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Autore: Kya_63    28/06/2016    2 recensioni
Percy Jackson pensava che la sua vita sarebbe stata tranquilla, ovviamente nei limiti di un mezzosangue, ma non pensava che stesse tutto per cambiare.
Harry Potter aveva combattuto la sua battaglia, aveva sconfitto il Signore Oscuro e salvato i suoi amici e il mondo maglico, ma qualcosa stava cambiando.
Due mondi diversi, due eroi diversi e un pericolo in comune che minaccia di distruggere il mondo. Questa è la storia che nessuno ha il coraggio di raccontare, che nessun poeta o scrittore conosce veramente sino in fondo e che non ha mai trascritto. Questa è la storia che pure gli Dei hanno paura a narrare.
(Spoiler di Eroi dell'Olimpo, la saga di Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo e Harry Potter. Non tiene conto di TOA)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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IL RISVEGLIO
 
 
Se c’era una cosa che odiava era proprio alzarsi alla mattina presto. Percy Jackson aveva imparato a sue spese, però, cosa succedeva se mancava di qualche minuto ad un appuntamento con la sua ragazza, anche se chiamarlo “appuntamento” era troppo. Era più un ritrovamento.
Percy era un ragazzo alto, dai capelli neri e occhi verdi come il mare. Il suo fisico era asciutto e muscoloso per via degli allenamenti imposti da Chirone, il suo maestro, non ché direttore delle attività del Campo Mezzosangue, l’unico luogo in cui Percy si sentiva protetto.
A Percy mancava la sua ragazza; avevano trascorso gli ultimi due mesi lontani, uno a New York e l’altro a San Francisco. Per fortuna erano arrivate le vacanze di Natale, durante le quali avrebbero scelto il loro futuro, o meglio: dove andare a vivere dopo il liceo?
Entrambi avevano avuto l’idea di andare a Nuova Roma, perché c’era il college e una città dove vivere dopo la scuola, ma entrambi avevano dei dubbi.
Percy, però, non credeva che a svegliarlo fosse proprio un elfo di Babbo Natale. Percy adorava il Natale, ma non altrettanto gli elfi e Babbo Natale, anzi li detestava.
-Percy…- lo chiamò l’elfo- Svegliati.
Il figlio di Poseidone aprì piano un occhio e scorse un ragazzino di un anno in meno di lui, dai tratti elfici, gli occhi e i capelli castani e la pelle abbronzata come quella di un ispanico.
-Taci- borbottò lui-Ieri sera il tuo amico Jason mi ha trattenuto per tre ore a parlare di quanto sia figo questo campo.
-Non fare il pigrone- lo rimproverò l’ispanico- Ti faccio presente che tra poco meno di venti minuti, la tua ragazza sarà all’ingresso del Campo Mezzosangue, tu sei ancora in pigiama e l’ultima volta che hai fatto tardi, lei non ti ha rivolto la parola per un giorno.
Percy sconvolto ma allo stesso tempo felice di aver incastrato l’elfo, esclamò:-Quindi ammetti che ci hai spiato. Tu hai un istinto suicida, Leo.
Leo si chiamava il ragazzo ispanico. Era il figlio di Efesto capo cabina della casa nove, quella del dio dei fabbri. Il figlio di Efesto era il costruttore della gigantesca nave che aveva attraversato l’Atlantico: l’Argo II.
-Può darsi- rispose Leo- Ora preparati non voglio un’altra volta avere un Percy Jackson depresso e un’Annabeth arrabbiata.
Senza protestare, Percy s’alzò dal letto caldo e maledisse Leo qualche decina di volte per averlo svegliato, anche se aveva ragione. L’ultima volta che era arrivato tardi all’appuntamento con Annabeth ( e non era neanche colpa sua), lei non gli aveva rivolto la parola per ventiquattro ore. S’era anche depresso dicendo che questa volta era definitivamente finita. Al povero Leo Valdez, era toccato sopportare le sue lamentele e quelle di Jason. Fortunatamente Annabeth aveva ripreso a parlargli, quindi Leo non era passato a miglior vita.
Indossò frettolosamente i jeans, la maglietta arancione del campo, una felpa che metteva in risalto i suoi occhi verdi e i suoi scarponcini della Timberland che gli aveva regalato sua madre come premio per aver preso la patente. Prese la giacca e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Leo, Jason, Nico, Will e Calipso lo aspettavano fuori. Leo aveva una camicia leggera e il figlio di Poseidone si domandò se avesse freddo. Era improbabile: Leo era come di fuoco e quindi non poteva avere freddo, forse.
Quell’inverno era particolarmente freddo anche al Campo Mezzosangue. C’era addirittura la neve che aveva oltrepassato la barriera che impediva ai mostri e agli agenti atmosferici di arrivare al campo.
