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Autore: As_tat    01/07/2016    0 recensioni
Nel futuro di True Blood, descritto da Charlaine Harris, Helena conduce un'esistenza raminga e solitaria, all'apparenza una semplice ragazza trasandata, come se il destino l'avesse sbatacchiata da una città all'altra senza apparente motivo. Questo finchè una notte, in un bar nella periferia di qualche cittadina sperduta, una sua vecchia conoscenza non rientra in modo prepotente nella sua vita, distruggendo in poche parole l'identità che Helena era riuscita a costruirsi. Ricordandole che lei non è la semplice umana che interpreta e che il fatto che stia scappando dal mondo sovrannaturale non significa che quella realtà dolorosa abbia smesso di esistere. Nè che lei abbia smesso di farne parte.
I personaggi di questa storia sono completamente originali e di mia invenzione, l'universo è invece quello creato da Charlaine Harris nel "Ciclo di Sookie Steakhouse", per cui i miei assunti sono gli stessi (esiste il sangue artificiale e la presenza dei vampiri è stata rivelata agli esseri umani, esistono altre creature sovrannaturali di cui però gli umani non sanno ancora nulla). Non escludo che in futuro alcuni personaggi del ciclo possano comparire nella storia, ma per ora non ce ne sono.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
 
 
Faceva freddo, un freddo che penetrava nella carne e nelle ossa. Il Natale doveva essere vicino, ma ormai aveva perso la concezione del tempo religioso.
Helena si strinse nel suo cappotto malandato, il cui colore, un verde marcio tendente al marrone, le ricordava molto il vomito. Era sul bordo della strada ormai da quasi mezz'ora, nella notte gelida alle porte di Pale-Praca, in Bosnia-Erzegovina.
Non c'erano lampioni su quel tratto di strada, e le poche volte che veniva abbagliata dai fari di un'automobile di passaggio si sentiva più disorientata da quelle luci, che rassicurata.
Nessuno si fermava a vedere chi lei fosse o se avesse bisogno d'aiuto, ma dopotutto il nonno Murray gliel'aveva detto. Nessuno avrebbe prestato attenzione ad un esserino come lei, rattrappito in un cappotto bisunto di almeno quattro taglie troppo grande.
Nessuno, tranne lui, ricordò Helena, mentre una feroce contrazione le strizzava cuore, che si dibatteva forsennatamente da quando aveva raggiunto quel luogo.
Sei addestrata, sei pronta, si ripeté, cercando di trovare un po' di sicurezza nelle parole che il nonno le aveva rivolto quando aveva mostrato un accenno di titubanza.
Fu in quel momento che vide giungere un paio di fari lungo la stradina buia, che lasciavano la città. La macchina che si stava avvicinando procedeva molto più cauta di tutte le altre che aveva visto passare, e quando la vide rallentare, ancor prima che la luce dei fari la investisse, più o meno all'altezza di dove si trovava lei, capì che era giunto il suo momento.
Allungò il braccio, alzando il pollice, nel segno universale di chi cerca speranzoso uno strappo in macchina.
Sei pronta, si ripeté ancora mentre la macchina si fermava davanti a lei, ma questo non impedì al suo stomaco di effettuare una dolorosa capriola.
Era una vecchia automobile, probabilmente grigia, un'utilitaria assolutamente anonima, di cui non avrebbe saputo dire il nome del modello o la marca. Aprì la portiera cigolante imponendosi di non tremare, per non mostrare il benché minimo timore. 
<< Ciao piccola, hai bisogno di un passaggio? >> le chiese il conducente, in un bosniaco approssimativo.
<< Sì >> sentì la sua voce squittire << Per Foca-Ustikolina >>
Il sorriso che le rivolse l'uomo al volante avrebbe fatto scappare qualsiasi creatura dotata di un minimo di istinto di sopravvivenza, perché era troppo abbagliante in una notte cupa come quella. Ammaliava almeno tanto quanto atterriva.
<< Hai fortuna, vado proprio da quelle parti >> le rispose, e lei lo scrutò sospettosa per qualche istante, secondo il canovaccio che nonno Murray le aveva detto di recitare. Era un uomo piuttosto magro, e alla luce fioca dell'illuminazione interna della macchina appariva bianco come l'alabastro. Delle profonde occhiaie violacee corredavano i piccoli occhi chiari, in contrasto con i cortissimi capelli neri che si diradavano su ampie stempiature.
<< Grazie >> sussurrò, sedendosi poi con uno scatto sul sedile del passeggero.
 
