Ha pianificato tutto nei minimi dettagli, sì.
Questo devi riconoscerglielo. Sa che li detesti, i gesti
plateali. Che non sei quel tipo di persona che dice di
odiarli ma sotto sotto le fan piacere perché la fanno
sentire importante. Lo vivi come un esibizionismo di cui si
bea in gran parte la mente che ci sta dietro. Perciò
ha evitato.
Non ha scelto di portarti ad una cena a lume di candela
in qualche ristorante di lusso ma nel piccolo locale
incastrato tra i carruggi della città vecchia, teatro
del vostro primo incontro. Nessun pubblico, se non qualche
sparuto avventore mezzo addormentato per il caldo.
Tu non te l'aspettavi, e certo non immaginavi neanche
lontanamente che potesse succedere come nei film.
Un momento prima eri lì, assorta tra te e te a
maledirlo per aver confuso la crema solare con il doposole -
causandoti un colorito tra il rosso aragosta ed il viola - e
poi lui ha scostato la sedia, inginocchiandosi. Per un
attimo hai quasi sperato che cercasse qualcosa sotto al
tavolo, ma il suo frugare nella tasca era
inequivocabile. Ieri non hai avuto la forza di alzare
neanche un dito contro di lui, dolorante com'eri per la
scottatura, ma adesso potresti prendere due piccioni con una
fava e picchiarlo pure preventivamente per la proposta che
ti sta per fare. Da quando avete preso due strade diverse
e lui si è convinto che lo amassi? Perché non
ti sembra di averglielo mai detto. No. State bene
insieme. Non c'è argomento di cui tu non gli possa
parlare e rispettate le reciproche posizioni anche quando
sono agli antipodi. Riesce a farti ridere, di tanto in
tanto. Sa smussare gli angoli peggiori del tuo
carattere, fartene sottilmente vergognare ed aiutarti a
diventare una persona migliore e più equilibrata. Gli
sei grata per la sua compagnia, per il suo affetto e ciò
che gli offri in cambio - il fare l'amore con lui - non è
questa gran sofferenza. Da qui a volerci trascorrere una
vita assieme però... O metter su famiglia... Ti fa
rabbrividire. Tanto quanto il restare sola. Chi altro ti
piglierebbe a te? Con quei biondi capelli stopposi, la
pelle grassa ed una ventina di chili oltre il peso forma non
sei certo una di quelle bellezze per cui gli uomini
farebbero a gara, pur di averti al proprio fianco.
Hai sempre provato a compensare con il carattere,
attirando così la sua attenzione. Ma se fosse stato
un caso fortuito?
Lui è pure un bel ragazzo, di quelli che le altre
si girano e sbattono contro i lampioni o si fermano a
fissarvi chiedendosi per quale assurda ragione sia finito
con te e non con loro. Un toccasana per la tua autostima.
In fondo da anni tu continui a rincorrere, lungo
un'immaginaria riva, un'occasione mancata.
Puoi permetterti di fartene sfuggire un'altra?
Per
un sentimento che ormai hai mitizzato, qualcosa che neanche
ricordi chiaramente. Era un'estate di tanti anni fa,
quanti nemmeno lo sai. Lei sedeva ad un altro tavolo di
quello stesso ristorante – in cui hai continuato a
tornare ogni estate, sperando di rincontrarla – e tu
non riuscivi a staccarle gli occhi di dosso. Aveva delle
bellissime mani, con unghie curate e dita lunghe ed
affusolate. Polsi sottili, su cui tintinnavano i
braccialetti d'argento. Con un po' di coraggio e di
sfacciataggine t'eri messa a studiarne anche il volto. Era
alquanto spigoloso, ma incorniciato com'era da fluenti
riccioli corvini il difetto risultava quasi impercettibile.
Per di più, con quelle sue labbra piene e gli occhi
grandi e di un azzurro intenso, andare a concentrarsi su
alcuni tratti un po' austeri era proprio voler cercare il
pelo nell'uovo.
