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Autore: Alessandreadz    04/07/2016    0 recensioni
Quando non puoi sfuggire al destino, quando trovi la persona che completa il tuo animo, quando l'amore è molto più di qualsiasi cosa terrena, quando non bastano e non necessitano baci o carezze per esprimerlo, perché c'è ben altro che riesce a collegare, come una resistente corda che collega due anime così diverse e indefinite tra loro, ma così pure, come il bianco e il nero, come il Sole e la Luna, come lo Yin e lo Yang.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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                                                         Yin
 
 
 
 
Le giornate proseguivano così bene, dopo scuola andavo sempre alla collina e ogni volta facevo tante cose diverse con Teur. Giocavamo a palla, rotolavamo sul prato, passavamo il tempo con Neuge, ascoltavamo la musica guardando le nuvole e dando loro una forma. Tutto era splendido quando stavo con Teur, non mi passava nulla per la testa, ero libera e felice e mi sembrava di essere ritornata bambina. 
Quel giorno non vidi l'ora di uscire da scuola per raggiungerlo, così al fine delle ore scolastiche uscii frettolosamente e corsi fino alla collina. Lo trovai seduto sul prato con la chitarra sulle gambe. Era concentratissimo, quasi immerso in un mondo tutto suo, ed io stranamente volevo entrare a far parte di quel mondo. 
Anche Lise lo notava, in quei giorni avevo sempre una certa luce negli occhi, ero più sorridente e aperta. Teur mi stava cambiando profondamente, facendo uscire il mio lato più dolce e spensierato. Mi ero quasi dimenticata di quel lato, ero così abituata alla serietà che ormai avevo messo da parte tutte le altre emozioni, non provandole affatto. Ma con lui era tutto diverso, dopo quella serata tutto era cambiato, era come se i miei occhi fossero cambiati mostrandomi un Teur diverso, un Teur che volevo al mio fianco sempre. 
Mi avvicinai silenziosamente a lui e poggiai le mani sui suoi occhi domandandogli chi fossi. La risposta era scontata, si mise a ridere, mi prese dal braccio e mi fece sedere accanto a lui. 
"Ne ho fatta una nuova, vuoi sentire?" mi chiese con un grande sorriso, non potei dare una risposta negativa. 
Così iniziò a pizzicare quelle corde creando delle armonie stupende, lui aveva un'espressione serena e io non potevo fare a meno di guardarlo così intensamente. 
Mi sentivo troppo bene, ciò mi fece riflettere un po' su tutto ciò che stavo provando in quell'istante. Cosa mi stava succedendo? Sarà questo "l'amore"? E chi aveva deciso e provato la vera e propria definizione di questa parola così utilizzata? D'altronde è una definizione relativa, completamente soggettiva, nessuno poteva dirmi cosa era a quel punto. Eppure volevo sapere cosa ne pensava lui, sarebbe stata forse una domanda troppo profonda?
"Teur.." dissi interrompendolo. Si fermò di scatto e mi guardò confuso aspettando che continuassi, "per te cos'è l'amore?" 
Rimase per un po' di tempo in silenzio con lo sguardo basso, ci stava sicuramente pensando su con più attenzione. Poi lo rialzò verso di me e rispose semplicemente "Neuge." 
"Neuge? Ma Neuge è solo un gatto." dissi corrucciando la fronte. 
Sorrise. "Non Neuge, ma neuge. La neve. Per me è come la neve, bella, candida, soffice, ma anche gelida e molto pesante quando ce n'è troppa." 
Non comprendevo quella risposta, non riuscivo a capire se fosse una risposta positiva o negativa, forse entrambe. 
"Emi perchè me lo hai chiesto?"
"Non lo so, volevo solo sapere una tua opinione.." risposi sinceramente. 
Avvicinò la sua mano delicatamente e mi accarezzò la guancia. 
Tutto ciò mi confondeva, sentivo qualcosa dentro il petto di sconosciuto, una sensazione estranea al mio corpo, avevo voglia di avere più contatti con lui. 
"Non innamorarti, Emi" mi sibilò avvicinandosi sempre di più. Rimasi immobile guardando quei grandi occhi scuri vicini ai miei, trattenni il respiro per qualche secondo e guardai giù, focalizzandomi sulle sue labbra. Poggiò la sua fronte sulla mia e mi accarezzò i capelli. Non stava facendo ciò che pensavo, forse era stato meglio così. O forse volevo proprio ciò che mi ero immaginata. Ero troppo confusa, dovevo mettere ordine. 
