“Ma
dove siamo?”
“Shhh.
Manca poco e lo saprai”.
Lui
mise il broncio.
“Dai,
lo sai che sono curioso no? Voglio sapere perché mi hai bendato e dove siamo…”
Lei
scoppiò a ridere.
“Sei
proprio un bambinone! Pazienta qualche minuto e lo scoprirai”.
Lui
sentì i rumori delle auto sparire e tutto quello che lo circondava sprofondò
nel silenzio.
Sotto
i piedi non aveva più l’asfalto ma qualcos’altro.
Si
ma cos’era?
“Francy…dai,
ti prego, ti prego, ti prego dimmi dove siamo!”
La
ragazza sbuffò.
Lo
fece fermare, lo prese per le spalle e poi gli fece fare un paio di giri su se
stesso.
“Pronto?”
Lui
emise un verso di stizza.
“Ok,
ok. Ora ti sbendo” disse lei ridendo.
Portò
le mani dietro la nuca di lui e, molto lentamente, iniziò a sciogliere i nodi
della fascia che copriva gli occhi del ragazzo.
Tenne
le estremità tra le dita poi, leggermente nervosa, fece un respiro profondo e
la sollevò di scatto.
Trattenne
il fiato.
Lui
aprì gli occhi e subito dovette richiuderli per via del sole che si stagliava
sopra di loro.
Fece
passare qualche secondo poi li riaprì.
Lei
ancora tratteneva il respiro.
“Ma…”
Si
guardò attorno.
“Ma…Francy!
Per la miseria: è il campo centrale di Wimbledon!”
Lei
sorrise.
Allora
aveva capito.
“Ma
non si potrebbe entrare! Come diamine hai fatto?!” esclamò voltandosi a
guardarla negli occhi.
“Ecco…diciamo
che ho dovuto pregare e supplicare il direttore, e anche in inglese!, ma alla
fine ce l’ho fatta! Per due ore il campo centrale è…nostro!”.
“Nostro?”
disse lui incredulo.
Francesca
annuì.
“Ma…perché
l’hai fatto?”
“Hai
presente l’altro giorno quando hai detto che stavi pensando al ritiro? Hai
presente la lettera che ti ho scritto l’estate scorsa dicendo che vedevo una
luce nei tuoi occhi?”
“Si”
“Ecco…quando
me l’hai detto ho pensato che non poteva essere vero, che forse ti serviva solo
una motivazione per continuare. E mi è venuto in mente questo: portarti nel
tempio del tennis. Forse essere sul campo dove il tuo Nadal ha trionfato ti
avrebbe fatto riflettere. Così mi sono organizzata e ora siamo qui. Perché il
tuo tennis forse non sarà come quello che si gioca qui, ma è importante per te
così come è importante per Nadal, Federer e tutti gli altri”.
Lui
rimase in silenzio.
“Lo
so che ami il tennis, lo vedo. Solo forse nessuno te lo ha ricordato, forse la
paura di farti male ti impediva di vedere quanto fosse grande la tua passione,
forse…non lo so. Però ora possiamo giocare qui, insomma siamo a Wimbledon!, per
due ore…” concluse abbassando lo sguardo.
Lui
alzò una mano per sollevarle il mento.
“Francy,
guardami. Grazie. Nessuno aveva mai fatto qualcosa di questo genere per me, e
io ancora credo di non meritarlo. Però avevi ragione tu, come sempre!”.
Lei
gli sorrise con le labbra, con gli occhi, col cuore.
Poi
gli posò un bacio leggero sulle labbra.
Lui,
anche se spiazzato, ricambiò il sorriso e subito dopo si girò per prendere le
racchette.
Gliene
porse una e chiese: “Andiamo?”
Così
si diressero ognuno nella propria metà campo, pronti per giocare in quel
paradiso tennistico.
Perché
era iniziata così: loro e due racchette.
E
sarebbe finita così: loro e due racchette.
Non c’era nient’altro che potessero desiderare.
Per te.
So che tanto non la leggerai, ma non importa.
Lo sai di amare il tennis, forse hai bisogno solo di qualcuno che te lo ricordi una volta in più.
Ma domani, comunque vada, non ti abbattere.
Non ti arrendere.
Ce la farai un'altra volta, la prossima.
Lo so.
Sarà come se fossi lì a guardarti.
In bocca al lupo.
Ti voglio bene.
Ok, le dediche normalmente si fanno all'inizio e non alla fine.
Ma io sono una persona strana.
E qundi vi tocca prendermi così come sono.
Questa è solo una storiella che sentivo il bisogno di scrivere.
Se siete arrivate fin qui beh...complimenti!
E mi raccomando: non mollate mai!
Baci,
Liz.