Green Eyes
Tutto iniziò una tiepida serata di
settembre.
Pioveva, come sempre in quel periodo, e sembrava che il lago
nel parco della scuola fosse sul punto di traboccare. Ricordo di aver chiesto a
Minerva se i bambini del primo anno erano al sicuro, su quelle barchette
dall’origine incerta che ogni anno navigavano su quella distesa d’acqua scura e
pericolosa.
“Certo che lo sono, Horace, non dire sciocchezze” mi rispose
lei, stringendo le labbra con quel suo modo di fare algido e antipatico. E poi
dicono che siamo noi Serpeverde quelli che si considerano superiori.
Tze.
Ad ogni modo, i bimbetti arrivarono tutti sani e salvi al castello.
A dire il vero Hagrid mi informò che un ragazzino si era tuffato nel lago, ma in
fondo quella era stata una sua libera scelta, e non era colpa di nessuno se al
posto del cervello aveva uno Zuccotto di Zucca.
Tornando a noi, io ero
comodamente seduto al mio posto al tavolo degli insegnanti, rivolgendo grandi
sorrisi ai miei studenti - non a tutti, beninteso, soltanto a quelli che li
meritavano davvero – quando la porta della Sala Grande si spalancò e i succitati
bimbetti impauriti si misero a zampettare tra il tavolo di Tassorosso e quello
di Corvonero per poi mettersi in fila davanti a noi professori. Minerva mise al
solito posto il Cappello Parlante, e dopo la canzone tradizionale dispiegò la
pergamena con i nomi dei nuovi studenti.
Con le orecchie bene aperte,
cercai di captare il suono di un cognome particolarmente illustre. Chissà, forse
tra quei bambini poteva esserci qualche ottimo acquisto per il mio
Lumaclub.
Ascoltai con molta attenzione la voce lenta della vicepreside
che scorreva la lettera A, e finalmente, alla B, scovai un nome
promettente.
“Black, Sirius”
Uh, un altro Black che si sarebbe aggiunto alla
mia collezione. Mi sarei messo a saltellare sulla sedia per la gioia. Doveva
essere il figlio di Orion Black, quello, il cugino dell’adorabile Bellatrix. La
piccola Andromeda me ne aveva parlato spesso, l’anno prima.
In ogni caso,
bastò uno sguardo al ragazzino perché la mia felicità svanisse come neve al
sole. Non era assolutamente come me l’ero aspettato.
Il rampollo della
famiglia Black doveva essere alto, aristocratico, con un bel nasino all’insù e
un’espressione nobile sul viso.
‘Quello’ non era niente di tutto ciò. Al
posto dell’espressione nobile ostentava un ghigno divertito, e i suoi occhi
sembravano dire: “Adesso vedremo chi comanda, qui” Nonostante avesse soltanto
undici anni era sicuro di sé quanto un uomo adulto. La seconda cosa che notai fu
che era completamente fradicio, dai capelli scuri e lunghi fino alla punta delle
sue costosissime scarpe di pelle di drago. Senza dubbio era lui il
cervello-di-Zuccotto di Zucca che si era buttato nel lago… Il perché l’avesse
fatto mi era ancora ignoto, ma non sapevo ancora che avrei presto scoperto il
carattere di quel ragazzino. Fin troppo presto.
Tentai di nascondere una smorfia di
insoddisfazione mentre si sedeva e si calcava il Cappello Parlante sulla
testa.
Ci fu un attimo di assoluto silenzio.
“Grifondoro!” esclamò
l’inutile oggetto.
"Che cosa?"
Dovetti trattenermi dal balzare in piedi e
stracciare quello stupido berretto. Un Black a Grifondoro? Quello era il primo
Black della storia a non essere Smistato a Serpeverde! Lanciai uno sguardo
speranzoso – quasi supplicante, lo ammetto – al giovane Sirius, pregando tra me
e me di vedere in lui qualsiasi cosa che somigliasse a rabbia, frustrazione,
impotenza.
