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Autore: lobelia181    05/07/2016    1 recensioni
La storia partecipa al contest "Era una notte buia e tempestosa...improvvisamente un Contest" di viktoria,.
John, i tuoi occhi verdi mi hanno stregata dal primo istante, mi hai quasi bruciato l’anima tanta era l’intensità con cui mi fissavi. Quella tua espressione me la sono portata dentro per giorni con la speranza di rivederla nuovamente.
[...]
Jocelyn, non ti mentirò dicendoti che la nostra sarà una storia facile.
Forse tu, abituata agli agi dei bianchi, nemmeno te ne rendi conto, ma io ne sono sempre più consapevole, sarà difficile per noi riuscire a vivere in serenità il nostro amore.
Tesoro mio da giovane me lo hanno ripetuto fin troppe volte: sono solo uno sporco negro.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Black and White

Uomo Nero. Autobiografia parziale.
L’unico ricordo che ho dei miei 7 anni è della mia maestra e della sua mano pesante sulla mia guancia. «Non la guardare nemmeno una bambina bianca, che la sporchi con quei luridi occhi che ti ritrovi», mi aveva detto con la bocca arricciata dal disgusto, mentre colpiva di nuovo il mio viso.
 A 12 anni invece, ricordo un compagno di classe che mi aveva spinto a terra e poi si era pulito le mani sulla maglia, mentre un altro mi aveva colpito con un calcio, proprio all’altezza dello stomaco. «Che schifo fai», diceva mentre il suo amico rideva «sei più sporco del mio cane».
A 16 anni ricordo benissimo un’altra insegnante che urlava a squarciagola di allontanarmi dalla bambina bianca. «Vuoi per caso avvelenarla, con il tuo sudicio cibo?», soffiava sprezzante. Io avevo solamente offerto un’arancia ad una compagna di classe che piangeva, perché aveva fame.
A 23 anni ricordo il sapore amaro della terra e il peso di una scarpa che premeva sulla mia testa come a volermela schiacciare. «Sei peggio di un animale e il tuo fetore è nauseante», diceva un uomo bianco, mentre con il tacco calcava incessantemente il mio viso.
Non ho che ricordi amari del mio passato.
L’unica cosa che non desidero dimenticare e che nessuno potrà portarmi via, sei tu.
Possono schiaffeggiarmi, deridermi, umiliarmi. Non mi importa più di nulla.
Dai 41 anni in poi, voglio ricordare solo i tuoi occhi dello stesso colore del cielo e il tuo corpo sinuoso avvinghiarsi al mio. La mia vita, comincia da li.
 
Jocelyn Miller
Alabama, Montgomery
Inverno 1929
Caro John,
ricordo come fosse ieri il giorno in cui ti ho incontrato per la prima volta.
Mi eri balzato agli occhi, me ne vergogno a dirlo, per il colore della tua pelle, così scura rispetto alla mia che non potei fare a meno di osservarla e avrei proseguito per la mia strada se solo non avessi alzato lo sguardo verso il tuo viso.
John, i tuoi occhi verdi mi hanno stregata dal primo istante, mi hai quasi bruciato l’anima tanta era l’intensità con cui mi fissavi. Quella tua espressione me la sono portata dentro per giorni con la speranza di rivederla nuovamente. Non facevo altro che pensare a te e a quegli occhi così profondi che mi avevano scrutato come nessun altro.
La seconda volta che ci incrociammo fu alla fontana, vicino al ristorante di mio zio. Ricordo benissimo che tu alzasti il viso verso di me e mi sembrò che tutto ciò che avevo attorno scomparve in quell’istante. A quell’epoca non capivo come fosse possibile che un solo uomo mi potesse dare tutte quelle sensazioni senza nemmeno sfiorarmi. A quell’epoca non riuscivo nemmeno a dare un senso a quei miei sentimenti che erano esplosi dentro di me e che non avevo assolutamente modo di controllare o di rallentare.
A quegli incontri ne seguirono molti altri, i primi casuali e poi, pian piano i successivi scelti da noi.
Te lo ricordi John?
Te la ricordi quella volta alla serra?
Te le ricordi le mie labbra, improvvisamente timide, che si posavano piano sulle tue?
Io avevo sognato quel momento da settimane ormai.
 
