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Autore: LadyLicionda    05/07/2016    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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***

 

Arthur parcheggia la limousine a pochi metri dai cancelli della scuola, abbastanza lontano da non dare nell’occhio e permettermi di scendere dal veicolo senza attirare attenzioni sospette.

«E’ sicura di non volere che l’accompagni fino all’interno dell’edificio?», domanda quindi, aprendo la portiera e porgendomi una mano per aiutarmi a uscire dall’auto.

«Si, sono sicura», rispondo afferrando le sue dita, fasciate da un candido guanto.

Una volta alla luce del sole, mi concedo qualche secondo per studiare l’espressione sul suo volto. I suoi limpidissimi occhi di cobalto evitano il mio sguardo, rimanendo posati sulla mia mano, saldamente stretta nella sua. Percepisco la sua esitazione nel lasciarmi andare e questo provoca in me un sentimento di rammarico: sono consapevole di essere io la causa della sua profonda preoccupazione.

Come mio autista personale, probabilmente in questo momento Arthur si sente in dovere di proteggermi dalla minaccia che, da diversi giorni ormai, incombe su di me. Ho promesso a me stessa che avrei trovato una soluzione al mio problema senza coinvolgere la mia famiglia. D’altro canto, però, avevo bisogno di confidarmi con qualcuno che potesse consigliarmi e così ho finito con il rivolgermi all’unica persona che sapevo avrebbe rispettato la mia decisione di tenere i miei fratelli e i miei genitori al di fuori di questa storia.

«Mi dispiace averti coinvolto, Arthur», pronuncio infine sinceramente pentita di averlo costretto al silenzio perfino nei confronti di mia madre, per la quale nutre un grande rispetto e una fedele devozione.

«Non si preoccupi. Sono solo felice che abbia deciso di confidarsi con qualcuno, invece di affrontare la cosa completamente da sola. Le ho promesso che manterrò il suo segreto, tuttavia…», le dita di Arthur si stringono attorno alla mia mano e i suoi occhi si sollevano per incontrare i miei, «se dovessi rendermi conto che la sua vita è in pericolo, informerò immediatamente la Signora e tutti i membri della sua famiglia».

Non potendo oppormi alla sua condizione, ma ancor meno alla risolutezza nel suo sguardo, annuisco remissiva. Solo dopo aver ottenuto il mio consenso, si convince dunque a liberare la mia mano e a farsi da parte affinché possa incamminarmi verso i cancelli della scuola.

Mentre avanzo, con passo incerto, esamino attentamente qualsiasi studente mi si avvicini, nella speranza di scorgere preziosi indizi che possano rivelarmi l’identità del misterioso persecutore che ogni giorno lascia lettere minatorie nel mio armadietto. Purtroppo non ho idea di chi possa essere. Inoltre questa persona non si è mai preoccupata di farmi conoscere il motivo del suo astio nei miei confronti. In ognuno dei messaggi che ho ricevuto fino a ieri, si è limitata ad intimidirmi preannunciando incidenti che avrebbero attentato alla mia incolumità. L’unica certezza di cui sono in possesso è che si tratti di uno studente della Teikou, tuttavia non ho informazioni nemmeno sul suo sesso, anche se personalmente sono portata a credere che possa trattarsi di una ragazza, o almeno così mi dice l’intuito.

 

***

 

Allo scoccare della pausa pranzo mi preparo a raggiungere Satsuki in cortile, insieme a Mayumi, quando Midorima si presenta in classe nostra, portandomi un messaggio da parte di Akashi.

«Che cosa?!», la voce di Mayumi esplode al mio fianco, emettendo un suono talmente acuto da provocare un breve fischio nel mio orecchio.

«E’ davvero necessario urlare in questo modo?», la interroga Midorima, assicurandosi di esprimere tutta la sua irritazione.

«Certo che lo è», ribatte prontamente Mayumi, incurante dell’implicito rimprovero. «Hai appena detto che Akashi ha invitato Eiko a pranzare con lui».

Il ragazzo di fronte a noi emette un lungo sospiro, prima di procedere a sistemarsi gli occhiali sul naso. Le sue dita sono accuratamente fasciate e le unghie limate con perfezione millimetrica. Una sera, al termine degli allenamenti, osservando Midorima intento a controllare le proprie unghie, ho interrogato Kise: a quanto pare il motivo per cui dedica così tanto tempo alla cura delle sue mani è perché sostiene che la lunghezza delle unghie influisca sulla precisione dei suoi tiri.