"Perchè?" chiesi piano soffiando sul suo viso. 
Sospirò pesantemente, si staccò dal mio viso e si allontanò. "Non innamorarti di me..sarebbe un problema." rispose fermamente. 
Sentii qualcosa di fastidioso adesso, nel mio petto, una piccola crepa stava insidiandosi sul mio cuore e faceva un po' male. Cosa stava andando storto?
Rimasi delusa da ciò che disse, ma d'altronde perchè? Non mi ero innamorata di lui. Non ancora, anzi non ci sarei mai riuscita. Neanche lo conoscevo così bene, passavamo solo le giornate insieme, ma non sapevo niente di lui. Tutto ciò passava in un tempo brevissimo nella mia testa, stavo convincendomi di qualcosa contro la mia volontà. 
Annuii velocemente e mi alzai dal prato tirando su col naso, presi la mia borsa e andai via anche dopo i suoi ripetuti richiami. 
La colpa non era sua, ma sempre e solo mia. Io mi ero solo illusa di una cosa banale, adesso banale, surreale, irrealizzabile. Camminai verso casa con passo veloce mentre cercavo di trattenermi le lacrime, avevo voglia di gridare, di scoppiare. 
Tutto stava ritornando nero, le mie emozioni erano state utili solo per lui che continuava a giocarci senza rendersi conto di ciò che poteva causare. Tutti quei contatti, quelle carezze, quegli abbracci, tutti stupidi e insensati. Era solo un estraneo, non potevo permettermi di cadere così in basso per uno sconosciuto. 
Ritornai a casa con gli occhi pieni di lacrime che non volevo far cadere davanti a Margaret e Jos, così salii frettolosamente le scale e mi chiusi nella mia stanza. Diedi libero sfogo alla pioggia nel mio viso, rimanendo immobile sul letto, fissando il muro bianco di fronte ad esso senza fiatare. 
E pensai, pensai, pensai fino a far tacere il mio cervello, addormentandomi pensando a tutto ciò che avrei tanto voluto non fare. 
Mi risvegliai sentendo il mio cellulare squillare, schiusi gli occhi faticosamente e lo presi cercando di decifrare il numero. Lise.
"Emi?! Dove diavolo sei?!" sentii stridare dall'altra parte del telefono. Lise era nel nostro solito punto d'incontro mattutino per andare a scuola e mi stava aspettando già da mezz'ora mentre io dormivo beatamente fregandomene.
"Arrivo subito, perdonami" dissi con la voce impastata dal sonno. Così mi alzai, mi guardai allo specchio e non potei non notare quelle due occhiaie proprio sopra le mie guance, questo era il risultato di una mezza nottata passata a piagnucolare per una persona inutile. 
Mi preparai il più velocemente possibile per raggiungere Lise, che quando mi vide iniziò a riempirmi di domande. La prima fu ovviamente quella rivolta alle mie occhiaie. 
"Non ho dormito tanto bene questa notte" mentii perfettamente. Lise non era chissà quale amica, ci conoscevamo da tanti anni e non avevamo mai smesso di frequentarci essendo nello stesso liceo. Era così diversa da me, quei grandi occhi castani dietro quegli occhiali color nocciola, i capelli corti e biondi e il viso simile a quello di una bambola di porcellana. Ma a parte l'aspetto fisico, era diversa da me anche caratterialmente. Lei sempre aperta, ma sofisticata, studiosa, ma che sapeva divertirsi, divertente, ma non invadente. Sarà che tutte quelle qualità mi davano sui nervi e non mi andava di esserle un'amica più che buona. Sono quel genere di persona che adora stare in compagnia, ridere e scherzare, ma che passa molto più tempo da sola. 
Alle medie ne facevo un dramma, nessuno era mai disponibile per me, nessuno che mi accettava e che mi dava qualcosa in più. Ci piangevo davvero tanto, e ciò me lo portai anche ai primi inizi del liceo. Poi capii, dopo aver sbattuto più volte la faccia, che sarebbe stato meglio oltrepassare e accettare le circostanze. E' sempre l'unica cosa che ci rimane da fare. 
