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Autore: Ipernovae    29/06/2016    2 recensioni
"Kuroo Tetsuro se ne stava di fronte a lui, l'espressione stupita che si tramutava in un sorriso sghembo e furbo, fin troppo entusiasta per i gusti di Kenma. Dopo tre anni che non lo vedeva, che non sentiva la sua voce o respirava il suo profumo, ritrovarselo davanti gli provocò sensazioni contrastanti: felicità inaspettata, dolore e poi rabbia. Non voleva vederlo. Non voleva che stesse lì con quell'espressione idiota. Kenma voleva solamente che sparisse."
[Accenni KurooxTsukishima, accenni KageyamaxHinata, KurooxKenma]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se gli avessero chiesto quanto tempo era passato da quell'estate, Kenma avrebbe saputo perfettamente dire che erano trascorsi tre anni, due ore, dieci minuti e venti secondi. E la ricordava con così tanta chiarezza che il dolore lo percepiva ancora sotto la pelle o contro i polpastrelli che, quella palla da pallavolo, non avevano più osato toccarla tanto il ricordo di Kuroo era vivido. Vivido e doloroso. Doloroso e lacerante. Lacerante e così presente.
Kenma Kozume sapeva perfettamente che non avrebbe mai retto il confronto con Tsukishima Kei, bloccante centrale della Karasuno. Sapeva che Kuroo era attratto da quel tipo di ragazzi e sapeva che lui non rientrava in quella categoria che al migliore amico piaceva.
Non aveva mai avuto speranza, ma comunque si era ritrovato a sperare. Aveva sperato che Kuroo lo guardasse nello stesso modo in cui guardava Tsukishima e, ogni volta, aveva ricevuto il solito sguardo che gli rivolgeva da quando si conoscevano.
Kenma lo aveva osservato continuare a flirtare con Tsukishima, durante il terzo anno di Kuroo e il primo di Kei. Aveva osservato i due avvicinarsi, in un lento rincorrersi e scontrarsi, seguendo i caratteri l'uno dell'altro. Tsukishima che fingeva di rifiutare quelle avance e Kuroo che imperterrito cercava di conquistarlo.
E ciò accadde proprio quell'estate che Kenma aveva cercato di rimuovere con tutto se stesso dalla mente. Aveva smesso di giocare a pallavolo al suo terzo anno, si era concentrato sugli studi e aveva troncato ogni rapporto con Kuroo che con insistenza aveva continuato a cercarlo, a chiamarlo nella speranza di una spiegazione.
Non gliel'avrebbe mai data, Kenma. Non aveva intenzione di vederlo, sentirlo o parlarci. Aveva persino cambiato numero così da non farsi più raggiungere da lui e aveva pregato sua madre di non darglielo quando sarebbe tornato per le vacanze estive al secondo anno di università. E Kenma si era premurato di passare quelle vacanze con Shouyou e Kageyama, il suo ragazzo, che non era stato poi così felice di quella sua intrusione ma gli bastò dargli qualche consiglio su alcuni allenamenti da seguire come alzatore e tutto fu sistemato. Per l'occasione, riuscì anche a farsi coinvolgere in una serie di scambi di palla con lui e Shouyou. Poi, però, si era ritrovato preda dei ricordi e aveva smesso, lasciando i due ragazzi basiti dalla crisi che gli si scatenò dentro. Aveva poi chiesto scusa e aveva passato i giorni seguenti nella camera degli ospiti a casa di Kageyama, attaccato alla PSP.
Ora, nell'estate del suo terzo anno all'università, Kenma si ritrovava nel pieno degli studi, completamente preso in quelle lezioni che man mano si erano fatte fin troppo difficili anche per lui, che non aveva mai avuto problemi a scuola.
Era appena uscito dalla biblioteca, abbandonato l'aria condizionata di quel luogo e immerso nella calura di quei primi giorni di luglio. Con i capelli tirati indietro, legati in una coda medio-lunga, cercava di asciugare le piccole gocce di sudore che imperlavano la sua pelle pallida, leggermente arrossata per via dei raggi solari fin troppo cocenti che battevano sul suo corpo in quei giorni in cui era obbligato a spostarsi per Tokyo diviso tra lavoro e università.
