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Autore: lucia_canon    30/06/2016    1 recensioni
-“Un nome, una garanzia, tu dici. E dici bene, mia cara. Conosci il secondo nome di Albus Potter?”
“Ha un secondo nome?”
“Severus.”
“Come Piton? Per quella storia che è uscita sul Profeta dopo la Battaglia di Hogwarts?”-
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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“He lives in you, he lives in me

He watches over everything we see

Into the water, into the truth

In your reflection; he lives in you”

He lives in you, The Lion king

Il vento di novembre gli sferzava le guance e scompigliava i suoi capelli. Si strinse nel suo mantello e cominciò a camminare tra le tombe, cercando quella di cui aveva un disperato bisogno. Non era la prima volta che si recava lì, ma non ci era mai stato da solo. In quel momento, la compagnia di chiunque altro, perfino dell’unica persona che lo faceva sentire al sicuro, sarebbe stata superflua. Era una questione che doveva affrontare per conto suo. Molti dei nomi sulle tombe di quel cimitero li conosceva. Alcuni erano grandi eroi della Storia della Magia contemporanea.

Malocchio Moody, Emmeline Vance, Amelia Bones, Edgar Bones, Marlene McKinnon, Dorcas Meadows, Fabian e Gideon Prewett.

Altri, invece, erano i personaggi dei racconti che lo avevano accompagnato sin dall’infanzia.

Ted Tonks, Severus Piton, Fred Weasley.

Una lapide, in memoria di un uomo il cui corpo non era mai stato ritrovato.

Sirius Black

In mezzo alla lapide di Sirius e alla tomba di Ted Tonks, finalmente trovò quello che cercava.

Nimphadora Tonks, Remus Lupin.

Teddy s’inginocchiò davanti alle tombe dei suoi genitori. Osservò il volto sorridente di sua madre, con i capelli che continuavano a cambiare colore anche nella foto. Riguardò, forse per la millesima volta, le date di nascita e di morte.

1973-1998

Nimphadora aveva venticinque anni quando era morta. Era appena diventata madre, e Ted aveva dovuto faticare molto, da bambino, per accettare che lei lo avesse abbandonato per andare a combattere. Adesso era fiero di sua madre, ma non era stato semplice convivere con la convinzione di essere stato ritenuto meno importante della guerra da vincere. Solo durante gli anni di Hogwarts aveva capito pienamente che lei aveva scelto di lottare perché lui potesse vivere in un mondo di pace, ed era riuscito a perdonarla per non essere rimasta presso la sua culla, quel 2 maggio 1998.

Ted detestava sapere che l’anno in cui era venuto al mondo era lo stesso in cui i suoi genitori se n’erano andati. Nonna Andromeda sosteneva che quella coincidenza aveva un valore positivo: era nato nell’anno della sconfitta delle tenebre, della vittoria della luce. A lui sarebbe piaciuto riuscire a vederla in questo modo.

Ted amava la foto che era stata posta sulla tomba di Nimphadora. Sua madre era serena, con i capelli dal colore cangiante che le cadevano sugli occhi, e un sorriso che le si allargava sul volto. La nonna gli aveva detto che quella foto era stata scattata durante gli ultimi giorni di gravidanza di Dora. Era uno dei motivi per cui Ted era così affezionato a quell’istantanea, forse l’ultima che fosse stata fatta a sua madre, tanto da soffrire ogni volta che doveva distogliere lo sguardo da essa.

Quel giorno, però, era necessario farlo. Quel giorno non era lì per salutare sua madre, o tutti gli altri martiri della Seconda Guerra Magica. Quel giorno, era lì per un motivo preciso. C’era qualcuno a cui doveva fare delle domande.

Distolse faticosamente lo sguardo dal volto di Nimphadora, e si rivolse verso la lapide adiacente.

Remus John Lupin

1960-1998

Si aspettava che il volto di suo padre gli sarebbe sembrato diverso, una volta scoperta la verità sul suo conto. Aveva temuto che gli sarebbe parso meno umano, quasi animalesco, invece Remus era sempre lo stesso, con l’espressione stanca ma felice che caratterizzava le foto del suo ultimo periodo. Teddy rimase a lungo in contemplazione del volto di suo padre, come se quella foto contenesse le risposte a tutte le sue domande.

