“He lives in you, he lives in me
He watches over everything we see
Into the water, into the truth
In your reflection; he lives in you”
He lives in you, The Lion king
Il
vento di novembre gli
sferzava le guance e scompigliava i suoi capelli. Si strinse nel suo
mantello e
cominciò a camminare tra le tombe, cercando quella di cui
aveva un disperato
bisogno. Non era la prima volta che si recava lì, ma non ci
era mai stato da
solo. In quel momento, la compagnia di chiunque altro, perfino
dell’unica
persona che lo faceva sentire al sicuro, sarebbe stata superflua. Era
una
questione che doveva affrontare per conto suo. Molti dei nomi sulle
tombe di
quel cimitero li conosceva. Alcuni erano grandi eroi della Storia della
Magia
contemporanea.
Malocchio
Moody, Emmeline Vance, Amelia Bones, Edgar Bones, Marlene McKinnon,
Dorcas
Meadows, Fabian e Gideon Prewett.
Altri,
invece, erano i
personaggi dei racconti che lo avevano accompagnato sin
dall’infanzia.
Ted Tonks, Severus Piton, Fred Weasley.
Una
lapide, in memoria di un
uomo il cui corpo non era mai stato ritrovato.
Sirius
Black
In
mezzo alla lapide di Sirius
e alla tomba di Ted Tonks, finalmente trovò quello che
cercava.
Nimphadora
Tonks, Remus Lupin.
Teddy
s’inginocchiò davanti
alle tombe dei suoi genitori. Osservò il volto sorridente di
sua madre, con i
capelli che continuavano a cambiare colore anche nella foto.
Riguardò, forse
per la millesima volta, le date di nascita e di morte.
1973-1998
Nimphadora
aveva venticinque
anni quando era morta. Era appena diventata madre, e Ted aveva dovuto
faticare
molto, da bambino, per accettare che lei lo avesse abbandonato per
andare a
combattere. Adesso era fiero di sua madre, ma non era stato semplice
convivere
con la convinzione di essere stato ritenuto meno importante della
guerra da
vincere. Solo durante gli anni di Hogwarts aveva capito pienamente che
lei
aveva scelto di lottare perché lui potesse vivere in un
mondo di pace, ed era
riuscito a perdonarla per non essere rimasta presso la sua culla, quel
2 maggio
1998.
Ted
detestava sapere che l’anno
in cui era venuto al mondo era lo stesso in cui i suoi genitori se
n’erano
andati. Nonna Andromeda sosteneva che quella coincidenza aveva un
valore
positivo: era nato nell’anno della sconfitta delle tenebre,
della vittoria della
luce. A lui sarebbe piaciuto riuscire a vederla in questo modo.
Ted
amava la foto che era stata
posta sulla tomba di Nimphadora. Sua madre era serena, con i capelli
dal colore
cangiante che le cadevano sugli occhi, e un sorriso che le si allargava
sul
volto. La nonna gli aveva detto che quella foto era stata scattata
durante gli
ultimi giorni di gravidanza di Dora. Era uno dei motivi per cui Ted era
così
affezionato a quell’istantanea, forse l’ultima che
fosse stata fatta a sua
madre, tanto da soffrire ogni volta che doveva distogliere lo sguardo
da essa.
Quel
giorno, però, era
necessario farlo. Quel giorno non era lì per salutare sua
madre, o tutti gli
altri martiri della Seconda Guerra Magica. Quel giorno, era
lì per un motivo
preciso. C’era qualcuno a cui doveva fare delle domande.
Distolse
faticosamente lo
sguardo dal volto di Nimphadora, e si rivolse verso la lapide adiacente.
Remus
John
Lupin
1960-1998
Si
aspettava che il volto di
suo padre gli sarebbe sembrato diverso, una volta scoperta la
verità sul suo
conto. Aveva temuto che gli sarebbe parso meno umano, quasi animalesco,
invece
Remus era sempre lo stesso, con l’espressione stanca ma
felice che caratterizzava
le foto del suo ultimo periodo. Teddy rimase a lungo in contemplazione
del
volto di suo padre, come se quella foto contenesse le risposte a tutte
le sue
domande.
Al
primo anno del triennio di
formazione per Auror, Ted aveva sostenuto un esame sulle creature
oscure. Aveva
studiato per mesi le caratteristiche di ogni creatura mai impiegata da
un Mago
Oscuro per gli scopi più disparati, perché un
Auror non deve mai farsi prendere
di sorpresa. Di conseguenza, Teddy possedeva un bagaglio di conoscenze
sulle
creature oscure che non era comune a molti altri maghi. Dei Lupi
Mannari, poi,
conosceva a menadito le caratteristiche fisiche, le tendenze
comportamentali,
le abitudini alimentari. Ciononostante, Teddy non poteva fare a meno di
sentirsi ignorante in materia, adesso che sapeva la verità.
