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Autore: Akira14    19/04/2009    1 recensioni
Ma che la baciai, questo sì lo ricordo, col cuore ormai sulle labbra. Ma che la baciai, per Dio sì lo ricordo... E il mio cuore le restò sulle labbra. (F. De Andrè, Un Malato Di Cuore) Una storia breve, ispiratami da queste bellissime parole su un amore che sembrava ormai dimenticato...
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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e il mio cuore le restò sulle labbra


Ha pianificato tutto nei minimi dettagli, sì. Questo devi riconoscerglielo.
Sa che li detesti, i gesti plateali. Che non sei quel tipo di persona che dice di odiarli ma sotto sotto le fan piacere perché la fanno sentire importante. Lo vivi come un esibizionismo di cui si bea in gran parte la mente che ci sta dietro. Perciò ha evitato.

Non ha scelto di portarti ad una cena a lume di candela in qualche ristorante di lusso ma nel piccolo locale incastrato tra i carruggi della città vecchia, teatro del vostro primo incontro. Nessun pubblico, se non qualche sparuto avventore mezzo addormentato per il caldo.

Tu non te l'aspettavi, e certo non immaginavi neanche lontanamente che potesse succedere come nei film.

Un momento prima eri lì, assorta tra te e te a maledirlo per aver confuso la crema solare con il doposole - causandoti un colorito tra il rosso aragosta ed il viola - e poi lui ha scostato la sedia, inginocchiandosi. Per un attimo hai quasi sperato che cercasse qualcosa sotto al tavolo, ma il suo frugare nella tasca era inequivocabile.
Ieri non hai avuto la forza di alzare neanche un dito contro di lui, dolorante com'eri per la scottatura, ma adesso potresti prendere due piccioni con una fava e picchiarlo pure preventivamente per la proposta che ti sta per fare.
Da quando avete preso due strade diverse e lui si è convinto che lo amassi? Perché non ti sembra di averglielo mai detto. No.
State bene insieme. Non c'è argomento di cui tu non gli possa parlare e rispettate le reciproche posizioni anche quando sono agli antipodi. Riesce a farti ridere, di tanto in tanto.
Sa smussare gli angoli peggiori del tuo carattere, fartene sottilmente vergognare ed aiutarti a diventare una persona migliore e più equilibrata.
Gli sei grata per la sua compagnia, per il suo affetto e ciò che gli offri in cambio - il fare l'amore con lui - non è questa gran sofferenza. Da qui a volerci trascorrere una vita assieme però... O metter su famiglia... Ti fa rabbrividire.
Tanto quanto il restare sola. Chi altro ti piglierebbe a te?
Con quei biondi capelli stopposi, la pelle grassa ed una ventina di chili oltre il peso forma non sei certo una di quelle bellezze per cui gli uomini farebbero a gara, pur di averti al proprio fianco.

Hai sempre provato a compensare con il carattere, attirando così la sua attenzione. Ma se fosse stato un caso fortuito?

Lui è pure un bel ragazzo, di quelli che le altre si girano e sbattono contro i lampioni o si fermano a fissarvi chiedendosi per quale assurda ragione sia finito con te e non con loro. Un toccasana per la tua autostima.

In fondo da anni tu continui a rincorrere, lungo un'immaginaria riva, un'occasione mancata.

Puoi permetterti di fartene sfuggire un'altra?

Per un sentimento che ormai hai mitizzato, qualcosa che neanche ricordi chiaramente.
Era un'estate di tanti anni fa, quanti nemmeno lo sai. Lei sedeva ad un altro tavolo di quello stesso ristorante – in cui hai continuato a tornare ogni estate, sperando di rincontrarla – e tu non riuscivi a staccarle gli occhi di dosso.
Aveva delle bellissime mani, con unghie curate e dita lunghe ed affusolate. Polsi sottili, su cui tintinnavano i braccialetti d'argento. Con un po' di coraggio e di sfacciataggine t'eri messa a studiarne anche il volto. Era alquanto spigoloso, ma incorniciato com'era da fluenti riccioli corvini il difetto risultava quasi impercettibile. Per di più, con quelle sue labbra piene e gli occhi grandi e di un azzurro intenso, andare a concentrarsi su alcuni tratti un po' austeri era proprio voler cercare il pelo nell'uovo.