Al primo anno del triennio di formazione per Auror, Ted aveva sostenuto un esame sulle creature oscure. Aveva studiato per mesi le caratteristiche di ogni creatura mai impiegata da un Mago Oscuro per gli scopi più disparati, perché un Auror non deve mai farsi prendere di sorpresa. Di conseguenza, Teddy possedeva un bagaglio di conoscenze sulle creature oscure che non era comune a molti altri maghi. Dei Lupi Mannari, poi, conosceva a menadito le caratteristiche fisiche, le tendenze comportamentali, le abitudini alimentari. Ciononostante, Teddy non poteva fare a meno di sentirsi ignorante in materia, adesso che sapeva la verità. Prima a Hogwarts, poi al Ministero, aveva approfondito la sua conoscenza dei Lupi Mannari, e in tutto quel tempo non era riuscito a comprendere l’umanità che ancora permaneva in quelle creature maledette. Conosceva la loro natura di lupo, ma nessuno aveva mai ritenuto necessario spiegargli che essa era affiancata dall’essenza umana, sempre presente in loro.

Era chiaro che le sue conoscenze erano lacunose. Le creature dei suoi libri di testo erano orrende, ripugnanti, terrificanti.

“Chi eri veramente?”

Chi era l’uomo che aveva fatto convivere una seconda natura così scellerata con una vita normale, una vita di amici, lavoro, amore? Poteva davvero lui, Teddy, essere orgoglioso di suo padre? Era uno degli aspetti che più gli stavano a cuore.

“Come è possibile che la mamma ti amasse?”

Quale donna avrebbe accettato di unirsi, di concepire un figlio con un individuo così aberrante? Non poteva essere. Doveva esserci qualche dettaglio che gli sfuggiva.

Adesso non contemplava più solo il volto di Remus, perché intuiva che la soluzione del mistero si celava nei suoi occhi e anche in quelli di Nimphadora, la persona che aveva amato l’umanità del Lupo Mannaro. I suoi genitori, però, sembravano sorridergli sornioni, come se non volessero svelargli la verità, forse perché sapevano che lui la conosceva già, e avrebbe dovuto cercarla dentro di sé.

Improvvisamente, fu raggiunto da una consapevolezza. Prima di morire, i suoi genitori avevano scelto una persona che riempisse il vuoto lasciato da loro. Adesso che Remus e Nimphadora erano impossibilitati a dargli le risposte di cui aveva bisogno, era evidente che solo quella persona avrebbe potuto fornirgliele. Sebbene l’orgoglio, con ogni probabilità ereditato dalla nonna Serpeverde, lo trattenesse, Teddy decise che a prevalere sarebbero stati la sua essenza Tassorosso e il coraggio Grifondoro ereditato da suo padre. Si allontanò penosamente dalle tombe dei suoi genitori, e uscì dal cimitero.

“Grimmauld Place 12.”

Il crac della Materializzazione risuonò nell’aria, e Teddy sparì.

In molti sostenevano che scegliere di studiare in Biblioteca fosse molto più proficuo che optare per qualunque altro posto, a Hogwarts. Lì si potevano trovare i libri per gli approfondimenti, e la presenza costante di Madama Pince garantiva il silenzio necessario alla concentrazione. Per Albus e Scorpius, tuttavia, la Biblioteca era deprimente, e preferivano di gran lunga studiare in sala comune. L’unico problema era Rose, la cugina di Albus, che insisteva perché loro la seguissero in Biblioteca, un’evenienza a cui spesso non riuscivano a sfuggire.

Quel giorno, i due stavano rientrando nei sotterranei dopo un pomeriggio di studio che era parso loro infinito.

“Proprio non capisco perché tu ci tenga tanto a studiare con quella secchiona Grifondoro di Rose.” Si lamentava Scorpius.

“Lo so che è noioso, ma lei è la più brava del nostro anno e ci aiuta a prepararci meglio. E poi è mia cugina, non posso lasciarla sola!” Argomentò Albus.

“Non è neanche giusto che lasciamo sola Catherine.” Ribattè Scorpius. La loro amica non amava molto studiare con Rose. Scorpius non ne capiva il perché, mentre Albus, che era cresciuto circondato dalle cugine e da sua sorella e conosceva le dinamiche femminili, aveva formulato delle ipotesi piuttosto fondate.

“Hai ragione, andiamo da lei.” Annuì Albus, accelerando il passo.

Trovarono Catherine immersa nella lettura di un manuale di Trasfigurazione, seduta su una delle poltrone della sala comune.

“Eccovi qua! Mi chiedevo quando sareste arrivati. Sempre a mescolarvi con i Grifondoro?” li accolse la piccola Serpeverde.

“Con i Grifondoro simpatici.” Puntualizzò Albus, mentre dietro di lui Scorpius faceva una smorfia.

“Giurerei che siano una razza in estinzione, se non già scomparsa.”