Prima a Hogwarts,
poi al Ministero, aveva approfondito la sua conoscenza dei Lupi
Mannari, e in
tutto quel tempo non era riuscito a comprendere
l’umanità che ancora permaneva
in quelle creature maledette. Conosceva la loro natura di lupo, ma
nessuno
aveva mai ritenuto necessario spiegargli che essa era affiancata
dall’essenza
umana, sempre presente in loro.
Era
chiaro che le sue
conoscenze erano lacunose. Le creature dei suoi libri di testo erano
orrende,
ripugnanti, terrificanti.
“Chi
eri veramente?”
Chi
era l’uomo che aveva fatto
convivere una seconda natura così scellerata con una vita
normale, una vita di
amici, lavoro, amore? Poteva davvero lui, Teddy, essere orgoglioso di
suo
padre? Era uno degli aspetti che più gli stavano a cuore.
“Come
è
possibile che la mamma ti amasse?”
Quale
donna avrebbe accettato
di unirsi, di concepire un figlio con un individuo così
aberrante? Non poteva
essere. Doveva esserci qualche dettaglio che gli sfuggiva.
Adesso
non contemplava più solo
il volto di Remus, perché intuiva che la soluzione del
mistero si celava nei
suoi occhi e anche in quelli di Nimphadora, la persona che aveva amato
l’umanità del Lupo Mannaro. I suoi genitori,
però, sembravano sorridergli
sornioni, come se non volessero svelargli la verità, forse
perché sapevano che
lui la conosceva già, e avrebbe dovuto cercarla dentro di
sé.
Improvvisamente,
fu raggiunto
da una consapevolezza. Prima di morire, i suoi genitori avevano scelto
una
persona che riempisse il vuoto lasciato da loro. Adesso che Remus e
Nimphadora
erano impossibilitati a dargli le risposte di cui aveva bisogno, era
evidente
che solo quella persona avrebbe potuto fornirgliele. Sebbene
l’orgoglio, con
ogni probabilità ereditato dalla nonna Serpeverde, lo
trattenesse, Teddy decise
che a prevalere sarebbero stati la sua essenza Tassorosso e il coraggio
Grifondoro ereditato da suo padre. Si allontanò penosamente
dalle tombe dei
suoi genitori, e uscì dal cimitero.
“Grimmauld
Place 12.”
Il
crac della Materializzazione
risuonò nell’aria, e Teddy sparì.
Ω
In
molti sostenevano che
scegliere di studiare in Biblioteca fosse molto più proficuo
che optare per
qualunque altro posto, a Hogwarts. Lì si potevano trovare i
libri per gli
approfondimenti, e la presenza costante di Madama Pince garantiva il
silenzio necessario
alla concentrazione. Per Albus e Scorpius, tuttavia, la Biblioteca era
deprimente, e preferivano di gran lunga studiare in sala comune.
L’unico
problema era Rose, la cugina di Albus, che insisteva perché
loro la seguissero
in Biblioteca, un’evenienza a cui spesso non riuscivano a
sfuggire.
Quel
giorno, i due stavano
rientrando nei sotterranei dopo un pomeriggio di studio che era parso
loro
infinito.
“Proprio
non capisco perché tu
ci tenga tanto a studiare con quella secchiona Grifondoro di
Rose.” Si
lamentava Scorpius.
“Lo
so che è noioso, ma lei è
la più brava del nostro anno e ci aiuta a prepararci meglio.
E poi è mia
cugina, non posso lasciarla sola!” Argomentò Albus.
“Non
è neanche giusto che
lasciamo sola Catherine.” Ribattè Scorpius. La
loro amica non amava molto
studiare con Rose. Scorpius non ne capiva il perché, mentre
Albus, che era
cresciuto circondato dalle cugine e da sua sorella e conosceva le
dinamiche
femminili, aveva formulato delle ipotesi piuttosto fondate.
“Hai
ragione, andiamo da lei.”
Annuì Albus, accelerando il passo.
Trovarono
Catherine immersa
nella lettura di un manuale di Trasfigurazione, seduta su una delle
poltrone
della sala comune.
“Eccovi
qua! Mi chiedevo quando
sareste arrivati. Sempre a mescolarvi con i Grifondoro?” li
accolse la piccola
Serpeverde.
“Con
i Grifondoro simpatici.” Puntualizzò
Albus, mentre dietro di lui Scorpius faceva una smorfia.
“Giurerei
che siano una razza
in estinzione, se non già scomparsa.”
“Dai
Catherine, non fare così,
i Grifondoro non sono mica tutti come James Potter!”
intervenne Scorpius, il
quale non vedeva di buon occhio le frequenti battute che Catherine
faceva sulla
Casa di Grifondoro. Era normale che ci fosse competizione tra le Case,
ma era
altrettanto naturale che Albus fosse legato ai propri famigliari.