Dopo essersi rinfrescato da una piccola fontanella nel parco di fronte alla biblioteca, si diresse con passo tranquillo verso il caffè dove aveva trovato lavoro. Nonostante non fosse mai stato bravo con le persone, in quel piccolo e modesto locale si era trovato bene, ormai i clienti lo conoscevano e lui conosceva i clienti tanto che si era trovato ben presto ad essere più aperto con loro. Si era dovuto adeguare.
Non ci mise molto a raggiungerlo, così come non ci mise molto a cambiarsi e mettersi la divisa, crogiolandosi nella frescura che il condizionatore disperdeva placidamente per tutto il locale. In quel momento, ogni brutto pensiero o preoccupazione sparì e Kenma ritrovò una parvenza di buonumore che si trascinò dietro tutto il giorno, contagiando i clienti accaldati che entravano nel locale.
Verso le sei, ad un'ora alla fine del suo turno, era intento a preparare un caffè freddo, dava le spalle alla porta d'ingresso e si era estraniato dalla discussione che i due clienti lì al bancone stavano intrattenendo da quando, pochi minuti prima, erano arrivati.
Forse ci mise più del dovuto o forse troppo poco, a preparare quel caffè, perché nell'esatto momento in cui si voltò per servire ad uno dei due clienti la bevanda, si scontrò con lo sguardo della persona che aveva sperato con tutto se stesso di non rivedere mai più.
Kuroo Tetsuro se ne stava di fronte a lui, l'espressione stupita che si tramutava in un sorriso sghembo e furbo, fin troppo entusiasta per i gusti di Kenma. Dopo tre anni che non lo vedeva, che non sentiva la sua voce o respirava il suo profumo, ritrovarselo davanti gli provocò sensazioni contrastanti: felicità inaspettata, dolore e poi rabbia. Non voleva vederlo. Non voleva che stesse lì con quell'espressione idiota. Kenma voleva solamente che sparisse. Sperò di trovarsi in uno dei suoi videogiochi, uno di quelli dove il protagonista aveva un potere come il teletrasporto. Ma nessun potere scorreva in lui e la realtà era che doveva essere gentile ed educato con Kuroo, che in quel momento per lui era solamente un cliente. Solo un cliente che poi sarebbe sparito dalla sua vita. Sì, sarebbe stato così.
-Che cosa desidera?- si costrinse quindi a dire, lo sguardo basso e la voce atona, incolore di fronte a quel ragazzo che un tempo aveva amato con tutto se stesso.
E Kuroo accusò il tono di Kenma e non lo accettò. Non senza ribattere come era solito fare.
-Tre anni che non ci vediamo e ti sei già scordato chi sono, Kenma?- un ennesimo sorriso sghembo, di quelli che Kenma ammirava da lontano e che Kuroo sapeva perfettamente riuscivano a far smuovere l'amico in qualche modo.
Il biondo lo osservò per qualche istante, senza replicare alcunché. Non sarebbe caduto nei giochetti di Kuroo. Non più. Non dopo tutti quegli anni passati a dimenticare, convincersi di amare più se stesso che lui.
-Che cosa desidera?- ripeté ancora più freddo, lasciando Kuroo interdetto e in qualche modo stupito e ferito da quel comportamento. Erano tre anni che lui e Kenma non si parlavano, che non gli rispondeva ai messaggi o lo evitava. Erano tre anni che gli mancava.
-Parlare con te.- rispose, lasciando che sul viso di Kenma si dipingesse un'espressione di puro disappunto. Non poteva e non voleva parlargli. Eppure gli era così difficile dirgli di no in quel momento, mentre guardava i suoi occhi felini che da sempre erano riusciti a convincerlo a fare qualsiasi cosa.
