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Autore: AlessiaDettaAlex    30/06/2016    3 recensioni
Che i trentaquattresimi Hunger Games abbiano inizio!
Alyss Knight si è offerta volontaria alla mietitura per proteggere Laree Amberdeen, la ragazza che ama. Ma, oltre a sopravvivere all'arena, ha un altro obiettivo importante da adempiere: nascondere alle telecamere di Capitol City la sua relazione omosessuale con la giovane Laree, che potrebbe costare loro la vita a causa delle ferree leggi di Panem a riguardo.
[Capitolo 1]
«No!» grido con rabbia, «non lei!» tremo di terrore e di fatica, quando la raggiungo davanti al palco. «Mi offro volontaria come tributo al suo posto!». Non posso credere di averlo fatto sul serio. Un brivido mi corre lungo la schiena, di paura ed eccitazione insieme, nella consapevolezza che sto per morire. Sto per morire per lei.
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[Capitolo 4]
"Noi tributi siamo solo questo: gli agnelli più belli, giovani e forti del gregge, strappati dai propri compagni per attendere al sacrificio da tributare a dèi oscuri. E il nostro sangue bagnerà l’altare dei potenti, tra grida di giubilo e l’eco lontana del lamento degli ultimi, che piangeranno per lunghi secoli i loro figli."
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 12
 
Il mattino successivo una piacevole sorpresa ci attende: la neve ha smesso di scendere. Ormai mi ero quasi rassegnata all’idea che gli strateghi avessero fatto una scommessa per vedere chi fosse l’ultimo a morire di ipotermia– o di fame, chi lo sa. Nonostante la bella notizia decidiamo di non scendere dal nostro albero per tutta la mattinata, per verificare se il tempo avrebbe retto sul serio o se fosse solo una trappola.
Verso mezzogiorno Skeeter mi lancia addosso una pigna.
«Che diavolo fai?!» ringhio io massaggiandomi il braccio leso.
«Volevo vedere se eri ancora viva oppure eri già morta congelata» risponde lui con un’alzata di spalle.
«Ma ti pare?!»
«Sei rimasta quasi due ore immobile a guardare un grumo di neve impigliato tra i rami. Cosa avrei dovuto pensare secondo te?»
Io scuoto la testa con disapprovazione. Lui, per tutta risposta, ride.
Ride di gusto e viene da ridere anche a me. Non lo so perché, ma è la prima volta da tanto che rido così, come se andasse tutto bene, come se non fossi dentro un’arena piena di trappole mortali per proteggere la vita della ragazza che amo. Stare con Skeeter mi fa sentire meglio. Lenisce le mie ferite fresche, mi ridà speranza. È ora, guardandolo in quei suoi occhi cristallini, che mi rendo conto che a lui ci tengo sul serio. Qualcosa sembra cambiato definitivamente dal nostro dialogo di due giorni fa, ed è quell’esatto qualcosa che porterà alla rovina entrambi. Non siamo più tributi in competizione, non siamo più alleati, ma siamo amici. E ora non riesco più a togliermi le sue parole dalla testa:
E se riuscirò a farti vincere… avrò la certezza che ero destinato a questo da sempre.
«Credo sia ora di scendere, Alyss»
Io annuisco e lentamente cerchiamo di farci strada attraverso i rami gelidi e pericolosamente irrigiditi dal freddo. Ad ogni passo il terrore che un appoggio che mi sembrava sicuro ceda, rifacendomi provare l’ebbrezza della caduta micidiale del primo giorno d’arena, mi stringe il petto in un groviglio. Nemmeno il pensiero che stavolta ci sia un tappeto morbido di neve fresca ad attendermi riesce a farmi sciogliere la tensione della discesa.
Una volta a terra constatiamo con stupore che la neve non supera il livello delle nostre ginocchia, nonostante abbia nevicato per due giorni interi. Il mio alleato guarda in alto, alla ricerca del sole tra i rami.
«Sembra che abbiano alzato la temperatura di proposito per permettere alla neve di sciogliersi più rapidamente»
«A quanto pare» rispondo io sistemandomi i coltelli nel cinturino.
Li conto per scrupolo: sono tutti e quattordici.
«Andiamo»
«Dove?»
«A caccia di provviste».
