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Autore: scrittrice in canna    27/06/2016    2 recensioni
[Si può leggere la storia anche senza aver visto Sense8]
Otto ragazzi da tutto il mondo, con storie diverse ma complementari, si aiuteranno a vicenda in un viaggio alla scoperta di loro stessi quando si troveranno legati in maniera inesorabile da qualcosa che va oltre il DNA e il fato: l'empatia.
La loro vita verrà messa in pericolo da un nemico comune e solo lavorando insieme potranno avere una possibilità di sconfiggerlo, senza però dimenticare i problemi di tutti i giorni e i demoni che si portano dentro.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Finn/Rachel
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6.


Era tutto distrutto, non una traccia di vita restante. Un villaggio brulicante di vita devastato dalla guerra e dal dolore, neanche le madri erano rimaste lì per piangere i loro figli stringendoli al petto.

Finn stava lì, immobile davanti ai resti silenziosi e non poteva non pensare che era stata tutta colpa sua, lui aveva causato tutto quello, lui aveva ucciso e si era sporcato le mani del sangue di persone innocenti. Con quale diritto? Chi era lui per decidere chi meritava di vivere e chi di morire? Si sentiva così male che avrebbe voluto vomitare.
Sentiva il peso del fucile che teneva in mano, sapeva quale fosse il suo compito ma in quel momento non era in allenamento, era sul campo di battaglia e tutto sembrava così reale...
Tutto d'un tratto una donna sbucò fuori dalla polvere che si sollevava all'orizzonte. Sembrava una figura eterea, i capelli scuri del tutto in contrasto con la pelle candida e il vestito bianco, privo di ogni macchia, quasi come se ciò che la circondasse non potesse toccarla, sorrideva mentre si Avvicinava a Finn, gli poggiò una mano sulla guancia e immediatamente la sua espressione si rabbuiò mostrando le prime rughe d'età che le solcavano il viso. Sembrò scrutare l'anima del ragazzo con lo sguardo quando gli disse: "Nasconditi Finn, salva gli altri e nasconditi" con voce preoccupata, poi sparì i una nuvola di fumo.

Finn si svegliò di soprassalto, il fiato corto e la fronte sudata. Si passò una mano sul viso e si alzò lentamente dal letto, non avrebbe ripreso sonno i ogni caso quindi perché provarci? Si limitò ad andare in cucina con l'intenzione di farsi un bicchiere di latte e cercare di tranquillizzarsi, quella donna lo aveva inquietato, non perché lei fosse spaventosa, ma per quello che aveva detto, unito alla sua convinzione e la terrore puro che aveva letto nel suo viso. Forse stava solo esagerando, era teso e stressato per la sua partenza.
Seduto al tavolo della cucina c'era suo fratello, una tazza in mano e lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse cercando di vedere qualcosa che gli sfuggiva. 
"Ehi" provò Finn poggiandogli una mano sulla spalla, per risposta Kurt scattò sul posto, preso di sorpresa. 
"Non- non volevo spaventarti." Dopo il loro litigio erano riusciti a riappacificarsi, Kurt gli aveva spiegato la storia del telefono, gli aveva preso le mani e - con un largo sorriso - aveva ammesso di credere a quello che gli aveva raccontato. Finn si sentiva notevolmente meglio dopo quella confessione, era stato un passo avanti verso l'accettazione per entrambi. 
Il ragazzo più alto si sedette e mise la testa tra le braccia sbuffando.
"Agitato?"
"Ho fatto un sogno" ammise, gli occhi chiusi quasi a ricordare tutti i dettagli: "Ero in guerra, tutto distrutto, poi questa donna si avvicina, mi dice di salvarvi tutti e sparisce."
Kurt pensò fosse perfettamente normale, sarebbe dovuto partire a breve ed era solo un ragazzo, di sicuro non era pronto a una cosa del genere e i suoi cari non erano pronti a dirgli addio. 
La piccola mano di Rachel prese quella più grande di Finn, ma lei non disse nulla, sapeva bene che entrambi i ragazzi non avevano bisogno di spiegazioni, riuscivano a sentire tutta la sua preoccupazione e le parole di conforto che avrebbe voluto rivolgergli, frasi come 'Sarà un passeggiata' e 'Non ti accadrà niente!', ma tutti e tre sapevano che era una bugia, promesse vuote, la Turchia era pericolosa, Finn si sarebbe sicuramente ferito perché era un dannatissimo soldato a piedi, non un cecchino, e il fatto di essere uno dei migliori del suo corso di sicuro non li faceva stare più tranquilli. Cosi rimasero tutti e tre in silenzio, la testa di Rachel sulla spalla di Finn mentre con la mano libera stringeva quella di Kurt. Come loro anche tutti gli altri, ovunque fossero e qualunque cosa stessero facendo, si fermarono per qualche secondo e abbassarono il capo. Nessuno pianse.