Insultare la
famiglia di un Serpeverde, pensava Scorpius, non era un gesto adatto ai
seguaci
di Salazar, tra di loro esisteva un forte cameratismo, determinato
dalla
volontà di primeggiare sulle altre Case.
All’udire
il nome del fratello
maggiore, con il quale non si era ancora riappacificato, Albus
sussultò.
“Come
va con Trasfigurazione,
Catherine?” domandò il giovane Potter
all’amica, cercando di sviare la
conversazione.
“Non
molto bene, non riesco a
eseguire correttamente il movimento della bacchetta, devo essermi persa
qualcosa della spiegazione di Tracey.” Si lamentò
lei.
“Ti
aiuterò io, a me è venuto
bene, anche se effettivamente richiede un po’ di
esercitazione.” Si offrì il
ragazzo, omettendo il fatto che l’unico motivo per cui era
riuscito a
padroneggiare l’esecuzione del gesto era che Rose
gliel’aveva spiegata
pazientemente per tutto il pomeriggio.
“Lo
faresti? Salazar, ti
ringrazio, Albus, non avrei saputo come fare.” Sorrise
Catherine. Albus
arrossì.
“Ma
certo! Ricorda che la cosa
più importante è il movimento secco del
polso.” Spiegò, mostrando il gesto con
il proprio polso.
Mentre
i due parlavano,
Scorpius si era seduto nei pressi di un tavolino, e si era immerso
nella
lettura di una copia della Gazzetta del
Profeta.
“Ragazzi,
smettetela di parlare
di Trasfigurazione, venite a leggere.”
I
due gli si avvicinarono, e
lui mostrò loro il giornale. Sulla prima pagina del Profeta compariva una foto di Kingsley
Shacklebolt, ex Ministro
della Magia e attuale Auror, col volto tumefatto. Come se la foto non
fosse
abbastanza eloquente, il giornale titolava:
FAMOSO
AUROR AGGREDITO
Ω
James
entrò correndo nella sala
comune di Grifondoro. Si guardò intorno e poi, individuata
la persona che stava
cercando, le si diresse incontro a passo di carica. Tra le mani,
stringeva un
pezzo di pergamena molto consumato.
“Victoire!”
esclamò. La cugina,
che era immersa nella lettura di un libro, sobbalzò,
spaventata.
“James,
ma che maniere! Ti sembra
il caso di strillare in questo modo?” per tutta risposta, il
ragazzo le
sventolò sotto il naso la pergamena.
“Vieni
con me, dobbiamo parlare
in un posto sicuro.” Spiegò James, serio, con un
tono più basso. Victoire
sembrò capire che la situazione era grave, e lo
seguì nel corridoio antistante
il ritratto della Signora Grassa, che era deserto.
“Ho
appena ricevuto una lettera
da Lily.”
“Tu
tieni una corrispondenza
con la tua sorellina?” Si stupì Victoire.
“Non
dire sciocchezze,
Victoire, quella è una rompiscatole, e poi ha appena nove
anni! Si tratta di
un’emergenza.”
“Per
Godric, spiegami perché
sei così preoccupato.”
“Lily
scrive che stamattina,
quando si è svegliata, papà non era in casa come
al solito, era uscito prima, e
la mamma era preoccupata. Durante la mattinata è arrivato un
Patronus da papà,
che diceva che Kingsley è stato aggredito.” Il
tono di James si faceva più
concitato ad ogni parola.
Victoire
non perse la calma, il
che costituiva uno dei motivi per cui James si era rivolto a lei per
quella
confidenza.
“È
successo mentre era in
missione o a riposo?” fu la prima domanda.
“Credo
che fosse a riposo,
altrimenti non sarebbe stato così sconvolgente, non ti pare?
È un Auror.” Le
fece notare James, senza accorgersi che ribadire alla cugina che un
Auror è
soggetto a molti rischi avrebbe potuto turbarla.
“Abbiamo
un’idea di chi
potrebbe essere stato?” chiese allora Victoire, controllando
il proprio tono di
voce per non tradire la minima emozione.
“Lily
non lo sapeva, penso che
la mamma glielo abbia tenuto nascosto.”
“Immagino
lo scopriremo con la
prossima Gazzetta del Profeta.”
suppose Victoire.
“Credi
che sarebbe una notizia
da diffondere in tutto il mondo magico?”
“Prego?”
“Mi
sembra chiaro che l’unico
modo per saperlo sarà usufruire di un canale preferenziale,
per esempio
chiedendo a qualcuno dell’Ufficio Auror, non ti
pare?”
“Tuo
padre non te lo dirà mai.”
“Appunto
per questo, è
necessario che lo chiediamo a qualcun altro.”
“Che
intendi dire?”
“Non
è ovvio? Teddy!” Esclamò
James.
“Perché
mai Teddy dovrebbe
cedere un’informazione del genere a te?”
“Non
la dovrebbe cedere a me,
Vic.”
“Cosa
stai insinuando?”