«Tu che cosa dici, Eiko?», questa volta l’attenzione di Mayumi si sposta su di me. «Hai davvero intenzione di andare?».

«Non lo so. Satsuki ci sta aspettando e…».

Ammetto di sentirmi impreparata. L’ultima cosa che mi sarei aspettata era un invito da parte di Akashi. È vero che ultimamente i rapporti fra di noi sono migliorati e non sono neanche tanto rare le occasioni in cui ho la possibilità di conversare piacevolmente con lui. Tuttavia ero convinta che Akashi preferisse trascorrere il proprio tempo in solitudine, o tutt’al più in compagnia di Midorima, magari per una partita di shogi. Per quanto mi sforzi di pensare, non riesco ad immaginare per quale motivo abbia convocato proprio me. Una parte del mio ego vorrebbe trovare una risposta a questa perplessità, ma d’altro canto avevo già promesso il mio tempo alle mie due amiche.

«Accidenti, adesso sono troppo curiosa», Mayumi porta il pollice alle labbra e inizia a mordicchiare nervosamente l’unghia. Quindi, dopo aver espirato sonoramente, afferra le mie spalle e pronuncia solenne: «Devi andare da lui».

«Ne sei sicura?», le chiedo, sperando in fondo in una risposta negativa per almeno due motivi. Primo, non me la sento di venire meno alla parola data e di rinunciare ad incontrare Satsuki: ho davvero bisogno della sua vivace compagnia per non pensare al mio pericoloso e anonimo molestatore. Secondo, vorrei evitare di sottopormi allo stressante interrogatorio a cui mi costringerà Mayumi al mio ritorno. L’unico motivo per cui sarebbe felice di convincermi ad accettare l’invito di Akashi è per conoscere le intenzioni che si celano dietro le azioni del capitano della squadra di basket.

«Hai il mio permesso e quello di Satsuki, non preoccuparti», dichiara la ragazza, sospingendomi verso Midorima prima che possa controbattere.

A questo punto non ho altra scelta: trascorrerò la pausa pranzo in compagnia di Akashi.

 

***

 

Durante il breve tragitto, la mia mente è impegnata a filtrare la moltitudine di domande che si accatastano rapidamente nella mia testa. Si accumulano le une sulle altre, come detriti sul letto di un fiume, ingarbugliando il flusso regolare dei miei pensieri. I miei occhi sono posati sui miei piedi e sull’alternarsi dei miei passi. Ho accettato di incontrare Akashi, ma forse sono stata troppo precipitosa. L’aura che emana da questo ragazzo è così intesa e austera da suscitare in me una forte suggestione e mentirei se affermassi si sentirmi a mio agio in sua presenza. Non è che abbia paura di lui. Piuttosto, l’ammirazione che nutro nei suoi confronti è talmente radicata nel mio inconscio da impedirmi di abbassare la guardia e rilassarmi. Quando sono con lui avverto la necessità di mostrare il mio lato migliore. Anche se non l’ho mai ammesso apertamente, desidero che Akashi abbia in ogni momento un’opinione positiva di me.

Infine raggiungiamo il luogo dell’appuntamento. Con un gesto sicuro, Midorima fa scorrere la porta dell’aula, aprendola. Nella stanza regna un silenzio assoluto. Tutti gli studenti si sono allontanati approfittando della pausa, con l’eccezione di un solo ragazzo.

«Akashi», esordisce Midorima, con il tono grave della sua profonda voce, annunciando la nostra presenza.

Mi sporgo leggermente oltre la sua figura per catturare la dignitosa immagine del giovane seduto all’altro lato della stanza. Quasi non si fosse accorto del nostro arrivo, Akashi rimane immobile, continuando ad offrirci le spalle. Il suo capo è lievemente inclinato in avanti per analizzare con imperturbabile concentrazione la scacchiera. La sua mano si muove quindi per raccogliere la pedina su cui è inciso l’ideogramma che indica il Re e posizionarla sulla griglia.

«Ohi, Akashi», per la seconda volta, Midorima reclama l’attenzione del capitano.

La testa si solleva e la voce autoritaria del ragazzo vibra nella quiete dell’aula.