Quello che vidi fu invece un’espressione deliziata, mentre il
ragazzino volava letteralmente a sedersi tra gli occupanti della tavola rossa e
oro.
Decisamente, non avrei mai invitato quel particolare Black
alle riunioni del Lumaclub.
I nomi successivi non attirarono la mia
attenzione. Ero ancora profondamente deluso, e non feci quasi caso ai numerosi
parenti di maghi e streghe famosi che sfilarono proprio sotto al mio naso per
andare a farsi Smistare. Al tavolo di Serpeverde Bellatrix e Andromeda sedevano
l’una accanto all’altra, squadrandosi tra loro a metà tra lo scettico e il
furioso. La più grande, in particolare, sembrava voler affatturare il cugino da
un momento all’altro.
Ancora profondamente scosso – cosa pretendete, ero
assolutamente certo che Sirius Black sarebbe stato Smistato in Serpeverde! –
finii la mia cena e mi alzai in fretta per raggiungere il mio ufficio e finire
di preparare la lezione del giorno dopo. Passando accanto alla porta, urtai
accidentalmente una ragazzina minuscola che non avevo mai visto prima. Era
piccola e magrissima, con una criniera di liscissimi capelli rossi. Mi scusai,
dispiaciuto, visto che con la mia mole l’avevo quasi scaraventata a un metro di
distanza, e i miei occhi incrociarono i suoi.
Erano gli occhi più
penetranti che avessi mai visto in una ragazzina. Mi sentii quasi bruciare sotto
il suo sguardo, che era, peraltro, davvero gentile. Aveva delle belle iridi
verdi e profonde, e io pensai subito che quella bambina era speciale, anche se
non ne conoscevo ancora il motivo.
Non avevo mai provato il desiderio di
avere una famiglia, prima di quel momento, ma mi bastò uno sguardo verso di lei
per rendermi conto che, se mai avessi avuto una figlia, avrei voluto che fosse
come lei.
Buffo come uno sguardo possa sconvolgere tanto la vita di un
tranquillo professore di Pozioni, vero?
Penserete di sicuro che sia una
cosa impossibile capire tanto di una persona guardandola una sola volta, eppure
vi posso assicurare che fu così. In quell’attimo, capii che quella ragazzina non
era una come tutte le altre.
Ancora adesso, a anni di distanza, sorrido
al pensiero del giorno in cui vidi per la prima volta Lily
Evans.
***
“Buongiorno a tutti,
ragazzi”
“Buongiorno, professor Lumacorno”
Oh, sì. Decisamente.
Quella classe mi piaceva. Serpeverde e Grifondoro del primo anno. Disciplinati,
tranquilli, perfettamente…
“Scommetto che non riesci a staccare la coda
alla salamandra, James!”
Mi girai verso il gruppo dei Grifondoro, e non
ci misi molto a capire chi era stato a parlare. O meglio, a esclamare, visto che
l’eco di quell’assurda sfida ancora vibrava tra le pareti di pietra della stanza
sotterranea.
“Black” lo richiamai, tentando di controllare il mio tono di
voce. Quella era la prima volta che avevo la sventura di condividere una stanza
– che non fosse la Sala Grande, ovviamente – con la mia più grande delusione.
“Tu non staccherai nessuna coda a nessuna salamandra.
D’accordo?”
L’essere mi guardò con quegli occhi terribilmente furbi e
divertiti. Non so se avete mai visto un’Acromantula che intrappola un cerbiatto.
Ecco. In quel momento, io mi sentivo il cerbiatto. So che sembra stupido essere
intimoriti da un undicenne alla sua prima lezione di Pozioni, ma tremavo al
pensiero di quello che avrebbe potuto fare con dei chiodi di garofano e
dell’essenza di Tranello del Diavolo. Probabilmente, di Hogwarts non sarebbe
rimasta nemmeno una briciola.