Non era la prima volta che rimanevi folgorata dalla bellezza di un'altra donna, ma non era mai accaduto che incominciassi a chiederti come attaccar bottone. Cercavi disperatamente qualche appiglio. Insomma, non potevi mica andare al suo tavolo ed offrirle da bere. Come minimo ti avrebbe preso per un'ubriacona piuttosto espansiva. Per non parlare di cosa avrebbero pensato i tuoi familiari ed i suoi amici.

Ti stavi convincendo a desistere, che non era una buona idea andarle a chiedere se aveva da accendere visto che tu neanche fumavi, quando fu lei a venire da te. Doveva aver interpretato il tuo sguardo come una richiesta d'aiuto. Di chi non ha l'età per restare a casa da solo per settimane, o partire per un viaggio per i fatti propri ma è troppo grande per trascorrere le vacanze con i genitori.

“Buonasera. Scusate il disturbo, devo rubarvi un attimo vostra figlia.” T'aveva fatto cenno d'alzarti, inarcando il sopracciglio. “Ehi, dov'eri finita? Avresti potuto almeno dirci che saresti venuta a mangiare qui... Un posto a tavola lo si sarebbe aggiunto volentieri!” Ti aveva sgridato, alzando il tono per farsi sentire chiaramente dai tuoi, mentre vi allontanavate. Non t'eri nemmeno voltata verso di loro, concentrata com'eri ad ammirarla. Possibile che non sentisse il tuo sguardo su di lei?
Non ti era comunque difficile immaginare che tua madre sorridesse soddisfatta per le tue nuove amicizie e che tuo padre continuasse a mangiare tranquillo e beato.

“Sono la tua buona azione quotidiana, suppongo.” Avevi detto, con la voce rotta e le gote infiammate dall'imbarazzo.

“Sì, diciamo così.” Aveva ammesso candidamente. “Hanno proprio bisogno di qualcuna che non abbia ancora sentito le loro prodezze” Aggiunse, indicando due ragazzi che avevano parlato ininterrottamente da quando erano entrati nel ristorante. Ti rilassasti. Pensare t'avesse invitata per un vantaggio personale – sembrava veramente esasperata da questi fantomatici racconti – era meglio che credere che l'avesse fatto per pietà nei tuoi confronti, dopotutto.
“Ragazzi, questa è Allegra. Allegra: Marco e Luca.” Senza tanti convenevoli vi aveva presentato, andandosi poi a sedere di fronte a te.
Effettivamente t'accolsero con entusiasmo. Ascoltavi la metà di quello che ti dicevano eppure riuscivi a fare domande contestualizzate, convincendoli che pendessi dalle loro labbra. Con la coda dell'occhio l'osservavi, fingendo però che la tua attenzione fosse completamente dedita ai ragazzi.

Stavano giusto finendo il racconto di quella volta che si erano fatti a piedi ed in costume diversi chilometri per tornare a casa, addirittura una ventina, visto che avevano rubato loro la borsa con dentro vestiti e portafoglio e di come grazie all'avvenenza di cui Madre Natura li aveva dotati, erano stati caricati da due belle francesine... Quando l'avevi vista alzare per andarsene.

Ti scusasti e la seguisti.
Nemmeno le avevi chiesto il nome e lei te ne aveva appioppato uno di suo gusto. Non pretendevi che dal giorno seguente ti avrebbe fatto entrare a far parte del suo gruppo né tanto meno di rivederla ancora, ma volevi sapere come si chiamava. Anche solo per andare a disegnare stupidamente sui muri dei cuori con le vostre iniziali.
Nulla, era già sparita. Stavi per metterti a piangere, quando Marco t'aveva picchiettato sulla spalla.
“Ehi, Allegra. Cosa volevi dalla Ale?”
Con una prontezza di spirito che non t'apparteneva affatto gli avevi risposto “Volevo chiederle se può prestarmi il walkman, dato che il mio è passato a miglior vita.” Magari lei preferiva il lettore CD e le schifava le musicassette.