«Midorima, puoi andare adesso».

Il prodigioso tiratore si accinge ad eseguire l’ordine, in rispettoso silenzio, senza mostrare alcun malcontento per la freddezza racchiusa nelle parole del giovane playmaker.

Rimasta sola con Akashi, costui decide infine di deviare su di me la sua concentrazione.

«Bene arrivata, Eiko. Ti stavo aspettando», pronuncia sollevandosi dalla sedia e ruotando il corpo fino ad incontrare il mio sguardo.

Contraccambio il saluto con un cenno del capo. Il suo viso sembra così diverso da come lo ricordavo: non riesco a scorgervi la stessa dolcezza del nostro primo incontro. L’espressione nei suoi occhi vermigli per un attimo genera un sentimento di sterilità nel mio cuore, raggelandolo.

«Ti vedo turbata. Credevo mi avessi dato il permesso di chiamarti per nome», dichiara Akashi, interpretando erroneamente il mio disagio.

«Infatti è così», rispondo sforzandomi di spingere la voce al di fuori della mia bocca. «Sono solo sorpresa. Non mi aspettavo un invito».

«Spero di non averti causato problemi con questa mia improvvisa richiesta».

Scuoto la testa in segno di negazione: non posso confessargli che avrei preferito trascorrere la pausa in compagnia di Mayumi e Satsuki.

Nell’intento di aiutarmi a rilassarmi, Akashi mi esorta a prendere posto insieme a lui. Lo raggiungo dunque al banco, appena accanto alla finestra. L’intera superficie del tavolo è occupata da una scacchiera di pregiatissima fattura, su cui sono state posizionate tutte le pedine, in modo da simulare una vera partita di shogi.

Akashi si accomoda di fronte a me e con un cenno della mano mi invita ad unirmi a lui in qualità di suo avversario. Purtroppo, con mio immenso dispiacere e imbarazzo, mi vedo costretta a rifiutare.

«Temo di non avere dimestichezza con questo gioco. Conosco a malapena le regole», confesso chinando il capo e mordendomi lievemente il  labbro inferiore.

Il pensiero strategico non è mai stato un mio punto forte. Una volta mio cugino Yoichi mi ha sfidata amichevolmente ad una partita di scacchi. Benché abbia appreso i fondamentali di questo gioco quando ero bambina, la partita si è rivelata impari fin dalle prime battute. Fra tutti i miei cugini, Yoichi è quello forse meno portato per le discipline che implicano una fervida attività mentale. Eppure quel giorno la sconfitta si è abbattuta su di me in modo inesorabile, dimostrando, dopotutto, quanto impraticabile resti per me il terreno delle battaglie strategiche.

«Sarò più che lieto di insegnarti, se avrai piacere di imparare».

L’offerta di Akashi è accompagnata da un sorriso gentile, tuttavia non avverto in esso lo stesso calore a cui pensavo di essermi ormai abituata. Nonostante sieda a pochi centimetri da me, distinguo chiaramente la gelida distanza che ci separa in questo momento. L’atmosfera che si è creata intorno a noi è così opprimente da angosciarmi. D’altro canto l’intuito che lentamente si fa strada nel mio animo continua a sussurrami che potrei non essere io la causa di questa insolita freddezza.

«Akashi», raccogliendo dunque il mio coraggio, sposto il centro della conversazione sull’argomento principale, «perché hai chiesto di vedermi?».

La sua mano si solleva dalla scacchiera, ma non prima di aver spostato il Cavallo bianco in campo nemico, portando così avanti l’offensiva. I suoi occhi, socchiusi in un’espressione di profonda concentrazione, si posano sul cielo terso che si apre oltre la finestra. Il suo silenzio sollecita il battito del mio cuore e per un attimo dimentico di respirare. Infine la sua bocca si dischiude per emettere il suono più amabile e affettuoso che abbia mai udito.

«Che cosa ti turba, Eiko?».

La dolcezza con la quale il mio nome abbandona le sue labbra scalfisce l’involucro che fino a questo momento ha avvolto la mia fragilità, celandola e sopprimendola. Questo sentimento è solo il frutto di un mio desiderio inespresso, non può corrispondere alla realtà. Ciononostante continuo a sperare che il ragazzo di fronte a me abbia parlato in questo modo perché consapevole; che i suoi compassionevoli occhi, i quali sembrano accarezzare così teneramente i miei, siano davvero riusciti a scorgere quella paura che ho provato a nascondere. Possibile che se ne sia accorto?

