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Autore: Daxn    29/06/2016    0 recensioni
Il secolo Ventunesimo sta volgendo al termine, e il mondo è pervarso da una nuova furia esplorativa-colonialista verso una frontiera prima d'ora mai seriamente considerata: altre dimensioni. O, meglio ancora, Terre in cui il mondo conosciuto è stato plasmato dal diverso svolgersi delle vicende umane, creando quindi mondi d'ogni tipo e grado, da utopie divenute concretezza a mondi in cui nessun essere umano sano di mente vorrebbe abitare, passando attraverso mondi in cui l' assetto politico mondiare è completamente diverso da quello finora conosciuto.
Saverio Glabro è un uomo lavorante in un'genzia addetta ad esplorare e a valutare la fattibilità o meno di spostamenti di persone ed investimenti economici nelle suddette dimensioni, definite "Linee temporali." Creduto da lui un lavoro sostanzialmente ingrato e ben poco eccitante, si troverà a far conti con un uomo apparentemente senza identità; la scomparsa quasi misteriosa di diverse persone; e un piano per risolvere in maniera alquanto drastica il sovrappopolamento delle varie Terre...
Genere: Azione, Storico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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~Dopo essere passato a ritirare il denaro che gli spettava ad un bancomat sotto l'edificio, Saverio prese la decisione di tenersi il denaro appena ottenuto e di non perdere tempo a cambiare le banconote di talleri borgognoni che ancora aveva nel portafoglio, e quindi andare a piedi fino alla sua destinazione, situata a a nord-est rispetto a Piazza Corvetto. Così, fattosi una lunga camminata sul marciapiede di Via Assarotti – via che a causa di recenti eventi era stata allargata e i cui edifici erano stati per la maggior parti ricostruiti seguendo le linee guida dello stile più in voga – e dopo essersi infilato in una viuzza secondaria, una intitolata ad un pioniere minore di nazionalità italo-siriana della tecnologia che permetteva lo spostamento fra linee temporali, Saverio arrivò finalmente alla sua destinazione, una palazzina le cui inferriata verniciate di bianco mostravano vistose tracce di ruggine e squamature significative, con la facciata ridotta a nudo cemento intervallato da intonaco e misere tracce di graffiti commissionati dal Comune, ed un portone in vetro smerigliato con vistose crepe ed una struttura di supporto in ferro ossidato.

Saverio, salito sui due gradini in cemento scheggiato e ricoperti con un un mosaico di ceramica verde ormai mezzo distrutto, voltò il suo sguardo verso il muro alla sua sinistra, ove vide il bronzeo citofono a quattro campanelli ma una sola targhetta leggibile.

<> Lesse Saverio giusto per stare sul sicuro, prima di suonare il campanello. Ciò provocò un forte suono di radio accesa dentro una galleria e causò il rilascio di piccole scintille dal citofono, cosa che fece sobbalzare all'indietro Saverio.

<> Si domandò egli, sbuffando e riprendendo la ben più dignitosa postura originale, nel mentre che il suono di statico veniva sostituito da un ronzio sommesso ed, infine, una voce.

<> La voce era gracchiante, il tono a metà fra il contento e l'esasperato e l'accento era un'unione cacofonica di un accento francese e di uno olandese-tedesco. Saverio si fece scappare un ghigno sardonico, riconoscendo immediatamente la voce.

<> Dichiarò, volgendo gli occhi fissi al piano superiore casomai Aerts si fosse affacciato.

<> Disse con stanca eccitazione il cliente belga, prima che facesse rilasciare al portone un fragoroso scoppio metallico. <>

Saverio scosse le spalle ed entrò, attraversando l'atrio, un rettangolo con le pareti arancioni chiazzate di muffa, tanto spoglio quanto odorante dell'odore di spazzatura lasciata al sole per giorni e medicine scadute, e salendo le scale in cemento e pietra grigia accompagnate da una ringhiera fatta con i resti di cassette di frutta sia di plastica sia di legno, superando pianerottoli con porte blindate sgangherate lasciate aperte su muri di mattoni e cumuli di immondizia ostruenti gli angoli, fino ad arrivare al terzo piano: lì lo aspettavano una porta di metallo verniciata a strisce verticali nere, gialle e rosse e due vasi contenenti due cactus ad un passo dal decesso. Non appena Saverio mise piede sul piano, la porta s'aprì d'improvviso, rivelando così il signor Aerts: un uomo sulla sessantina, con radi capelli grigi e barba sul collo maltenuta, indossante una camicia cammello con pantaloni larghi dello stesso colore e pantofole nere, le sue mani -- raggrinzite e piene di voglie come quelle d'un uomo più anziano di lui – l'una teneva fermamente una canna di bambù chiusa da ambedue estremità da due tappi di plastica rossa e l'altra era molto probabilmente occupata ad usare la maniglia come supporto.