Così, scrutando nella profondità di quegli
occhi, mi aspettai una risposta sprezzante quanto la sua espressione. Di certo
non mi sarei mai aspettato di sentirmi dire: “Certo, professore” con una voce
tanto candida da fare invidia a un agnellino.
Sentendomi chissà perché
preso in giro, mi avviai alla lavagna.
“Bene, questa è la vostra prima
lezione di Pozioni” cominciai, tentando disperatamente di non guardare nella
direzione di Black e del suo amichetto occhialuto. “In questo corso non userete
la magia convenzionale, quella che prevede l’uso di una bacchetta magica, ma
apprenderete come amalgamare ingredienti anche molto diversi tra loro per
ottenere svariati risultati. Potrete creare l’amore, la malattia, la conoscenza
e molto altro ancora con il semplice uso di un calderone e di qualche sostanza…”
All’improvviso la mia voce sfumò e si spense. Stavo guardando i miei studenti,
mentre parlavo, e avevo incrociato lo sguardo della ragazzina della sera prima.
Me l’ero praticamente dimenticata, ma adesso che l’avevo rivista mi fece lo
stesso effetto della sera precedente.
I suoi occhi verdi mi fissavano
attenti, ed ero pronto a scommettere che stava bevendo come una spugna tutto ciò
che dicevo. Aveva i capelli legati in una coda disordinata e le mani rigide sul
banco. Bastava un’occhiata per capire che era tesissima.
“Oggi” ripresi,
guardando a fatica da un’altra parte, “ci occuperemo di una pozione di facile
preparazione, la Soluzione Repellente. Qualcuno sa dirmi a che cosa
serve?”
Istantaneamente, quasi tutti i bambini smisero di guardare verso
di me. Alcuni presero a fissare con concentrazione il proprio banco, altri si
voltarono direttamente di lato per non incontrare il mio sguardo. Erano sempre
così, tutti terrorizzati dall’eventualità che li chiamassi. Stavo quasi per
chiamare – mossa meschina, lo ammetto – Sirius Black, quando una mano si alzò
timidamente dai primi banchi. Era la bambina dai capelli rossi.
La
indicai, stupito che qualcuno si facesse avanti per rispondere alla prima
domanda della primissima lezione di Pozioni.
“La Soluzione Repellente è
una pozione semplice ma molto potente che serve per tenere lontani gli insetti.
È incolore e inodore per gli esseri umani, e il suo effetto è immediato e
permanente. Di solito si imbevono i vestiti di questa soluzione, ma può anche
essere applicata sulla pelle”
Annuii, colpito. La risposta era
assolutamente precisa. “Molto, molto bene. Cinque punti a Grifondoro,
signorina…”
“Evans. Lily Evans” rispose lei arrossendo.
Spremetti
le meningi alla ricerca di qualche mago celebre con quel cognome, e non trovai
niente. Decisi che le avrei chiesto informazioni sulla sua parentela alla prima
occasione possibile. Nel frattempo la guardavo negli occhi, e scoprii mio
malgrado che non era così facile allontanare lo sguardo da quel verde
ipnotico.
Decisi di farle un’altra domanda, giusto per saggiare la sua
preparazione.
“E, signorina Evans, saprebbe dirmi qual è l’ingrediente
chiave di questa Soluzione?” domandai.
Mi meravigliai della mia perfidia.
Persino con quella bambina che mi riusciva molto simpatica dovevo abbassarmi a
tali meschinità. Perché, vi starete chiedendo. Bè, perché quella era una domanda
a trabocchetto. Non c’era nessun ingrediente chiave nella Soluzione Repellente,
era soltanto…
“Non ci sono ingredienti chiave come nelle altre pozioni”
rispose Lily. “La Soluzione Repellente è costituita solo da acqua distillata e
gocce di varie essenze mescolate in modo particolare”
D’accordo. Ero
strabiliato. Il libro di testo non parlava di quella pozione. E se quello non
c’era scritto sul libro di testo, dove poteva averlo letto? In pochi,
velocissimi istanti aveva reso banale la domanda che facevo tutti gli anni e a
cui nessuno aveva mai saputo rispondere.