-Non c'è niente di cui parlare, Kuroo. Se non hai niente da ordinare, i clienti mi aspettano.- così dicendo, non diede tempo all'amico di rispondere e si voltò, tornando a prendere le ordinazioni e a lavorare per come poteva, visto che gli occhi di Kuroo lo seguivano, studiando qualsiasi gesto che compiva.
Rimase lì fino alla fine del turno di Kenma e, quando lo vide uscire in abiti normali, Kuroo gli si avvicinò e come facevano fin da bambini, gli si affiancò. Il biondo non disse nulla, prese solamente maggiore distanza da lui e non disse alcuna parola. Pensò che prima o poi se ne sarebbe andato e lo avrebbe lasciato in pace per tornare da Tsukishima che sicuramente era geloso. Dopotutto Kenma si era allontanato anche per quello: non voleva essere un problema.
Camminarono in silenzio per diversi isolati, finché Kuroo non fu troppo vicino e Kenma si sentì sfiorare la mano. Sgranò gli occhi e la ritrasse involontariamente, quasi quella dell'amico scottasse come lava incandescente. Fu immediato il suo voltarsi per guardarlo, interrogativo e arrabbiato.
-Non toccarmi.-
-Finalmente ti sei deciso a parlare.- il sorriso di Kuroo si palesò nuovamente e l'animo docile di Kenma per qualche istante vacillò, indeciso se tirargli un pugno o lasciarsi andare come un idiota, cancellando tutti quegli anni di sofferenza. -Perché sei sparito? Cristo santo, Kenma, sono tre anni che sei diventato un fantasma. E non mi hai mai detto perché. Ho continuato a chiedere a tua madre dove fossi, ti ho chiamato e poi ho scoperto da quello scontroso di Kageyama che hai cambiato numero. Ho cercato di procurarmelo ma tua madre non me l'ha voluto dare e Hinata si è rifiutato categoricamente di tradire la tua fiducia. Perché, Kenma? Perché mi hai lasciato da solo?- la voce di Kuroo era ferma mentre parlava, il tono serio e lo sguardo severo, accusatore. Kenma non riusciva a sostenere nessuna di quelle cose, si sentiva spogliato di qualsiasi difesa e le immagini di Kuroo con Tsukishima riaffiorarono prepotentemente nella sua mente.
Le loro labbra che si incontravano, baci rubati durante il ritiro, lì dietro la palestra della Nekoma. Ricordava la rapidità con cui aveva cercato un nascondiglio e assistito all'unirsi dei loro corpi. Le mani di Kuroo che toccavano la pelle di Tsukishima con bramosia, i bacini che si toccavano e i gemiti trattenuti che si andavano a mescolare, creando dei suoni, alle orecchie di Kenma, che avrebbe ricordato con fin troppa chiarezza nel futuro.
E così come ricordava quei suoni, sentiva ancora sulle labbra il sapore delle lacrime che gli avevano rigato le guance dopo aver creato delle scie sul viso pallido. Percepiva il respiro irregolare e ricordava le braccia di Hinata che lo abbracciavano. Ricordava la voce di Kageyama che, in uno slancio di galanteria o compassione, questo Kenma non avrebbe mai saputo dirlo, si proponeva di andare a prendere a pugni Tsukishima.
Non sapeva, a distanza di tutti quegli anni, perché si fosse lasciato vedere in un momento di debolezza come quello da persone che conosceva così poco ma che sembrarono aver capito ogni suo sentimento, accettandolo in silenzio e senza giudicare. Doveva loro molto.
Le dita affusolate andarono ad asciugare gli occhi inumiditi per colpa di quei ricordi prepotenti e si costrinse a dire qualcosa, qualsiasi cosa che potesse scagionarlo e permettergli di scappare, lasciandosi Kuroo alle spalle per sempre.
-Non eri solo.- furono le uniche parole che la sua bocca riuscì a pronunciare e si maledisse per averle dette, perché una volta alzato lo sguardo vide quello sorpreso di Kuroo che lo scrutava.