“Non
insinuo nulla,
semplicemente dico che Teddy potrebbe rivelare questo genere di segreto
alla
sua ragazza.” Rispose James, con tranquillità.
“E
tu la conosci?” ribatté lei,
noncurante.
“Credo
proprio di sì, dal
momento che l’ho vista baciarlo al binario 9 e
¾”
“Se
fossi in te, io non andrei
a dirlo in giro, o lei penserà che tu sia un inguaribile
spione, e anche un po’
pettegolo.” Osservò Victoire, piccata, per poi
girare i tacchi e andarsene.
James
rimase solo a osservare
il passo veloce della cugina, augurandosi che il suo piano avrebbe
funzionato.
Ω
La
mattina seguente, Victoire
si alzò presto. Era il giorno del primo sabato a Hogsmeade,
e lei aveva
intenzione di sfruttare appieno quella giornata di riposo, visto che le
prime
settimane di scuola erano state piuttosto faticose. Si
preparò con insolita
cura, indossando un bel maglione blu che valorizzava i suoi occhi e una
gonna
grigia, coprendosi poi con il mantello che aveva comprato il Natale
precedente
a Parigi. Legò i capelli in una treccia, per impedire che il
vento li
scompigliasse, e scese a fare colazione. Al tavolo di Grifondoro,
l’attendevano
Charlie e Isobel.
“Buongiorno
Vic, sei pronta per
una giornata a Hogsmeade?” l’accolse Charlie.
“Prontissima.
Non vedo l’ora di
svaligiare Mielandia.” Affermò lei, servendosi un
toast con la marmellata.
“Charlie,
ti ricordo che
dovremo rientrare entro le tre, perché ho fissato
l’allenamento di Quidditch.”
Intervenne Isobel.
“L’allenamento?
Il sabato di
Hogsmeade? Sei senza cuore.” Sentenziò Charles.
“Non
capisci la strategia? Ci
alleneremo oggi proprio perché tutti gli altri non ci
saranno!”
“La
tua strategia sarebbe
quella di farti odiare da tutta la squadra? Gli altri saranno a
divertirsi e
noi dovremo rimanere con quelli del primo e del secondo
anno.”
“Così
si vincono le coppe del
Quidditch.” Tagliò corto Isobel, perentoria.
Charles sbuffò, ma non disse
nulla. In fin dei conti, era lei il Capitano, e sarebbe stato sleale
disobbedirle.
“Cercheremo
di concentrare
tutto il divertimento nelle prime ore, ma sarà meglio
sbrigarsi, così avremo
più tempo per stare là.”
Suggerì Victoire.
I
tre si diressero verso
l’uscita del castello, e riuscirono a salire su uno dei primi
carri per
Hogsmeade. Mano a mano che si avvicinavano al paese, Victoire si
sentiva sempre
più nervosa, giocherellava con la treccia e con i nastri del
mantello,
augurandosi di essere in ordine.
I
tre passarono una piacevole
mattinata a Hogsmeade. La prima tappa fu, come al solito, Mielandia,
perché era
l’unico negozio a mettere d’accordo i tre amici,
mentre per le tappe successive
era necessario scendere a compromessi. Victoire acconsentì a
rimandare la
visita a Scrivenshaft, il negozio
di
piume che tanto apprezzava, perché avrebbe potuto andarci
nel pomeriggio quando
Charlie ed Isobel sarebbero rientrati al castello, e i tre si diressero
verso Stratchy and Sons, il negozio
di
abbigliamento per maghi, dove Charlie doveva comprare dei nuovi
calzini. Subito
dopo fu la volta di Mondomago,
perché
Isobel doveva far riparare il suo porta-bacchette da Quidditch,
danneggiato da
un bolide che l’aveva colpita durante la prima partita del
campionato, contro
Tassorosso.
Affamati,
decisero di pranzare ai
Tre manici di scopa. Come sempre, il
pub di Madama Rosmerta era molto affollato, e nel tentativo di
raggiungere il
bancone per ordinare il pranzo, Charlie pestò
inavvertitamente il piede di
Ethan Brocklehurst, un Serpeverde del settimo anno.
“Guarda,
guarda: un Grifondoro
che non sa tenere i piedi al loro posto.” Commentò
questi, con tono sarcastico.
Charlie
alzò gli occhi al cielo.
“Guarda,
guarda: un Serpeverde
con i piedi delicati.” Ribatté. Victoire
sospirò: Charlie raccoglieva sempre le
provocazioni, per quanto lei gli ripetesse che era più
conveniente lasciar
perdere.
“I
miei piedi non sono
delicati, però trovo estremamente seccante essere costretto
a ripulire le mie
scarpe dopo che i piedi di uno schifoso Grifondoro ci sono finiti
sopra.”
“Interessante,
perciò se ti
prendessi a calci potrei finalmente convincerti a lavarti?”
ribatté Charlie.