Il suo sorriso imbarazzato mi
fece riscuotere.
“Molto, molto bene, signorina Evans” la elogiai. “Altri
cinque punti per Grifondoro”
Il ragazzo occhialuto seduto di fianco a
Black batté le mani, e io decisi che l’avrei ignorato per tutto il resto della
lezione.
“Mi dica” dissi ancora, non curandomi quasi del resto della
classe. “Appartiene per caso a una famiglia di grandi pozionisti che io non
conosco?”
“No, non credo, signore” fece lei. Abbassò quasi
vergognosamente lo sguardo sul suo banco, con mio grande disappunto. “La mia
famiglia è Babbana. Io sono l’unica strega. Ho imparato tutto quello che so sui
libri in più che ho comprato”
“Ah” Il mio dispiacere trapelò
incredibilmente da quella semplice sillaba, mentre i miei Serpeverde
cominciavano a sghignazzare senza ritegno. Lily Evans divenne ancora più
rossa.
“Comunque” tagliai corto, tornando alla cattedra, “gli ingredienti
della pozione sono alla lavagna, insieme al procedimento per prepararla” Agitai
la bacchetta e colpii la lastra scura che subito si coprì di scritte. “Avete
quarantacinque minuti. Buon lavoro”
Mi sentivo in colpa per come avevo
lasciato quella ragazzina. Sembrava così dolce e fragile, e a quel tempo facevo
ancora fatica a capire che mi ero già affezionato a lei. L’avevo messa in
imbarazzo, e adesso lavorava da sola e a capo chino, alzando ogni tanto gli
occhi solo per sbirciare le istruzioni alla lavagna.
Camminavo tra gli
studenti, rimproverandoli e dando loro consigli, e spesso mi ritrovai a passare
quasi senza pensarci accanto a lei.
Era una Grifondoro, era una Nata
Babbana, e andava contro tutti i principi della mia Casa e tutto ciò in cui
avevo sempre fermamente creduto. Tuttavia non potevo fare a meno di pensare al
modo in cui aveva risposto alle mie domande. Era molto intelligente, e se si era
preparata così bene anche essendo Babbana di nascita significava che ci teneva
molto ai suoi studi.
Ora so che probabilmente, anche se la mia vita fosse
andata in modo diverso, non avrei mai conosciuto un’altra ragazza come lei. E,
allora, avrei avuto molto tempo davanti a me per scoprirlo.
Mentre
girovagavo fra i banchi e pensavo allo strano effetto provocatomi da quella Lily
Evans il mio sguardo venne attirato da uno spettacolo assolutamente
inusuale.
Per terra, accanto a un banco, c’erano delle cose sottili e
rosse che si contorcevano sulla pietra grigia. Sobbalzai non appena mi accorsi
che si muovevano, ma mi arrischiai a controllare. In fondo ero pur sempre
l’insegnante, e se mi fossi spaventato per un nonnulla i miei allievi come mi
avrebbero considerato?
Feci qualche cauto passo in direzione delle ‘cose’
e le esaminai senza chinarmi. Mi ci volle pochissimo per capire che erano code
di salamandra. E indovinate un po’ vicino a che banco erano?
Che cosa
avrei dovuto passare per sette anni con quei due?
“Black” dissi,
esasperato. “Ti avevo detto di non strappare la coda alle salamandre!”
Il
ragazzino e il suo amico mi guardarono ridacchiando sotto i
baffi.
“Professore, non è stata colpa nostra!” esclamò l’amichetto
occhialuto. “Le abbiamo semplicemente prese per la coda e… bè, si sono
staccate!”
Black scoppiò in un accesso di risatine
silenziose.
“Dimmi il tuo nome” ordinai, poco incline alle
battute.
