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Autore: Elykei    01/07/2016    0 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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13.Anche i mostriciattoli possono essere utili

Tornai a casa a mezzanotte perché la voglia di stare in compagnia mi era passata.

Impostai la mia playlist per la notte e mi addormentai sulle note di Carillon di Mr.Rain.

 

 

 

Quando alle sette del lunedì  mi specchiai fui certa che quella di non struccarmi per due notti consecutive era stata una cattiva idea.

I miei occhi circondati da macchie nere facevano sembrare il viso simile a quello di un panda dal muso asimmetrico, la tinta per le labbra era diventata grumosa, pur mantenendo il suo colorito vivace, e con tutta probabilità anche la federa del cuscino aveva subito le conseguenze della mia pigrizia.

Ci vollero varie passate di acqua e sapone per rimediare a quel disastro, avevo anche finito lo struccante!

A scuola arrivai col viso arrossato, tutto quello strofinare non aveva giovato alla mia pelle delicata.

Notai la tensione non appena misi piede nell’aula.

Gigi che normalmente sedeva alla mia sinistra nella fila centrale si era spostato all’ultimo banco della fila sulla parete della porta, il più lontano possibile da me.

Roteai gli occhi annoiata dal suo comportamento infantile, non gli avevo mica investito il gatto!

Terri era in piedi accanto alla mia autoproclamata nemesi del momento, conoscendola stava provando a far ragionare il nostro amico per farlo tornare al suo banco.

 Accanto a lui sedeva Chiara che, dallo sguardo che mi rivolse, intuii non essere dalla mia parte.

Lasciai tutte le mie cose per terra con un tonfo e mi avvicinai a Delia, Genna e Saverio – Ma vi rendete conto? Ha perfino cambiato banco! -. Esordii io.

Delia mi guardò e con una scrollata di spalle disse – Perché non avrebbe dovuto farlo? È suo diritto stare accanto a persone con le quali si sente a proprio agio -.

- Si certo, quindi ora Gigi non si sente più a proprio agio con me per una stupidissima discussione -.

- Io la chiamerei più lite – intervenne Saverio.

- Ma dai non era così seria come situazione -.

- Evidentemente lo era per lui -.

- Delia la smetteresti di esse dalla sua parte ? -.

- Marghe non mi sto schierando con nessuno ma sai che credo nel ‘’date a Cesare ciò che è di Cesare ‘’  e stavolta ritengo che Gigi abbia il diritto di essere irritato -.

- E questo lo chiami non essere di parte? -.

Delia sbuffò infastidita dalla mia insistenza e Gennaro si intromise – Suvvia ragazze, se iniziate a litigare anche tra voi non risolvete niente -.

La mia amica alzò un sopracciglio, quasi volesse sfidarmi a continuare la discussione, ma io decisi solo di scuotere il capo e allontanarmi, non ero proprio in vena di altre diatribe, specialmente con lei.

Delia poteva essere talmente testarda!

Giordano fece il suo ingresso nell’aula, io però avevo bisogno di un tè caldo, che da sempre era stato un piccolo rimedio per ogni mio nervosismo, così dissi al professore di storia e filosofia che avevo lasciato il cellulare sulla scalinata dell’ingresso e chiesi se potevo fare una corsa per andare a riprenderlo.

Per quanto fossero contrari al portare cellulari dentro l’edificio scolastico i professori comunque non volevano che perdessimo oggetti di valore e perciò Giordano accetto la mia richiesta.

Anche se la campana era già suonata da qualche minuto, per i corridoi c’era ancora gente, probabilmente erano ragazzi i quali professori non avevano ancora raggiunto le aule.

Mi avvicinai alla macchinetta delle bevande, almeno lei mi era sempre fedele.

Quando vidi la scritta caffè ricordai l’accordo che avevo fatto con Raffaele. Non ero certa che fosse valido dato che non ci eravamo più sentiti dopo il giorno del mio attacco d’ansia, ma provai comunque a contattarlo.

Messaggio inviato a Raffaele  08:11:

Giorno di paga, sono alle macchinette al piano terra.

Passarono cinque minuti, ma non c’era alcuna traccia di Raffaele, il mio tè intanto iniziava a raffreddarsi.

Altri due minuti e poi sarei dovuta correre via, non potevo spendere l’intera ora fuori dall’aula solo grazie alla fantomatica caccia al cellulare.