Brocklehurst fece un passo verso di lui, gli puntò la
bacchetta sul petto e,
con uno sguardo minaccioso, dichiarò:
“Quelli
come te, Davies, non
sono nemmeno degni di rivolgermi la parola. Stai pur tranquillo: presto
qualcuno
ti rimetterà al tuo posto.” Un attimo dopo, il
Serpeverde sparì, in un turbine
di abiti neri. Victoire rabbrividì.
“Quel
tizio è pazzo.” Sentenziò
Charlie, senza dare l’impressione di essere molto colpito.
Anche Isobel
sembrava dello stesso avviso.
“Io
farei attenzione se fossi
in te, Charlie. È vero che è folle, ma
è proprio questo a renderlo più
pericoloso. Non mi piace quando i Serpeverde si comportano
così.”
“Secondo
me è solo un
cialtrone, non è abbastanza coraggioso per fare veramente
qualcosa di
spregiudicato. E poi è un Serpeverde, che cosa ti aspetti da
gente così?”
“Anche
se non avesse il
coraggio di farci del male, non credo che sia saggio metterlo alla
prova per
vedere fino a che punto può arrivare, Charlie. In secondo
luogo, mio cugino è
un Serpeverde, quindi ti sarei grata se non insultassi lui e la sua
Casa. Discorsi
di questo tipo non provocano altro che guerre, e basterebbe studiare un
po’ di
Storia della Magia per capire che ho ragione.”
Replicò Victoire, con la voce
tremante.
Qualcosa
nel suo sguardo
convinse i suoi amici che ribattere non sarebbe stato saggio. I tre
consumarono
il pranzo in silenzio, ognuno concentrato sui propri pensieri.
Terminato che
ebbero di mangiare, Isobel e Charlie si congedarono
dall’amica, per tornare al
castello e prepararsi all’allenamento di Quidditch che
avrebbe avuto luogo quel
pomeriggio.
Rimasta
per conto proprio,
Victoire non rimase a lungo ai Tre manici
di scopa. Pagò il conto, indossò il
mantello e uscì. Le vie di Hogsmeade
erano ancora molto affollate, ma lei notava come la folla si diradasse
mano a
mano che si avvicinava alla sua destinazione. Quando ormai era in
prossimità
della Stamberga strillante, era
completamente sola.
Scelse
una delle panchine nei
pressi della Stamberga, la
ripulì
dalle foglie secche che ci erano cadute sopra e si accomodò.
Aprì la borsa,
tirò fuori il libro di Babbanologia e s’immerse
nella lettura. Amava la
tranquillità di quel luogo, sempre così
silenzioso e deserto. Quel
giorno, però, non si era recata lì per
ricercare la solitudine.
Pochi
minuti dopo, la placidità
della sua lettura fu interrotta dal familiare pop
della Materializzazione, e Victoire alzò lo sguardo, ansiosa
e
al contempo emozionata. Ciò che comparve davanti ai suoi
occhi le regalò una
felicità che non aveva provato per molte settimane. A pochi
metri da lei, con
capelli di un improbabile verde pisello e sorriso smagliante, stava Ted
Lupin.
“Teddy!”
esclamò la giovane,
prima di lanciarsi tra le braccia del ragazzo.
“Mi
sei mancata.” Le sussurrò
lui, stringendola a sé.
Era
meraviglioso essere di
nuovo insieme, in quel posto lontano da tutto e da tutti. Avvertire il
contatto
con Teddy, il suo profumo, la sua voce, i suoi movimenti. Sapere che
lui aveva
bisogno di vederla con la stessa urgenza con cui lei sentiva la sua
mancanza,
sentirsi amata, cercata, preziosa. Le loro labbra si trovarono, ansiose
di
colmare il vuoto di quei mesi di lontananza.
Sarebbe
potuta rimanere lì per
sempre, a godere semplicemente della compagnia di Teddy, ma era
consapevole, e
sapeva che anche lui lo era, che c’erano questioni importanti
da affrontare
insieme. Victoire aveva bisogno di sostegno e consigli sui problemi che
le si
presentavano in quei giorni, e desiderava sapere come Teddy stesse
vivendo la
scoperta su suo padre e la lite con i Potter.
“Come
stai?” fu la domanda che
gli rivolse quando le loro labbra si separarono. Teddy le rivolse uno
sguardo sarcastico.
“Come
stai tu, piuttosto. Dagli
ultimi gufi si capiva che c’era qualcosa che non andava, e
ora che ti ho visto
ne ho la conferma.”
Victoire
lo mise a parte delle
proprie preoccupazioni per lo Smistamento di Albus e la lite tra lui e
James.
Sapeva che lui voleva sinceramente bene ai due fratelli Potter, e
riponeva una
grande fiducia nel suo giudizio.
“Non
ci si potrebbe aspettare
nulla di diverso da quei due, ma questa volta James ha davvero
esagerato. – fu
il commento di Teddy- hai parlato con loro?”
