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Autore: DAlessiana    28/06/2016    4 recensioni
Edward fissava la foto, che conservava nel portafoglio, con sguardo perso e la mente affollata di ricordi.
"Parlami di lei..." la voce di Bella fu una dolce melodia che interruppe il filo di pensieri del ragazzo, che per qualche minuto si era dimenticato della presenza della sua fidanzata.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Amore che ne dici di Edward?” propose la donna dai capelli lunghi, quasi pronta a partorire, mentre scendeva le scale per raggiungere il marito in cucina.
“Esme! Non dirmi che non hai dormito per pensare al nome un'altra volta!” la rimproverò il suo amato, andandole incontro per aiutarla a scendere.
“Non essere petulante, Carlisle. Dimmi solo che ne pensi e basta!” ribatté lei, rubando la tazza di caffè che il marito aveva lasciato incustodita sul tavolo.
“Mi sembra un nome di una famiglia reale...” disse lui, scuotendo la testa mentre si versava dell'altro caffè.
“Beh, io con te mi sento una regina e tu sei il mio re, dato che nessun altro marito si sarebbe preso le ferie per passarle con la moglie quasi pronta a partorire” replicò Esme, sedendosi, non prima di aver preso il piatto colmo di pancake preparati da Carlisle.
“Ti ho già detto che l'ho fatto volentieri, non ti avrei mai lasciata da sola” ribatté l'altro, passandole le posate.
“Ed io ti avevo detto che non era necessario, ma lasciamo perdere. Allora che ne pensi del nome?” domandò lei. Carlisle si piegò all'altezza della pancia, accarezzandola.
“Edward è perfetto, piace anche a lui!” esclamò, quando vide un piedino formarsi su di essa, segno che il piccolo Cullen aveva appena scalciato.
“L'ho sentito!” rise Esme “Su, prendi la macchina fotografica!” aggiunse e Carlisle non dovette fare altro che allungare il braccio verso la mensola della cucina.
“Ancora devo capire questa tua fissazione di scattare
una foto per ogni decisione che prendiamo” sbuffò, mentre si metteva in posa, abbracciando la moglie.
“Non per tutte, ma
per quelle più importanti. Così quando non ci sarò più avrai tante foto da guardare!” replicò Esme e qualche secondo dopo aveva già scattato l'ennesima foto. Carlisle rise a quell'affermazione, sicuro del fatto che lui sarebbe morto prima di lei, perché senza la sua amata Esme non avrebbe vissuto allungo.


“Chi l'avrebbe mai detto che avevi ragione?” domandò Carlisle a quella che altro non era che la foto del momento in cui avevano scelto il nome del loro primo figlio. Era chiuso nello studio già da un po', le parole di Edward lo avevano ferito in modo profondo e, prima di parlare con chiunque, aveva bisogno di un momento per sé.
Il suo tuffo nei ricordi venne interrotto quando sentì qualcuno bussare alla porta e vide Jasper entrare nella stanza con passi lenti.
“Jasper...” sussurrò Carlisle verso suo figlio minore, si vergognava di ciò che aveva fatto e aveva paura che Jasper non lo guardasse più allo stesso modo.
“Perdonaci papà, per tutto. Perdonaci per i brutti voti, per quella dannata festa, per averti deluso e ferito quando tu non lo meritavi affatto. So quanto sia stato difficile andare avanti dopo la morte di mamma, ma tu non ci hai fatto mancare niente...” si fermò, vedendo il padre quasi in lacrime. Carlisle si sedette sul divano, sospirando, mentre stringeva ancora di più la foto di lui e Esme.
“Io ho fallito, Jasper. Ho fallito come padre e ho infranto la promessa che io e tua madre ci facemmo a vicenda, quella di non alzare mai un dito contro di voi...” il dottore non riuscì quasi più a parlare. Jasper si sentì ancora più in colpa, quanto lo avevano ferito le parole di Edward per farlo reagire in quel modo?
“No, papà. Tu non hai fallito e non credo proprio che mamma sia arrabbiata con te, anche lei avrebbe perso le staffe in quel modo, ne sono certo. Ti ricordi quando da piccoli correvamo da te perché avevamo paura che mamma non ci volesse più bene? Tu ci spiegasti che per quanto un genitore si possa arrabbiare, il bene per un figlio non può mai cambiare. Perciò, né io né Edward abbiamo dubitato, nemmeno per un momento, di quanto il bene che provi per noi sia infinito.” replicò il giovane Cullen, sedendosi accanto al padre. Carlisle sorrise, abbracciando il figlio come se avesse cinque anni.