Uomo Nero. Autobiografia parziale.
La mia vita, comincia da li. Comincia da quella serra.
Comincia da quelle tue labbra. Comincia dai tuoi seni. Comincia dai tuoi occhi.
Ricordo quella bocca che con calma si avvicinava alla mia e ricordo la mia impazienza di assaggiarti, di averti. Non mi erano concesse fin troppe cose ed in quel momento non c’era spazio per nient’altro se non per te. Nessuno avrebbe potuto impedirmi di prenderti.
Ti desideravo come mai avevo bramato qualcosa.
Ti volevo più della mia stessa libertà.
Agognavo una tua carezza con la stessa intensità di un pazzo.
Nel momento esatto in cui avevo intrecciato e stretto la mia mano scura alla tua candida e bianca ricordo di aver sorriso, non avevo mai nemmeno lontanamente immaginato che i miei giorni sarebbero stati stravolti, ed in positivo, da una donna bianca.
In quell’istante capii che tu eri stata il mio primo e reale attimo di gioia, saperti fra le mia braccia, avvinghiata al mio corpo, mi mandava in estasi.
Non ricordo quanto tempo durò, a me sembrò l’infinito fino a che il tuo corpo caldo rimaneva appoggiato al mio e mi sembrò troppo breve non appena ti allontanasti da me per tornare alla tua famiglia.
Jocelyn, non ti mentirò dicendoti che la nostra sarà una storia facile.
Forse tu, abituata agli agi dei bianchi, nemmeno te ne rendi conto, ma io ne sono sempre più consapevole, sarà difficile per noi riuscire a vivere in serenità il nostro amore.
Tesoro mio da giovane me lo hanno ripetuto fin troppe volte: sono solo uno sporco negro.
 
Jocelyn Miller
Alabama, Montgomery
Estate 1930
Mio amato John,
che stupida, stupida sciocca sono stata!
Dovevo ascoltarti.
Avevi ragione tu, di quelli come me, dei bianchi, non ci si può fidare!
Ho aperto il mio cuore a Claire, l’amica che spesso mi tiene compagnia, le ho detto di noi.
Oh, che stupida sono stata! Credevo mi avrebbe capito, che mi sarebbe stata vicino, ed invece mi sbagliavo.
Mio dolce e amato John, assieme a questa lettera, nella busta troverai un biglietto del treno. Ti prego, ti prego parti subito e scappa lontano!
Claire ha avvertito suo fratello che, non appena ha saputo di noi si è inviperito. Vuole ucciderti, John!
Perché deve essere così fra di noi?
Perché dobbiamo essere: io bianca e tu nero?
E non possiamo nemmeno cambiare il colore della nostra pelle. Se fosse stato qualcos’altro ad allontanarci, il nostro carattere ad esempio, avremmo potuto impegnarci e migliorarci ed invece per noi è impossibile perché la nostra pelle non la possiamo modificare.
Questa differenza è così evidente John ed io invece, vorrei semplicemente annullarla.
Ti amo John.
E Dio, che stupida sono stata.
Avrei dovuto dirtelo prima e scappare con te quando ce n’era stata l’occasione.
Dio John, ti amo. Ti amo. Ti amo.
Non posso farne a meno.
Ti prego di perdonare la mia spensieratezza di donna bianca.
Ti prego di perdonarmi.
Ti amo John e pregherò per rivederti un giorno.
 