Aveva mantenuto il segreto per tutti quegli anni e, con una semplice frase aveva mandato all'aria ogni buona intenzione di mantenere i suoi sentimenti rilegati nella parte più profonda di sé.
-Non puoi averlo fatto... Kenma... Perché non me lo hai mai detto?- dritto al punto, Kuroo aveva posto la domanda che non avrebbe mai voluto sentire. Perché non glielo aveva mai detto? Perché aveva già capito i suoi sentimenti per Tsukishima, perché sapeva di non essere abbastanza per qualcuno come lui. Sapeva di essere quel semplice amico d'infanzia che cercava per fare due tiri a pallavolo o per tornare a casa. Non era niente di più e lo aveva accettato in silenzio, ritraendo il suo dolore, per poi nasconderlo e accantonarlo per sommergerlo con cose più frivole.
Cercava di trovare le parole giuste, Kenma, ma man mano che il tempo passava, più si ritrovava con la gola secca e il cervello che gli gridava “scappa”.
-Dannazione Kenma, parla!- la voce di Kuroo si era alzata di qualche tono, facendo sobbalzare l'amico che sembrò ridestarsi da quell'apatia involontaria che lo aveva colto.
-Non ho niente da dirti, Kuroo. Che cosa vuoi da me? Tornatene da Tsukishima-kun. Lasciami stare. Sono andato avanti e ti ho dimenticato. Va via.- il silenziò cadde nuovamente tra di loro e solo il moro rimase con lo sguardo sull'amico alla ricerca di una risposta a quella domanda ben specifica che la sua voce non riuscì a pronunciare.
Come poteva averlo dimenticato? Erano sempre stati amici, fin da bambini, lo aveva trovato e insieme avevano creato quel legame che Kuroo pensava essere indissolubile nonostante quei tre anni passati nel completo silenzio. In che cosa aveva creduto, fino a quel momento?
-Non puoi averlo fatto...- il tono si era abbassato nuovamente e per Kenma fu inevitabile portare lo sguardo su di lui. Studiò i tratti del suo viso, ora più adulto e affilato. Si lasciò cullare dal suo sguardo per pochi secondi e non riuscì più a trattenere quello che provava da fin troppo tempo.
-No, hai ragione. Non l'ho fatto. Ti ho solo messo da parte, rinchiuso in un angolino del mio cervello in modo da non ritrovarti mai più, nemmeno nei miei dannati sogni. Ma tu sei sempre qui, pronto a ricordarmi che io non sarò mai la tua scelta, Kuroo. Ti ho visto con Tsukishima al ritiro. E ho visto i tuoi sentimenti per lui crescere in quella dannata estate. Mi ero ripromesso di lasciarti andare e tu torni, complicando di nuovo tutto! Sono io che ti chiedo perché!- silenzio. Ridurre Kuroo Tetsuro al silenzio era un evento unico e raro, che solo
Kenma Kozume era riuscito a rendere reale. Così reale che si concesse un complimento mentale, dannandosi l'istante dopo per aver confessato all'ultima persona che doveva saperlo, ogni cosa tenuta celata per anni.
Rimasero a fissarsi per diversi minuti, il cielo ormai era divenuto più scuro e il fresco della sera stava giungendo per dare un po' di sollievo dal caldo estivo e dall'afa di Tokyo.
Fu Kenma a rompere il silenzio con un sospiro stanco e frustrato che risvegliò Kuroo dalla miriade di pensieri che aveva affollati nella testa.
-Devo andare. Spero che la vostra squadra vinca il torneo. Addio Kuroo.- mentre pronunciava quelle parole vide riflesso sul volto dell'amico il dolore puro e, incapace di reggere quella vista, si voltò e in fretta prese a camminare per i restanti due isolati che lo dividevano dal suo appartamento.
Cercava di non pensarci, di ricacciare indietro ogni istante vissuto con lui fino a quel momento ma gli fu inevitabile ricadere in quella spirale in cui si era tuffato anni prima senza rendersene conto.