Quasi avesse percepito i miei pensieri, Akashi risponde alla mia silenziosa domanda con un cenno del capo, appena percettibile ma abbastanza inequivocabile da incoraggiarmi a frantumare l’involucro attorno al mio cuore per liberarlo.

«Ho paura. Non so cosa fare», confesso infine, portando una mano sul petto. Le mie dita si stringono con forza attorno al tessuto della mi divisa, mentre cerco di dominare il tremito nella mia voce.

«Va tutto bene. Prova a calmarti adesso».

Guidata dal suono quieto e posato delle sue parole, mi concentro su me stessa, focalizzando la mia mente sull’ansia e sul turbamento che lottano per possedere il mio animo. La solida presenza di Akashi mi è di grande conforto in questo momento di debolezza. E’ come se volesse spronarmi, con la sua sola esistenza, a non disperare, a non rinunciare a chiedere aiuto. Forse è ancora prematuro per me pretendere di uscire illesa dalla mia attuale situazione, affidandomi unicamente alle mie forze, e Arthur, purtroppo, non può rimanere al mio fianco mentre sono a scuola. Penso che sarebbe più sicuro avere qualcuno che possa assistermi anche durante le ore scolastiche, almeno finché non avrò scoperto l’identità del mio persecutore. Consolati da questi pensieri, il mio cuore si acquieta e il mio respiro si regolarizza.

«Ti ringrazio», la tensione nella mia mano si scioglie, allentando la presa sui miei vestiti.

«Quando sono iniziate le minacce?».

Alla domanda di Akashi, le mie palpebre si allargano. «Come fai a sapere che…?».

«Non è stato difficile capirlo. Ultimamente non fai che guardarti intorno con circospezione e sussulti appena qualcuno ti si avvicina».

La semplice consapevolezza che lo sguardo vigile del capitano abbia vegliato su di me per tutto questo tempo colora le mie guance di imbarazzo. Ma è la sua estrema accortezza a provocare la mia gratitudine: pur avendo scoperto il mio segreto, ha scelto di parlarmi in privato, rispettando il mio desiderio di riservatezza. Riflettendoci con attenzione, neanche Midorima, la persona più vicina ad Akashi, sembrava essere a conoscenza della reale motivazione che ha indotto questo insolito incontro.

«Ho ricevuto la prima lettera dieci giorni fa», rivelo dunque, rispondendo alla domanda del ragazzo seduto di fronte a me. «Il foglio non era firmato. Tuttavia, l’autore non ha scritto nessuna vera minaccia. Solo un avvertimento. Un ordine, più che altro».

«Che cosa ti ha ordinato?»,

«Di lasciare questa scuola».

«Hai conservato tutte le lettere?».

Annuisco. «Le ho nascoste in camera mia: volevo evitare che la mia famiglia le trovasse».

«Dunque nessun altro, a parte me, è a conoscenza della situazione?».

Questa volta scuoto il capo in diniego. «Ho raccontato di questa storia ad Arthur, il mio autista».

Akashi si concede qualche secondo di silenzio, probabilmente per cercare di visualizzare nella sua mente il volto di Arthur. Quindi torna a dedicarmi le sue attenzioni con animo sereno: è come se l’essere venuto a conoscenza di Arthur lo avesse in qualche modo tranquillizzato.

«Hai qualche sospetto?».

«Nessuno in particolare, purtroppo, ma non riesco a togliermi dalla testa l’idea che possa essere una ragazza».

«Ho capito», pronuncia Akashi, spostando un’altra pedina sulla scacchiera.

Seguendo il movimento della sua mano, i miei occhi scivolano sulla tavola di  legno. Benché non sia un’esperta di shogi, mi basta un’occhiata attenta per prendere atto della situazione: il Re Nero si trova sotto scacco, minacciato a destra dall’ombra imponente della Torre e sul fianco sinistro dalla punta acuminata della Lancia; l’unica possibilità che ha di sottrarsi momentaneamente alla cattura è battere in ritirata retrocedendo verso l’ultima casella, sul bordo della griglia.