<< Come ti chiami, piccolina? >> chiese lui, non appena furono ripartiti.
<< Tijana, signore >> pigolò Helena, insicura se la sua paura fosse recitata o reale.
<< Che bel nome, Tijana. E dimmi, dove sono i tuoi genitori? Non si preoccupano che tu sia in giro quando già fa buio? >> proseguì cortese l'uomo.
<< Sono orfana, signore. Sto andando a cercare dei miei parenti >>
L'uomo parve meditare qualche istante, ma subito riprese il tono gioviale tipico di chi parla con un bambino.
<< Mi dispiace. Ma sei comunque troppo piccola per badare a te stessa ed essere in giro dopo il tramonto, è molto pericoloso, sai? ... quanti anni hai? >>
<< Dieci >> mentì Helena, sapendo che era esattamente quella l'età che dimostrava, quando in realtà aveva compiuto i quindici anni un mese prima.
Il silenzio calò nell'abitacolo, ed Helena osservò il viso dell'uomo corrucciarsi in un'espressione contrita. Stringeva con forza il volante, tanto che le sue nocche apparivano scolpite nel marmo.
La macchina procedeva a velocità elevata, facendo stridere i pneumatici sulla ghiaia ghiacciata ai bordi delle curve, fino a che l'uomo non sterzò bruscamente per entrare in una radura al bordo della strada.
Helena si aggrappò spasmodicamente alla portiera dell'auto, reprimendo però l'impulso di aprirla e scappare via quando la macchina inchiodò di colpo, con un rumore secco di ghiaccio incrinato dai pneumatici.
Un lampione malandato illuminava a scatti quella che Helena capì essere un'area riservata alla sosta d'emergenza, ma quella era un'informazione che sfiorò a malapena il suo cervello, mentre sgranava gli occhi, rivolgendo uno sguardo di puro terrore all'uomo accanto a lei.
<< Non voglio farti del male, Tijana >> sussurrò dolcemente lui, incatenandola con il suo sguardo di un magnetico colore azzurro << E' solo che sei stata sfortunata, stanotte >>
Helena contemplò quello sguardo rapita, sentendosi immediatamente ed assurdamente rassicurata.
 
<< E' importante mantenere il contatto visivo, perché è attraverso questo che i vampiri riescono ad ipnotizzare le loro vittime. Tuttavia, con una buona dose di concentrazione, riuscirai a mantenere la lucidità. Mi raccomando, concentrati al massimo, come ti ho insegnato, se rimani ipnotizzata da un vampiro sei perduta >>
<< Sì, nonno >>
 