Prese a correre, cercando di liberare i polmoni da quella pressione che sentiva nel petto, superò il primo isolato e dovette fare i conti con i muscoli indolenziti che già stavano formando l'acido lattico tanto era il tempo passato dall'ultima volta che aveva corso. Qualcosa in cui non era mai stato bravo e che gli si ritorse contro anche in quel momento, quando delle dita lunghe gli circondarono il polso, obbligandolo a fermarsi di colpo in mezzo alla strada. Sapeva che era Kuroo. Lo sapeva perfettamente e non si voltò per guardarlo, perché conosceva se stesso e le azioni che avrebbe potuto compiere se lo avesse fatto.
-Ti ho trovato, Kenma.- le membra del biondo tremarono, il cuore mancò un battito e un ricordo lontano lo investì, riempiendo ogni parte di lui.
Il primo giorno che lui e Kuroo si incontrarono, la prima volta che i loro sguardi si incrociarono e la frase che gli disse. “Ti ho trovato”. Voleva dire tutto ed esprimeva ogni sentimento di Kuroo. Ogni errore commesso, ogni scelta sbagliata compiuta lo aveva portato di nuovo sulla strada verso Kenma.
Perché con Tsukishima si era lasciato guidare dall'istinto e dagli ormoni, pentendosi subito dopo di aver dato sfogo ad un sentimento che per Kei non esisteva. Kei che aveva cercato in ogni modo di annegare il suo vero essere con lui, cercando la soluzione per non cedere a quei desideri con Yamaguchi, l'amico di infanzia che ora era il suo compagno da ben tre anni.
Kei che lo aveva capito ancora prima di lui, che cosa provava per Kenma perché era ciò che provava per Yamaguchi.
Kei che lo aveva aiutato a trovare Kenma senza troppe spiegazioni, senza volere alcun tipo di ringraziamento.
Semplicemente, Kei a cui Kuroo doveva tanto.
La stretta sul polso del biondo era ferrea e Kenma non poteva fare a meno di pensare a quanto la pelle di Kuroo fosse calda contro la sua, che gli faceva così male sentire le sue dita artigliare quel punto così insignificante.
-Ho commesso tanti errori, permettimi di rimediare. Rimani con me. Mi dispiace, Kenma...- e il tono si era andato ad incrinare leggermente, man mano che la stretta di Kuroo si allentava e il cuore di Kenma rallentava i battiti.
Era così sbagliato perdonarlo per qualcosa che non doveva essere perdonata. Era sbagliato concedergli una possibilità senza sapere quali sentimenti il moro provasse nei suoi confronti. Era sbagliato ma così giusto e Kenma si sentì un totale ipocrita mentre lasciava che le sue dita andassero a stringere quelle di Kuroo con delicatezza e una dedizione che aveva dimenticato o forse scoperto di possedere.
I loro sguardi si incrociarono, lentamente, senza alcuna fretta come se da quel momento in poi non avessero più avuto bisogno di rincorrersi e cercarsi. Erano entrambi lì, pronti ad ascoltarsi e ad ascoltare, sentire ed essere sentiti.
Le dita della mano libera di Kuroo andarono a portare una ciocca ribelle dietro all'orecchio di Kenma nel più naturale dei gesti, approfittandone per capire quanto fossero cresciuti dall'ultima volta in cui l'aveva visto o che aveva avuto l'occasione di poterglieli anche solo sfiorare.
Kenma sospirò e socchiuse gli occhi, portando la mano piccola ed esile, rispetto a quella di Kuroo, sulla sua guancia. Si osservarono ancora qualche istante in silenzio, in cui il biondo cercò di ritrovare un minimo di lucidità, dopodiché, trattenne un sorriso.
-Mi hai trovato.-
Kuroo si chinò e con le labbra raggiunse quelle di Kenma, suggellando quella promessa di quando erano bambini

❝Ogni strada che percorrerai, mi ricondurrà a te. Dì « Ti ho trovato » e ti risponderò « Mi hai trovato », cancellerà gli errori e saremo felici.❞



   
 
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