**************
 
1967
Evanston, Illinois
 
Chiudo il coperchio della scatola dopo averci sistemato di nuovo tutte le lettere all’interno.
Vi appoggio una mano sopra e ne sfioro appena i bordi. Quante volte sono tornata fra quelle righe, tra i pensieri del nostro passato?
A distanza di anni posso ancora sentire quel dolore.
Stupida, stupida piccola Jocelyn, mi ripeto all’infinito.
La mia ingenuità mi ha portato a distruggere il nostro amore.
Mi sono chiesta più volte in quel periodo a cosa mi servisse essere bianca ed avere così tanti privilegi se non mi era nemmeno concesso di amare chi desideravo.
«Zia Cilly c’è qualcuno alla porta», sento gridare e la mia nipotina mi distoglie all’improvviso da tutti i miei pensieri.
Mi alzo con difficoltà, prendo il mio bastone e con passo lento mi avvio verso l’entrata.
Le mie dita rugose si appoggiano sopra alla maniglia, la abbasso ed apro.
Alzo gli occhi e mi irrigidisco. Le rughe solcano anche il tuo viso ormai, ma riconosco comunque quei lineamenti e nonostante il tempo trascorso e la mia avanzata età che dovrebbe portarmi ad essere più saggia, un brivido di rabbia percorre il mio corpo quando i miei occhi si posano nei tuoi.
«Claire», dico.
E in quell’unico nome racchiudo tutto il rancore che non sono mai riuscita a comunicarti in passato. Lo so che è stata colpa mia, che non avrei mai dovuto parlarti di John, ma in cuor mio sono ancora ferita dal comportamento che mi hai riservato quando eravamo ancora giovani. Mi piacerebbe anche urlarti addosso la mia rabbia, ma un’improvvisa stanchezza mi coglie impreparata e quindi rimango in silenzio a fissare il tuo viso aspettando che sia tu a parlare ora.
«Jocelyn», mi dici; e sembra quasi un sussurro.
Sposti gli occhi: li fai girovagare alle mie spalle e poi sul pavimento e mi sembri così bambina in questo momento.
«Ho saputo che abiti qui e…e…», incespichi, fai fatica a parlare «volevo solo scusarmi con te Jocy». Mi chiami con il nomignolo che mi riservavi in passato e mi ritrovo a stringere con foga il bastone, le mie dita rugose e piene di calli si stringono su quella superficie liscia tanto da far male.
«Volevo farti conoscere una persona Jocy», esclami sorridendo timidamente e ti sposti a lato, mostrando la figura che sembravi nascondere
Quando vedo il colore della sua pelle mi manca un battito. Mi sembra quasi che sia lui, il mio John, ma il dolore si fa strada nel mio sguardo quando raggiungo gli occhi e li trovo diversi.
Sono vecchia e sono stanca.
Questa piccola sorpresa non fa altro che rendermi ancora più triste.
Per un attimo ho immaginato, desiderato, che fosse lui.
Colpa di quella sua pelle, così differente dalla mia, ma così simile alla sua.
«Lui è mio marito, Robert, ci siamo conosciuti una ventina di anni fa e sposati solo da poco, ovviamente», me lo presenta mentre sorride, poi si fa più seria e prende quel coraggio che pensavo avesse perduto e prosegue: «mi dispiace per quello che ti ho fatto, sono stata così stupida! Ero invidiosa di te Jocy, tu eri felice, avevi un uomo che ti amava e una storia d’amore bellissima, io invece non avevo niente e non riuscivo a sopportarlo! A quel tempo nemmeno immaginavo a quali conseguenze avrebbero portato il mio comportamento. Poi ho conosciuto Robert e compreso il dolore che devo averti provocato, sia a te che a...lui», lo dice con un tono di voce triste e realmente pentito, ma non mi sento in grado di perdonare ora.
Non dopo che mi ha portato alla porta ciò che io non ho mai avuto.
«Ora sei tu ad avere tutto Claire, direi che siamo pari», le parole mi sfuggono di bocca, si formano da sole.
Lei stringe gli occhi, arriccia le labbra. Glielo leggo negli occhi che se lo aspettava un comportamento simile da me.
Sembra non arrendersi però, perché riprende a parlare, ma sembra più agitata ora, come se qualcosa la scombussolasse «Jocy…Il mio Robert è il fratello…il fratello…», ma non la seguo più, perché il mio sguardo si è spostato su un’altra figura che cammina verso di noi.
E mentre la mia testa osserva quel corpo: me ne accorgo.
Dio, quegli occhi.
Quegli occhi non sono cambiati per niente.
E come mi era sempre accaduto da giovane, la tua presenza mi fa lo stesso effetto ora: tutto attorno a me scompare.
Mi sembra di tremare tutta e leggo nel tuo sguardo la stessa mia espressione di incredulità.
Il mio volto sta per scoppiare in lacrime John.
Alzo una mano verso di te e tu, il più velocemente possibile, corri a stringermela.
Restiamo così, per momenti che mi sembrano infiniti.
Accarezzo piano la tua pelle: mi sto accertando che tu sia reale e non un semplice sogno.
Tu fai lo stesso con me e nei tuoi occhi compare lo stesso sguardo di cui mi sono innamorata.
Sono vecchia John, eppure tu sei ancora in grado di farmi arrossire.
Claire tossisce ed in quel momento mi volto verso di lei, ricordandomi solo in quell’istante della sua presenza. «Mi spiace avervi fatto allontanare Jocy. Sicuramente non potrete avere ciò che avete perso, ma potrebbe essere un inizio…»
La guardo e mi rendo conto di non volere niente se non il mio John e del tempo da sola con lui. «Un inizio si…ora vai», le dico e la mia voce non nasconde più rabbia, ma una semplice richiesta.
Ritorno a te.
«Sei sempre così bella Jocelyn», mi sussurri scrutando il mio viso e riscoprendo ogni dettaglio che il tempo mi ha aggiunto.
Ascoltare la tua voce mi da un brivido e quelle lacrime che prima trattenevo adesso scorrono sulle mie guance.
«John…», riesco solo a dire, con la voce rotta dall’emozione.
«John, mi dispiace così tant…», ma non mi fai concludere.
Un dito si è appoggiato sulle mie labbra, impedendomi di proseguire.
«Non dire niente, non dire niente…partiamo da qui, partiamo da adesso. Creiamoci il nostro futuro assieme».
 