Proprio mentre stavo bevendo l’ultimo sorso vidi il mio personale professore di chimica girare l’angolo.

- Hai i miei soldi? -.

- No, ma posso avere il tuo caffè -.

- Avrei preferito i soldi -.

Gli diedi un buffetto sul braccio – Avido -.

Sorrise – Hai iniziato senza di me vedo -.

- Ed ho anche finito, sarà forse perché ci hai messo tre ore per scendere due rampe di scale? -.

- Ho visto tardi il messaggio, anche voi ora di buco? -.

- No, sono uscita con una scusa, è ancora troppo presto per iniziare una giornata scolastica -.

Si stiracchiò – Anche questo è vero – io intanto smanettavo con la macchinetta – Quattro tacche di zucchero bastano? –

- Cinque, lo zucchero di ‘sta cosa è sempre amaro -.

- Mi sorge un dubbio: se avevate un’ora di buco perché non vi hanno fatto entrare direttamente alla seconda? -.

- Perché Diego è un rappresentate di classe inutile che dimentica di far firmare i permessi sul registro dal vicepreside -.

- Scherzi? Da me lo avrebbero linciato -.

- Oh lo stanno facendo, nessuno rinuncia a poter dormire di più con tanta facilità -.

– Non vorrei essere nei suoi panni -.

- Nessuno vorrebbe, ma se lo merita -.

- Andiamo sei crudele! -.

 - Sono assonnato, il che mi rende meno incline al perdono, hai idea a quel ora io mi sia ritirato stanotte? Non so nemmeno perché sono venuto oggi -.

- Sentiamo, che hai combinato ieri sera? -.

- Quanto tempo hai a disposizione? -.

- Se inizi il racconto così mi sa che non ne ho abbastanza -.

Sorrise – Facciamo che ti dico tutto alla prossima lezione -.

- A proposito, quando sei libero tu? -.

- Oggi, giovedì  e venerdì -.

-Okay, oggi per me va bene ma giovedì ho un impegno con degli amici quindi l’altra la fissiamo a venerdì? -.

- Si, stessa ora, non fare tardi o non ti apro -.

Lo salutai come un militare - Si capo -.

Erano passati quasi quindici minuti da quando ero uscita dalla classe, cosa della quale si rese conto anche il professore – Sei tornata a casa per recuperare il cellulare? -.

- Mi scusi prof, ma la bidella lo aveva trovato e portato in vicepresidenza, e quando sono andata li De Feo non c’era quindi sono dovuta andare a cercarlo -.

- Va bene, ho capito, non perdiamo altro tempo, siediti -.

Terri aveva già quasi raggiunto una pagina di appunti, la mia compagna non era molto brava nell’essere sintetica, la cosa però mi era utile poiché le avrei chiesto di vederli per recuperare quello che avevo perso nel tempo in cui ero stata fuori.

Al suono della seconda campanella Giordano si era già allontanato da un pezzo, preso da chissà quale suo problema familiare, io stavo copiando l’inizio della spiegazione quando notai Terri ferma davanti a me con le braccia incrociate.

Le lanciai uno sguardo di sottecchi, si stava comportando in modo strano.

- Hai finito? -. Mi chiese.

- Mi manca l’ultimo paragrafo.. tutto bene? -.

- No -.

Posai la penna – Okay, che c’è che non va? -.

- Non gli hai ancora chiesto scusa -.

- Lo stesso vale per lui -.

- Lui non ha ragione per doverlo fare -.

Socchiusi gli occhi – Non è vero -.

- Hai insultato la sua ragazza -.

- Pure lei ha insultato me, eppure pare che questo nessuno se lo ricordi -. Sbottai allargando le mani.

- Chiedigli scusa -.

- No -.

- Restituiscimi il quaderno allora -.

- Mi ricatti con gli appunti? -.

Teresa non mi rispose, prese semplicemente il quaderno verde e lo ripose in cartella.

Mentre lei si allontanava borbottai un - Non posso crederci, siete tutti contro di me quindi -.

- Non tutti tranquilla -. Rispose una voce alle mie spalle.

Mi voltai andando incontro ad una liscissima chioma colorata.

