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Autore: Calliope    18/04/2009    5 recensioni
"Quando i miei occhi incrociarono per la prima volta i suoi, così profondi, così limpidi e sinceri, ancora non sapevo chi fosse e come avrebbe cambiato la mia vita"
Se vi sembra di aver già visto questa storia, non lo state immaginando. Era già pubblicata sul profilo Fratellanza del Dimenticatoio, ma è stata cancellata insieme a tutte le altre probabilmente per il poco uso dell'account, quindi ho deciso di ri-postarla sul mio.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Horace Lumacorno, Lily Evans, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Green Eyes

 

Tutto iniziò una tiepida serata di settembre.

Pioveva, come sempre in quel periodo, e sembrava che il lago nel parco della scuola fosse sul punto di traboccare. Ricordo di aver chiesto a Minerva se i bambini del primo anno erano al sicuro, su quelle barchette dall’origine incerta che ogni anno navigavano su quella distesa d’acqua scura e pericolosa.

“Certo che lo sono, Horace, non dire sciocchezze” mi rispose lei, stringendo le labbra con quel suo modo di fare algido e antipatico. E poi dicono che siamo noi Serpeverde quelli che si considerano superiori. Tze.

Ad ogni modo, i bimbetti arrivarono tutti sani e salvi al castello. A dire il vero Hagrid mi informò che un ragazzino si era tuffato nel lago, ma in fondo quella era stata una sua libera scelta, e non era colpa di nessuno se al posto del cervello aveva uno Zuccotto di Zucca.

Tornando a noi, io ero comodamente seduto al mio posto al tavolo degli insegnanti, rivolgendo grandi sorrisi ai miei studenti - non a tutti, beninteso, soltanto a quelli che li meritavano davvero – quando la porta della Sala Grande si spalancò e i succitati bimbetti impauriti si misero a zampettare tra il tavolo di Tassorosso e quello di Corvonero per poi mettersi in fila davanti a noi professori. Minerva mise al solito posto il Cappello Parlante, e dopo la canzone tradizionale dispiegò la pergamena con i nomi dei nuovi studenti.

Con le orecchie bene aperte, cercai di captare il suono di un cognome particolarmente illustre. Chissà, forse tra quei bambini poteva esserci qualche ottimo acquisto per il mio Lumaclub.

Ascoltai con molta attenzione la voce lenta della vicepreside che scorreva la lettera A, e finalmente, alla B, scovai un nome promettente.

“Black, Sirius”

Uh, un altro Black che si sarebbe aggiunto alla mia collezione. Mi sarei messo a saltellare sulla sedia per la gioia. Doveva essere il figlio di Orion Black, quello, il cugino dell’adorabile Bellatrix. La piccola Andromeda me ne aveva parlato spesso, l’anno prima.

In ogni caso, bastò uno sguardo al ragazzino perché la mia felicità svanisse come neve al sole. Non era assolutamente come me l’ero aspettato.

Il rampollo della famiglia Black doveva essere alto, aristocratico, con un bel nasino all’insù e un’espressione nobile sul viso.

‘Quello’ non era niente di tutto ciò. Al posto dell’espressione nobile ostentava un ghigno divertito, e i suoi occhi sembravano dire: “Adesso vedremo chi comanda, qui” Nonostante avesse soltanto undici anni era sicuro di sé quanto un uomo adulto. La seconda cosa che notai fu che era completamente fradicio, dai capelli scuri e lunghi fino alla punta delle sue costosissime scarpe di pelle di drago. Senza dubbio era lui il cervello-di-Zuccotto di Zucca che si era buttato nel lago… Il perché l’avesse fatto mi era ancora ignoto, ma non sapevo ancora che avrei presto scoperto il carattere di quel ragazzino. Fin troppo presto.

Tentai di nascondere una smorfia di insoddisfazione mentre si sedeva e si calcava il Cappello Parlante sulla testa.

Ci fu un attimo di assoluto silenzio.

“Grifondoro!” esclamò l’inutile oggetto.