Evanston, Illinois
Maggio 1968
Casa nostra.
Mio John Lee Smith,
non lo ammetterò mai ad alta voce, ma quel giorno, quel giorno di quasi quarant’anni fa i miei occhi si sono posati su di te proprio per quella tua pelle così nera e differente dalla mia. La curiosità di osservare qualcosa di diverso mi ha spinto a voltare lo sguardo sul tuo corpo.
John, questa differenza che ci ha separato per anni ed impedito di viverci, ci ha permesso di vederci in principio, conoscerci e fatti amare. Quindi sì John, amo la tua pelle nera proprio come amo la mia pelle bianca.
 
Con amore e con tutte le forze che mi restano,
Tua: Jocelyn Lee Smith



NOTE DELL'AUTRICE: Questa OS nasce grazie al contest: "Era una notte buia e tempestosa...improvvisamente un Contest." indetto da viktoria, il pacchetto che ho scelto è il n. 7b con "Differenza".
Il titolo per quanto banale possa sembrare è stato scelto appositamente per evidenziare la tematica da me scelta.

Voglio poi, precisare alcune cose del mio scritto:
* in Alabama (Cost., sez.102;C.1923, sez.5001-2, emend.1927, pag.219) erano proibiti e nulli legalmente i cosiddetti matrimoni misti, se uno dei contraenti rispondeva a precise caratteristiche, ovvero:  Negro o discendente di un negro fino alla terza generazione compresa, anche se un antenato di ciascuna generazione era bianco.
** Inoltre negli Stati Uniti d'America solo fra il 1964-1965 gli afroamericani riacquisirono il diritto di voto e venne abolita la segregazione razziale. Per questo, con l'ultima lettera di Jocelyn faccio intendere che i due si sono sposati, proprio perchè, in quel periodo era diventato legale.


Spero sinceramente che questa, sia stata per voi, una piacevole lettura.
Laura
  
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