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Autore: Doineann    30/06/2016    4 recensioni
Porto Rico, inizi del diciassettesimo secolo.
San Juan è una città portuale, teatro della vita di soldati, marinai e pirati. Tra le tante meraviglie che la città vanta, vi racconterò della nascita della leggenda del fantasma di Borikén e del suo amore per il mare.
BRITTANA, non escludo accenni ad altre coppie.
Pirate!Santana; Mermaid!Brittany
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LA PALOMA


Ritornare a San Juan non fu per niente facile. Santana non sapeva neanche in quale parte dell’isola si trovasse al momento. 

Aveva fatto dei calcoli mentalmente, usando ciò che ricordava della tempesta. Per esempio, ricordava chiaramente che il vento era di scirocco, proveniente da sud ovest. Ricordava con terrore come cercasse di remare a sud, per rivedere il molo settentrionale di San Juan, ma le raffiche la spingevano indietro.

Poteva essere finita a Palo Seco o a Toa Baja, luoghi che conosceva solo per sentito dire. Trovò la sua risposta solo addentrandosi all’interno della flora da cui nasceva la spiaggia. Conciata com’era, dubitava che se anche si fosse imbattuta in una città qualcuno si sarebbe fermato per prestarle servizio. 

Non che l’eventualità di trovarsi su un’isola deserta la spaventasse più di tanto, comunque, aveva già fatto i conti con la solitudine e con i problemi quotidiani della sopravvivenza nella natura selvaggia. Ciò che realmente la spaventava era non avere uno straccio di imbarcazione con cui fare ritorno a San Juan. 

Dopo una giornata di perlustrazione, vide le sue paure concretizzarsi. Prima di addormentarsi, per la prima volta nella sua vita, si domandò cosa ne fosse di Noah. Era preoccupato per lei? Era andato a cercarla? 

La mattina seguente fu il sole a svegliarla. Fu facile così identificare due punti cardinali e ricavare gli altri due. 

Seppur lo stomaco cominciasse a farle male per la fame, Santana mise da parte i bisogni primari per far fronte a problemi più grandi. Aveva scorto, durante la perlustrazione del giorno precedente, numerose palme e un buon numero di tronchi. 

Non aveva bisogno di una zattera perfetta, né di una zattera spaziosa. Aveva bisogno di qualcosa di resistente per tornare a casa. 

Il lavoro fu stancante, le sue mani, a forza di strappare foglie di palma con cui tenere insieme i vari pezzi di legno, si erano riempite di tagli. Dire che a fine giornata, alla luce del sole del tramonto, Santana avesse delle perplessità sulla riuscita del suo piano sarebbe riduttivo. 

La fiducia della mora, tuttavia, non era riposta nelle sue capacità di carpentiere improvvisata, ma nel mare. 

Le stelle avevano già fatto la loro comparsa quando Santana si decise, dopo gli ultimi “perfezionamenti”, ad avvicinare quell’ammasso di legna al mare. 

È fatta di materiale galleggiante, Santana, non può sprofondare.

- Può sprofondare se si slega.

Se dovesse slegarsi mi aggrapperò al tronco più grosso e pregherò il Signore.

Annuì alla voce che le stava dando manforte, d’altronde quali possibilità aveva? O si gettava o restava su quell’isola a morire di fame. 

«Non so quanto è grande il tuo amore per me.» L’eco delle parole della sirena le tornarono in mente nel momento più appropriato, come ulteriore spinta positiva. Dimostra a Brittany quanto ami il mare.

Raccolta ogni fibra di coraggio, Santana mise i piedi nell'acqua, affiancata ad ogni passo dalla zattera di fortuna che era riuscita a costruire nel giorno. Ad occhio, dire che misurasse più di un metro e mezzo quadrato era dir tanto. 

Per remi aveva null'altro che le mani e raccolte nella camicia logora, adoperata come un fagotto da picnic, qualche frutto che aveva messo da parte per il viaggio. 