<> Disse, voltando molto lentamente le sue spalle a Saverio e camminando altrettanto lentamente. <>

Saverio espresse il suo rifiuto con un <> ed entrò finalmente nella dimora del signor Aerts, ove fu subito accolto dagli odori già presenti nella tromba delle scale ma moltiplicati per quattro in intensità; dalla vista di un divano bianco-grigio coperto di macchie di colore variabile dal marrone al grigio scuro, bottiglie in plastica d'acqua e di vino extratemporale poco pregiato sparpagliate sul malconcio pavimento in ceramica verde assieme ad incarti dei panini di Pollo-Pot e scatolette di carne in scatola, il tutto sovrastato da un gigantesco dipinto astratto di uno sfondo viola a righe arancioni.

Storcendo il naso e resistendo al desiderio di fare versi sconvenienti, Saverio seguì Eugène svoltando a destra e facendosi accompagnare nel cucinino ricoperto di sporcizia varia e con un frigorifero dall' aspetto così dimesso che, se fosse stato trasformato in un essere umano, si sarebbe suicidato per la depressione.

<> Eugène, dopo aver appoggiato il suo bastone al vicino tavolo in plastica bianca, si sedette su una delle sedie con sedile in plastica gialla intrecciata e base in metallo corroso, accavallando le sue gambe e facendo un gesto di calmo invito con la sua mano destra. Saverio avvicinò a sé una sedia e, dopo essersi assicurato con una fugace occhiata di non sedersi su uno strato di sporcizia o su corde spezzate, si sedette su di essa, utilizzando la mano libera per tirare fuori il foglietto degli appunti presi.

<>

Il volto del suo cliente s'illuminò d'improvviso.

<> Disse Eugène con un fiacco battito di mani.<>

Saverio si schiarì la gola con un falso colpo di tosse e, messo il foglietto dinanzi ai suoi occhi, si piegò in avanti.

<> dichiarò, una sottile vena di sarcasmo pungente corrente sotto le sue parole. <>

Due squilli di tromba, seguiti dalle prime note de "Il Canto dei Valloni" lo interruppero sovrastando le sue parole e spingendo Eugène ad estrarre dalla tasca posteriore dei pantaloni un cellulare inglobato in un bozzolo in gomma rosso-giallo.

<> Disse, tenendo il telefono di fronte a sé, prima di gracchiare una breve frase in quella che Saverio poteva solo supporre essere vallone e, poco dopo, avvicinarsi il telefono all'orecchio: la sua previa espressione rilassata si trasformò mano a mano che il tempo passava – e, presumibilmente, il dialogo andava avanti – con i suoi occhi che si sgranavano e una smorfia di sbigottimento veniva accennata dalla sue labbra. Piegando la sua schiena in avanti e guardando alla sua destra verso il frigo mezzo distrutto e il lavello incrostato, egli finalmente rispose al suo interlocutore con una domanda, sempre detta nella lingua vallona, a cui seguì quello che sembrava un botta e risposta sempre più serrato ed esagitato, per poi calmarsi e arrestarsi tutto d'un colpo,, Eugène che parlava ben più pacatamente e che aveva raddrizzato la sua schiena. Poco dopo, con un gesto di saluto fatto all'aria, egli diede presumibilmente i suoi saluti e chiuse la chiamata con un gracchio ulteriore.

<> Domandò Saverio, poggiando su uno dei suoi ginocchi e piegandosi n avanti, cosa che spinse il suo cliente a tornare alla sua posizione originaria.

<> Disse con un chiaro retrogusto di delusione, prima di alzarsi e di muoversi vero il frigo. <>

Saverio scrutò il volto di Eugène, cercando di comprendere ciò che la sua espressione poteva tradire riguardo la verità, data la situazione.

