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Autore: nientenessunoeinfinito    02/07/2016    1 recensioni
Dal testo:
"Avevo paura e non capivo chi fossero quei due uomini, almeno finché non li sentì sussurrare.
«Ehy! Questa è la camera di due mocciosi, cosa vuoi che ci sia!»
«Non si sa mai, la ragazza avrà un telefono, no?» rispose la seconda figura
«Probabile, ma ora io voglio il colpo grosso! Torneremo dopo a rubare qui!». Dopo questa risposta i due se ne andarono. Avendo seguito tutte le puntate di Scooby-Doo e sbirciata qualcuna di un programma della mamma, CSI, capì immediatamente chi fossero quei tizi e cosa volessero. Come capì su cosa tenevano la mano."
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 IL DESTINO IN UNA NOTTE 
 «Joel!» disse mia madre urlando, guardando il disastro che era diventata la nostra cucina.
Io, per mia fortuna, ero un bambino previdente e, sospettando questa reazione dalla mamma, mi feci trovare in salotto con un mazzo di fiori (strappati dal giardino) e l’espressione più dolce e dispiaciuta che riuscissi a fare.
«Scusa mamma…volevo solo fare una torta per la festa del papà…» dissi tristemente. Il mio papà era sempre molto buono con me e volevo fare il suo dolce preferito per ringraziarlo, il problema era che, non conoscendo la ricetta, io e mia sorella (fuggita di casa appena dopo il disastro) avevamo sbagliato qualcosa e una volta messa in forno la torta era come esplosa.
Mia mamma addolcì lo sguardo e mi prese in braccio
«Potevate aspettarmi tesoro, l’avremmo fatta insieme» mi disse carezzandomi i capelli.
Con me in braccio mia madre andò in cucina, forse per capire di che portata era il disastro. Mi mise a terra e incominciò a pulire.
«Vai a fare un bel disegno a papà, che ne dici? Sai che gli piacciono tanto»
Io annuì ed entrai nella mia cameretta. Era bella quanto strana, dividendola con ma sorella. Le pareti passavano dal blu elettrico della mia parte, al giallo puro della sua. Il mio letto era a forma di macchinina, mentre il suo era un letto a baldacchino prevalentemente rosa. La mia parte era tappezzata di disegni, mentre la sua di poster di un certo Justin Biber, il suo cantante preferito. Erano due camere diverse in una.
Presi un foglio pulito e i pastelli e cominciai disegnando l’erba di un verde acceso, poi disegnai un albero e un piccolo gattino, che doveva rappresentare il nostro gatto rosso, Zeus. A lato del foglio disegnai una casa con un caminetto e due finestre. Circa al centro successivamente realizzai un bimbo e un signore, me e il mio papà, racchiusi all’interno di un cuore rosso. Per finire, in alto al centro la scritta “Ti voglio bene papà” faceva bella mostra di sé. Nascosto il mio lavoro, misi al loro posto tutti gli oggetti che avevo utilizzato e tornai in cucina. La mamma aveva già sistemato tutto e stava facendo una bella ramanzina a mia sorella, per essere scappata di casa dopo il disastro.
«Ha cinque anni, Lily! Te ne rendi conto? E tu lo hai lasciato a casa da solo! Sai cosa poteva succedere? Poteva farsi molto male! Tu ne hai quindici e ci aspettiamo molta più maturità da te! Invece no, sei scappata incurante di tuo fratello che…»  Interruppi mia mamma
«Mamma è colpa mia… l’ho convinta io a fare la torta e ad uscire quando le cose si sono messe male… volevo sistemare tutto io ma non ci sono riuscito…» Lily mi guardò male per le bugie che stavo raccontando, essendo scappata lei di sua spontanea volontà.
«Non è vero, mamma! E’ tutta colpa mia! Non dovevo scappare, lo so, ma ho avuto paura…l’ultima volta che…»
«Ok, ok… per questa volta grazie a Dio non è successo niente, ma prova a farlo un’altra volta e giuro che ti metto in punizione a vita!» disse mamma stufa di tutta quella confusione.
In quel momento arrivò papà ed io corsi subito tra le sue braccia
«Papi! Mi sei mancato tanto, tanto, sai? Will a scuola ha…»
«Non hai l’esclusiva su papà, Joel!» disse Lily abbracciandolo.
Papà era mancato a tutti. Lui era il capo di una agenzia di pubblicità e era dovuto andare per quattro giorni a Londra per firmare un contratto importante.
«Ragazzi! Anche voi mi siete mancati molto! Ma ho dei regali per voi!» disse papà sorridendoci. Noi ricambiammo entusiasti mentre lui apriva la sua valigia e tirava fuori due pacchettini, uno blu e l’altro rosa.
Quando Lily aprì il suo pacchettino trovò dentro una cover personalizzata, in cui papà aveva fatto stampare una foto che si era fatta ad un concerto con il suo idolo, Justin Biber.
Io aprì il mio regalo ci trovai un camioncino dei pompieri giocattolo, insieme ad una maglietta di Londra.
Passammo la serata a ridere delle disavventure di papà a Londra e a giocare ad “Uno”.
«Ma è tardissimo!» disse mamma ad un certo punto.
«Ragazzi è mezzanotte e Joel dovrebbe essere a letto da almeno due ore! Su, su, tutti a nanna!» e, con queste parole, capimmo che era ora di andare a dormire. Mi misi il mio pigiamino e mi stesi sul letto, abbracciato al mio peluche preferito, Hope, a forma di cervo.