Lui t'aveva guardato un po' stranito e, per un attimo, avevi temuto di aver dato fin troppa aria ai denti. Poco dopo, però, t'aveva sommerso di domande. L'avevi per caso portato in spiaggia? C'era entrata della sabbia dentro o dell'acqua di mare? Era caduto? Ce l'avevi da tanti anni? L'avevi lasciato al sole? Senza neanche lasciarti il tempo di rovesciargli addosso la tua sfilza di no, si era offerto di provare ad aggiustarlo dandoti appuntamento per l'indomani all'ingresso del loro campeggio. Glielo leggevi chiaro e tondo in faccia che voleva dirti come era andata a finire la storia con le francesi, ma che purtroppo in quel momento era di fretta.
Non scopristi solo come andò a finire tra lui e Justine, questo il nome della bella nizzarda, che naturalmente se l'era portato a casa sua per fare cose che avrebbero fatto sembrare le riviste porno dei racconti per bambini (cosa che francamente neanche t'interessava)... Ma che Ale stava per Alessandra, tanto per cominciare.
Che anche lei aveva visto Titanic almeno quelle cinque o sei volte, ma che Di Caprio mica le piaceva. Trovava fantastica Rose, piuttosto.
Che il suo libro preferito era Piccole Donne e di ciò andava orgogliosa. Che adorava Jo e l'avrebbe voluta con Laurie: sbuffava come se le avessero fatto un torto personale nel ricordare che lei era finita con quel vecchio professore e lui con Amy.
Tu l'avevi convinta a ridare una possibilità a la “Bussola D'Oro”, primo libro di una trilogia di cui aspettavi impazientemente i volumi seguenti. L'aveva trovato molto noioso. Le avevi assicurato che anche a te non era piaciuto inizialmente, ma poi ti aveva preso moltissimo. Tanto da voler sapere come sarebbe andata a finire anche tra Lord Asriel e Madame Coulter, seppur fossero delle figure negative nella storia. Invidiavi un amore così passionale e possessivo da non riuscire a sopportare che ci fosse un estraneo al fianco dell'altro, seppur nessuno dei due riuscisse a scendere a patti con la propria ambizione ed indipendenza quel che sarebbe bastato per vivere la loro storia serenamente.

“Non dovevano amarsi poi così tanto.” Aveva criticato la tua posizione.
“Be', non tutti sono disposti a cambiare per amore. A scendere a compromessi. Anzi, amare non dovrebbe voler dire accettare l'altra persona così com'è?” Avevi ribattuto tu, tirando un calcio ad un'onda.
“Sì, sarebbe bello.” Aveva mormorato, sconsolata, sedendosi sul bagnasciuga. Di slancio l'avevi abbracciata, passandole un braccio intorno al collo e tendotela vicina. Lei non si era sottratta, anzi aveva appoggiato la sua testa sulle tue ginocchia.
“Io non ti vorrei mai diversa da come sei.” Le avevi detto, accarezzandole i capelli induriti dalla salsedine. Forse l'era sembrato ipocrita, dal momento che di lei avevi visto solo il lato più allegro e festaiolo. Quello che la portava ad adottare un po' tutti in una comitiva che diventava più numerosa ogni giorno che passava. La sua gentilezza, fatta di piccoli gesti come l'offrirti un pezzo del suo asciugamano se ti vedeva tremare.
La sua vanità che si compiaceva del farsi rincorrere dai ragazzi per poi lasciarli a bocca asciutta.
Una leggera vena d'opportunismo che era poi ciò che aveva creato l'occasione di diventare amiche. Come non potevi essere innamorata perfino dei suoi difetti?

“Grazie.” S'era alzata quando bastava per darti un bacio sulla tempia, poi facendo leva sul palmo appoggiato per terra si era rimessa in piedi e ti aveva sfidato a chi riusciva a raggiungere per prima la boa a nuoto.
Avevate desistito entrambe a metà strada, mettendovi vicendevolmente a spruzzarvi l'acqua in faccia.

