si salutarono. Non ce ne fu neanche il tempo. Semplicemente lei sentì il rombo del motore della camionetta partire e percepì quella fastidiosissima sensazione di delusione nello stomaco. Ma si sarebbe adattata a vivere anche con quella alla fine, ne era certa. Avrebbe sopportato il mondo intorno come aveva sempre fatto prima anche senza il piccolo sfogo che si era creata.


Intanto al fronte le cose andavano sempre peggio. I comandanti erano agitati, le cose per i tedeschi si mettevano male e le linee arretravano sempre più. Adrian non voleva combattere, che senso aveva?


Ma la parte peggiore arrivó quando giunse una lettera per un tale Adrian. E lui era Abel per i tedeschi. Non aveva detto nulla a Charlotte, confidando nel fatto che mai gli avrebbe scritto. Dopotutto per lei era solo un amico, alla fine l'aveva capito e ci si era adattato a malavoglia, ma sempre meglio che starle lontano. E finché stava nella cittadina non c'era mica bisogno di scrivere, i metodi alternativi di comunicazione si trovavano.


Quando la lettera arrivó e lui fu scoperto (dannata la guerra e dannati i tedeschi) fu imprigionato e torturato. L'unica cosa che riuscì a sapere dell'intero testo fu che la cara Charlotte stava per sposarsi e che avrebbe tanto voluto scappare. E lui sperava solo non ci fossero state conseguenze pure per lei.


Scappare. Menomale che gli americani arrivarono subito. E lui riuscì a scappare. Ovviamente tornò nella ridente cittadina inutile al confine, dopo lunghi giorni di viaggio a piedi e trovó il nulla. La gente aveva paura e i soldati rimasti erano irrequieti che neanche i segugi senza cibo da giorni.


E Lottie? Beh lei era scappata davvero. Al suo matrimonio aveva urlato un no pazzesco ed era scappata, verso dove nessuno lo aveva capito.


La cercò per giorni, rivoltó ogni minimo centimetro di quel posto. E alla fine la trovó solo quando si stava per arrendere, nel paese accanto, dove nessuno pensava potesse essere arrivata ma hey, lei era Charlotte e sarebbe stata capace di camminare per giorni, sicuramente più di qualche kilometro, ignorando i soldati e gli sguardi obliqui che le arrivavano visto il suo vestito da sposa.


E niente, scoppiò quasi in lacrime quando la vide e le corse incontro, provocando le risate di lei. Perché dei due il sensibile era lui.


-"Sempre così tu eh?"-Gli disse Charlotte.


-"Ovvio, lo sai no? Mi emoziono facilmente"-


-"Si certo... Aspetta cos'é questa?"- disse lei indicando e toccando una piccola cicatrice sul collo, provocando dei brividi in lui sia per il tocco leggero che per i ricordi.


-"Diciamo che ti devo raccontare una cosa..."-


E così le raccontó di come fosse finito a fare la sentinella al confine e di come la lettera gli avesse procurato qualche guaio. Ok forse un po' più di qualche.


E lei lo ascoltava sotto shock. Che si aspettava quel citrullo non dicendole nulla?


-"TI SEMBRA NORMALE NON AVERMELO DETTO PRIMA?"- gli urlò prevedibilmente contro.

-"Ma... Non potevo... Come facevo..."-


-"Allora perché non mi hai detto che il tuo nome qui era Abel?"-


-"...Beh non è che ci abbia pensato molto su..."-


-"Teoricamente dovresti essere addestrato!"-


-"Si ma sono pur sempre innamorato!"-


-"Si capiva stupido!"-


-"Cos?!"-


-"Hai aspettato che scendessi sotto casa mia per due volte di seguito, inizialmente sbavavi pure e facevi impressione, se non me ne fossi accorta sarei stata solo stupida!"-


-"E me lo dici così?"- rispose lui sentendo una leggera... Ok non proprio leggera fitta al cuore.


'"Stupidofammi finire"- disse lei con un sorrisetto strano -"ciò non toglie che in questi mesi ti ho pensato e ho capito"-


-"Cosa?"-


-"Secondo te?"-


-"Che... Che... Che ne so, che ti piace giocare a scacchi?"-


-"Che mi piaci anche tu..."-


-"Ah... Aspetta davvero?"- sorpreso lui. Un po' meno della sua reazione lei. Sempre fedele a se stesso.


Scontato dire che si baciarono. No. Erano negli anni 40, i baci in pubblico erano sconvenienti. Saranno stati alternativi ma non maleducati.


La storia finisce con i due che scapparono via. Alla fine nessuno ha mai capito dove fossero finiti, ma c'é chi dice siano tornati lì, nella inutile e ridente cittadina dove tutto era iniziato.


  
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