“Dai Catherine, non fare così, i Grifondoro non sono mica tutti come James Potter!” intervenne Scorpius, il quale non vedeva di buon occhio le frequenti battute che Catherine faceva sulla Casa di Grifondoro. Era normale che ci fosse competizione tra le Case, ma era altrettanto naturale che Albus fosse legato ai propri famigliari. Insultare la famiglia di un Serpeverde, pensava Scorpius, non era un gesto adatto ai seguaci di Salazar, tra di loro esisteva un forte cameratismo, determinato dalla volontà di primeggiare sulle altre Case.

All’udire il nome del fratello maggiore, con il quale non si era ancora riappacificato, Albus sussultò.

“Come va con Trasfigurazione, Catherine?” domandò il giovane Potter all’amica, cercando di sviare la conversazione.

“Non molto bene, non riesco a eseguire correttamente il movimento della bacchetta, devo essermi persa qualcosa della spiegazione di Tracey.” Si lamentò lei.

“Ti aiuterò io, a me è venuto bene, anche se effettivamente richiede un po’ di esercitazione.” Si offrì il ragazzo, omettendo il fatto che l’unico motivo per cui era riuscito a padroneggiare l’esecuzione del gesto era che Rose gliel’aveva spiegata pazientemente per tutto il pomeriggio. 

“Lo faresti? Salazar, ti ringrazio, Albus, non avrei saputo come fare.” Sorrise Catherine. Albus arrossì.

“Ma certo! Ricorda che la cosa più importante è il movimento secco del polso.” Spiegò, mostrando il gesto con il proprio polso.

Mentre i due parlavano, Scorpius si era seduto nei pressi di un tavolino, e si era immerso nella lettura di una copia della Gazzetta del Profeta.

“Ragazzi, smettetela di parlare di Trasfigurazione, venite a leggere.”

I due gli si avvicinarono, e lui mostrò loro il giornale. Sulla prima pagina del Profeta compariva una foto di Kingsley Shacklebolt, ex Ministro della Magia e attuale Auror, col volto tumefatto. Come se la foto non fosse abbastanza eloquente, il giornale titolava:

FAMOSO AUROR AGGREDITO

James entrò correndo nella sala comune di Grifondoro. Si guardò intorno e poi, individuata la persona che stava cercando, le si diresse incontro a passo di carica. Tra le mani, stringeva un pezzo di pergamena molto consumato.

“Victoire!” esclamò. La cugina, che era immersa nella lettura di un libro, sobbalzò, spaventata.

“James, ma che maniere! Ti sembra il caso di strillare in questo modo?” per tutta risposta, il ragazzo le sventolò sotto il naso la pergamena.

“Vieni con me, dobbiamo parlare in un posto sicuro.” Spiegò James, serio, con un tono più basso. Victoire sembrò capire che la situazione era grave, e lo seguì nel corridoio antistante il ritratto della Signora Grassa, che era deserto.

“Ho appena ricevuto una lettera da Lily.”

“Tu tieni una corrispondenza con la tua sorellina?” Si stupì Victoire.

“Non dire sciocchezze, Victoire, quella è una rompiscatole, e poi ha appena nove anni! Si tratta di un’emergenza.”

“Per Godric, spiegami perché sei così preoccupato.”

“Lily scrive che stamattina, quando si è svegliata, papà non era in casa come al solito, era uscito prima, e la mamma era preoccupata. Durante la mattinata è arrivato un Patronus da papà, che diceva che Kingsley è stato aggredito.” Il tono di James si faceva più concitato ad ogni parola.

Victoire non perse la calma, il che costituiva uno dei motivi per cui James si era rivolto a lei per quella confidenza.

“È successo mentre era in missione o a riposo?” fu la prima domanda.

“Credo che fosse a riposo, altrimenti non sarebbe stato così sconvolgente, non ti pare? È un Auror.” Le fece notare James, senza accorgersi che ribadire alla cugina che un Auror è soggetto a molti rischi avrebbe potuto turbarla.

“Abbiamo un’idea di chi potrebbe essere stato?” chiese allora Victoire, controllando il proprio tono di voce per non tradire la minima emozione.

“Lily non lo sapeva, penso che la mamma glielo abbia tenuto nascosto.”

“Immagino lo scopriremo con la prossima Gazzetta del Profeta.” suppose Victoire.

“Credi che sarebbe una notizia da diffondere in tutto il mondo magico?”

“Prego?”

“Mi sembra chiaro che l’unico modo per saperlo sarà usufruire di un canale preferenziale, per esempio chiedendo a qualcuno dell’Ufficio Auror, non ti pare?”

“Tuo padre non te lo dirà mai.”

“Appunto per questo, è necessario che lo chiediamo a qualcun altro.”