Insomma, era tutto un grande e bellissimo idillio d'amicizia che avresti potuto ricordare con affetto per il resto della tua vita.


Ma no. Avevi voluto fare il passo più lungo della gamba. Approfittare del vostro stato di ebbrezza, la notte di San Lorenzo. Sapevi che era inutile rivolgersi verso le stelle ed esprimere un desiderio. Meglio fare da sé. Chiuderle quelle labbra chiacchierone con un bacio, seguendo i contorni del suo corpo con i polpastrelli. Delicatamente, quasi si potesse rompere tra le tue mani.
Quando le sue labbra si misero a seguire percorsi confusi sulla tua pelle e le sue dita presero a spogliarti ti sentisti sciogliere, scollegando il cervello.


Ipotizzi, a posteriori, che vi doveste essere addormentate poco dopo. Eravate ancora vestite, tutto sommato, quella mattina. Eppure lei aveva cominciato ad essere distante e tu ti sentivi troppo in colpa per chiarire. Dirle cosa provavi e sentirti dare una coltellata al cuore di rimando. Sentire in ogni sillaba uscita dalla sua bocca il disprezzo che provava per la tua perversione.

Le avevi lasciato i suoi spazi, le avevi concesso del tempo. E così era giunta la fine delle vacanze.

Apparve ad aiutarti a caricare gli ultimi bagagli in macchina, dal nulla – o forse tu eri solo troppo occupata a piangerti addosso per notare che si stava avvicinando – e salutarti come se non fosse successo niente tra voi.
Per di più, il suo caloroso abbraccio poco prima che salissi in macchina t'aveva ridato un briciolo di speranza. T'aveva anche lasciato un bigliettino, con tutti i loro indirizzi, incluso il suo.
Non le avevi mai scritto.
L'avevi aspettata per anni, tornando ogni agosto dopo i tuoi diciott'anni in tutti quei posti in cui eravate andate insieme. Al ristorante, sugli scogli, per le spiagge. Poi in ogni angolo della città.

Volevi esprimerle a voce quello che la tua penna non era stata in grado di mettere nero su bianco.

Chiederle scusa. Spiegarle che il tuo cuore era rimasto sulle sue labbra e che se non altro avresti voluto riaverlo indietro.


Per fortuna che non ricordavi bene, eh.
Oggi ti presenteresti a casa sua per dirle quanto l'amavi, ma allora eri troppo codarda per prendere l'iniziativa. Credevi che le avresti fatto un ulteriore torto, facendoti trovare sull'uscio di casa sua ed imponendole la tua presenza.
Ma per cosa lo faresti ora? Per quale ragione confesseresti qualcosa a cui hai rinunciato tanto tempo fa?
Per toglierti un peso dal cuore e sentirle dire che lei è felice con un altro – o con un'altra, ma il pensiero ti fa rivoltare lo stomaco – e che quindi puoi esserlo anche tu?
O per capire che non era lei in particolare ma era l'intensità dei sentimenti che provavi da adolescente ad essere del tutto diversa dall'amore degli adulti?


La questione è semplice, in realtà.
Chi preferiresti far soffrire?

Quest'uomo che ancora attende il tuo sì ed è pronto ad offrirti il suo amore ed il suo sostegno, pur sapendo che non lo ricambi, o andare a rivoluzionare la vita di una persona che magari non è neanche più quella che avevi conosciuto?

Dalle tue considerazioni, sai di aver già fatto la tua scelta.

“Emma?” La sua voce ti richiama al mondo reale. “Lo vuoi o no?” Tenta di scherzare, ma lo vedi che teme un tuo secco rifiuto.
“Sì.” Sussurri, lasciando che quell'anello di diamanti scivoli sul tuo anulare, con le lacrime agli occhi.
E non sono per il tuo futuro marito.

Ma che la baciai, questo sì lo ricordo, col cuore ormai sulle labbra.
Ma che la baciai, per Dio sì lo ricordo... E il mio cuore le restò sulle labbra.
(F. De Andrè, Un Malato Di Cuore)



  
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