Mercedes non sapeva davvero come superare il suo senso d'impotenza. Tutti potevano fare qualcosa per i due fratelli che stavano soffrendo e, benché avesse già aiutato Kurt ad ammettere ed accettare di essere un sensate, pensava di poter fare ancora di più per Santana soprattutto, ma come poteva se si trovava dall'altra parte del mondo? La rabbia e il nervosismo la portarono a digrignare i denti così forte da farsi quasi male. 
Non era riuscita ad aiutare suo padre quando aveva raggiunto un livello patologico di dipendenza all'alcool, non era riuscita ad aiutare sua madre quando si era ammalata di leucemia e adesso non poteva neanche salvare le persone che erano parte di lei. Allora a cosa serviva la sua laurea? Era solo un pezzo di carta, anni di studio inutili. 
Alzò gli occhi al cielo e solo a quel punto lo vide: Blaine era appoggiato al piano in marmo della zona relax, le braccia conserte e il volto contratto in un'espressione a metà tra il comprensivo e il preoccupato. 
"Quanto sai?" gli chiese semplicemente Mercedes, era sulla difensiva. 
"Abbastanza da sapere perché sei qui." Se fosse stato qualcun altro gli avrebbe detto che non la conosceva affatto, ma...
"Stai facendo esattamente quello che ho fatto io, stai scappando" continuò lui senza muoversi dalla sua posizione.
Mercedes aggrottò le sopracciglia e si ritrasse su se stessa, non era abituata a quel tipo di attenzioni, di solito era lei a leggere l'animo degli altri, non viceversa, infatti non fece altro che negare: "Non sto scappando, è solo che qui ci sono più possibilità di lavoro." Era la stessa bugia che continuava a ripetersi da quando si era trasferita in Giappone più di tre mesi prima, la verità era che non riusciva a sopportare di stare nella stessa casa in cui era morta sua madre, poi fu la città ad essere troppo soffocante, piena di ricordi, e prima che se ne accorgesse l'intera America era diventata il simbolo dei suoi fallimenti così aveva preso un aereo per l'altra parte del mondo, solo andata, per lasciarsi tutto alle spalle. Era diventata la regia della negazione, proprio come aveva fatto Blaine per scappare da suo padre.
Erano talmente simili da far paura e, all'improvviso, il motivo dei loro collegamenti divenne molto più chiaro. Avevano la stessa storia, gli stessi fantasmi che li 
avevano resi miserabili. Forse, per una volta, avrebbe fatto bene ad accettare un po' di aiuto. 
Blaine si sedette accanto a lei e le raccontò la sua storia, parendo da quando aveva fatto coming out fino a qualche giorno fa, il momento in cui lo chiamarono a Budapest e lo informarono dell'incidente mortale che aveva coinvolto entrambi i suoi genitori e pur conoscendo già i fatti, a grandi linee, Mercedes lo ascoltò e cercò d'imparare dai suoi errori.
"Non ti penti mai di essere scappato?" gli chiese dopo, quando sentì di aver lasciato che il silenzio prendesse il racconto di Blaine per custodirlo tra le mura di quell'ospedale come qualcosa di prezioso. 
"No, perché in un certi senso mi ha fatto crescere, il mio sbaglio mi ha reso chi sono oggi e ne sono fiero" detto ciò si alzò e le disse: "Io non posso rimediare, per me è troppo tardi, ma tuo padre è ancora vivo."
Mercedes pensò all'ospizio in cui stava, a quel giorno in cui l'aveva trovato a terra, svenuto per avvelenamento da alcool, e le vennero i brividi. Avrebbe trovato la forza di tornare in quel posto sperduto, solo non in quel momento. 