“Che intendi dire?”

“Non è ovvio? Teddy!” Esclamò James.

“Perché mai Teddy dovrebbe cedere un’informazione del genere a te?”

“Non la dovrebbe cedere a me, Vic.”

“Cosa stai insinuando?”

“Non insinuo nulla, semplicemente dico che Teddy potrebbe rivelare questo genere di segreto alla sua ragazza.” Rispose James, con tranquillità.

“E tu la conosci?” ribatté lei, noncurante.

“Credo proprio di sì, dal momento che l’ho vista baciarlo al binario 9 e ¾”

“Se fossi in te, io non andrei a dirlo in giro, o lei penserà che tu sia un inguaribile spione, e anche un po’ pettegolo.” Osservò Victoire, piccata, per poi girare i tacchi e andarsene.

James rimase solo a osservare il passo veloce della cugina, augurandosi che il suo piano avrebbe funzionato.

La mattina seguente, Victoire si alzò presto. Era il giorno del primo sabato a Hogsmeade, e lei aveva intenzione di sfruttare appieno quella giornata di riposo, visto che le prime settimane di scuola erano state piuttosto faticose. Si preparò con insolita cura, indossando un bel maglione blu che valorizzava i suoi occhi e una gonna grigia, coprendosi poi con il mantello che aveva comprato il Natale precedente a Parigi. Legò i capelli in una treccia, per impedire che il vento li scompigliasse, e scese a fare colazione. Al tavolo di Grifondoro, l’attendevano Charlie e Isobel.

“Buongiorno Vic, sei pronta per una giornata a Hogsmeade?” l’accolse Charlie.

“Prontissima. Non vedo l’ora di svaligiare Mielandia.” Affermò lei, servendosi un toast con la marmellata.

“Charlie, ti ricordo che dovremo rientrare entro le tre, perché ho fissato l’allenamento di Quidditch.” Intervenne Isobel.

“L’allenamento? Il sabato di Hogsmeade? Sei senza cuore.” Sentenziò Charles.

“Non capisci la strategia? Ci alleneremo oggi proprio perché tutti gli altri non ci saranno!”

“La tua strategia sarebbe quella di farti odiare da tutta la squadra? Gli altri saranno a divertirsi e noi dovremo rimanere con quelli del primo e del secondo anno.”

“Così si vincono le coppe del Quidditch.” Tagliò corto Isobel, perentoria. Charles sbuffò, ma non disse nulla. In fin dei conti, era lei il Capitano, e sarebbe stato sleale disobbedirle.

“Cercheremo di concentrare tutto il divertimento nelle prime ore, ma sarà meglio sbrigarsi, così avremo più tempo per stare là.” Suggerì Victoire.

I tre si diressero verso l’uscita del castello, e riuscirono a salire su uno dei primi carri per Hogsmeade. Mano a mano che si avvicinavano al paese, Victoire si sentiva sempre più nervosa, giocherellava con la treccia e con i nastri del mantello, augurandosi di essere in ordine.

I tre passarono una piacevole mattinata a Hogsmeade. La prima tappa fu, come al solito, Mielandia, perché era l’unico negozio a mettere d’accordo i tre amici, mentre per le tappe successive era necessario scendere a compromessi. Victoire acconsentì a rimandare la visita a Scrivenshaft, il negozio di piume che tanto apprezzava, perché avrebbe potuto andarci nel pomeriggio quando Charlie ed Isobel sarebbero rientrati al castello, e i tre si diressero verso Stratchy and Sons, il negozio di abbigliamento per maghi, dove Charlie doveva comprare dei nuovi calzini. Subito dopo fu la volta di Mondomago, perché Isobel doveva far riparare il suo porta-bacchette da Quidditch, danneggiato da un bolide che l’aveva colpita durante la prima partita del campionato, contro Tassorosso.

Affamati, decisero di pranzare ai Tre manici di scopa. Come sempre, il pub di Madama Rosmerta era molto affollato, e nel tentativo di raggiungere il bancone per ordinare il pranzo, Charlie pestò inavvertitamente il piede di Ethan Brocklehurst, un Serpeverde del settimo anno.

“Guarda, guarda: un Grifondoro che non sa tenere i piedi al loro posto.” Commentò questi, con tono sarcastico.  Charlie alzò gli occhi al cielo.

“Guarda, guarda: un Serpeverde con i piedi delicati.” Ribatté. Victoire sospirò: Charlie raccoglieva sempre le provocazioni, per quanto lei gli ripetesse che era più conveniente lasciar perdere.

“I miei piedi non sono delicati, però trovo estremamente seccante essere costretto a ripulire le mie scarpe dopo che i piedi di uno schifoso Grifondoro ci sono finiti sopra.”