Non era la prima volta che rimanevi folgorata dalla
bellezza di un'altra donna, ma non era mai accaduto che
incominciassi a chiederti come attaccar bottone. Cercavi
disperatamente qualche appiglio. Insomma, non potevi mica
andare al suo tavolo ed offrirle da bere. Come minimo ti
avrebbe preso per un'ubriacona piuttosto espansiva. Per non
parlare di cosa avrebbero pensato i tuoi familiari ed i suoi
amici.
Ti stavi convincendo a desistere, che non era una buona
idea andarle a chiedere se aveva da accendere visto che tu
neanche fumavi, quando fu lei a venire da te. Doveva aver
interpretato il tuo sguardo come una richiesta d'aiuto. Di
chi non ha l'età per restare a casa da solo per
settimane, o partire per un viaggio per i fatti propri ma è
troppo grande per trascorrere le vacanze con i genitori.
“Buonasera. Scusate il disturbo, devo rubarvi un
attimo vostra figlia.” T'aveva fatto cenno d'alzarti,
inarcando il sopracciglio. “Ehi, dov'eri finita?
Avresti potuto almeno dirci che saresti venuta a mangiare
qui... Un posto a tavola lo si sarebbe aggiunto volentieri!”
Ti aveva sgridato, alzando il tono per farsi sentire
chiaramente dai tuoi, mentre vi allontanavate. Non t'eri
nemmeno voltata verso di loro, concentrata com'eri ad
ammirarla. Possibile che non sentisse il tuo sguardo su di
lei? Non ti era comunque difficile immaginare che tua
madre sorridesse soddisfatta per le tue nuove amicizie e che
tuo padre continuasse a mangiare tranquillo e beato.
“Sono la tua buona azione quotidiana, suppongo.”
Avevi detto, con la voce rotta e le gote infiammate
dall'imbarazzo.
“Sì, diciamo così.” Aveva
ammesso candidamente. “Hanno proprio bisogno di
qualcuna che non abbia ancora sentito le loro prodezze”
Aggiunse, indicando due ragazzi che avevano parlato
ininterrottamente da quando erano entrati nel ristorante. Ti
rilassasti. Pensare t'avesse invitata per un vantaggio
personale – sembrava veramente esasperata da questi
fantomatici racconti – era meglio che credere che
l'avesse fatto per pietà nei tuoi confronti,
dopotutto. “Ragazzi, questa è Allegra.
Allegra: Marco e Luca.” Senza tanti convenevoli vi
aveva presentato, andandosi poi a sedere di fronte a te.
Effettivamente t'accolsero con entusiasmo. Ascoltavi la
metà di quello che ti dicevano eppure riuscivi a fare
domande contestualizzate, convincendoli che pendessi dalle
loro labbra. Con la coda dell'occhio l'osservavi, fingendo
però che la tua attenzione fosse completamente dedita
ai ragazzi.
Stavano giusto finendo il racconto di quella volta che si
erano fatti a piedi ed in costume diversi chilometri per
tornare a casa, addirittura una ventina, visto che avevano
rubato loro la borsa con dentro vestiti e portafoglio e di
come grazie all'avvenenza di cui Madre Natura li aveva
dotati, erano stati caricati da due belle francesine...
Quando l'avevi vista alzare per andarsene.
Ti scusasti e la seguisti. Nemmeno le avevi chiesto
il nome e lei te ne aveva appioppato uno di suo gusto. Non
pretendevi che dal giorno seguente ti avrebbe fatto entrare
a far parte del suo gruppo né tanto meno di rivederla
ancora, ma volevi sapere come si chiamava. Anche solo per
andare a disegnare stupidamente sui muri dei cuori con le
vostre iniziali. Nulla, era già sparita. Stavi per
metterti a piangere, quando Marco t'aveva picchiettato sulla
spalla. “Ehi, Allegra. Cosa volevi dalla Ale?”
Con una prontezza di spirito che non t'apparteneva
affatto gli avevi risposto “Volevo chiederle se può
prestarmi il walkman, dato che il mio è passato a
miglior vita.” Magari lei preferiva il lettore CD e le
schifava le musicassette.