Jason, il cugino di Percy, si stava movendo nervosamente per il freddo. Il figlio di Giove aveva i capelli biondi, in quel momento coperti da una cuffia, e gli occhi azzurri come il ghiaccio. Si vedeva che aveva freddo. Jason era il fratello di Talia Grace, la cugina punk che Percy non vedeva dalla battaglia con Gea. Per Natale, però, era sicuro che l’avrebbe rivista.
Nico e Will erano in disparte, lontano dal gruppo. Il primo, un altro cugino di Percy, aveva una zazzera di capelli neri come gli occhi, i vestiti e la spada. Tutto di Nico era nero e tenebroso. Will, invece, era più solare, cosa che a Percy sembrava ovvio visto la discendenza con Apollo, il dio del sole, della musica e di tutte le arti.
Calipso era l’unica ragazza in quel gruppo, in quel momento. Era arrivata da poco dalla sua isola con Leo, che era riuscito a liberarla. Da come di comportava, sembrava provenire da un’altra epoca, infatti, aveva qualche millennio anche se sembrava una ragazza di sedici anni. Percy era molto dispiaciuto per quello che le aveva fatto in passato, quando lui era capitato su Ogigia, l’isola di Calipso. Per fortuna la ragazza non se l’era presa molto e quindi erano riusciti a diventare amici.
-Buongiorno a tutti- salutò Percy, avvolgendosi la sciarpa intorno al collo.
-Buongiorno Percy- esclamò Calipso-Dai muoviamoci. Saranno qui a minuti.
Così tutti insieme si diressero al pino di Talia, dove Peleo, il drago guardiano, faceva la guardia al Vello d’Oro, che stava appeso ad un ramo del pino. Passandoci accanto, Percy si ricordò di tutta la fatica fatta per recuperare quel dannato coso. Aveva attraversato il Triangolo delle Bermuda con Annabeth e Tyson (il suo fratellastro ciclope) per andare a salvare il satiro Grover dalle grinfie di Polifemo. Avevano incrociato, poi, Clarisse La Rue per strada ed insieme avevano recuperato il Vello d’Oro dopo qualche intoppo.
Si fermarono poco prima del confine e attesero di veder arrivare un taxi giallo, tipo quelli che viaggiavano tra le strade dell’affollata Grande Mela. Aspettarono qualche minuto poi… Esattamente puntuale, il taxi aveva frenato di botto e da lì erano usciti tre ragazze e un ragazzo. Quest’ultimo prese le valigie dal bagagliaio, mentre una ragazza dai capelli ricci e scuri pagava le tassiste con monete d’oro. Percy le riconobbe subito: erano le tre Sorelle Grigie (Rabbia, Vespa e Tempesta). Dopo ciò le vecchiette ripartirono, come se fossero in ritardo, lasciando i quattro ragazzi al bordo della strada.
Percy non fece neanche in tempo a pensare che corse giù per la Collina Mezzosangue. Arrivò in fondo e incominciò ad abbracciare tutti. Partì dal ragazzo, Frank Zhang, un suo lontano parente e figlio di Marte, il dio della guerra romano. Frank aveva una corporatura robusta e, nonostante fosse più piccolo di Percy, era di qualche centimetro più alto di lui.
Percy abbracciò contemporaneamente Hazel Levesque, la sorella di Nico, e Piper McLean, la figlia di Afrodite, fidanzata di Jason.
Hazel Levesque, era la più piccola del gruppo. Era la figlia di Plutone, la forma romana di Ade, ed aveva sempre creduto in Percy, e per questo le era molto grato. Aveva lunghi capelli ricci marroni, la pelle scura come il caffè e gli occhi che sembravano due pepite d’oro.
Piper McLean era la figlia di Afrodite meno figlia di Afrodite che il mondo avesse mai visto. Figlia di un attore famoso, Piper faceva di tutto per passare inosservata, peccato che non le venisse molto bene nonostante i capelli assi metrici e i vestiti logori.
Quando Percy sciolse l’abbraccio si precipitò dall’ultima persona scesa dal taxi: Annabeth Chase.
Annabeth era la classica ragazza californiana: pelle abbronzata, capelli biondi e la figura slanciata. L’unica cosa che faceva pensare il contrario erano gli occhi, di un grigio temporalesco, come quelli della madre Atena, la dea che detestava Percy.
-Che fai Testa d’Alghe?- gli domandò Annabeth- Non mi saluti?
Percy spostò una ciocca di capelli dietro all’orecchio e le disse:-Ciao.
Annabeth sorrise, felice di avere ancora il suo Testa d’Alghe.
C’era qualcosa che non andava, però. Si sentiva l’aria di una nuova impresa. Percy, però, fece finta di non sentire nulla.
   
 
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