Non so quanto tempo passò, né che ora fosse, ma sentì un rumore dal salotto. Avendo il sonno molto leggero mi svegliai subito, ma non mi alzai dal mio letto, pensando che la mamma o il papà fossero andati a prendere un bicchiere d’acqua, così mi girai di lato e chiusi gli occhi, provando a riaddormentarmi.
Poco tempo dopo sentì la porta della mia camera aprirsi e, sbirciando dallo spazio tra le zampe di Hope, scorsi due figure vestite di nero entrare.
Quando una delle due figure si girò verso di me, chiusi di scatto gli occhi.
Avevo paura e non capivo chi fossero quei due uomini, almeno finché non li sentì sussurrare.
«Ehy! Questa è la camera di due mocciosi, cosa vuoi che ci sia!»
«Non si sa mai, la ragazza avrà un telefono, no?» rispose la seconda figura
«Probabile, ma ora io voglio il colpo grosso! Torneremo dopo a rubare qui!». Dopo questa risposta i due se ne andarono. Avendo seguito tutte le puntate di Scooby-Doo e sbirciata qualcuna di una programma della mamma, CSI, capì immediatamente chi fossero quei tizi e cosa volessero. Come capì su cosa tenevano la mano.
Appena chiusa la porta iniziai a scrollare mia sorella
«Lily! Lily! Svegliati, ti prego! E’ importante! Lily!» continuai in questo modo finché non aprì gli occhi, scocciata e ancora molto assonata.
«Cosa vuoi, Joel? Ho sonno, lasciami dormire!» detto questo si girò dall’altro lato
«No! Lily, ascoltami! Ci sono dei ladri in casa! Ti prego!» ma lei si era già riaddormentata.
Pensai e mi venne in mente che, alla fine di ogni puntata di Scooby-Doo i poliziotti venivano a prendere il cattivo.
«Ma certo!» sussurrai.
In punta di piedi raggiunsi la scrivania di mia sorella, sulla quale era in carica il suo cellulare. Staccai il cavo e mi rimisi sdraiato sul letto, tremavo.
Cliccai il pulsante e lo schermo mi mostrò una scritta: Inserire password.
Nervoso, alzai lo sguardo su mia sorella e pensai a tutte le password possibili.
Borsa? No. Rossetto? Neanche. Forse il nome della sua migliore amica: Sofia. Digitai quelle cinque lettere sulla tastiera, finché lo schermo non diventò rosso e mi mostrò una nuova scritta: password errata. Riprovare. Altre quattro possibilità. Avevo sempre più paura. Guardai in tutta la stanza, fino al momento in cui non mi venne in mente una nuova possibilità. Cliccai sulla linetta sotto le scritte e digitai: Justin Biber.
Lo schermo si sbloccò ed io ebbi accesso al cellulare. In poco tempo premetti l’applicazione “Rubrica” e, all’interno di essa il nome “Polizia”.
Misi il telefono all’orecchio e cominciò a squillare.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.
«Pronto? Polizia Municipale. Di cosa ha bisogno?» una voce molto bassa mi rispose. Sospirai di sollevo.
«Mi chiamo Joel Hunt. Vivo al numero 17 di “Grant Street”. Ci sono due ladri in casa mia armati di pistola» dissi spaventato. Il signore al telefono rise.
«Ragazzino, non prendermi in giro. Fai gli scherzi telefonici a qualcun altro. Questa linea serve per le emergenze.»
«No! Aspetti! E’ tutto vero! Le giuro che…» non riuscì a continuare. Una voce dal corridoio.
«Ci sono dei rumori dalla camera dei mocciosi!» la porta si spalancò ed io nascosi il telefono e la sua luminosità sotto il cuscino, fingendo di dormire.
«Cavolo! Ero sicuro…»
«Sei solo paranoico. Sbrighiamoci a trovare un colpo grosso ed andiamo via»
Dopo questo scambio di battute la porta venne chiusa per l’ennesima volta. Rimisi il telefono all’orecchio.
«Diamine, ragazzino! Non scherzavi! Ok, arriviamo subito! Tu fai finta di dormire e fai attenzione, mi raccomando!»
La chiamata venne terminata ed io feci finta di dormire tutto il tempo, come ordinato dal poliziotto.
Dopo circa dieci minuti ci sentirono le sirene della polizia a tutto volume e la porta di casa venire abbattuta. I due ladri erano proprio davanti ad essa.
Uscì di corsa dalla camera per raggiungere l’entrata, dove un poliziotto che riconobbi per la voce essere quello della telefonata mi prese in braccio.
«Tu devi essere Joel. Sei molto coraggioso ragazzino, complimenti.»  Mi mise giù ed io corsi tra le braccia del mio papà a raccontare a lui e alla mamma che cosa fosse successo quella notte e di come fossi stato coraggioso. Loro mi lodarono e mi abbracciarono stretti, contenti che nessuno fosse rimasto ferito. Lily dormiva ancora e sicuramente era meglio così. La polizia mi ringraziò e ci disse che i due ladri erano i famosi “Hills”. Ricercati da molto tempo. Quel giorno ricevetti un piccolo distintivo giocattolo. Lo conservo ancora, accanto a quello vero. Nel mio ufficio alla stazione di polizia.
 
Ehy! Questa è la prima storia che scrivo e ne sono abbastanza orgogliosa. Naturalmente ci sono errori di ortografia ma vorrei sapere cosa ne pensate come contenuto e cosa avreste cambiato :) M.
   
 
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