Stamattina abbiamo finito tutto quello che avevamo per assicurarci di avere abbastanza energia per tornare a cacciare dopo due giorni di inattività quasi completa. Non so cosa potremmo trovare con l’arena in queste condizioni, ma siamo pronti ad arrivare dalla parte opposta della montagna per riuscire a mettere da parte qualcosa. Siamo carichi e inarrestabili.
Dopo quasi un’oretta di cammino a vuoto, il mio stomaco comincia a brontolare.
«Hai già fame?!» mi guarda Skeeter.
Io faccio per rispondergli quando una specie di gemito ovattato mi raggela la spina dorsale e mi volto di scatto sfilando tre coltelli dal mio cinturino. Nessuno. Me lo sono sognata? Guardo il ragazzo del Distretto 4 e vedo che anche lui è in posizione di guardia, una mano sul freddo acciaio del suo fidato tridente.
«Che è stato?» chiedo io in un sussurro.
Un altro gemito, simile al primo, ma più lungo e lamentoso, mi spinge a ricalibrare la fonte del suono udito prima. Viene esattamente da…
«Sotto di noi!» grida all’improvviso Skeeter saltando indietro.
Io provo a fare lo stesso, ma una mano si avvinghia alla mia caviglia sinistra facendomi perdere l’equilibrio e facendomi scivolare a terra. Una mano… da sotto la neve? Skeeter lascia andare la presa sul suo tridente e si mette a scavare attorno alla mano emersa. Io mi tiro in piedi ancora ansimante per lo spavento e sbarro gli occhi di fronte alla sorpresa che il mio alleato tira fuori dalla neve. In una specie di tana da volpi scavata nel terriccio e poi ricoperta di neve, giacciono nel sangue Gilbert e la ragazza del 9. Lei svenuta ma viva – sembra respirare ancora – lui che ci fissa senza espressioni particolare, la faccia sporca di terra, sangue e neve sciolta.
«Che sorpresa… ci rivediamo» sigla con freddezza Skeeter.
Gilbert ha una brutta ferita alla testa. Sembra che non sia stato del tutto sicuro per lui saltare in continuazione da un albero all’altro. Io lo guardo negli occhi. I suoi occhi che ci guardavano dall’alto in basso fino al nostro ultimo incontro, occhi carichi di orgoglio e presunzione, di voglia di vendetta e sete di vittoria. Ora, invece è uno straccio. L’oro delle sue iridi si è trasformato in bronzo, lo sguardo altezzoso è velato da una patina di delusione.
«Che ne facciamo, Alyss? Ormai sono spacciati comunque. Decidi tu»
Skeeter rompe il silenzio glaciale che si era formato nel mio cervello. Mi riscuoto. Gilbert mi guarda, accenna un ghigno, molto simile a quello che aveva poco dopo aver rubato la vita di Roy.
«Li uccidiamo noi» è la mia rabbia rinnovata a parlare.
«Sai perché ho voluto Roy nell’alleanza?» mormora il giovane del 7 all’improvviso. «Speravo con tutto il cuore che se ti avessi dimostrato di tenere al tuo compagno di distretto allora anche tu avresti deciso di unirti a me. Per lui»
Stringo i pugni al fianco. Tipico della mentalità calcolatrice di Gilbert.
Tossisce e prende un gran respiro per trovare la forza di continuare a parlare.
«Poi, quando ho capito che lui non sarebbe servito a farti cambiare idea, l’ho ucciso. Se ti fossi arresa avresti avuto qualche speranza di tener vivo quel bambino… ma non hai voluto, e lui è morto per causa tua»
«Smettila di dire cazzate» taglio corto io guardandolo con disprezzo. Come se Roy avesse avuto qualche speranza di tornare a casa. Proprio per questo Layla aveva deciso di farlo soffrire il meno possibile lanciandolo nel bagno di sangue. Ma no, Gilbert ha voluto proteggerlo, ha voluto dargli una speranza; una speranza che avrebbe poi fatto bruciare lui stesso con un terribile colpo d’ascia. Roy poteva andarsene in pace, invece ha passato gli ultimi momenti della sua vita ad essere usato come un oggetto senza valore da questo mezzo umano che giace qui davanti a me. Stringo i denti e afferro il mio fidato pugnale.
«Sta zitto. Non devi più permetterti di parlare di lui» le mie parole escono come veleno sputato.