"Che cosa?"

Dovetti trattenermi dal balzare in piedi e stracciare quello stupido berretto. Un Black a Grifondoro? Quello era il primo Black della storia a non essere Smistato a Serpeverde! Lanciai uno sguardo speranzoso – quasi supplicante, lo ammetto – al giovane Sirius, pregando tra me e me di vedere in lui qualsiasi cosa che somigliasse a rabbia, frustrazione, impotenza.

Quello che vidi fu invece un’espressione deliziata, mentre il ragazzino volava letteralmente a sedersi tra gli occupanti della tavola rossa e oro.

Decisamente, non avrei mai invitato quel particolare Black alle riunioni del Lumaclub.

I nomi successivi non attirarono la mia attenzione. Ero ancora profondamente deluso, e non feci quasi caso ai numerosi parenti di maghi e streghe famosi che sfilarono proprio sotto al mio naso per andare a farsi Smistare. Al tavolo di Serpeverde Bellatrix e Andromeda sedevano l’una accanto all’altra, squadrandosi tra loro a metà tra lo scettico e il furioso. La più grande, in particolare, sembrava voler affatturare il cugino da un momento all’altro.

Ancora profondamente scosso – cosa pretendete, ero assolutamente certo che Sirius Black sarebbe stato Smistato in Serpeverde! – finii la mia cena e mi alzai in fretta per raggiungere il mio ufficio e finire di preparare la lezione del giorno dopo. Passando accanto alla porta, urtai accidentalmente una ragazzina minuscola che non avevo mai visto prima. Era piccola e magrissima, con una criniera di liscissimi capelli rossi. Mi scusai, dispiaciuto, visto che con la mia mole l’avevo quasi scaraventata a un metro di distanza, e i miei occhi incrociarono i suoi.

Erano gli occhi più penetranti che avessi mai visto in una ragazzina. Mi sentii quasi bruciare sotto il suo sguardo, che era, peraltro, davvero gentile. Aveva delle belle iridi verdi e profonde, e io pensai subito che quella bambina era speciale, anche se non ne conoscevo ancora il motivo.

Non avevo mai provato il desiderio di avere una famiglia, prima di quel momento, ma mi bastò uno sguardo verso di lei per rendermi conto che, se mai avessi avuto una figlia, avrei voluto che fosse come lei.

Buffo come uno sguardo possa sconvolgere tanto la vita di un tranquillo professore di Pozioni, vero?

Penserete di sicuro che sia una cosa impossibile capire tanto di una persona guardandola una sola volta, eppure vi posso assicurare che fu così. In quell’attimo, capii che quella ragazzina non era una come tutte le altre.

Ancora adesso, a anni di distanza, sorrido al pensiero del giorno in cui vidi per la prima volta Lily Evans.

***

“Buongiorno a tutti, ragazzi”

“Buongiorno, professor Lumacorno”

Oh, sì. Decisamente. Quella classe mi piaceva. Serpeverde e Grifondoro del primo anno. Disciplinati, tranquilli, perfettamente…

“Scommetto che non riesci a staccare la coda alla salamandra, James!”

Mi girai verso il gruppo dei Grifondoro, e non ci misi molto a capire chi era stato a parlare. O meglio, a esclamare, visto che l’eco di quell’assurda sfida ancora vibrava tra le pareti di pietra della stanza sotterranea.

“Black” lo richiamai, tentando di controllare il mio tono di voce. Quella era la prima volta che avevo la sventura di condividere una stanza – che non fosse la Sala Grande, ovviamente – con la mia più grande delusione. “Tu non staccherai nessuna coda a nessuna salamandra. D’accordo?”

L’essere mi guardò con quegli occhi terribilmente furbi e divertiti. Non so se avete mai visto un’Acromantula che intrappola un cerbiatto. Ecco. In quel momento, io mi sentivo il cerbiatto. So che sembra stupido essere intimoriti da un undicenne alla sua prima lezione di Pozioni, ma tremavo al pensiero di quello che avrebbe potuto fare con dei chiodi di garofano e dell’essenza di Tranello del Diavolo. Probabilmente, di Hogwarts non sarebbe rimasta nemmeno una briciola.