Si era accorta durante il giorno di aver già perso il cappello di pelle che le era stato donato dalla sirena. In quanto persona di mare, a modo suo, la mora era troppo superstiziosa per non pensarlo come un cattivo auspicio, come se il mare si fosse già ripreso parte di quello che le aveva dato ed ora fosse impaziente di strapparle via dalla carne anche l'anima. Rabbrividì al pensiero, ma era ormai tardi per fare marcia indietro.  

Con le stelle per bussola, Santana navigò con lo sguardo alto tutta la notte. Aveva la possibilità di correggere grossolanamente, di tanto in tanto, la rotta, nonostante le correnti le stessero prestando un grosso aiuto. 

Prima dell'alba le parve di scorgere terra in lontananza e così fu realmente. Fece il possibile per avvicinarsi senza infrangersi sulle scogliere. Da lì, alla luce del sole, decise di costeggiare l'isola fino a San Juan, di modo che se anche un'onda avesse travolto e capottato quello scorcio di bosco galleggiante, gridando abbastanza forte, qualche pescatore potesse salvarla. 

Arrivare al molo in cui aveva passato anni della sua vita fu quanto di più stancante. Quando, accompagnata dal rossore soffuso del tramonto, raggiunse finalmente il porto sicuro, amorevolmente familiare, era certa di essere allo stremo delle forze. 

La zattera resistette fino alla riva, poi si aprì in due sotto al peso di Santana. Con le labbra e la pelle arse dalla salsedine e secche per la disidratazione, la mora alzò lo sguardo verso il borgo. 

A giudicare dal gruppetto di persone che l’additava e dal numero di persone che invece, più umanamente, le stava correndo incontro, il suo ritorno non era passato inosservato. 

Quel giorno arrivò a casa grazie a Noah, che dopo essere stato avvisato corse in portò alla velocità della luce per prestare soccorso all'amica, come promesso qualche tempo prima. 

Santana non era mai stata tanto felice di trovarsi sulla terra ferma. 


Senza più barca e senza più reti, Santana non aveva un futuro roseo ad attenderla. Aveva già contato i soldi che aveva messo da parte vendendo i frutti del mare, ma non erano neanche lontanamente sufficienti a permetterle di comprare una barca nuova. 

Nonostante tutto, non riuscì a resistere al richiamo del mare. Andò al molo per offrirsi come mozzo ad ogni equipaggio che ombreggiava, ma nessuno voleva avere a che fare con una donna, per di più una donna con quel tipo di  reputazione. 

Fantasma di Borikén, figlia del diavolo, ormai aveva sentito di tutto sul suo conto. 

Per calmare il suo animo irrequieto e quasi vinto, passeggiò sulla spiaggia di sabbia dietro casa di Don Comacho, lasciata a se stessa dopo la scomparsa del buon uomo, che in vita se ne prese cura come di una figlia. 

«Ti ho trovata.»

Non aveva neanche bisogno di voltarsi per sapere a chi appartenesse quella voce. L'unico suono umano in grado di darle pace al cuore. 

Santana accennò un sorriso, domandandosi se realmente la ragazza l'avesse cercata ai quattro venti o se fosse solo un modo per iniziare la conversazione. Nel cuore, il timore che non le importasse molto della differenza, non con quel viso angelico  vicino a sé. Fermò il suo passo quando giunse di fronte a lei, non l'aveva mai incontrata al chiaro di luna. Per quanto possibile, sembrava più bella che mai con il pallore della stella a risaltarne i lineamenti. 

Bella e dannata. 

«Se non ti conoscessi direi che non sei felice di vedermi. Cosa ti rattrista?» domandò pacata la sirena. 

«No, al contrario. Sono qui per te.» cominciò la mora, ostentando un altro sorriso. Poi si corresse: «Sono qui grazie a te,» si rivolse alla donna con voce riconoscente, consapevole della veridicità di quelle parole povere. Infine, con una straziante malinconia, aggiunse «ma non ho più niente.»

La sirena parve non capire. Sdraiata prona sulla sabbia scura e fredda della notte, dopo aver incrociato le braccia sotto di sé alzò lievemente il busto, per vedere meglio la latina in viso. Certe cose vanno dette con gli occhi fissi su quelli di chi ascolta.