“James Potter, signore”
“Bene, Potter, tu e il tuo amico
avete appena fatto perdere cinque punti alla tua Casa. Vi consiglio di rimanere
in silenzio e terminare correttamente la vostra pozione, senza altri
incidenti, se non volete scontare una punizione la prima settimana di
scuola”
Senza scomporsi, quei due annuirono compiti e continuarono ad
affettare le loro radici di Mandragola. Appena mi girai però sentii delle risate
trattenute provenire dallo stesso banco.
Strinsi i denti. Adesso mi
ricordavo perché non avevo mai voluto avere figli.
Aspettai con calma che
i quarantacinque minuti finissero, poi passai in rassegna le varie
pozioni.
Non ero per niente meravigliato del fatto che la Soluzione
Repellente di Lily Evans fosse perfetta. Le rivolsi un gran sorriso, facendo
finta di non notare le smorfie dei Serpeverde, e andai avanti con il controllo.
Ormai avevo preso la mia decisione.
Quando suonò la campanella e tutti
uscirono, la richiamai prima che potesse uscire.
“Signorina
Evans!”
Lei si girò, stupita. Esitai per un attimo, e alla fine ingoiai
tutti i miei pregiudizi.
“Ha mai sentito parlare del
Lumaclub?”
***
Passarono i mesi, e poi gli anni.
Black
e Potter divennero la mia nemesi. Erano due ragazzini semplicemente odiosi, si
divertivano a punzecchiarmi e farmi diventare isterico durante tutte le mie
lezioni.
Tuttavia, quelle ore erano comunque sopportabili. Se da una
parte c’erano quei due – che in alcuni momenti avrei volentieri affogato nei
loro calderoni – dall’altra c’era anche Lily Evans.
Studentessa
brillante, ragazza modello, poi Prefetto. Non ebbi mai occasione per pentirmi di
averla invitata al Lumaclub.
Era il gioiello di cui andavo più
orgoglioso, la ragazza più intelligente e più perspicace che avessi mai
conosciuto.
Anche se il tempo passava i suoi straordinari occhi
rimanevano immutati, e ogni volta che il mio sguardo incrociava il suo mi
sembrava sempre che fosse la prima, quando avevo urtato nella Sala Grande una
timida undicenne appena arrivata in mondo a lei sconosciuto.
Le volevo
bene, tenevo a lei quasi quanto a una nipotina prediletta. Le facevo conoscere
tutte le persone più importanti e in vista, la presentavo agli esponenti di
spicco del mondo magico. Ai miei occhi era perfetta. Non sbagliava mai, nemmeno
una volta.
E tuttavia, mentre riversavo questo smisurato affetto su di
lei, sapevo che non avrei mai potuto essere ricambiato allo stesso modo. Io
adoravo Lily, la mia pupilla, la studentessa più brava in Pozioni del suo anno.
Lei, però, mi vedeva soltanto come un simpatico insegnante gentile.
E
come avrei voluto che mi vedesse?
Spesso mi interrogo su questo. E
nonostante i miei anni, non sono ancora arrivato a una risposta che mi convinca
del tutto.
Ad ogni modo, ora non ha più importanza.
Lily, la mia
adorata Lily, è morta. Ora non potrà più guardare il mondo con quello sguardo
puro e dolce che aveva saputo incantare per sempre un vecchio professore di
Pozioni.
Spesso la nostalgia mi assale, fortissima.
Non sono mai
riuscito a spiegare a me stesso perché lei, perché proprio lei, abbia lasciato
un’impronta tanto indelebile nella mia memoria.
So soltanto che quando
spengo la luce di sera, prima di addormentarmi, mi sembra di vedere ancora
davanti a me quegli occhi verdi.
NOTA:
Come ho scritto nella presentazione della storia, non è la prima volta che Green Eyes viene pubblicata. L'autrice sono io, naturalmente, ma l'avevo pubblicata sull'account della Fratellanza del Dimenticatoio, l'iniziativa per cui l'avevo scritta.
Peccato che tutte le storie di quell'account siano state cancellate, quindi la ripropongo qui.
Spero che vi piaccia. Naturalmente le recensioni - positive e negative - sono più che gradite! ^^