Così, scrutando nella profondità di quegli occhi, mi aspettai una risposta sprezzante quanto la sua espressione. Di certo non mi sarei mai aspettato di sentirmi dire: “Certo, professore” con una voce tanto candida da fare invidia a un agnellino.

Sentendomi chissà perché preso in giro, mi avviai alla lavagna.

“Bene, questa è la vostra prima lezione di Pozioni” cominciai, tentando disperatamente di non guardare nella direzione di Black e del suo amichetto occhialuto. “In questo corso non userete la magia convenzionale, quella che prevede l’uso di una bacchetta magica, ma apprenderete come amalgamare ingredienti anche molto diversi tra loro per ottenere svariati risultati. Potrete creare l’amore, la malattia, la conoscenza e molto altro ancora con il semplice uso di un calderone e di qualche sostanza…” All’improvviso la mia voce sfumò e si spense. Stavo guardando i miei studenti, mentre parlavo, e avevo incrociato lo sguardo della ragazzina della sera prima. Me l’ero praticamente dimenticata, ma adesso che l’avevo rivista mi fece lo stesso effetto della sera precedente.

I suoi occhi verdi mi fissavano attenti, ed ero pronto a scommettere che stava bevendo come una spugna tutto ciò che dicevo. Aveva i capelli legati in una coda disordinata e le mani rigide sul banco. Bastava un’occhiata per capire che era tesissima.

“Oggi” ripresi, guardando a fatica da un’altra parte, “ci occuperemo di una pozione di facile preparazione, la Soluzione Repellente. Qualcuno sa dirmi a che cosa serve?”

Istantaneamente, quasi tutti i bambini smisero di guardare verso di me. Alcuni presero a fissare con concentrazione il proprio banco, altri si voltarono direttamente di lato per non incontrare il mio sguardo. Erano sempre così, tutti terrorizzati dall’eventualità che li chiamassi. Stavo quasi per chiamare – mossa meschina, lo ammetto – Sirius Black, quando una mano si alzò timidamente dai primi banchi. Era la bambina dai capelli rossi.

La indicai, stupito che qualcuno si facesse avanti per rispondere alla prima domanda della primissima lezione di Pozioni.

“La Soluzione Repellente è una pozione semplice ma molto potente che serve per tenere lontani gli insetti. È incolore e inodore per gli esseri umani, e il suo effetto è immediato e permanente. Di solito si imbevono i vestiti di questa soluzione, ma può anche essere applicata sulla pelle”

Annuii, colpito. La risposta era assolutamente precisa. “Molto, molto bene. Cinque punti a Grifondoro, signorina…”

“Evans. Lily Evans” rispose lei arrossendo.

Spremetti le meningi alla ricerca di qualche mago celebre con quel cognome, e non trovai niente. Decisi che le avrei chiesto informazioni sulla sua parentela alla prima occasione possibile. Nel frattempo la guardavo negli occhi, e scoprii mio malgrado che non era così facile allontanare lo sguardo da quel verde ipnotico.

Decisi di farle un’altra domanda, giusto per saggiare la sua preparazione.

“E, signorina Evans, saprebbe dirmi qual è l’ingrediente chiave di questa Soluzione?” domandai.

Mi meravigliai della mia perfidia. Persino con quella bambina che mi riusciva molto simpatica dovevo abbassarmi a tali meschinità. Perché, vi starete chiedendo. Bè, perché quella era una domanda a trabocchetto. Non c’era nessun ingrediente chiave nella Soluzione Repellente, era soltanto…

“Non ci sono ingredienti chiave come nelle altre pozioni” rispose Lily. “La Soluzione Repellente è costituita solo da acqua distillata e gocce di varie essenze mescolate in modo particolare”

D’accordo. Ero strabiliato. Il libro di testo non parlava di quella pozione. E se quello non c’era scritto sul libro di testo, dove poteva averlo letto? In pochi, velocissimi istanti aveva reso banale la domanda che facevo tutti gli anni e a cui nessuno aveva mai saputo rispondere.