E Margaret allora entrava nella mia stanza chiedendomi come erano andate le mie giornate ed io rispondevo sempre uguale e lei non indagava più di tanto. Davo anche alcune colpe a lei, della sua assenza nella mia vita, del suo menefreghismo nei miei confronti. Tutto era una grande cupola grigia che riuscii a rompere grazie alle mie convinzioni. 
Lise camminava al mio fianco tranquilla, guardandosi intorno come spesso facevo anch'io, mentre percorrevamo il tragitto fino a scuola. 
Le lezioni erano più faticose del solito quel giorno, la mia testa pulsava forte e mi sembrava di non aver abbastanza aria dentro quella classe; avrei tanto voluto scappare sulla collina dopo quelle strazianti ore chiuse lì, ma non potevo e non dovevo. 
Ma d'altro canto, ci fu una sorpresa altrettanto sbalorditiva all'uscita. 
Era messo lì, appoggiato in un auto di chissa chi, che guardava in basso giocando con i piedi con alcune foglie secche. Quando mi vide velocizzai immediatamente il mio passo per sfuggire da una situazione che sarebbe diventata troppo pesante per me quel  giorno. 
"Voglio solo parlare Emi." mi urlò mentre io continuavo a camminare e lui dietro di me. Anche dopo vari tentantivi, non se ne andò e mi seguii in silenzio attendendo qualche mia reazione. Non la ricevette, e quando arrivai davanti casa per aprire il cancelletto parlò un'altra volta. La sfiga mi aveva perseguitata, perchè proprio in quel momento non riuscivo a trovare le chiavi. E chiesi a me stessa cosa avevo fatto di così male per meritarmi questo. 
"Non hai nessuna colpa, la colpa è solo ed esclusivamente mia, tutto ciò che ho fatto e che ti ho detto. Tu non sei un problema." disse fissandomi, mentre io continuavo a cercare nella mia borsa quel fottuto mazzo di chiavi. Continuò abbassando il tono di voce: "Non sai tante cose di me, ed io vorrei dirtele tutte se potessi, se ci riuscissi, ma non mi escono le parole, e tutto ciò che posso fare è farti capire in altri modi ciò che ci unisce." 
Mi fermai ed alzai lo sguardo verso i suoi occhi che non erano mai stati così seri in tutte le volte che li avevo contemplati. Corrucciai le sopracciglia confusa, in cerca di spiegazioni. Lui fece un gran sospiro e ricambiò lo sguardo. I suoi divennero di un'altra tonalità così differente da quella naturale, il nero si era trasformato in giallo, mi impressionai e lasciai cadere la borsa per terra trattenendo un urlo che avrebbe potuto sentire tutto il quartiere. 
Indietreggiai lentamente ancora con le mani sulla bocca  e caddi per terra sempre più sconvolta. Non poteva essere realmente possibile. Nulla di ciò poteva esistere nella vita reale. Insomma, non è nemmeno scientificamente possibile. Ero veramente andata di matto, oppure i miei occhi stavano veramente vedendo tutto ciò? 
Mi si avvicinò e i suoi occhi ritornarono alla normalità, permettendomi di vederli velati di lacrime. Mi diede una mano per alzarmi da terra e mi lasciai portare dove lui aveva appena detto. 
Come prevedevo, arrivammo alla collina. 
"So che sei spaventata, impressionata, è normale, tranquilla...non ti farò nulla." disse spezzando quell'orribile silenzio che stava rendendo la situazione più inquietante. Annuii leggermente e ci sedemmo sul prato. 
"Può sembrarti ancora più osceno detto così, ma io sono un angelo." 
Non fiatai. Lo fissai stranita, ma poi scoppiai in una risatina. Stava scherzando, era così ovvio. Mi guardò in modo strano, da ciò percepii che aveva solo detto una cosa vera e quasi ovvia per lui. 
"Teur, non può essere possibile, ok? Insomma, no. Non è così." risposi gesticolando con le mani freneticamente. Tutta l'ansia trapelava da quei gesti e sotto sotto sapevo anch'io di essere in torto. 
"Protecteur." disse soltanto. 
Ascoltando quella parola nella mia lingua notai la fine che equivaleva al suo nome. 