«Hai il mio cuore, non è abbastanza?» 

Santana sgranò gli occhi, aveva capito bene? Certo, sapeva che la bionda parlasse per conto del mare, ma sperava che potesse godere di avere anche il cuore della sirena. 

Sono creature senz'anima, dannate in eterno. Incantano gli uomini e dopo averli stregati li portano negli abissi per divorargli la carne. Sperano che nella carne sia nascosta anche l'anima: solo rubandola possono averne una. Non farti convincere dal loro inganno, non hanno cuore e mai l’avranno. 

Oh, Don Llorenço, se solo potessi aiutarmi adesso.’  Non era una stolta: sapeva che se anche l’uomo fosse stato lì presente in carne ed ossa e con la forza l’avesse portata via dalla creatura, non sarebbe stato sufficiente. 

Era tardi ormai per rimediare agli effetti di un corteggiamento durato anni, Santana avrebbe continuato a cercare il mare, e con lui Brittany, per il resto della sua vita.

«E tu hai il mio.» Santana ruppe il gradevole silenzio che era calato su di loro parlando sinceramente. 

«Lo so, adesso.» completò Brittany, che con le dita disegnava di chissà quale mondi sulla sabbia bagnata. «È stata una prova di fiducia molto forte..» 

Santana capì dal modo in cui la sirena aveva preso a mordicchiarsi il labbro che non era tutto, c’era di più, e questo di più che Brittany cercava doveva essere qualcosa di tanto immenso da mettere a disagio anche una creatura come lei. 

«Ma?» Provò a incoraggiarla la pescatrice, che nel frattempo si era seduta di fronte a lei, dove la sabbia era asciutta e non c’era rischio di bagnarsi gli unici calzoni che le erano rimasti da indossare.  

«Siamo creature diverse, Santana, abbiamo modi diversi di esprimere il nostro amore o di richiederlo.»

La mora inclinò lievemente la testa da un lato, come se potesse aiutarla a decifrare quello che Brittany, per un motivo o per un altro, si rifiutava di dirle. «Ora sei tu quella che non sembra felice di vedere me.» Borbottò la latina, increspando già la fronte. 

«È proprio questo il problema.» Commentò la sirena, sempre presa dalle figure astratte che, sotto alle sue dita, prendevano vita sulla sabbia. «Sono felice di vederti, ma non mi basta.»

«Io non capisco, » la interruppe la pescatrice, ancora provata dall’esperienza vissuta per dimostrare quanto fosse grande il suo amore per il mare. Aveva affidato la sua vita in mano a Brittany, l’aveva lasciata al giudizio delle onde dell’oceano. Come poteva non bastare? Cosa poteva fare ancora?

«Quando voi umani vi amate non cercate forse di più di un semplice vedere?» Domandò Brittany, senza lasciare alla latina la possibilità di dar voce ai suoi dubbi. «Non bruciate dal desiderio di possedervi in modo esclusivo?»

L’unico modo in cui il desiderio, al momento, bruciava Santana, più che essere esclusivo era carnale. Deglutì sonoramente, la bocca asciutta per l’improvvisa agitazione, gli arti congelati. Dì qualcosa. «I-io..» 

«In un certo senso siamo simili.» Proseguì la sirena, del tutto indifferente alla reazione della mora. «Ma quando il mare ama qualcuno..»

Gli distrugge la barca. Santana fu tentata di dirlo, ma la serietà negli occhi di Brittany, solitamente accessi dalla voglia di scherzare, la convinse a desistere e a rimanere in silenzio ad ascoltare.

«…Offre una certa cosa incambio di un’altra.» 

Brittany alzò lo sguardo per incontrare quello di Santana, come per assicurarsi che la stesse ancora ascoltando. 

«Cosa offre?» 

«Quello che io posso offrirti,» riprese la bionda, con una voce tanto suadente da scivolare come seta pregiata dal mare alle orecchie di Santana, «è il dominio dei mari.»