“Naturalmente.
James è molto
sfuggente, non gli va di parlarne e cerca di sviare
l’argomento. Chi mi
spaventa di più è Albus, perché dei
due è il più risoluto a non parlare con suo
fratello, è straordinariamente tranquillo sulla sua
decisione. Ad ogni modo, io
e Fred parliamo molto con loro e cerchiamo di aiutarli a ragionare,
anche se
entrambi sembrano davvero sicuri sulle loro posizioni. È
inquietante,
soprattutto perché sono così giovani.”
Dal tono di Victoire trapelava tutta la
preoccupazione che non aveva potuto condividere con nessuno fino a quel
momento, perché lei era la cugina maggiore, quella
responsabile, e se avesse
dato segni di agitazione tutti gli altri sarebbero andati nel panico.
Teddy la
strinse a sé, per confortarla.
“Proverò
ad aiutarli anch’io
via gufo e personalmente, a Natale. Ma dimmi, Vic, tu e Fred ne avete
parlato
con Harry e Ginny? Loro hanno sempre saputo gestire i rapporti tra
James e
Albus, infatti la bomba è scoppiata proprio ora che sono
entrambi a Hogwarts.
Magari potranno intervenire, e darvi consigli utili.”
“Ho
scritto a zio Harry e zia
Ginny il giorno stesso della lite. Loro mi hanno risposto con la posta
del
mattino dopo, e ho avuto come l’impressione che si
aspettassero che succedesse
qualcosa del genere. D’altronde, quei due litigano
continuamente. Ciò che
nessuno di noi si aspettava, però, era che Albus venisse
Smistato in un’altra
Casa, Serpeverde per giunta! Adesso possono fare a meno di vedersi
anche per
settimane intere, non puoi immaginare quanto sia doloroso.”
Sussurrò Victoire,
con la voce rotta, interrompendosi un attimo prima di iniziare a
piangere.
Teddy
l’abbracciò, mentre
rifletteva su quello che avrebbe dovuto fare per aiutare i due fratelli
Potter.
L’amara verità era che né Victoire
né lui avrebbero potuto fare la differenza,
in quel frangente. Potevano aiutare e consigliare Albus e James, ma
avrebbero
dovuto essere loro due a decidere, e loro, come tutto il resto della
famiglia,
non avrebbero potuto fare altro che aspettare. Non poter agire era
frustrante,
ma era giusto che fosse così, per quanto doloroso potesse
essere. C’erano
vicende in cui loro non potevano intervenire, ma c’erano
anche fatti che
riguardavano loro due, di cui loro dovevano occuparsi, non potevano
scegliere.
“I
legami famigliari sono qualcosa
di misterioso e di difficile comprensione.”
Commentò il ragazzo. Lo sguardo di
Victoire cambiò, si fece serio ma più tranquillo.
L’argomento, adesso, era
diverso.
“Riguardo
alle famiglie, hai
fatto ricerche su tuo padre?”
Teddy
aveva aspettato a lungo
quel momento, perché desiderava mettere a parte Victoire di
tutte le
riflessioni che aveva fatto. Aveva bisogno di coinvolgerla in quella
vicenda,
di ascoltare le sue opinioni e i suoi consigli e prendere con lei le
decisioni
importanti.
“Ho
parlato con la nonna, che
mi ha raccontato alcune cose sui miei genitori, fondamentalmente
sull’anno che
ha preceduto la mia nascita. Lei ha conosciuto mio padre solo quando
lui e mia
madre hanno deciso di sposarsi, poi è scoppiata la guerra e
lui è stato
latitante per un periodo, insomma, la nonna aveva poche informazioni, e
ho
capito che era molto doloroso per lei parlare di mia madre, quindi ho
lasciato
cadere il discorso.”
“Povera
Andromeda.” Sospirò
Victoire, continuando a guardarlo attentamente.
“Comunque,
la nonna mi ha dato
un’informazione importante: mio padre faceva uso della
pozione Antilupo, che
gli permetteva di comportarsi come un lupo normale durante le notti di
luna
piena, anche se alcuni membri del vecchio Ordine della Fenice mi hanno
rivelato
che in certi periodi ne interrompeva l’uso per mescolarsi tra
i Lupi Mannari,
come spia.”
“Tra
i Lupi Mannari? Che
coraggio!” esclamò la ragazza.
“Era
uno di loro, che prova di
coraggio sarebbe? Che cosa avrebbe avuto da temere?”
Domandò Teddy, duro.
“Era
comunque un Mago abituato
a vivere nel nostro mondo, per lui sarà stato spaventoso
come potrebbe esserlo
per chiunque di noi.” Argomentò Victoire. Teddy
non fece commenti, e proseguì
il suo racconto.