Il poster sul muro sembrava prendersi gioco di Kurt, continuava a fissarlo con aria di sfida e tutto ciò che il ragazzo riusciva a fare era restare lì a guardarlo di rimando.
Una compagnia teatrale di zona metteva in scena 'Into The Woods' e avevano bisogno di qualcuno per il ruolo del lupo. 
Era una parte piccola, Kurt lo sapeva, aveva visto il musical circa un centinaio di volte, ma da qualche parte di doveva pur cominciare, no?
Fino a un paio di giorni prima non avrebbe neanche preso in considerazione l'idea di fare parte di un'opera così famosa e difficile, ma dopo il duetto con Blaine era come se quella sua piccola passione fosse esplosa volendolo soffocare con il desiderio di cantare. 
Rachel lo guardava con lo sguardo di chi sa di sapere e un sorriso maligno sul viso.
"Tu ci vai" gli disse semplicemente, impassibile.
Kurt allargò gli occhi, terribilmente preso contropiede. 
"No, no no!" cantilenò mettendosi a camminare verso una meta sconosciuta anche a lui. Voleva solo scappare da Rachel Berry, il che era virtualmente impossibile dato che erano la stessa persona, ma tentare non aveva mai fatto male a nessuno. 
"Andiamo! Ti ho sentito mentre cantavi da solo stamattina, sei bravo. Certo dovresti prendere qualche lezione per imparare a gestire meglio il diaframma, ma hai una bella estensione vocale e sono sicura che-" Lo seguiva a pochi passi di distanza, così quando lui si fermò e si girò per urlarle quasi contro, non curante della gente che lo guardava come se fosse uno svitato cronico, Rachel andò a sbattergli addosso involontariamente.
"Io non farò quell'audizione" ribadì scandendo le parole e fissando la ragazza negli occhi, lo sguardo leggermente rattristato. Rachel sapeva che lui voleva salire su un palco e cantare, lo desiderava con ogni fibra del suo essere, era a conoscenza delle ore passare dentro una stanza da solo, con l'ultimo album di Lady Gaga a tutto volume in modo che i suoi acuti non coprissero la base. 
"Ma vuoi farlo" disse semplicemente Rachel, come se fosse un dato di fatto palese quanto il blu del cielo limpido di quella mattinata primaverile. Restarono a guardarsi per qualche secondo, intenti in una conversione non verbale che, ne erano certi, solo due sensates della stesa cerchia cerchia potevano avere con quello facilità, ancora li straniva. Quella intesa immediata, il modo istantaneo con il quale riuscivano a capirsi. 
Alla fine Kurt sembrò cedere, fece un respiro profondo e le spalle che aveva alzato in difesa di se stesso si abbassarono. Bisbigliò: "Ci- ci penserò. Ok?"
La ragazza sorrise ampiamente e batté le mani: "Sarai grandioso! Secondo me dovresti portare qualcosa che metta in risalto le tue capacità, come 'Defying Gravity' da Wicked! So che il fa naturale è una nota difficile ma con un po' del mio prezioso aiuto-" Intanto l'altro aveva ricominciato a camminare e lei gli andava dietro, straparlando senza sosta.
Kurt chiuse gli occhi, innervosito, e le ricordò: "Ho detto che ci penserò. Non che lo farò." 
Rachel s'interruppe all'Improvviso: Vedremo" lo sfidò con un ghigno trionfante.

Santana era tornata a insegnare. Non pensava che ci avrebbe messo così poco tempo a riprendersi eppure una buona quantità di riposo e due giorni passati a vedere 'Project Runway' - ancora non aveva chiaro il motivo per cui avesse fatto una cosa del genere - l'avevano rimesse in piedi e all'improvviso stare chiusa in casa sembrava solo una perdita di tempo.
Non sarebbe dovuta essere lì, le lezioni erano interrotte per lei, aveva una pausa di un paio di settimane prima di tornare e conoscere una nuova classe composta da bambini che non volevano fare altro che imparare. L'adrenalina le percorreva la schiena ogni volta che pensava alle immense possibilità che un nuovo gruppo avrebbe portato, tutte le coreografie che avrebbe potuto sperimentare. Si sentiva pervasa da un ottimismo contagioso che non fece altro che mettere in allerta i suoi collaboratori: non era mai stata così allegra, specialmente non durante le prime ore del mattino. Nemmeno al pomeriggio a dirla tutta.