È il momento di farla finita qui ed ora con te.
Mi piego su un ginocchio verso di lui.
«Per Roy!»
Alzo il coltello in aria e poi lo affondo con forza nel petto di Gilbert. Sgrana gli occhi, una goccia di sangue gli sporca il viso. Il suo corpo ha lievi spasmi, ma dopo poco è immobile. Un cannone risuona nell’arena. L’ho ucciso. Con queste mie mani. Ho vendicato Roy Cutter.
Ma in qualche modo questo non mi fa sentire meglio. Stringo tra le mie mani il manico del coltello ancora impiantato nel petto del mio nemico e sento gli occhi pizzicarmi di tristezza e rabbia. Non riesco a trattenere dei singhiozzi, e delle lacrime scivolano dalle mie guance, gocciolando sul sangue di Gilbert.
Perché… piango?
Rivoli di sangue sgorgano dalla ferita aperta, inzuppandomi la tuta.
Non ce la faccio più a stare qui dentro, in mezzo a dolore e morte!
Grido, e nel momento in cui lo faccio la mia bocca si riempie delle mie stesse lacrime. Continuo a piangere, incurante di Skeeter, delle telecamere, di Capitol City, di Layla, di Sirius o Laree. Sono umana anche io, e per una volta voglio esserlo completamente, senza fingere che tutto questo mi vada bene.
Quando riesco finalmente ad alzarmi in piedi e a pulire il coltello dal sangue di Gilbert, mi volto verso la ragazza del 9, ancora svenuta nella neve.
«Finiscila ora che è incosciente, per favore» sussurro senza forze a Skeeter.
Lui obbedisce senza fiatare, e il secondo cannone della giornata spara. Raccoglie gli zaini dei due ragazzi morti e ne controlla il contenuto; poi, senza dire nulla, se li mette in spalla e mi fa cenno di allontanarci.
Oggi ho mostrato tanto al mondo di me, forse troppo.
 
Il pomeriggio prosegue con varie ore di silenzio che io apprezzo tantissimo. Per mia fortuna una qualità del mio compagno di avventure è quella di intuire quando è il momento di lasciarmi sola coi miei pensieri e quando invece ho bisogno di essere distratta con ogni mezzo.
Io sto cambiando.
L’arena mi sta cambiando.
Ho ucciso senza battere ciglio quel ragazzetto del 10. Ho lottato, ho tolto la vita a Gilbert come se mi fossi trovata di fronte a un criminale, nonostante qualche giorno fa fossimo tutti lì, ad armi spianate, a realizzare quanto in realtà anche lui fosse solo un giovane qualunque, desideroso di vivere e riscattare le sue proprie ferite.
Laree ha visto tutto questo. Laree sta vedendo me così, la nuova me che si sta formando in questa gabbia per animali, e che avrebbe potuto essere lei. Mi starà odiando? Cosa penserà della sua Alyss, di quella ragazza insicura che tremava come una foglia prima di dire le due parole che ci avrebbero trasformato in amanti? Mi vedrà solo come un’assassina, adesso? Una bestia tra le bestie? Proverà ribrezzo di me?
Non avevo mai pensato a questa possibilità prima d’ora. Fin’ora ho ucciso pensando di farlo per lei, per tornare da lei. Ma se lei ora di me vedesse solo le mani sporche di sangue, per cosa starei lottando esattamente? Forse sarebbe stata più felice sapendomi morta con la coscienza pulita, piuttosto che viva ma profondamente cambiata.
«Alyss» mormora Skeeter fermandosi di colpo. «Smettila di torturarti con pensieri che non ti fanno bene»
Io lo guardo stupita. Prima che possa formulare un’ovvia domanda, lui mi anticipa:
«Ti si legge in viso che stai pensando solo al peggio. Basta adesso. Guarda qui, piuttosto» mi lancia uno dei due zaini presi alla Gilda. Io lo apro e controllo l’interno. C’è cibo e acqua a sufficienza per giorni di cammino. Nient’altro. Gilbert e compagni si portavano dietro solo lo stretto necessario: armi e vivande. Non avevano neanche una coperta per la notte a quanto pare. A meno che non l’abbiano lasciata da qualche parte tra gli alberi.