Lasciò per qualche istante che quella finta sicurezza la pervadesse, in modo che il suo battito cardiaco rallentasse. Poi riuscì a spezzare il filo di ipnosi che collegava il suo sguardo a quello azzurro del vampiro di fianco a lei, evitando tuttavia che lui se ne accorgesse.
<< Mi dispiace, Tijana >> sussurrò il vampiro, ed Helena lesse una profonda e struggente tristezza in quegli occhi, un'emozione che non avrebbe notato se avesse lasciato che lui la ipnotizzasse.
Perché quel vampiro era triste? Perché non era la brutale bestia che era stata addestrata ad affrontare?
<< Ora siediti sulle mie gambe, e pensa al momento più bello della tua vita, rivivi nella mente il tuo ricordo più  piacevole. Dimentica dove ti trovi e quello che ti sta succedendo, non sentirai nulla >>
Perché quella premura così gentile? Perché voleva evitarle qualsiasi dolore, nonostante stesse per morderla?
Helena mantenne gli occhi socchiusi, cercando di mantenere la sua espressione in modo che fosse più neutra e distante possibile, mentre con qualche manovra goffa scavalcava il cambio e si accomodava sulle gambe del vampiro. Il sangue le rombò nelle orecchie, e pregò internamente che lui non percepisse l'ansia che le pulsava nelle vene, altrimenti avrebbe senza dubbio sospettato qualcosa.
Lui però sembrava all'improvviso dimentico di qualsiasi cosa provasse, e addirittura anche del fatto che lei fosse una bambina. Il suo sguardo era divenuto famelico, rendendolo simile ad un uomo a digiuno da un mese a cui fosse stato servito un tacchino arrosto.
 
E' il momento, le suggerì fugace la voce del nonno Murray.
 
Accadde tutto così in fretta che Helena si stupì di quanto potesse essere veloce il suo corpo. In un battito di ciglia il vampiro aveva esteso i canini, spalancando le fauci in un espressione vorace, ed in poco meno di un istante le avrebbe azzannato il collo. Ma non fece in tempo ad abbassarsi su di lei, che si bloccò inorridito.
Uno stiletto di legno, delle dimensioni di una penna, era conficcato in profondità nel suo torace, all'altezza precisa del cuore. Helena abbassò lo sguardo sul suo palmo, premuto sul petto dell'uomo per infilzare fino in fondo il paletto, e poi ritornò ad osservare il viso del vampiro ora contratto in un'espressione che comunicava un misto di emozioni delle quali la più evidente era lo stupore.
<< Mi dispiace >> si ritrovò a mormorare lei, quasi sconvolta all'idea di star chiedendo scusa per la sua azione appena dopo aver pronunciato quelle parole.
Poi quel momento di stasi si tramutò subito in tumulto, quando il vampiro cominciò a vomitare un violento fiotto di sangue, inondandole il viso ed il corpo, prima che riuscisse a districarsi e ad uscire dalla macchina.
Quello fu il primo vampiro che uccise.
Quello fu l'inizio della sua carriera di cacciatrice di vampiri.
 
***
<< In Bosnia-Erzegovina la caccia di vampiri è legale, anzi è anche retribuita dallo Stato >>
Dimitri inarcò le sopracciglia, vagamente divertito dalla sua risposta. Erano in volo da qualche minuto, ed il mannaro era piuttosto ansioso a causa dell'angusto spazio in cui era costretto su quel sedile della classe economica, incassato dentro all'aereo di linea. Per distrarsi e sfogarsi aveva cominciato a discutere dell'uccisione di vampiri, incurante dello scandalo che stava suscitando nella vecchietta poco distante.
Helena, seduta di fianco a lui, aveva deciso di dargli corda, considerando con una lieve sensazione di curiosità che, dopo aver passato qualche ora con Adam, era quasi rilassante trovarsi in compagnia del solo Dimitri.
<< Non me ne frega molto dello Stato degli umani, bambolina >> ribatté, squadrandola << cioè, venir pagati per impalettare qualche vampiro non è una brutta idea, ma piuttosto che diventare un mercenario degli umani preferisco essere povero >>
Essere un mercenario di Terence invece gli andava bene, si disse Helena. Non che Terence fosse umano... cioè, non sapeva cosa fosse Terence, in termini di razza sovrannaturale, ma sperare che fosse un umano era quantomeno ingenuo.
<< Comunque sia se sei in grado di proteggerti dalle vendette dei vampiri, lì non ti devi preoccupare delle leggi degli umani >> osservò lei, in tono pratico.
 