"Una stupida coincidenza." risposi. La verità era che, appunto, negavo l'evidenza perchè non volevo credere ad una cosa così assurda. Era forse un sogno?
"Diamine Emi! Come potrei dirti una cazzata così?! Con quale scopo, poi?!" sbraitò alzandomi la voce contro. Non fiatai e osservai ogni suo gesto. Non sapevo cosa fare, ero spaventata, stranita, confusa. 
Urlò ancora continuando a ripetere la stessa storia, continuando a spiegare e a spiegare. Lì dovetti rompere il gioco, il gioco creatosi con me stessa, e accettare. Come avevo sempre fatto, accettare le circostanze, quella circostanza troppo assurda e del tutto diversa da tutte le altre. 
"Ti credo.." sibilai piano quasi cercando di non farmi sentire. 
"Grazie al cielo" disse solamente. Mi prese cautamente le mani e le strinse fra le sue. Tenevo lo sguardo basso, guardando le nostre mani, unite, e contemplando tale gesto. Avevo passato gran parte dei miei giorni con un angelo? 
A quel punto riempii di domande Teur, volendo spiegazioni più dettagliate e più sensate. Gli chiesi perchè era un angelo, come lo era diventato, perchè era il mio angelo, perchè non era un semplice spirito come tutto il mondo crede che essi siano, facendolo quasi confondere. Ma sorrise debolmente, aspettandosi una reazione così. 
"Non ci si diventa, si nasce così e basta. Non lo sapevo neanche io ai primi tempi, avevo una vita tranquilla, con i miei genitori, i miei fratelli, la scuola e tutto il resto. Solo dopo mi resi conto che non ero solamente un giovane ragazzo, sentivo di essere molto di più. Tutto ciò solo quando tu mi trovasti in quella collina. Ho percepito una strana sensazione, estranea, mai provata, e guardandoti negli occhi capii che, diamine Emi, siamo legati da qualche cosa. Il giorno stesso mi informai meglio, mio nonno mi diede un libro dove tutto ciò che dovevo sapere era scritto lì. Ero più che sconvolto quando lessi la vera e propria dimostrazione. Mio nonno mi spiegò tante altre cose, mi narrò la leggenda dello Yin e dello Yang. Ciò che avevo appena trovato, tu, era proprio il mio Yin. Tu sei il mio Yin." rispose con un tono di voce serio cercando di farmi comprendere ogni minimo particolare ed io rimasi a bocca aperta dopo aver sentito tutto ciò. Sembrava così banale, ma era una cosa fantastica. Ero davvero il suo Yin?
Avevo sempre amato quella teoria. Lo Yin e lo Yang.
Questi corpi sono una cosa sola con l'universo. Lo Yin è l'elemento femminile, quello scuro, buio, rappresentante la Terra, che si fonde con lo Yang, l'elemento maschile, forte, il potere creativo, rappresentante il Cielo. 
Yin è la mente femminile, intuitiva e complessa, Yang è l’intelletto maschile, lucido e razionale. Essi si creano a vicenda, possono essere distinti ma non separabili. Dipendono l'uno dall'altro e si definiscono a vicenda, controllandosi reciprocamente, se la Yin è in eccesso, lo Yang sarà carente e viceversa.
Sorrisi, non so perchè lo feci, sentii qualcosa di buono dentro di me. Tutta quella situazione non stava più risultando problematica, ma tutto il contrario. Era la risposta, la soluzione a tutto ciò avevo provato quella stessa notte. Mi sentivo così debole e ferita da un estraneo perchè effettivamente lui non lo era. Era come un'altra parte di me, qualcosa che mi faceva sentire al completo. 
Ricambiò il mio sorriso e sentii riscaldarmi il cuore. 
Rimanemmo tutto il giorno coricati su quel prato a guardare le nuvole che lentamente stavano lasciando il posto alle stelle. Con la testa sul suo petto, osservavo quei piccoli punti luminosi che tanto amavo sin da bambina e che volevo sempre contarli tutti. Ma prima non sapevo fosse impossibile, e stavo anche notti intere a provarci, addormentandomi completamente. 
Volevo che il tempo si fermasse in quell'istante così bello e rilassante, ascoltando la più bella musica del suo cuore dentro il suo petto. 
   
 
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