“Interessante, perciò se ti prendessi a calci potrei finalmente convincerti a lavarti?” ribatté Charlie. Brocklehurst fece un passo verso di lui, gli puntò la bacchetta sul petto e, con uno sguardo minaccioso, dichiarò:

“Quelli come te, Davies, non sono nemmeno degni di rivolgermi la parola. Stai pur tranquillo: presto qualcuno ti rimetterà al tuo posto.” Un attimo dopo, il Serpeverde sparì, in un turbine di abiti neri. Victoire rabbrividì.

“Quel tizio è pazzo.” Sentenziò Charlie, senza dare l’impressione di essere molto colpito. Anche Isobel sembrava dello stesso avviso.

“Io farei attenzione se fossi in te, Charlie. È vero che è folle, ma è proprio questo a renderlo più pericoloso. Non mi piace quando i Serpeverde si comportano così.”

“Secondo me è solo un cialtrone, non è abbastanza coraggioso per fare veramente qualcosa di spregiudicato. E poi è un Serpeverde, che cosa ti aspetti da gente così?”

“Anche se non avesse il coraggio di farci del male, non credo che sia saggio metterlo alla prova per vedere fino a che punto può arrivare, Charlie. In secondo luogo, mio cugino è un Serpeverde, quindi ti sarei grata se non insultassi lui e la sua Casa. Discorsi di questo tipo non provocano altro che guerre, e basterebbe studiare un po’ di Storia della Magia per capire che ho ragione.” Replicò Victoire, con la voce tremante.

Qualcosa nel suo sguardo convinse i suoi amici che ribattere non sarebbe stato saggio. I tre consumarono il pranzo in silenzio, ognuno concentrato sui propri pensieri. Terminato che ebbero di mangiare, Isobel e Charlie si congedarono dall’amica, per tornare al castello e prepararsi all’allenamento di Quidditch che avrebbe avuto luogo quel pomeriggio.

Rimasta per conto proprio, Victoire non rimase a lungo ai Tre manici di scopa. Pagò il conto, indossò il mantello e uscì. Le vie di Hogsmeade erano ancora molto affollate, ma lei notava come la folla si diradasse mano a mano che si avvicinava alla sua destinazione. Quando ormai era in prossimità della Stamberga strillante, era completamente sola.

Scelse una delle panchine nei pressi della Stamberga, la ripulì dalle foglie secche che ci erano cadute sopra e si accomodò. Aprì la borsa, tirò fuori il libro di Babbanologia e s’immerse nella lettura. Amava la tranquillità di quel luogo, sempre così silenzioso e deserto.  Quel giorno, però, non si era recata lì per ricercare la solitudine.

Pochi minuti dopo, la placidità della sua lettura fu interrotta dal familiare pop della Materializzazione, e Victoire alzò lo sguardo, ansiosa e al contempo emozionata. Ciò che comparve davanti ai suoi occhi le regalò una felicità che non aveva provato per molte settimane. A pochi metri da lei, con capelli di un improbabile verde pisello e sorriso smagliante, stava Ted Lupin.

“Teddy!” esclamò la giovane, prima di lanciarsi tra le braccia del ragazzo.

“Mi sei mancata.” Le sussurrò lui, stringendola a sé.

Era meraviglioso essere di nuovo insieme, in quel posto lontano da tutto e da tutti. Avvertire il contatto con Teddy, il suo profumo, la sua voce, i suoi movimenti. Sapere che lui aveva bisogno di vederla con la stessa urgenza con cui lei sentiva la sua mancanza, sentirsi amata, cercata, preziosa. Le loro labbra si trovarono, ansiose di colmare il vuoto di quei mesi di lontananza.

Sarebbe potuta rimanere lì per sempre, a godere semplicemente della compagnia di Teddy, ma era consapevole, e sapeva che anche lui lo era, che c’erano questioni importanti da affrontare insieme. Victoire aveva bisogno di sostegno e consigli sui problemi che le si presentavano in quei giorni, e desiderava sapere come Teddy stesse vivendo la scoperta su suo padre e la lite con i Potter.

“Come stai?” fu la domanda che gli rivolse quando le loro labbra si separarono. Teddy le rivolse uno sguardo sarcastico.

“Come stai tu, piuttosto. Dagli ultimi gufi si capiva che c’era qualcosa che non andava, e ora che ti ho visto ne ho la conferma.”

Victoire lo mise a parte delle proprie preoccupazioni per lo Smistamento di Albus e la lite tra lui e James. Sapeva che lui voleva sinceramente bene ai due fratelli Potter, e riponeva una grande fiducia nel suo giudizio.