Alzo lo sguardo verso il mio compagno e mi sforzo di tornare a sorridere.
«Caccia alle provviste: completata!»
Lui annuisce.
«Lasciati il dolore alle spalle, Alyss. Dobbiamo proseguire per la nostra via se vogliamo vincere» fa una pausa che pesa come piombo, per me. E poi continua: «Che ne dici di andare verso la Cornucopia?»
Lo affianco con un pizzico di ritrovato coraggio.
«È arrivato il momento di trovare i Favoriti?»
«Dopo la bufera di neve è probabile che anche loro siano a corto di provviste ed è difficilissimo cacciare con la terra ancora coperta di neve. Se le mie intuizioni sono giuste, saranno diretti alla Cornucopia a vedere se è rimasto qualcosa»
Io deglutisco. Quanti ne sono? Faccio due conti e comprendo che loro sono rimasti solo in tre. Spaventoso ed elettrizzante allo stesso tempo.
«D’accordo. Andiamo»
Mandiamo giù un boccone di quello che sembra strano cibo sottovuoto di Capitol City – comunque incredibilmente nutriente – e ci incamminiamo.
È ormai il tramonto quando arriviamo alla parete rocciosa con le corde. La guardo in tutta la sua maestosità.
«Ci toccherà scalarla tutta. Non c’è una via meno pericolosa per tornare in cima?»
Skeeter scuote la testa.
«Non che io sappia. Io direi di accamparci su quel gruppetto di spuntoni rocciosi lassù. Non sono troppo lontani, ma abbastanza in alto per poter passare una notte tranquilla»
Comincio ad essere stanca. È stata una giornata complessa, sebbene fisicamente non abbiamo fatto nulla di stremante. Ma raccolgo tutte le mie ultime forze e con Skeeter mi lego una corda alla vita e mi tiro su. Appena arrivati al nostro designato giaciglio mi accoccolo dentro il mio sacco a pelo e guardo il cielo.
L’inno di Panem risuona, i volti di Gilbert e la sua compagna mi guardano fieramente. Non riesco a staccar loro gli occhi di dosso finché gli strateghi non li fanno sparire. Skeeter rimane in un silenzio contemplativo. Stiamo cominciando a sentire il peso di questi Giochi sulle nostre anime.
Non penso che Laree avrebbe retto tutta questa pressione.
Dopo tutto ciò che abbiamo passato, il pensiero di subire sul mio corpo e il mio spirito tutto quello che sarebbe toccato a Laree è l’unica cosa che mi dà la forza di addormentarmi serena.

 
L'angolo di Alex.
Buonsalve! Eccovi un nuovo capitolo a caldo della mia fic che, come promesso, sto continuando a scrivere.
Come avrete notato sono spairiti i disegni a inizio capitolo dei personaggi, perché mi sbatto a metterli ogni volta e perché adesso li disegnerei un po' diversamente da come li ho fatti l'anno scorso, eheh.
Ma veniamo al capitolo: la morte di Gilbert! Mi sono immaginata da tempo questa scena, e ogni volta era un po' diversa dalla precedente. Alla fine, quando l'ho scritta, le parole sono venute giù da sole ed è stato nuovamente diverso da come me lo immaginavo inizialmente. Qualcosa di nuovo sta accadendo nel cuore di Alyss, e mi piaceva porre l'attenzione soprattutto su questo: nell'arena, volente o nolente, finisci per odiare. Anche se non vorresti, anche se sai che il ragazzo di fronte a te, pur sembrando senza cuore, un cuore ce l'ha. Alyss sta cominciando ad accorgersi di questo gap, ed è ciò che la spaventa. E ciò che ha paura spaventi anche Laree.
Mi è piaciuto scrivere della morte di Gilbert. Voi come l'avete trovata?
Vi anticipo che nel prossimo capitolo (o i prossimi due, devo ancora capire se suddividerlo o meno) tornerà l'azione. Ma quella bella. Eh eh. Non so dirvi quando pubblicherò, ma state certi che lo farò, come ho fatto oggi.
Ne approfitto per ringraziare chi ha letto la mia mail e ha accettato l'invito di tornare a recensire questa long a cui vi vedevo tanto affezionati! Vi prego di non abbandonarmi, The odds are never in my favor ha bisogno anche di voi!
Alla prossima!
Alex
   
 
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