Alessandra Santoro cambiava colore di capelli come io cambiavo borsa, quel mese aveva una base biondo platino con ciocche viola e blu, il mese prima erano stati tutti lilla. Invidiavo la sua capacità di infischiarsene dei commenti della gente, era capitato più volte che per strada i bambini chiedessero alle mamme perché quella ragazza avesse i capelli di ‘’ quello strano colore, era forse un’aliena? ‘’, lei di tutta risposta faceva una linguaccia ai bimbi e continuava nel suo cammino, io non ce l’avrei mai fatta.

I suoi occhi sembravano aver seguito l’esempio dei capelli poiché avevano un colore cangiante.

La mattina presto erano di solito verdi, ma più la giornata avanzava più si scurivano fino a diventare castano scuro.

L’essere andata di pomeriggio tardi a richiedere la carta d’identità era una delle cose che ancora oggi rimpiangeva perché per quella ragione sul suo documento accanto alla voce ‘colore occhi’ appariva la parola marrone.

- Oh grazie al cielo Ale, qualcuno che non mi odia -.

- Odiarti? Io tifavo per te, era ora che qualcuno mettesse al proprio posto Miss Universo, e fidati non sono l’unica a pensarla a questo modo -.

- Davvero? -.

- Si certo! La maggior parte di noi ti da ragione: Sara, Orazio, Tommaso, Debora, Lucia, persino Ludovico -.

Mi mordicchiai il labbro inferiore – Ludovico è d’accordo con me? Devo aver fatto proprio una cazzata -.

- Scherzi a parte Marghe, non capisco come i tuoi amici possano dare ragione al topo -.

- Neanche io! Cioè loro non danno ragione a Lidia, ma a Gigi, a dire di Delia sono stata troppo aggressiva nei confronti di quella che è la ragazza di un mio amico e forse è vero, ma mi ha fatto davvero innervosire -.

Alessandra annuì – Ti capisco, credimi, senti ti va di uscire oggi? -.

- Purtroppo sono impegnata fino alle otto -.

- No, si, intendevo vederci dopo cena, io, te e Deb, magari andiamo a berci qualcosa -.

- Si dai, dove? -.

- Andiamo in centro e poi da li decidiamo, ci vediamo per le dieci, dieci e mezza al Mc della stazione -.

- Perfetto -.

Tornati a casa da scuola io e Luca ci accorgemmo che mamma non era in casa, avevo dimenticato che quel giorno aveva il turno di mattina.

Senza troppe cerimonie dissi al mostriciattolo che non avevo voglia di cucinare, quindi se avesse voluto mangiare qualcosa di più elaborato di una fetta di pane, olio e sale avrebbe dovuto ingegnarsi.

Non capii bene il mugugno che fece in risposta, ma poco me ne importava, l’irritazione dovuta al comportamento di Terri e Delia era risalita a galla.

Inserii nella playstation il disco di Dragon Age: Inquisition, niente di meglio dell’ammazzare qualche demone ed esplorare territori sconosciuti per scaricare la tensione.

- Tu che ne pensi Pietro? -.

- Buongiorno -. Gracchiò lui in risposta.

Esalai un lungo respiro poggiando la testa al divano. Avevo sperato che con la settimana nuova lo stress potesse diminuire e invece se il detto ‘’il buongiorno di vede dal mattino‘’era vero, il resto della settimana si prospettava divertente quanto un cavatappi in un occhio.

Non mi capitava di litigare con Dede da quando andavamo alle medie.

Sin dal momento in cui era tornata eravamo state troppo prese dall’idea di recuperare il tempo perso per perdere tempo con musi lunghi e giorni di mutismo. Complice era anche stata la nostra naturale tendenza ad andare d’accordo, raramente ci capitava di avere opinioni differenti e di solito in quei casi concordavamo sul fatto di non essere d’accordo.

L’ultima volta nella quale una discussione era diventata seria eravamo poco più che dodicenni.

A quei tempi Delia era convinta che le avessi rotto un cofanetto dei trucchi che aveva ricevuto per il compleanno, io d’altro canto mi dichiaravo innocente.

A supporto della sua teoria però c’era il fatto che le avevo sempre invidiato quella trousse.

Non ci parlammo per un mese prima di scoprì che il misfatto era stato di una ragazzina che abitava nel suo complesso, ormai non ricordavo più nemmeno il suo nome.

Nonostante si fosse scoperto che io non c’entravo nulla con i vari ombretti sparsi per la sua camera, Delia non era venuta da me per scusarsi, già a quell’età era troppo orgogliosa per farlo.