Alla mora crollò la mascella. Il dominio dei mari. Il controllo dei mari affidato per la prima volta ad una donna e quella donna sarebbe stata lei. Poi però, suonò un campanello di allarme nella sua testa che le mise un po’ di sale in zucca. Era troppo bello per essere vero, doveva esserci una sorta di inganno, un contro. 

Se l’offerta era il dominio dei mari, quello che chiedeva in cambio doveva avere un valore esorbitante. Santana fece due calcoli: non aveva mai rubato tesori preziosi e non possedeva grandi ricchezze. Anzi, l’unica cosa di valore barattabile le era stata già portata via dalla sirena. 

«Non ho niente da darti. Non ho neanche più una barca.» Mormorò Santana, tornando alla realtà.

«Se il problema è la barca dovrai solo chiedere, Santana. Il mare ti darà tutto ciò che desideri.» Rispose prontamente la bionda. 

La latina, incantata dal movimento sinuoso della coda di pesce della sirena, dischiuse le labbra per accettare la proposta della bionda, anche senza aver sentito la seconda parte del patto. Una pezzo di lei, quello che sotto alla pelle si stava contorcendo silenziosamente d’anticipazione, aveva il timore di conoscere già cosa le avrebbe chiesto.

«Qual è il prezzo per il dominio dei mari, Brittany? Dimmelo, sinceramente.»  

La sirena sentì il bisogno di avvicinarsi alla ragazza seduta sulla riva. Aveva appreso con l’esperienza che gli uomini preferivano ricevere certe notizie quando avevano a fianco una spalla a dar loro man forte. Come uscì dall’acqua la sua coda di pesce lasciò il posto alle gambe che dopo tutti quegli anni non aveva ancora imparato ad usare e gattonando arrivò fino a Santana.

«Per sette anni avrai il controllo di tutto ciò che popola gli oceani. I pesci si getteranno nelle tue reti per sfamarti, i venti obbediranno alle tue richieste, il popolo del mare si schiererà dalla tua parte…» Santana alzò lo sguardo al cielo, erano tutte cose che già sapeva. Sembrava quasi che Brittany avesse paura di svelarle il prezzo da pagare per un dono del genere.

«E continueremo a vederci?» Domandò, interrompendo il discorso della sirena.

«Sai già che appartengo al mare. Se lo vorrai, sarà il mare a portarmi da te.» A Santana parve una risposta soddisfacente.

«Cosa succederà dopo?»

«Allo scadere dei sette anni il mare prenderà te e la tua vita. Solo così potrò averti per me.» Brittany sorrise, ma lo fece senza la consueta lucentezza. 

Santana cominciò a capire cosa avesse voluto dire la bionda quando, dopo averla salvata, le aveva detto che la loro natura era distruttiva. Cosa poteva essere più distruttivo dello sgretolare la vita della persona amata per coronare il loro sogno d’amore?

Scrollò le spalle e sospirò vinta. «Il mio cuore è già tuo.» Provò la latina, nella speranza che ripeterlo una o magari cento altre volte avrebbe giovato la sua causa. Poteva dimostrarle il suo amore anche in altri modi, senza doverle dare la vita.

Brittany annuì, cercando la mano della latina con la sua e non appena queste si trovarono, la sirena non attese un secondo per intrecciare le dita a quelle di Santana. 

«Santana..»

«Io sono già tua!» Urlò nuovamente la ragazza, saltando in piedi. Stava accadendo tutto troppo in fretta ed era tutto troppo assurdo.

«Dimostralo. Accetta la mia proposta.» Implorò Brittany da terra.

Santana scosse il capo con poca sicurezza. «Non posso.»

«Sì che puoi,» Osservò testardamente la sirena, per nulla scoraggiata da quella reazione. «devi solo dire sì.»

Ancora una volta, indietreggiando, Santana scosse il capo. Dischiuse le labbra per parlare ma prima che potesse proferir parola, Brittany la pregò. «Se non vuoi dire sì, almeno non dire no. Ti lascerò del tempo per pensarci, ma non dire subito no. So che non è quello che vorrebbe dire il tuo cuore.»