“Non ci si potrebbe aspettare nulla di diverso da quei due, ma questa volta James ha davvero esagerato. – fu il commento di Teddy- hai parlato con loro?”

“Naturalmente. James è molto sfuggente, non gli va di parlarne e cerca di sviare l’argomento. Chi mi spaventa di più è Albus, perché dei due è il più risoluto a non parlare con suo fratello, è straordinariamente tranquillo sulla sua decisione. Ad ogni modo, io e Fred parliamo molto con loro e cerchiamo di aiutarli a ragionare, anche se entrambi sembrano davvero sicuri sulle loro posizioni. È inquietante, soprattutto perché sono così giovani.” Dal tono di Victoire trapelava tutta la preoccupazione che non aveva potuto condividere con nessuno fino a quel momento, perché lei era la cugina maggiore, quella responsabile, e se avesse dato segni di agitazione tutti gli altri sarebbero andati nel panico. Teddy la strinse a sé, per confortarla.

“Proverò ad aiutarli anch’io via gufo e personalmente, a Natale. Ma dimmi, Vic, tu e Fred ne avete parlato con Harry e Ginny? Loro hanno sempre saputo gestire i rapporti tra James e Albus, infatti la bomba è scoppiata proprio ora che sono entrambi a Hogwarts. Magari potranno intervenire, e darvi consigli utili.”

“Ho scritto a zio Harry e zia Ginny il giorno stesso della lite. Loro mi hanno risposto con la posta del mattino dopo, e ho avuto come l’impressione che si aspettassero che succedesse qualcosa del genere. D’altronde, quei due litigano continuamente. Ciò che nessuno di noi si aspettava, però, era che Albus venisse Smistato in un’altra Casa, Serpeverde per giunta! Adesso possono fare a meno di vedersi anche per settimane intere, non puoi immaginare quanto sia doloroso.” Sussurrò Victoire, con la voce rotta, interrompendosi un attimo prima di iniziare a piangere.

Teddy l’abbracciò, mentre rifletteva su quello che avrebbe dovuto fare per aiutare i due fratelli Potter. L’amara verità era che né Victoire né lui avrebbero potuto fare la differenza, in quel frangente. Potevano aiutare e consigliare Albus e James, ma avrebbero dovuto essere loro due a decidere, e loro, come tutto il resto della famiglia, non avrebbero potuto fare altro che aspettare. Non poter agire era frustrante, ma era giusto che fosse così, per quanto doloroso potesse essere. C’erano vicende in cui loro non potevano intervenire, ma c’erano anche fatti che riguardavano loro due, di cui loro dovevano occuparsi, non potevano scegliere.

“I legami famigliari sono qualcosa di misterioso e di difficile comprensione.” Commentò il ragazzo. Lo sguardo di Victoire cambiò, si fece serio ma più tranquillo. L’argomento, adesso, era diverso.

“Riguardo alle famiglie, hai fatto ricerche su tuo padre?”

Teddy aveva aspettato a lungo quel momento, perché desiderava mettere a parte Victoire di tutte le riflessioni che aveva fatto. Aveva bisogno di coinvolgerla in quella vicenda, di ascoltare le sue opinioni e i suoi consigli e prendere con lei le decisioni importanti.

“Ho parlato con la nonna, che mi ha raccontato alcune cose sui miei genitori, fondamentalmente sull’anno che ha preceduto la mia nascita. Lei ha conosciuto mio padre solo quando lui e mia madre hanno deciso di sposarsi, poi è scoppiata la guerra e lui è stato latitante per un periodo, insomma, la nonna aveva poche informazioni, e ho capito che era molto doloroso per lei parlare di mia madre, quindi ho lasciato cadere il discorso.”

“Povera Andromeda.” Sospirò Victoire, continuando a guardarlo attentamente.

“Comunque, la nonna mi ha dato un’informazione importante: mio padre faceva uso della pozione Antilupo, che gli permetteva di comportarsi come un lupo normale durante le notti di luna piena, anche se alcuni membri del vecchio Ordine della Fenice mi hanno rivelato che in certi periodi ne interrompeva l’uso per mescolarsi tra i Lupi Mannari, come spia.”

“Tra i Lupi Mannari? Che coraggio!” esclamò la ragazza.

“Era uno di loro, che prova di coraggio sarebbe? Che cosa avrebbe avuto da temere?” Domandò Teddy, duro.

“Era comunque un Mago abituato a vivere nel nostro mondo, per lui sarà stato spaventoso come potrebbe esserlo per chiunque di noi.” Argomentò Victoire. Teddy non fece commenti, e proseguì il suo racconto.