“Ad
ogni modo, parlando con i
vecchi membri dell’Ordine ho ricevuto molte informazioni
interessanti, ma
quello di cui avevo veramente bisogno era parlare faccia a faccia con
lui, per
quanto mi era possibile. Sai, per mettere insieme i pezzi. Allora sono
andato
al Memoriale dei Caduti della Seconda guerra magica, a
Londra.”
Il
fatto che Victoire non
facesse commenti sulla possibilità di “parlare
faccia a faccia” con un uomo
morto da diciannove anni era uno dei motivi per cui si era innamorato
di lei.
“Li
ho guardati in faccia per
un pezzo, lui e la mamma. E mi è stato utile,
perché lì, all’improvviso, ho
visto tutto sotto una luce diversa, e tutti i pezzi sono andati al loro
posto.
I racconti di mia nonna e quelli della vecchia guardia
dell’Ordine della
Fenice, le cose che già sapevo su mio padre, alcuni dettagli
della mia vita.
Tutto aveva un senso, tutto quadrava. E ho capito cosa dovevo
fare.”
Victoire
lo guardava,
interrogativa.
“Ci
sono molte cose che non
conoscerò mai di mio padre. Qual era il suo piatto
preferito, in quale
posizione gli piaceva dormire, con quale mano teneva la bacchetta. Non
conoscerò mai il timbro della sua voce, anche se dicono che
la mia ha un suono
simile. Però so ciò che fa la differenza. So che
era un Lupo Mannaro, e che era
abbastanza coraggioso e folle da non permettere che questo aspetto
della sua
natura gli impedisse di vivere e lottare per ciò che valeva
la pena. So che mia
madre doveva amarlo molto, probabilmente era un po’ folle
anche lei, per
decidere di sposarlo e avere un bambino con lui, nonostante la
licantropia. E
so che lui e mia madre, non molto prima di morire, hanno scelto
qualcuno che mi
spiegasse queste cose se loro non avessero potuto farlo.
Così ho deciso, e ti
assicuro che non è stato facile, ma mi sono Smaterializzato
in Grimmauld Place
12 e ho parlato con Harry.”
Sul
volto di Victoire si
allargò un largo sorriso, e lei tirò un sospiro
di sollievo, prima di
abbracciarlo, esultante.
“Ma
è meraviglioso! Ero così
preoccupata per te!”
“Perché
eri preoccupata?”
Domandò Teddy, che non aveva mai sopportato che le persone
che aveva intorno
s’impensierissero per lui. “Povero
ragazzino, senza genitori, chissà com’è
triste!” Che bisogno c’era di
agitarsi? Lui sapeva cavarsela benissimo.
“Temevo
che facessi qualche
sciocchezza, Harry è molto importante per te e sapevo che
rifiutare di
parlargli non poteva avere risvolti positivi.”
Spiegò la ragazza.
“Ora
capisco perché Fred ti
chiama Nonna Weasley, mi sembra di sentire parlare nonna Andromeda,
l’unica
differenza è che lei ha sessantaquattro anni, mentre tu ne
hai appena diciassette.”
La prese in giro lui.
“A
Fred piace fare lo
spiritoso, ma non è colpa mia se i miei cugini sono una
banda di scapestrati,
qualcuno li deve tenere a bada, e lui farebbe bene a non sputare nel
piatto in
cui mangia, visto che quando ha bisogno di buoni consigli divento la
sua
confidente preferita.” Esclamò Victoire,
leggermente irritata dal fatto che la
sua preoccupazione per Teddy, determinata dall’amore nei suoi
confronti,
venisse accostata alla sua tendenza a preoccuparsi per i cugini
più piccoli.
“Dai
Vic, non ti arrabbiare. Ti
assicuro che nemmeno in un milione di anni ti si potrebbe confondere
con mia
nonna Andromeda.” Da ironico, il tono di Teddy si era fatto
più tenero.
Victoire, però, era ancora offesa.
“Per
Godric, grazie Teddy, tu
sì che sai fare i complimenti a una ragazza.”
“Sei
in cerca di complimenti?
Hai veramente bisogno di qualcuno che ti ricordi quanto sei
bella?” Le
sussurrò, prendendo il suo viso tra le mani, e osservandola
con lo sguardo
fisso e penetrante che assumeva quando parlava di un argomento che gli
stava a
cuore.
“Ho
bisogno che sia tu a dirmelo,
è molto diverso. In ogni caso, mi piacerebbe sapere
com’è andata dai Potter.” Rispose
Victoire, più tranquilla, riportando il discorso sul tema
che maggiormente le
stava a cuore. Lo sguardo di Teddy parve turbato, certamente quello non
era un
discorso facile.
“Sono
arrivato lì nel
pomeriggio, quindi non c’erano né Ginny,
né Lily. Tua zia era impegnata perché
in questo periodo c’è il mercato del campionato di
Quidditch e doveva
intervistare i Battitori del Puddlemere United perché sembra
che stiano
discutendo con la squadra un aumento
dell’ingaggio…”
“Avvincente.”