Io, testarda almeno quanto lei, avevo continuato il nostro gioco del silenzio, dopo un altro paio di settimane però me l’ero ritrovata a casa mentre giocava con le mie figurine dei Pokemon, l’aveva lasciata entrare mia madre.

All’inizio, pur unendomi alla sua partita, l’avevo trattata con freddezza, dopo un paio d’ore però l’arrabbiatura era sfumata.

Quando quella sera tornò a casa sua, lontana un solo isolato dalla mia, trovai nascosto sotto il cuscino un cofanetto a forma di orso, identico al cofanetto della discordia.

All’interno vi era un bigliettino con su scritto ‘’ avevi ragione tu, scusa ‘’.

Di tutta risposta il giorno dopo obbligai mia mamma a comprare una trousse della pupa che a mia volta lascia nella sua cameretta.

Magari anche questa volta avremmo potuto tornare alla normalità grazie ad un rossetto di Kiko.

Sospirai.

Ero stanca di ripensare alle varie divergenze di opinioni con i miei compagni, ultimamente, considerai, mi stancavo facilmente.

Avevo gli occhi chiusi per cui riuscii solo a percepire il cuscino del divano che sprofondava, Luca si era seduto accanto a me.

- Fame? -.

Aprii un occhio, il mio fratellino mi stava porgendo un piatto con una bruschezza abbrustolita, pomodorini a cubetti e una spezia che con la vista soltanto non riconoscevo.

Aveva surclassato il mio semplicissimo pane, olio e sale.

Accettai il cibo di buon grado, il fatto che fossi troppo pigra per prepararlo non voleva dire che lo fossi anche per mangiarlo!

- Tutto bene? -.

- No, il tuo pappagallo mi da consigli inutili -.

- Innanzitutto il pennuto è tuo e poi sorella.. da quando in qua ti affidi a Pietro per ottenere saggezza? -.

- Lo sottovaluti, a volte più essere d’aiuto -.

- Ne sono certo, ora dimmi che c’è che non va e vediamo se mi fai abbastanza penda da farti perdonare il fatto che hai preferito rivolgerti ad un volatile piuttosto che a me -.

Rissi e appoggiai la testa alla sua spalla.

- Non è niente, sono solo stanca -.

- Sono le due di pomeriggio, è un pochino presto per esserlo! -.

- Proprio questo è il problema.. -.

Mi cinse le spalle con la mano che non reggeva il piatto.

- Sei ancora in difficoltà con la scuola? -.

- No.. – mentii.

Mi pungolò con la spalla – Davvero? -.

Grugnii – Va bene, si -.

- Posso fare qualcosa? -.

- Uccidere la mia prof così magari mettono a tutti cento a prescindere perché abbiamo vissuto un evento traumatico? -.

- Mi sembra leggermente drastica come soluzione -.

Gli sorrisi raddrizzando la schiena - Allora no, non puoi fare nulla -.

- Potremmo rapirle il cane, come in quel film che ti piaceva tanto da piccola.. come si chiamava? -.

- Tre metri sopra il cielo? -.

- Si quello! Rubiamo il cane e la ricattiamo, di sicuro così ti farà passare senza darti rogne -.

Lo fissai con un sopracciglio alzato – Era una specie di battuta? Quella delle rogne? -.

- Forse -. Mi rispose con finta indifferenza .

Scoppiai a ridere  - È orrenda, te ne rendi conto? -.

- Intanto hai riso! -.

Ahimè quella era una cosa che non potevo negare.

Abbracciai Luca poi mi alzai – È meglio se vado in camera a finire i compiti per domani, alle quattro devo andare a ripetizioni -.

Il tempo di arrivare alla porta e il mostriciattolo aveva già in mano il controller della Play – Qui vado avanti io allora -.

La giornata era ancora lunga, ma Luca me l’aveva appena resa un po’ più leggera.







Sono passati tanti giorni lo so, ma ho un test d'ingresso per il quale ho iniziato a prepararmi e per un po' ho anche lavorato quindi spero che possiate perdonarmi >.<
Ho capito che purtroppo non mi sarà più possibile aggiornare ogni tot giorni, ad ogni modo cercherò sempre di pubblicare un nuovo capitolo appena possibile!
Mi auguro che continuerete a seguire ''Non tutto ciò che vacilla cade'', grazie a tutti per l'attenzione!

xxElykei

   
 
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