 

La sirena fu fedele alla sua parola. Lasciò talmente tanto tempo a Santana riflettere che questa passò le ore della notte a rimuginare sulla sua proposta. 

Il dominio dei mari per l’amore di una sirena e la sua vita. L’amore di una sirena per sette anni in cambio di una vita priva di affetti. 

Santana si rigirò nel letto.

A quanti, prima di lei, Brittany aveva promesso il suo amore? Quanti avevano detto addio per sempre a questo mondo sperando di diventare il per sempre di una sirena? Santana amava il mare, ma non era certa di avere un amore tanto incondizionato. Non si sarebbe accontentata dell’illusione di un amore eterno in cambio del dominio dei mari. No, in cambio della sua vita avrebbe chiesto di più. Avrebbe chiesto la certezza di un amore eterno per entrambe le parti. Questo, chiaramente, se mai avesse avuto il coraggio di accettare una richiesta tanto folle quanto allettante.

Nonostante i gravi pensieri, la stanchezza dei giorni precedenti riuscì a vincerla e a regalarle qualche ora di sonno. 

Sempre più spaesata dall’assenza di Bailarina, perduta per sempre, Santana ebbe non pochi problemi nel svagarsi. 

Uscì di casa di prima mattina per un rapido giro nel paese, che in ogni sfaccettatura le ricordava di ciò che aveva perduto. 

I legni dei tetti le ricordavano quelli della barca di Don Comacho e i colori sgargianti dei mattoncini delle case le riportavano il pensiero a Brittany e alla sua personalità estroversa e allegra. 

Pur di sfuggire dai fastidiosi pensieri, la latina si infilò nel primo negozio sulla sua via e per sua grande fortuna si ritrovò nel forno per cui lavoricchiava l’amico Noah. Nella speranza di poter scambiare qualche parola con una qualsiasi anima viva, salutò il proprietario e dopo aver acquistato il minimo indispensabile si soffermò nel locale più del consueto. Tuttavia, dopo il terzo cliente che entrando nel negozio e notando la ragazza preferiva girare i tacchi, il grezzo omaccione a capo dell’impresa dopo essersi scusato con la mora per l’assenza sparì nel retrobottega dove avveniva la magia della cottura dei cibi e a Santana non sfuggirono le parole che rivolse a Noah. Il succo era che “quella strega della tua amica” li avrebbe mandati in rovina se solo si fosse intrattenuta un altro minuto nel negozio e che di certo il proprietario non si sarebbe fatto problemi a cacciare lui e la “poco di buono” dal locale e dalla città. 

Santana non attese neanche che il ragazzo uscisse dal retrobottega per chiederle gentilmente di uscire. 

Con l’amaro in bocca la latina fece marcia indietro verso casa. Certo, era felice di aver fatto ritorno a San Juan sana e salva dopo essere stata dirottata e abbandonata in un’isola deserta, ma a quale prezzo? I suoi concittadini la evitavano come la peste, sicuri più che mai che per scamparla viva Santana avesse fatto un patto con il diavolo o con il re dei mari. 

Che amara ironia, pensò Santana. Le superstizioni dei marinai erano ben più lungimiranti di quanto si potesse immaginare.  

Per un attimo pensò di suonare il campanello dei Berry per passare almeno un’ora in compagnia di chi, era certa, non l’avrebbe rifiutata. Poi ricordò il brutto vizio di Rachel di fare troppe domande, la curiosità a suo avviso era una dote ammirabile se espressa in piccoli cenni. 

Finì quindi con lo stare da sola. Pranzò circondata dal silenzio e fu nel silenzio che le nacque una strana idea. 

Sempre con il cappello in testa, aspettò il secondo sole del pomeriggio per raggiungere la spiaggia della baia dietro al giardino di Don Comacho e una volta giunta a destinazione si spogliò dei pantaloni, della camicia e delle scarpe.  L’ultimo indumento a lasciare il suo corpo fu il cappello. 