Tutta la discussione era partita dall'idea di uccidere Adam. Helena sapeva che Dimitri non sopportava i vampiri in generale –come ogni mannaro orgoglioso di essere tale- ma per Adam provava un odio viscerale che andava al di là di qualsiasi spiegazione fosse in grado di darsi. Tanto da arrivare a soppesare seriamente l'ipotesi di impalettarlo o di fargli rivedere con qualche espediente il sole.
L'idea di uccidere un compagno di viaggio e di missione era di per sé un azzardo, ma soprattutto far fuori un vampiro secolare che aveva avuto l'occasione di studiarlo e che quindi non poteva neanche cogliere di sorpresa andava al di là delle capacità di Dimitri.
Farlo ragionare era inutile, dato che sarebbe stato come cercare di far ragionare un lupo, oltre che pericoloso, viste le sue imprevedibile ed irruenti reazioni. Meglio cercare di sviare con nonchalanche la conversazione verso un tono più generico e meno compromettente, cosa che Helena stava appunto facendo.
 
<< Era quello che facevi prima? Cacciavi vampiri in Bosnia? >> le chiese curioso Dimitri.
<< E' una delle tante voci che girano sul mio conto, ma la verità è che... faccio la bibliotecaria da un anno, da quando cioè ho finito le scuole superiori e non ho mai avuto a che fare con i vampiri >> rispose serafica Helena, inarcando un sopracciglio. Era abituata alle domande sul suo passato e ormai aveva elaborato così tanti sotterfugi per evitare il discorso che non doveva neanche starci a riflettere sopra.
Dimitri parve divertito da quella risposta, e, capendo l'antifona, non indagò oltre. Dopotutto sapeva l'importanza della segretezza e del custodire gelosamente per sé alcuni dettagli della propria vita, perché c'era sempre il rischio che altrimenti arrivassero alle orecchie sbagliate.
 
Il silenzio calò tra loro, mentre Helena spostava lo sguardo per osservare il cielo divenire sempre più chiaro al di fuori del finestrino. L'alba aveva sempre il potere di confortarla e intorpidirla, si ritrovò a pensare, chiedendosi se fosse una sensazione che l'accomunava agli esseri umani. O ai vampiri. O agli umani che avessero una relazione troppo stretta con i vampiri. O agli esseri umani che passassero la notte nel devastante sforzo fisico e mentale di dover ammazzare una creatura infinitamente più potente, e che poi, vedendo l'alba, fossero sconcertati all'incredibile idea di averla scampata per l'ennesima volta.
 
Il pensiero del vampiro che viaggiava con loro si insinuò subdolo nella sua mente, e nel torpore celebrale che la stava avvolgendo, Helena smise di ostinarsi a cacciarlo via come aveva cocciutamente voluto fare fino a quel momento.
Il viso di Adam, la sua espressione collaudata da zingaro bello e dannato, il suo fisico asciutto e tonico...
Okay, si disse Helena, riprendendosi bruscamente dal torpore mentre si stiracchiava in modo nervoso, va bene che devo rifletterci, ma evitiamo di scrivere la sceneggiatura per un film hard.
Il problema con Adam era sempre stato sostanzialmente quello. Che non le era indifferente, che il disgusto per i non morti inculcatole da bambina con lui non funzionava.
Beh, ormai aveva smesso di considerare i vampiri come disgustosi abomini in cui infilzare un paletto appena le fosse stato possibile, perché aveva smesso di cacciarli cinque anni prima e aveva avuto anche occasione di conoscerne un paio che si erano rivelati sorprendentemente... persone.
 