“Ad ogni modo, parlando con i vecchi membri dell’Ordine ho ricevuto molte informazioni interessanti, ma quello di cui avevo veramente bisogno era parlare faccia a faccia con lui, per quanto mi era possibile. Sai, per mettere insieme i pezzi. Allora sono andato al Memoriale dei Caduti della Seconda guerra magica, a Londra.”

Il fatto che Victoire non facesse commenti sulla possibilità di “parlare faccia a faccia” con un uomo morto da diciannove anni era uno dei motivi per cui si era innamorato di lei.

“Li ho guardati in faccia per un pezzo, lui e la mamma. E mi è stato utile, perché lì, all’improvviso, ho visto tutto sotto una luce diversa, e tutti i pezzi sono andati al loro posto. I racconti di mia nonna e quelli della vecchia guardia dell’Ordine della Fenice, le cose che già sapevo su mio padre, alcuni dettagli della mia vita. Tutto aveva un senso, tutto quadrava. E ho capito cosa dovevo fare.”

Victoire lo guardava, interrogativa.

“Ci sono molte cose che non conoscerò mai di mio padre. Qual era il suo piatto preferito, in quale posizione gli piaceva dormire, con quale mano teneva la bacchetta. Non conoscerò mai il timbro della sua voce, anche se dicono che la mia ha un suono simile. Però so ciò che fa la differenza. So che era un Lupo Mannaro, e che era abbastanza coraggioso e folle da non permettere che questo aspetto della sua natura gli impedisse di vivere e lottare per ciò che valeva la pena. So che mia madre doveva amarlo molto, probabilmente era un po’ folle anche lei, per decidere di sposarlo e avere un bambino con lui, nonostante la licantropia. E so che lui e mia madre, non molto prima di morire, hanno scelto qualcuno che mi spiegasse queste cose se loro non avessero potuto farlo. Così ho deciso, e ti assicuro che non è stato facile, ma mi sono Smaterializzato in Grimmauld Place 12 e ho parlato con Harry.”

Sul volto di Victoire si allargò un largo sorriso, e lei tirò un sospiro di sollievo, prima di abbracciarlo, esultante.

“Ma è meraviglioso! Ero così preoccupata per te!”

“Perché eri preoccupata?” Domandò Teddy, che non aveva mai sopportato che le persone che aveva intorno s’impensierissero per lui. “Povero ragazzino, senza genitori, chissà com’è triste!” Che bisogno c’era di agitarsi? Lui sapeva cavarsela benissimo.

“Temevo che facessi qualche sciocchezza, Harry è molto importante per te e sapevo che rifiutare di parlargli non poteva avere risvolti positivi.” Spiegò la ragazza.

“Ora capisco perché Fred ti chiama Nonna Weasley, mi sembra di sentire parlare nonna Andromeda, l’unica differenza è che lei ha sessantaquattro anni, mentre tu ne hai appena diciassette.” La prese in giro lui.

“A Fred piace fare lo spiritoso, ma non è colpa mia se i miei cugini sono una banda di scapestrati, qualcuno li deve tenere a bada, e lui farebbe bene a non sputare nel piatto in cui mangia, visto che quando ha bisogno di buoni consigli divento la sua confidente preferita.” Esclamò Victoire, leggermente irritata dal fatto che la sua preoccupazione per Teddy, determinata dall’amore nei suoi confronti, venisse accostata alla sua tendenza a preoccuparsi per i cugini più piccoli.

“Dai Vic, non ti arrabbiare. Ti assicuro che nemmeno in un milione di anni ti si potrebbe confondere con mia nonna Andromeda.” Da ironico, il tono di Teddy si era fatto più tenero. Victoire, però, era ancora offesa.

“Per Godric, grazie Teddy, tu sì che sai fare i complimenti a una ragazza.”

“Sei in cerca di complimenti? Hai veramente bisogno di qualcuno che ti ricordi quanto sei bella?” Le sussurrò, prendendo il suo viso tra le mani, e osservandola con lo sguardo fisso e penetrante che assumeva quando parlava di un argomento che gli stava a cuore.

“Ho bisogno che sia tu a dirmelo, è molto diverso. In ogni caso, mi piacerebbe sapere com’è andata dai Potter.” Rispose Victoire, più tranquilla, riportando il discorso sul tema che maggiormente le stava a cuore. Lo sguardo di Teddy parve turbato, certamente quello non era un discorso facile.

“Sono arrivato lì nel pomeriggio, quindi non c’erano né Ginny, né Lily. Tua zia era impegnata perché in questo periodo c’è il mercato del campionato di Quidditch e doveva intervistare i Battitori del Puddlemere United perché sembra che stiano discutendo con la squadra un aumento dell’ingaggio…”

“Avvincente.” Commentò Victoire, che non era una grande appassionata di Quidditch.