Il suo sorriso imbarazzato mi fece riscuotere.

“Molto, molto bene, signorina Evans” la elogiai. “Altri cinque punti per Grifondoro”

Il ragazzo occhialuto seduto di fianco a Black batté le mani, e io decisi che l’avrei ignorato per tutto il resto della lezione.

“Mi dica” dissi ancora, non curandomi quasi del resto della classe. “Appartiene per caso a una famiglia di grandi pozionisti che io non conosco?”

“No, non credo, signore” fece lei. Abbassò quasi vergognosamente lo sguardo sul suo banco, con mio grande disappunto. “La mia famiglia è Babbana. Io sono l’unica strega. Ho imparato tutto quello che so sui libri in più che ho comprato”

“Ah” Il mio dispiacere trapelò incredibilmente da quella semplice sillaba, mentre i miei Serpeverde cominciavano a sghignazzare senza ritegno. Lily Evans divenne ancora più rossa.

“Comunque” tagliai corto, tornando alla cattedra, “gli ingredienti della pozione sono alla lavagna, insieme al procedimento per prepararla” Agitai la bacchetta e colpii la lastra scura che subito si coprì di scritte. “Avete quarantacinque minuti. Buon lavoro”

Mi sentivo in colpa per come avevo lasciato quella ragazzina. Sembrava così dolce e fragile, e a quel tempo facevo ancora fatica a capire che mi ero già affezionato a lei. L’avevo messa in imbarazzo, e adesso lavorava da sola e a capo chino, alzando ogni tanto gli occhi solo per sbirciare le istruzioni alla lavagna.

Camminavo tra gli studenti, rimproverandoli e dando loro consigli, e spesso mi ritrovai a passare quasi senza pensarci accanto a lei.

Era una Grifondoro, era una Nata Babbana, e andava contro tutti i principi della mia Casa e tutto ciò in cui avevo sempre fermamente creduto. Tuttavia non potevo fare a meno di pensare al modo in cui aveva risposto alle mie domande. Era molto intelligente, e se si era preparata così bene anche essendo Babbana di nascita significava che ci teneva molto ai suoi studi.

Ora so che probabilmente, anche se la mia vita fosse andata in modo diverso, non avrei mai conosciuto un’altra ragazza come lei. E, allora, avrei avuto molto tempo davanti a me per scoprirlo.

Mentre girovagavo fra i banchi e pensavo allo strano effetto provocatomi da quella Lily Evans il mio sguardo venne attirato da uno spettacolo assolutamente inusuale.

Per terra, accanto a un banco, c’erano delle cose sottili e rosse che si contorcevano sulla pietra grigia. Sobbalzai non appena mi accorsi che si muovevano, ma mi arrischiai a controllare. In fondo ero pur sempre l’insegnante, e se mi fossi spaventato per un nonnulla i miei allievi come mi avrebbero considerato?

Feci qualche cauto passo in direzione delle ‘cose’ e le esaminai senza chinarmi. Mi ci volle pochissimo per capire che erano code di salamandra. E indovinate un po’ vicino a che banco erano?

Che cosa avrei dovuto passare per sette anni con quei due?

“Black” dissi, esasperato. “Ti avevo detto di non strappare la coda alle salamandre!”

Il ragazzino e il suo amico mi guardarono ridacchiando sotto i baffi.

“Professore, non è stata colpa nostra!” esclamò l’amichetto occhialuto. “Le abbiamo semplicemente prese per la coda e… bè, si sono staccate!”

Black scoppiò in un accesso di risatine silenziose.

“Dimmi il tuo nome” ordinai, poco incline alle battute.