Ma al di là dell'ormai perduto odio razziale, manteneva comunque una certa diffidenza nei confronti dei vampiri e soprattutto, mai e poi mai si sarebbe aspettata di ritrovarsi sessualmente attratta da uno di loro. 
Cioè, non era propriamente vero. La verità era che aveva delle serie difficoltà a gestire la propria sessualità, a causa della sua crescita anomala e dell'impostazione che aveva sempre avuto la sua vita.
La sua crescita mentale non era andata di pari passo con quella fisica e ormonale, con il risultato che pochi anni prima si era ritrovata in preda alle turbe ormonali tipiche dell'adolescenza, con una maturità mentale non abbastanza frivola da poterle assecondare.
In secondo luogo c'era l'addestramento ed il tipo di vita che aveva condotto sotto lo sguardo attento del nonno Murray, in cui a dire il vero non c'era molto spazio per lo svago personale, ed il poco tempo che poteva dedicare a se stessa non poteva comunque condividerlo con dei ragazzi.
Ma se tutte queste motivazioni avrebbero dovuto renderla insensibile a qualsiasi avance, il vero problema era che Adam avrebbe potuto scatenare tormente ormonali anche nel granito, e quindi lei ne era tutto fuorché immune.
Ma questa volta era psicologicamente più preparata, si disse. Lo conosceva, capiva le sue tattiche, nonostante la maggior parte delle volte le sue motivazioni le apparissero oscure, non era più una sprovveduta con tempeste ormonali da sedicenne.
Le sarebbe bastato limitare i contatti al minimo, mantenere un atteggiamento professionale e distaccato, ed evitare di fuggire come un'imbranata, cosa che nella sua esperienza aveva portato a situazioni peggiori di quelle da cui era scappata. Insomma un gioco da ragazzi.
Dannazione.
 
Il russare fragoroso di Dimitri la riportò alla realtà, strappandole un sorriso davanti allo sconcerto che quel rumore generava negli altri passeggeri.
Fu solo un istante, ma appena si accorse di star sorridendo ne rimase così sconvolta che portò i polpastrelli alle labbra, sentendole quasi una parte estranea appiccicata per qualche sconosciuto motivo al suo viso.
Scosse il capo, inspirando poi profondamente. Si stava facendo fin troppi viaggi mentali in quegli ultimi due giorni, meglio concentrarsi sulle urgenze e sugli obiettivi del presente ed evitare di pensare al fatto che, per quanto fosse decisamente più pericoloso, si sentiva più nel suo ambiente in compagnia di due bestie sovrannaturali, piuttosto che in mezzo ad una folla di esseri umani.
 
***
Alla fine era di nuovo sera. Helena guardò fuori dal finestrino dell'auto in cui si trovavano, una specie di carro funebre a quanto aveva visto, e scorse gli ultimi raggi aranciati del sole che veniva inghiottito dall'orizzonte. Una bizzarra sensazione di nostalgia per l'alba che aveva visto quello stesso mattino le dilagò nel petto.
<< Un fottuto carro funebre>> bofonchiò Dimitri, che stava guidando con nervosismo l'auto. Helena lo guardò, chiedendosi quanto ci sarebbe voluto ancora per arrivare alla meta finale; dopo un volo in economica che sembrava essere durato secoli a causa di uno scalo imprevisto per problemi tecnici,  avevano raggiunto un hangar, dove un pilota li aveva condotti su un velivolo privato, cercando di guardarli il meno possibile. E alla fine erano arrivati lì, un “lì” senza dove né coordinate, o almeno non che Helena sapesse. La chiamata che Dimitri aveva ricevuto da Terence poco prima la rendeva fiduciosa che, dovunque fossero diretti, ci stessero arrivando.
 
<< Non sapevo che fossi superstizioso>> apostrofò il mannaro,  stiracchiandosi la schiena indolenzita.
<< Non mi piace il puzzo di morto>> osservò Dimitri secco << Mi piace l'odore della morte, del sangue che pulsa per le ultime volte. La roba che muore ha un odore inebriante, la roba morta è carogna e basta>> spiegò poi davanti allo sguardo stupito di Helena.
<> rispose lei, caustica.
<>
<> aggiunse la ragazza, buttando un'occhiata dietro al sedile, al vano dove si trovava una bara nera << la Bella Addormentata non dovrebbe svegliarsi?>>.
Dimitri scrollò le spalle, fingendosi indifferente, ma un ghigno sardonico gli increspò le labbra.
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