Dopo la lunga chiacchierata con Jasper, Carlisle si sentiva un po' più leggero, nonostante lo attendesse un compito molto più arduo: chiarire con Edward.
Era davanti alla porta della camera del figlio già da qualche minuto, quando si decise a bussare, non prima di aver preso un grosso respiro.
“Jazz, ti ho già detto che voglio stare da solo!” esclamò Edward, lanciando il cuscino verso la porta, senza alzarsi dal letto, ritornando a fissare la cornice che teneva stretta tra le mani.
“Non sono Jasper” disse Carlisle, entrando quasi in punta di piedi. Edward scattò, per poi risedersi sul letto, di certo non si aspettava che fosse il padre a fare il primo passo verso di lui.
“Puoi limitarti ad ascoltarmi un minuto in silenzio?” chiese l'uomo, prendendo posto accanto al figlio. Buttò un occhio alla foto che Edward aveva tra le mani e sorrise, era la stessa che stringeva lui fino a pochi minuti fa. Esme aveva insistito che sia Edward che Jasper avessero, nelle loro stanze, la foto del momento in cui i loro genitori avevano scelto il nome che li avrebbe accompagnati per tutta la vita.
“Capisco che ti manca, Edward. Manca ogni giorno anche a me, sai? Io non sono un robot, ho dei sentimenti che tu, con quelle parole, hai ferito in modo profondo.” Edward stava per replicare, ma il padre lo bloccò.
“Ti ho detto di ascoltarmi, poi parlerai tu, tranquillo.” sentendo quella frase, il giovane Cullen abbassò il capo, concentrandosi sulla foto, aveva paura di incrociare lo sguardo del padre.
“Io ti chiedo scusa, figliolo. Ti chiedo scusa se non ho capito prima quanto tu stessi soffrendo e anche per aver reagito in quel modo poco fa, avrei dovuto limitarmi a rimproverarti e basta. Non dovevo darti quello schiaffo, perché così sono venuto meno alla promessa che io e tua madre ci facemmo a vicenda: quella di non alzare mai un dito contro di voi. Ma io l'ho fatto e ti chiedo scusa per questo, per quanto io mi possa essere sentito ferito non esiste giustificazione per il mio gesto” parlava a bassa voce, in modo da non profanare la sacralità di quel momento. Cercò di incrociare lo sguardo del figlio, ma Edward continuava a tenere il capo chino.
“Ma non ti chiedo scusa per essermi comportato da padre. Non ti chiedo scusa per averti rimproverato e punito per ciò che hai fatto. Non ti chiedo scusa per essermi arrabbiato quando ti ho visto rientrare a quell'ora, ignorando il fatto di essere in punizione. Non ti chiedo scusa, perché per quanto possa detestare fare la parte del severo, anche questo fa parte dell'essere padre.” si fermò, aspettando una qualche reazione da parte di Edward, ma niente.
“Parla con me, figliolo. Sfogati e ritorna quello di prima, perché quello che ho visto in questa settimana non è mio figlio, non è l' Edward che conosco e che amo.” terminò il suo monologo, sperando, con tutto il cuore, che avesse l'effetto sperato.
Edward, dopo aver riposto la cornice sul comodino accanto al letto, si buttò tra le braccia del padre come un bambino a cui era stato fatto un dispetto.
“Mi dispiace...per tutto!” esclamò tra i singhiozzi, come una specie di mantra, mentre Carlisle gli accarezzava la nuca.
“Va tutto bene, ci sono io” gli sussurrò il padre nell'orecchio. Edward, in quel momento, capì quanto davvero valessero quelle parole, che Carlisle gli diceva dopo un incubo, quando da piccolo si svegliava urlando nel cuore della notte, specialmente dopo la morte di Esme.
“Ci sono io. Va tutto bene” continuò Carlisle, senza sciogliere, neanche per un secondo, l'abbraccio. Edward non ebbe più il minimo dubbio, suo padre ci sarebbe stato per sempre, nonostante tutto.



-Eccomi tornata!
Chiedo scusa per avervi fatto aspettare così tanto, ma, come sanno alcuni, questa settimana mi è successa una cosa che mi ha completamente distrutta. Non trovavo la forza per fare niente. Ma, come alcune persone mi hanno ricordato, la scrittura è una specie di balsamo in queste occasioni e, seppur a fatica, ce l'ho fatta a ritornare a scrivere.
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso e vi do appuntamento al prossimo!
Baci :*

  
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