Lui t'aveva guardato un po' stranito e, per un attimo,
avevi temuto di aver dato fin troppa aria ai denti. Poco
dopo, però, t'aveva sommerso di domande. L'avevi per
caso portato in spiaggia? C'era entrata della sabbia dentro
o dell'acqua di mare? Era caduto? Ce l'avevi da tanti anni?
L'avevi lasciato al sole? Senza neanche lasciarti il tempo
di rovesciargli addosso la tua sfilza di no, si era offerto
di provare ad aggiustarlo dandoti appuntamento per
l'indomani all'ingresso del loro campeggio. Glielo leggevi
chiaro e tondo in faccia che voleva dirti come era andata a
finire la storia con le francesi, ma che purtroppo in quel
momento era di fretta. Non scopristi solo come andò
a finire tra lui e Justine, questo il nome della bella
nizzarda, che naturalmente se l'era portato a casa sua per
fare cose che avrebbero fatto sembrare le riviste porno dei
racconti per bambini (cosa che francamente neanche
t'interessava)... Ma che Ale stava per Alessandra, tanto per
cominciare. Che anche lei aveva visto Titanic almeno
quelle cinque o sei volte, ma che Di Caprio mica le piaceva.
Trovava fantastica Rose, piuttosto. Che il suo libro
preferito era Piccole Donne e di ciò andava
orgogliosa. Che adorava Jo e l'avrebbe voluta con Laurie:
sbuffava come se le avessero fatto un torto personale nel
ricordare che lei era finita con quel vecchio professore e
lui con Amy. Tu l'avevi convinta a ridare una
possibilità a la “Bussola D'Oro”, primo
libro di una trilogia di cui aspettavi impazientemente i
volumi seguenti. L'aveva trovato molto noioso. Le avevi
assicurato che anche a te non era piaciuto inizialmente, ma
poi ti aveva preso moltissimo. Tanto da voler sapere come
sarebbe andata a finire anche tra Lord Asriel e Madame
Coulter, seppur fossero delle figure negative nella storia.
Invidiavi un amore così passionale e possessivo da
non riuscire a sopportare che ci fosse un estraneo al fianco
dell'altro, seppur nessuno dei due riuscisse a scendere a
patti con la propria ambizione ed indipendenza quel che
sarebbe bastato per vivere la loro storia serenamente.
“Non dovevano amarsi poi così tanto.”
Aveva criticato la tua posizione. “Be', non tutti
sono disposti a cambiare per amore. A scendere a
compromessi. Anzi, amare non dovrebbe voler dire accettare
l'altra persona così com'è?” Avevi
ribattuto tu, tirando un calcio ad un'onda. “Sì,
sarebbe bello.” Aveva mormorato, sconsolata, sedendosi
sul bagnasciuga. Di slancio l'avevi abbracciata, passandole
un braccio intorno al collo e tendotela vicina. Lei non si
era sottratta, anzi aveva appoggiato la sua testa sulle tue
ginocchia. “Io non ti vorrei mai diversa da come
sei.” Le avevi detto, accarezzandole i capelli
induriti dalla salsedine. Forse l'era sembrato ipocrita, dal
momento che di lei avevi visto solo il lato più
allegro e festaiolo. Quello che la portava ad adottare un
po' tutti in una comitiva che diventava più numerosa
ogni giorno che passava. La sua gentilezza, fatta di piccoli
gesti come l'offrirti un pezzo del suo asciugamano se ti
vedeva tremare. La sua vanità che si compiaceva
del farsi rincorrere dai ragazzi per poi lasciarli a bocca
asciutta. Una leggera vena d'opportunismo che era poi
ciò che aveva creato l'occasione di diventare amiche.
Come non potevi essere innamorata perfino dei suoi difetti?
“Grazie.” S'era alzata quando bastava per
darti un bacio sulla tempia, poi facendo leva sul palmo
appoggiato per terra si era rimessa in piedi e ti aveva
sfidato a chi riusciva a raggiungere per prima la boa a
nuoto. Avevate desistito entrambe a metà strada,
mettendovi vicendevolmente a spruzzarvi l'acqua in faccia.