Si avvicinò timidamente al mare, come aveva fatto quando per la prima volta aveva messo piede sulla barca del pescatore, e ne scrutò le acque. Non erano profonde fino a metri e metri dalla riva, proprio come ricordava. Perfette per mettere in pratica la sua idea. 

Non sapendo bene da dove partire, mosse qualche passo nell’acqua prima di allungarsi per dare qualche bracciata. Il primo tentativo fu fallimentare, pur essendo ad una profondità ridicola Santana si fece prendere dalla paura irrazionale di annegare e non riuscì a tenere la testa fuori dall’acqua. Bevve a tal punto da pensare di poter vomitare.

Svelta uscì dal mare per riprendere fiato e coraggio, forse avrebbe dovuto chiedere aiuto a qualcuno di esperto. Per sua sfortuna, però, Noah non aveva molto tempo libero e non conosceva nessun altro tanto bene da potergli chiedere di insegnare a nuotare. Se solo Don Llorenço fosse stato ancora vivo, avrebbe certamente approfittato della sua bravura per imparare. 

Spinta più dalla rabbia del tentativo andato male che dal coraggio vero e proprio, Santana si alzò in piedi, prese una buona rincorsa e si lanciò in acqua con la testa, come aveva visto fare a qualche marinaio in porto. 

Manco a dirlo, fu una pessima idea. Come scordandosi di essere sott’acqua, prima ancora di dare qualche bracciata per risalire, la latina aprì la bocca ingerendo nuovamente una buona quantità di acqua salata. Questa volta però a portarla in superficie furono due braccia sicure, familiari.

Santana fece un gran tossire e la sirena per tutto contro si mise a ridere. Indispettita, non appena ebbe riempito i polmoni di più aria e meno acqua, la latina fece in fretta a rivolgersi a lei in rimprovero. «Non hai niente di meglio da fare che seguirmi tutto il giorno? Hai finito le barche da affondare?»

Brittany le sorrise dolcemente, lasciando che Santana muovesse qualche passo indietro e si reggesse da sola.

«Ho molte cose da fare, ma niente è meglio che stare con te.» La corresse gentilmente, disturbando maggiormente la latina che nel mentre aveva già aggiunto sul suo viso un bel broncio. 

Per nulla intenzionata a lasciare che le labbra carnose della mora rimanessero incurvate in giù per un secondo di più, Brittany aggiunse:«Cosa stavi cercando di fare?» 

Santana rispose con un borbottio appena percepibile, tanto che la sirena dovette chiederglielo un’altra volta.

«Sto imparando a nuotare.» Ripeté più chiaramente Santana, domandandosi come non potesse essere ovvio agli occhi dell’altra.

«Oh,» Le sopracciglia bionde della sirena si incresparono all’inverosimile «ma stai facendo tutto sbagliato.» 

Santana inarcò un sopracciglio per esprimere la sua nascente irritazione. Sì, qualcosa le aveva fatto capire che il suo metodo non fosse esattamente quello vincente. 

«Non preoccuparti, ti insegno io.» Aggiunse Brittany poco dopo. Si avvicinò alla ragazza e con un sorriso d’anticipazione le porse entrambe le mani. Santana dovette pensarci qualche secondo prima di realizzare che fidarsi della sirena in quell’occasione non sarebbe stato tanto diverso dal lanciarsi in mare aperto con una zattera fatiscente. 

Quando finalmente le strinse le mani, la bionda fu lesta nel spostare la propria presa sotto le spalle della latina, mentre con gli occhi fissi sui suoi la trascinava lentamente dove le acque erano più profonde.

Santana si accorse di non riuscire più a toccare il fondale con i piedi e la nuova sensazione fu sufficiente a farle stringere le braccia attorno al collo della sirena. Non era più così convinta di voler imparare o almeno non in quel modo.

«Non credo sia una buona idea, preferirei a riva.» Confessò con quanta più paura nella voce.

Brittany le sorrise, cercando di ricavarsi qualche centimetro in più per respirare meglio nonostante la stretta asfissiante della latina. 