“James Potter, signore”

“Bene, Potter, tu e il tuo amico avete appena fatto perdere cinque punti alla tua Casa. Vi consiglio di rimanere in silenzio e terminare correttamente la vostra pozione, senza altri incidenti, se non volete scontare una punizione la prima settimana di scuola”

Senza scomporsi, quei due annuirono compiti e continuarono ad affettare le loro radici di Mandragola. Appena mi girai però sentii delle risate trattenute provenire dallo stesso banco.

Strinsi i denti. Adesso mi ricordavo perché non avevo mai voluto avere figli.

Aspettai con calma che i quarantacinque minuti finissero, poi passai in rassegna le varie pozioni.

Non ero per niente meravigliato del fatto che la Soluzione Repellente di Lily Evans fosse perfetta. Le rivolsi un gran sorriso, facendo finta di non notare le smorfie dei Serpeverde, e andai avanti con il controllo. Ormai avevo preso la mia decisione.

Quando suonò la campanella e tutti uscirono, la richiamai prima che potesse uscire.

“Signorina Evans!”

Lei si girò, stupita. Esitai per un attimo, e alla fine ingoiai tutti i miei pregiudizi.

“Ha mai sentito parlare del Lumaclub?”

***

Passarono i mesi, e poi gli anni.

Black e Potter divennero la mia nemesi. Erano due ragazzini semplicemente odiosi, si divertivano a punzecchiarmi e farmi diventare isterico durante tutte le mie lezioni.

Tuttavia, quelle ore erano comunque sopportabili. Se da una parte c’erano quei due – che in alcuni momenti avrei volentieri affogato nei loro calderoni – dall’altra c’era anche Lily Evans.

Studentessa brillante, ragazza modello, poi Prefetto. Non ebbi mai occasione per pentirmi di averla invitata al Lumaclub.

Era il gioiello di cui andavo più orgoglioso, la ragazza più intelligente e più perspicace che avessi mai conosciuto.

Anche se il tempo passava i suoi straordinari occhi rimanevano immutati, e ogni volta che il mio sguardo incrociava il suo mi sembrava sempre che fosse la prima, quando avevo urtato nella Sala Grande una timida undicenne appena arrivata in mondo a lei sconosciuto.

Le volevo bene, tenevo a lei quasi quanto a una nipotina prediletta. Le facevo conoscere tutte le persone più importanti e in vista, la presentavo agli esponenti di spicco del mondo magico. Ai miei occhi era perfetta. Non sbagliava mai, nemmeno una volta.

E tuttavia, mentre riversavo questo smisurato affetto su di lei, sapevo che non avrei mai potuto essere ricambiato allo stesso modo. Io adoravo Lily, la mia pupilla, la studentessa più brava in Pozioni del suo anno. Lei, però, mi vedeva soltanto come un simpatico insegnante gentile.

E come avrei voluto che mi vedesse?

Spesso mi interrogo su questo. E nonostante i miei anni, non sono ancora arrivato a una risposta che mi convinca del tutto.

Ad ogni modo, ora non ha più importanza.

Lily, la mia adorata Lily, è morta. Ora non potrà più guardare il mondo con quello sguardo puro e dolce che aveva saputo incantare per sempre un vecchio professore di Pozioni.

Spesso la nostalgia mi assale, fortissima.

Non sono mai riuscito a spiegare a me stesso perché lei, perché proprio lei, abbia lasciato un’impronta tanto indelebile nella mia memoria.

So soltanto che quando spengo la luce di sera, prima di addormentarmi, mi sembra di vedere ancora davanti a me quegli occhi verdi.

 

 

 

NOTA:

Come ho scritto nella presentazione della storia, non è la prima volta che Green Eyes viene pubblicata. L'autrice sono io, naturalmente, ma l'avevo pubblicata sull'account della Fratellanza del Dimenticatoio, l'iniziativa per cui l'avevo scritta.

Peccato che tutte le storie di quell'account siano state cancellate, quindi la ripropongo qui.

Spero che vi piaccia. Naturalmente le recensioni - positive e negative - sono più che gradite! ^^

 

 

  
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