<> Domandò in tono beffardo, solo per essere risposto in maniera indignata.

<> Rispose. <>

Saverio, non molto convinto ma neanche troppo interessato ad indagare più a fondo, annuì e rialzò la testa.

<>

<> Eugène disse scrollando le spalle. Saverio si massaggiò il mento irsuto, prima di tornare a leggere il foglio.

<>

Eugène si piegò in avanti, massaggiandosi il mento e mormorando per circa un minuto, prima di emettere un responso.

<> Esclamò Eugène, tendendo la mano destra verso Saverio mentre con la sinistra rovistava nella sua tasca equivalente. <>

Saverio scosse la testa in segno di conferma, gli strinse la mano, poi prese le banconote dalle sue mani e se le infilò in tasca con un unico fluidissimo gesto.

<> Disse mentre lascia l'appartamento a passo lento, prima di accelerare il passo per uscire dallo stabile fatiscente.

-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-+-

Una volta fuori dalla palazzina in cui abitava il signor Aerts, Saverio si era diretto a cambiare i suoi talleri alla filiale vicina a casa sua di una grande banca, poi s'era incamminato verso casa sua, un appartamento non troppo lontano dal centro di Genova, contenuto all'interno di una palazzo costruito al posto di una succursale di una catena di accessori tecnologici un tempo famosa e rispettata: tale palazzo coperto in un tripudio di statue, sia contenute dentro delle nicchie sia usate come cariatidi e atlanti, ma tutti agghindiate negli stili più diversi d'ogni tempo e universo alternativo conosciuto; piani a muro dipinto a marmo alternati a lastricature in pietre policrome; ed infine balconi con tende sostenute da bronzi di forma arborea.

Aperto con le chiavi il portone in bronzo e legno figurante una breve storia di Genova, Saverio entrò nell'atrio pavimentato in marmo grigio e con le pareti in rosso pompeiano ricoperte con arazzi intessuti ad arabesco nei colori più svariati. Le scale in granito erano accompagnate al lato sinistro da una ringhiera con sostegni a spirale e al lato destro da pareti grigio-lavanda, intervallate a ciascun piano da una riproduzione a fresco in scala maggiorata di un dipinto quattro-cinquecentesco o uno effettivamente barocco.

Dopo cinque rampe di scale, Saverio una riproduzione in affresco della "Giuditta con la Testa di Oleoferne" apparirgli dinanzi agli occhi, segno che era giunto al suo piano. Senza pensarci su, prese il suo mazzo di chiavi, selezionò ed infilò la chiave della porta blindata nella serratura, per poi girare a sinistra facendola schioccare con forza. Fatto ciò, Saverio s'appoggio al gigantesco pomo in ottone e spinse, entrando finalmente nel suo appartamento.

Passato attraverso lo stretto e scarno corridoio, Saverio arrivò nel suo salotto-cucina, si sdraiò sull'infeltrito divano color verde foglia con bordi del colore della castagna, e levò un profondo sospiro, mentre fissava il soffitto scamorza e gli stucchi botanici bianchi ai bordi. Il suo breve riposo fu subito interrotto da un assordante raglio d'asino, cosa che lo fece balzare in piedi e correre verso il tavolo in legno scintillante di lacca al fine di afferrare il cellulare che giaceva sul tavolo, afferrandolo con la mano ed urlandogli <> prima di metterlo all'orecchio.

<> Saverio domandò preoccupato, solo per sentirsi rispondere da un fastidioso gracidio.

<> Marisa parlò una volta smesso di ridere, cosa che spinse Saverio a storcere il naso in preda all' irritazione.

<>

<> Marisa disse sempre ridacchiando. <>

Saverio si coprì il volto con una mano, grugnendo infastidito.

<> Disse. <>

<> Marisa dichiarò. <>

<> Disse lui con un sospiro esasperato.

<> Dichiarò Marisa con una voce quasi disinteressata, al livello che Saverio se la stava figurando mentre si guardava le unghie. <>

<> Saverio rispose, lasciando dietro di sé silenzio per pochi secondi, prima di continuare. <>

<> Continuò Marisa. <>

Egli sospirò un'altra volta, prima di avviarsi verso il frigorifero con ante in finto mogano intagliato a stemma nobiliare.

<>

 

  
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