Diversamente dal Re Nero, io non conosco ancora l’identità di chi mi sta minacciando, ma mi sento ugualmente con le spalle al muro. Se le parole del mio molestatore sono vere, potrei cadere vittima di un suo agguato in qualsiasi momento. L’ignoranza nella quale brancolo ogni giorno sta compromettendo la mia vita scolastica, oltre alla mia sanità mentale. Questa volta il nemico è reale e forse ora mi sta osservando da un angolo ben protetto della scuola. Il pensiero di essere costantemente controllata mi sta lentamente portando a dubitare delle persone che mi sono più vicine: i miei stessi amici. Persino in questo momento una parte di me, quella più insicura, continua a ripetermi di diffidare di Akashi. Fin dal mio primo giorno qui alla Teikou ho cercato di non dare nell’occhio, di frequentare le lezioni con la massima discrezione possibile, ma non appena ho deciso di aprirmi e di coltivare nuove amicizie ho attirato su di me il rancore di uno sconosciuto (e mi auguro che sia soltanto uno) che ha giurato di vendicarsi, attentando alla mia stessa vita. È assurdo. Non ho neanche idea di che cosa abbia fatto per meritare tanto odio. E se fosse…? In questo caso, però, anche Satsuki e Mayumi sarebbero in pericolo. Se per colpa mia dovesse succedere loro qualcosa...

Sono ancora in tempo. Dopotutto devo solo convincere i miei genitori a trasferirmi in un’altra scuola prima che le cose peggiorino. Non importa se alla fine sarò costretta a raccontare la verità. Non posso rischiare di coinvolgere le mie amiche, né i ragazzi della squadra di basket. Ho sbagliato. Parlare con Akashi è stato un errore. Non sarei dovuta venire. A questo punto anche lui potrebbe già essere entrato nel mirino del nemico e se così fosse non posso restare con lui. Questa è la mia battaglia: se non sono abbastanza forte per vincerla, non mi resta che accettare le condizioni del mio ricattatore e proteggere così almeno i miei amici. Questa sera, appena arrivata a casa, confesserò ogni cosa a mia madre e la implorerò di avviare le pratiche del mio trasferimento.

«Tu non lascerai questa scuola».

Sicura di non aver espresso ad alta voce i miei pensieri, sollevo il capo cercando il volto di Akashi. Mi rendo allora conto che per tutto il tempo i suoi occhi sono rimasti su di me, senza mai perdermi. Solo dopo avere ottenuto la mia attenzione, si abbassano sulle mie mani: ancora una volta le gelide dita si sono richiuse intorno alla stoffa, stringendola con una forza tale da rallentare il defluire del sangue sotto la mia pelle. Senza rendermene conto, ho manifestato attraverso i miei gesti il tormento del mio animo, permettendo involontariamente ad Akashi di apprendere i miei pensieri.

«Non ho altra scelta», ribatto con un impeto assolutamente anomalo. «Se non mi trasferisco, chiunque abbia scritto quelle lettere potrebbe decidere di prendersela non solo con me. Non voglio coinvolgere Mayumi o Satsuki e, a pensarci meglio, non voglio coinvolgere neanche te, Akashi».

«E’ un po’ tardi, Eiko. Se davvero fossi stata disposta fin dall’inizio ad accettare la condizione che ti è stata imposta, non saresti venuta da me».

«Che cosa vuoi dire?».

«Che non hai motivo di lasciare questa scuola. Tutto quello di cui hai bisogno è fidarti di me».

Uno schiocco proveniente dalla scacchiera attira la mia attenzione: il Re Nero è circondato.

«Scacco matto», dichiara Akashi, con imperturbabile calma.

Nel suo sguardo fermo è impressa l’irremovibile sicurezza di colui che ha accettato la sfida pregustando una vittoria assoluta. Se ha davvero deciso di lasciarsi coinvolgere nel mio problema, non sarò in grado di fargli cambiare idea in alcun modo. Quando si è abituati al successo, è facile abituarsi anche all’idea di avere sempre ragione e questa consapevolezza non fa che accrescere l’autostima e la presunzione nell’essere umano. Benché tenti forse di mascherarlo dietro i modi affabili, è piuttosto evidente ai miei occhi quanto arrogante sia la natura di Akashi, ma allo stesso tempo non posso biasimarlo. Quest’aura confidente che circonda la sua persona in realtà mi tranquillizza, trasmettendomi un sentimento di quieta pace. Per questa semplice ragione, non potrei infuriarmi con lui neanche se mi stesse usando solo per combattere la noia. Ma se anche fosse così, accetterei di assecondarlo nei suoi capricci, sicura di ricevere in cambio l’aiuto che nessun altro potrebbe offrirmi. In ogni caso, Akashi mi ha esplicitamente proibito di lasciare questa scuola: gli ordini del capitano non si discutono e chiunque proverà a costringermi ad infrangere questo divieto dovrà risponderne direttamente a lui.