Commentò
Victoire, che non era una grande appassionata di Quidditch.
“Sì,
beh, invece Lily era a
scuola, così c’era solo Harry, che stava lavorando
a qualche protocollo
dell’ufficio Auror. Era quello che speravo, perché
era soprattutto con lui che
volevo confrontarmi, e temevo che se fossero presenti tua zia o Lily mi
sarei
lasciato influenzare dalla tenerezza nei loro confronti, avrei fatto in
modo di
non ferirle, e così facendo avrei rischiato di non riuscire
a parlare con Harry
come desideravo. Ero ancora arrabbiato con lui, così non
avevo paura di
offenderlo, volevo solo che mi dicesse la verità.”
Le parole di Teddy erano
dure, ma sincere.
“Il
mio atteggiamento era
abbastanza ostile, ma Harry sembrava non accorgersene, o non darci
peso. Il
risultato era che io era ancora più infuriato, ma sospetto
che lo facesse
apposta. Comunque, mi ha fatto accomodare, mi ha versato del Vino
Elfico e si è
seduto di fronte a me, ad aspettare che io parlassi. In quel momento
è successo
qualcosa di strano. Mentre andavo lì, mi ero prefigurato un
discorso preciso,
gli avrei chiesto spiegazioni e contemporaneamente gli avrei fatto
capire
quanto fosse in torto per non avermele date per diciannove anni,
perché mi
spettavano di diritto. Una volta che mi sono ritrovato lì,
in silenzio nel
soggiorno dei Potter, nessuna delle parole che mi ero prefissato mi
è tornata
alla mente. C’erano troppe cose che volevo sapere, e mi sono
reso conto che non
volevo più inquinare ciò che per me rappresenta
mio padre con la rabbia e il
rancore. Credo di aver farfugliato qualche parola senza senso logico,
ma non ha
importanza, perché lui ha capito. Mi ha raccontato di quando
mio padre era
giovane, conosce molte storie che risalgono a prima della sua nascita,
le ha
ascoltate da mio padre e dal suo padrino, Sirius, che erano i migliori
amici di
suo padre, James. Mi ha spiegato come Albus Silente riuscì a
rendere possibile
che mio padre frequentasse Hogwarts, e mi ha raccontato la storia del
gruppo di
amici, i Malandrini, a cui mio padre apparteneva. Molte cose sui
rapporti tra
Harry e mio padre le conoscevo già, però ora
credo di capire meglio il mio
padrino e la sua scelta.” Spiegò Teddy.
Victoire
faticava a trattenere
il proprio entusiasmo, e Teddy non poteva fare a meno di pensare a
quanto fosse
meraviglioso avere al proprio fianco una persona che avverte la tua
gioia come
se fosse la sua. Quella consapevolezza aveva un sapore dolce e amaro
insieme, perché
avrebbe reso ancora più difficile il momento della
separazione, che entrambi
sapevano essere sempre più vicino. Il pomeriggio, infatti,
si avviava alla sua
conclusione. Il cielo si faceva sempre più scuro, e la
temperatura cominciava a
scendere. Era giunto il momento di salutarsi. Fu Teddy il primo ad
alzarsi
dalla panchina, seppur riluttante.
“Non
è ora di tornare al
castello?” Victoire sussultò e si alzò
in piedi, rendendosi conto solo in quel
momento di quanto fosse tardi.
“Hai
ragione! Devo tornare a
scuola per cena.” Esclamò Victoire, triste. Teddy
le rivolse uno sguardo malinconico,
e si chinò su di lei per baciarla un’ultima volta.
“Ci
vediamo presto.” Le sussurrò
all’orecchio, prima di Smaterializzarsi.
Angolo
dell’autore
Ciao
a tutti!
Questo
capitolo è stato un
parto, visto che l’ho scritto nelle pause dallo studio per la
maturità, ma ora
è finito e spero che vi sia piaciuto. Vi sarete accorti che
c’è una
sproporzione tra le varie scene, ho dedicato molto più
spazio a Victoire e
Teddy. perché c’erano diverse questioni in ballo;
innanzitutto la loro
relazione, che sta evolvendo, poi la difficile situazione dei fratelli
Potter e
i problemi personali di Teddy. Per quanto riguarda, invece, i tre
giovani
Serpeverde, in questa scena riusciamo a cogliere le dinamiche del
gruppetto. James
ci dà l’informazione dell’attacco a
Kingsley e non perde l’occasione per
molestare sua cugina, che non sembra gradire molto e, prima di esibirsi
in
smancerie con il suo Teddy, va a Hogsmeade con i suoi amici. Scopriamo
qualcosa
di più del carattere di Isobel e Charlie, e assistiamo a una
scena di tensione
ai Tre Manici di Scopa.
Spero
che il capitolo vi abbia
fatto venire voglia di sapere cosa succederà dopo!
Alla
prossima,
Lucia