«I pesci non imparano a nuotare sulla riva, dove il mare è più movimentato, e neanche tu dovresti.» 

«Non sono un pesce.» Protestò Santana e fu il turno di Brittany di inarcare un sopracciglio. 

«Sicura? Pensavo di aver visto delle pinne qui sotto.» Come finì di parlare, la latina sentì una strana cosa morbida, solleticante e quasi viscida toccarle le piante dei piedi. La risata di Brittany in seguito all’espressione sul viso della latina le fece poi capire che quello che aveva sentito non era che la coda della sirena.

«Lasciati andare, Santana.»

Quelle semplici parole furono sufficienti a gelare il sangue della latina, che sgranò gli occhi terrorizzata. Aveva intenzione di convincerla a suicidarsi? Era quello che si otteneva in cambio di tanta fiducia verso una creatura degli abissi? 

«Non letteralmente.» Aggiunse ridacchiando Brittany, che pur di tranquillizzarla spostò una mano sulla sua schiena, accarezzandola amorevolmente. «Lasciati andare dentro. Non puoi galleggiare se non sei a tuo agio e non puoi nuotare se non galleggi.»

Santana sapeva che la sirena avesse ragione, ma lasciar andare la sua paura non era tanto semplice quanto pensare di farlo. 

Ancora una volta sentì la coda di Brittany solleticarle i piedi e come risposta involontaria Santana cominciò a muoverli. Ogni volta in cui la latina fermava il movimento, la sirena le solleticava le piante dei piedi ed il meccanismo si rivelò vincente. 

La latina prese lentamente confidenza con l’acqua, cominciando ad apprezzare il modo in cui l’acqua scivolava tra le dita divaricate dei piedi. «È come camminare, solo senza terraferma.»

Brittany incurvò le labbra in un sorriso dolce. «Anche meno faticoso.» 

Santana fece una smorfia. Forse per la sirena, ma la latina aveva il fiato corto pur non avendo percorso un metro. Era sempre sorretta dalla presa della bionda e tutto quello che aveva fatto fino ad allora era stato abituarsi all’essere circondata fisicamente dal mare. 

Brittany sembrò seguire la sua linea di pensiero perché, senza preavviso, fece scivolare un braccio fuori da quella specie di abbraccio. Inizialmente Santana fu terrorizzata, si tranquillizzò però quando sentì il palmo aperto della sirena contro il suo ventre. 

Era certa che se non fosse stato per la sua carnagione scura in quell’istante le sue guance sarebbero diventate di un rosso fuoco. Quando la sirena fece una leggera pressione sulla pancia di Santana, cercando di farle assumere una posizione più orizzontale che verticale, la latina si diede mentalmente dell’idiota per aver travisato le intenzioni della bionda.

«Continua a muovere i piedi.» La istruì Brittany, che continuando a tenere una mano sul ventre della mora, con delicati colpi di coda, portò i corpi legati delle due a muoversi nella distesa di blu.

Santana ebbe l’impressione di saper nuotare realmente: i suoi piedi si stavano muovendo e, tra le braccia della bionda, la baia si stava allontanando alle sue spalle. 

Continuarono così finché le labbra della latina divennero di un colore più violaceo del solito e le sue mani sembrarono voler mettere su delle squame vere e proprie. Brittany la scortò fino a riva, dove decise di soffermarsi un altro po’ in compagnia della latina. 

Quando il suo corpo fu fuori dall’acqua, come era successo le volte precedenti, la coda argentata della sirena cambiò fino a prendere le sembianze di due gambe in carne ed ossa. Fu il turno di Santana di sorreggere la compagna d’avventure: la prese sotto braccio e camminando a fianco a lei la portò dove aveva lasciato i vestiti.

«Dev’essere strano sentire questo pizzichi sotto ai piedi giorno dopo giorno.» Commentò Brittany, riferendosi al modo in cui sentiva la sabbia picchiettarle sulle piante ad ogni passo. 

«È per quello che portiamo le scarpe.» Le fece notare pacificamente Santana, indicandole i suoi stivali poco distanti.