“Sì, beh, invece Lily era a scuola, così c’era solo Harry, che stava lavorando a qualche protocollo dell’ufficio Auror. Era quello che speravo, perché era soprattutto con lui che volevo confrontarmi, e temevo che se fossero presenti tua zia o Lily mi sarei lasciato influenzare dalla tenerezza nei loro confronti, avrei fatto in modo di non ferirle, e così facendo avrei rischiato di non riuscire a parlare con Harry come desideravo. Ero ancora arrabbiato con lui, così non avevo paura di offenderlo, volevo solo che mi dicesse la verità.” Le parole di Teddy erano dure, ma sincere.

“Il mio atteggiamento era abbastanza ostile, ma Harry sembrava non accorgersene, o non darci peso. Il risultato era che io era ancora più infuriato, ma sospetto che lo facesse apposta. Comunque, mi ha fatto accomodare, mi ha versato del Vino Elfico e si è seduto di fronte a me, ad aspettare che io parlassi. In quel momento è successo qualcosa di strano. Mentre andavo lì, mi ero prefigurato un discorso preciso, gli avrei chiesto spiegazioni e contemporaneamente gli avrei fatto capire quanto fosse in torto per non avermele date per diciannove anni, perché mi spettavano di diritto. Una volta che mi sono ritrovato lì, in silenzio nel soggiorno dei Potter, nessuna delle parole che mi ero prefissato mi è tornata alla mente. C’erano troppe cose che volevo sapere, e mi sono reso conto che non volevo più inquinare ciò che per me rappresenta mio padre con la rabbia e il rancore. Credo di aver farfugliato qualche parola senza senso logico, ma non ha importanza, perché lui ha capito. Mi ha raccontato di quando mio padre era giovane, conosce molte storie che risalgono a prima della sua nascita, le ha ascoltate da mio padre e dal suo padrino, Sirius, che erano i migliori amici di suo padre, James. Mi ha spiegato come Albus Silente riuscì a rendere possibile che mio padre frequentasse Hogwarts, e mi ha raccontato la storia del gruppo di amici, i Malandrini, a cui mio padre apparteneva. Molte cose sui rapporti tra Harry e mio padre le conoscevo già, però ora credo di capire meglio il mio padrino e la sua scelta.” Spiegò Teddy.

Victoire faticava a trattenere il proprio entusiasmo, e Teddy non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse meraviglioso avere al proprio fianco una persona che avverte la tua gioia come se fosse la sua. Quella consapevolezza aveva un sapore dolce e amaro insieme, perché avrebbe reso ancora più difficile il momento della separazione, che entrambi sapevano essere sempre più vicino. Il pomeriggio, infatti, si avviava alla sua conclusione. Il cielo si faceva sempre più scuro, e la temperatura cominciava a scendere. Era giunto il momento di salutarsi. Fu Teddy il primo ad alzarsi dalla panchina, seppur riluttante.

“Non è ora di tornare al castello?” Victoire sussultò e si alzò in piedi, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse tardi.

“Hai ragione! Devo tornare a scuola per cena.” Esclamò Victoire, triste. Teddy le rivolse uno sguardo malinconico, e si chinò su di lei per baciarla un’ultima volta.

“Ci vediamo presto.” Le sussurrò all’orecchio, prima di Smaterializzarsi.

Angolo dell’autore

Ciao a tutti!

Questo capitolo è stato un parto, visto che l’ho scritto nelle pause dallo studio per la maturità, ma ora è finito e spero che vi sia piaciuto. Vi sarete accorti che c’è una sproporzione tra le varie scene, ho dedicato molto più spazio a Victoire e Teddy. perché c’erano diverse questioni in ballo; innanzitutto la loro relazione, che sta evolvendo, poi la difficile situazione dei fratelli Potter e i problemi personali di Teddy. Per quanto riguarda, invece, i tre giovani Serpeverde, in questa scena riusciamo a cogliere le dinamiche del gruppetto. James ci dà l’informazione dell’attacco a Kingsley e non perde l’occasione per molestare sua cugina, che non sembra gradire molto e, prima di esibirsi in smancerie con il suo Teddy, va a Hogsmeade con i suoi amici. Scopriamo qualcosa di più del carattere di Isobel e Charlie, e assistiamo a una scena di tensione ai Tre Manici di Scopa.

Spero che il capitolo vi abbia fatto venire voglia di sapere cosa succederà dopo!

Alla prossima,

Lucia

   
 
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