Brittany appoggiò il vaso riempito dai fiori freschi che aveva comprato tornando dal lavoro quella mattina sul tavolo del salotto. Era stata una bella giornata, molto produttiva e incredibilmente soleggiata. Ritrovarsi improvvisamente nello studio di danza accanto a Santana fu soltanto l'ennesima cosa positiva.
"Brit! Vieni qui!" Santana le corse incontro e le prese le mani, cominciando a farla girare avanti e indietro. Non esattamente un comportamento che ci si aspetterebbe da lei, era più una cosa da Brittany... oh, no.
Nessuna delle due se ne curò molto, era la loro prima volta in cui riuscivano a condividere uno stato d'animo e una era troppo su di giri per accorgersene, mentre l'altra era totalmente all'oscuro di quello che le stava accadendo. Passarono dieci minuti buoni ballando al ritmo di una musica che non c'era, come se non avessero un singolo problema, come se non ci fosse un pazzo psicopatico che li cercava, erano solo loro due.
Purtroppo però la magia venne interrotta quando un uomo si schiarì la voce sulla soglia della porta, contemporaneamente Brittany svanì e Santana rimase immobile con un mezzo sorriso sul viso, i piedi ancora in prima (forza dell'abitudine, o deformazione professionale) mentre analizzava la figura snella davanti a lei: indossava uno smoking nonostante fuori facesse molto caldo, aveva i capelli ben divisi da una riga, era alto e mostrava un sorriso di circostanza.
"Posso aiutarla?" gli chiese dopo essersi schiarita la gola.
"Signorina Lopez?" allungò una mano, Santana non la strinse.
"Non è qui al momento, lei chi è?" Santana vide la scintilla di... qualcosa passare negli occhi dell'uomo prima che distogliesse lo sguardo per recuperare un biglietto da visita dal taschino della sua giacca. Tese il pezzo di carta come se fosse un'arma pericolosa e lo puntò verso Santana, lei fece un passo in avanti, titubante prese il biglietto da visita e tentò di limitare la sua espressione di sorpresa al minimo quando lesse: 'Dottor Metzger, neurologo.'
"Mi avevano detto che l'avrei trovata qui, mi dispiace disturbarla. Può darle quello se la vede?" si spiegò il dottore con un tono di falsa gentilezza. Non c'era una singola cosa riguardo quell'individuo che non lo rendesse sospetto.
"Posso chiedere perché la cercava?" 
"Ho saputo che ha avuto dei problemi, mi è stato indicato da un caro amico di farle una visita, una cosa rapida e indolore."
Santana annuì lentamente, mise la carta in una tasca dei pantaloni e lo congedò con un semplice: "Glielo farò sapere."
Metzger la salutò con un cenno della testa e se ne andò così com'era arrivato lasciandosi dietro la puzza della sua falsità. 
"Brit, abbiamo un problema" sussurrò alla stanza vuota prendendo un respiro profondo. Doveva scoprire chi era stato a mandare quel tizio da lei e aveva già una mezza idea. 






 

Scrittrice in canna's corner
Buondì gente! Eccomi qui, puntuale come un orologio svizzero(?) 
Devo ammettere di essere un po' in ansia (ma va', che novità) perché questo è l'uinico capitolo a non essere stato approvato dal mio mentore, la cara bookswhisper che mi ha costretta alla visione dello show e poi ha proceduto a seguirmi con la manina per tutto il tempo.
Oltretutto qui introduco un personaggio di Sense8, se sapete che ruolo ha buon per voi, altrimenti... be'... vedremo. 
Le Brittana in questo faranno un po' la parte delle Nomanita, ho in mente tante tante cose per loro! 
Piccola postilla: ho usato un sito per revisionare il testo, se c'è qualche errore di battitura ancora in giro lo sistemerò subito. Se vedete qualcosa di strano con la formattazione del testo è proprio perché è passato da questa terza parte prima di arrivare a voi.
Vi lascio, ci sentiamo la settimana prossima.
Vostra,
Scrittrice in Canna.

 

   
 
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