«Oh, i copri-piedi.» Mormorò Brittany, che si allungò sulle gambe della latina senza tante remore e dopo aver agguantato uno stivale provò ad infilarlo. Sembrò abbastanza delusa dal fatto che quella misura non le calzasse, dire che fino ad allora aveva pensato che tutti i piedi degli uomini erano della stessa grandezza. 

«Grazie per oggi.» Sussurrò Santana, incantata dalle movenze della sirena che con rammarico si stava sfilando lo stivale troppo stretto.

Brittany annuì silenziosamente, rendendole la scarpa che le aveva preso e posando una mano sul dorso di quello scuro della latina. «Lo farei tutti i giorni, se volessi. Tutto quello che voglio è stare con te.»

Santana si morse il labbro inferiore sentendo la tristezza nelle parole della sirena. La loro situazione era realmente un rompicapo: ciò che portava felicità ad una riempiva di una strana tristezza l’altra e viceversa. La latina radunò in fretta i pensieri. 

A che pro rifiutare la sua richiesta? La vita degli ultimi giorni trascorsa sulla terra ferma le aveva provato che se realmente si fosse imbarcata per i sette mari, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza, né lei avrebbe pianto per la perdita di quelle poche amicizie che aveva. La sua scelta era tra una possibile lunga vita di rimpianti, emarginazione e occhiatacce ed una vita di altri sette anni, circondata però da tutto ciò che poteva rallegrarle la permanenza sulla terra.

«Se la tua proposta è ancora valida,»

«–Lo sarà finché non capirai che è l’unica via.» La interruppe con trepidazione la sirena.

«io accetto.» Finì Santana, con un filo di voce. 

Brittany sorrise, prima trascinata dall’euforia e poi più tristemente, dando una debole stretta alla presa, quasi a volersi complimentare con lei per la tanto sudata decisione. 

«Non lo rimpiangerai.» Le assicurò Brittany, che si era intanto messa a sedere sulle ginocchia. «Non ci resta che sigillare il patto.»

Santana alzò la testa con curiosità, domandandosi cos’altro ancora dovesse fare per dimostrare quanto tenesse al mare e alla bionda. «Sigillare..come?»

«Con il gesto più antico. È pur sempre una promessa di amore.» Chiarì con ovvietà la sirena, che ora le accarezzava timidamente l’avambraccio. Santana sentì il cuore martellarle il petto ed ebbe la certezza di aver capito bene quando incontrò gli occhi chiari della creatura marina, che la stava quasi implorando silenziosamente. Così la latina si sporse finché le sue labbra non incontrarono quelle della bionda.

Brittany aveva già vissuto storie simili e aveva dato baci dello stesso tipo a molti uomini, ma in quel preciso istante sentì nelle viscere che con lei sarebbe stato diverso. Era la prima ragazza a cui offriva il suo amore e con ogni certezza, sarebbe stata l’ultima.

«Voi umani sapete così tanto di terra.» Mormorò confusa la sirena una volta lontana dal viso della latina, mentre con perplessità si passava la lingua sulle labbra. 

Rimasero così, in silenzio, mano nella mano, a contemplare il sole del tramonto fino a quando Brittany sciolse le dita dalla presa per fare un lento ritorno al mare. 

Era già distante cinque metri dalla riva quando si girò per richiamare la latina. «Oh, Santana? Hai tre giorni per radunare una ciurma. Al tramonto del terzo giorno torna qui, troverai un regalo ad attenderti.»

*****
Buongiorno, miei prodi. Temo che una decina di noi si sia persa in mare, non ho bottiglie di rum con cui convincervi a restare, ma la promessa di un futuro capitolo più divertente mercoledì.
Dunque, radunate i vostri effetti personali e aggregatevi alla nascente ciurma di pirati dei caraibi con una bella "X" sul foglio affisso alla taverna più squallida di San Juan.

So che la prima parte di questo capitolo fa tanto MacGyver, ma tenete a mente che tutto quello riportato dal narratore è realtà mista a leggenda. ;D 
Detto ciò, ci si vede a bordo!

   
 
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