Insomma, era tutto un grande e bellissimo idillio
d'amicizia che avresti potuto ricordare con affetto per il
resto della tua vita.
Ma no. Avevi voluto fare il passo più lungo della
gamba. Approfittare del vostro stato di ebbrezza, la notte
di San Lorenzo. Sapevi che era inutile rivolgersi verso le
stelle ed esprimere un desiderio. Meglio fare da sé.
Chiuderle quelle labbra chiacchierone con un bacio, seguendo
i contorni del suo corpo con i polpastrelli. Delicatamente,
quasi si potesse rompere tra le tue mani. Quando le sue
labbra si misero a seguire percorsi confusi sulla tua pelle
e le sue dita presero a spogliarti ti sentisti sciogliere,
scollegando il cervello.
Ipotizzi, a posteriori, che vi doveste essere
addormentate poco dopo. Eravate ancora vestite, tutto
sommato, quella mattina. Eppure lei aveva cominciato ad
essere distante e tu ti sentivi troppo in colpa per
chiarire. Dirle cosa provavi e sentirti dare una coltellata
al cuore di rimando. Sentire in ogni sillaba uscita dalla
sua bocca il disprezzo che provava per la tua perversione.
Le avevi lasciato i suoi spazi, le avevi concesso del
tempo. E così era giunta la fine delle vacanze.
Apparve ad aiutarti a caricare gli ultimi bagagli in
macchina, dal nulla – o forse tu eri solo troppo
occupata a piangerti addosso per notare che si stava
avvicinando – e salutarti come se non fosse successo
niente tra voi. Per di più, il suo caloroso
abbraccio poco prima che salissi in macchina t'aveva ridato
un briciolo di speranza. T'aveva anche lasciato un
bigliettino, con tutti i loro indirizzi, incluso il suo. Non
le avevi mai scritto. L'avevi aspettata per anni,
tornando ogni agosto dopo i tuoi diciott'anni in tutti quei
posti in cui eravate andate insieme. Al ristorante, sugli
scogli, per le spiagge. Poi in ogni angolo della città.
Volevi esprimerle a voce quello che la tua penna non era
stata in grado di mettere nero su bianco.
Chiederle scusa. Spiegarle che il tuo cuore era rimasto
sulle sue labbra e che se non altro avresti voluto riaverlo
indietro.
Per fortuna che non ricordavi bene, eh. Oggi ti
presenteresti a casa sua per dirle quanto l'amavi, ma allora
eri troppo codarda per prendere l'iniziativa. Credevi che le
avresti fatto un ulteriore torto, facendoti trovare
sull'uscio di casa sua ed imponendole la tua presenza. Ma
per cosa lo faresti ora? Per quale ragione confesseresti
qualcosa a cui hai rinunciato tanto tempo fa? Per
toglierti un peso dal cuore e sentirle dire che lei è
felice con un altro – o con un'altra, ma il pensiero
ti fa rivoltare lo stomaco – e che quindi puoi esserlo
anche tu? O per capire che non era lei in particolare ma
era l'intensità dei sentimenti che provavi da
adolescente ad essere del tutto diversa dall'amore degli
adulti?
La questione è semplice, in realtà. Chi
preferiresti far soffrire?
Quest'uomo che ancora attende il tuo sì ed è
pronto ad offrirti il suo amore ed il suo sostegno, pur
sapendo che non lo ricambi, o andare a rivoluzionare la vita
di una persona che magari non è neanche più
quella che avevi conosciuto?
Dalle tue considerazioni, sai di aver già fatto la
tua scelta.
“Emma?” La sua voce ti richiama al mondo
reale. “Lo vuoi o no?” Tenta di scherzare, ma lo
vedi che teme un tuo secco rifiuto. “Sì.”
Sussurri, lasciando che quell'anello di diamanti scivoli sul
tuo anulare, con le lacrime agli occhi. E non sono per il
tuo futuro marito.
Ma che la baciai, questo sì lo
ricordo, col cuore ormai sulle labbra. Ma che la baciai,
per Dio sì lo ricordo... E il mio cuore le restò
sulle labbra. (F. De Andrè, Un Malato Di Cuore)
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