«Avrei una richiesta», pronuncio dunque, accogliendo infine di buon grado la proposta di alleanza .

«Ti ascolto».

«Vorrei evitare di coinvolgere gli altri, soprattutto Mayumi e Satsuki. Se venissero a sapere delle lettere, sono sicura che si preoccuperebbero e finirebbero con l’attirare l’attenzione del molestatore. Meno sapranno, meno pericoli correranno».

«Hai la mia parola», mi assicura Akashi, dischiudendo le labbra in un sorriso indulgente. I suoi occhi rubini, socchiusi in una tenera espressione compassionevole, dissipano le ultime nubi di incertezza nel mio cuore, colmandolo di una serena fiducia.

 

***

 

Per fortuna anche questa giornata si è conclusa senza incidenti. Dopo avere incontrato Akashi, mi sono riunita alle mie amiche, come promesso, e ho trascorso con loro il resto della pausa pranzo. In qualche modo sono riuscita ad eludere le assillanti domande di Mayumi, evitando di rivelarle il vero motivo del mio incontro con il giovane capitano. Nel pomeriggio mi sono concentrata sulle lezioni, sforzandomi di assumere un atteggiamento quanto più naturale possibile, per non insospettire i miei due compagni di classe. Al trillo della campanella mi sono quindi involata nei corridoi, senza attendere Mayumi e Kise. Per non allarmarli, ho detto loro di dover tornare a casa per studiare con il mio tutore privato. Non ho mentito, sebbene non abbia raccontato tutta la verità. Volevo infatti raggiungere il mio armadietto, all’ingresso dell’edificio scolastico, senza che mi seguissero.

Anche oggi, nascosta sotto la suola delle mie scarpe, ho trovato una nuova lettera e, come sempre, non era firmata. Combattendo la tentazione di aprirla, l’ho infilata nella mia cartella, senza farmi vedere da nessuno, e mi sono incamminata verso i cancelli. Prima di rendermene conto, Akashi era al mio fianco.

«Un altro messaggio?»

Annuisco. «Anche questa volta manca il nome del mittente».

Continuiamo a camminare, percorrendo tutto il cortile, finché la figura di Arthur si materializza davanti a noi. I suoi occhi si assottigliano pieni di diffidenza, mentre analizzano rapidamente lo sconosciuto che mi accompagna.

«Va tutto bene, Arthur», lo rassicuro una volta lontana dagli sguardi indiscreti degli studenti che si affrettano a lasciare la scuola. «Akashi è un mio amico e si è offerto di aiutarmi».

«Akashi?», ripete Arthur, rilassando l’espressione sul suo volto. «Il giovane rampollo della famiglia Akashi?».

«Sono lieto di fare la tua conoscenza, Arthur. Ho sentito parlare molto bene di te», esordisce il giovane capitano, offrendo la mano al ragazzo in divisa per il saluto occidentale.

Le pupille di Arthur si spostano quindi su di me, in attesa di un mio comando e, solo dopo aver ricevuto il mio consenso, il suo busto si piega rispettosamente in avanti per il  reverenziale saluto orientale.

«L’onore è solo mio, signorino Akashi».

«Vedo che sei bene istruito sui costumi giapponesi», commenta il ragazzo al mio fianco, ritraendo la mano e ricambiando la formalità con un gesto appena accennato del capo.

«Arthur ha familiarità sia con la cultura britannica che con quella nipponica», aggiungo con una punta di fierezza, mantenendo lo sguardo sull’immagine ossequiosa del giovane londinese.

Ricordo con quanta devozione e con quanto sacrificio si sia sottoposto al periodo di formazione, appena arrivato qui a Tokyo. Essendo nato e cresciuto in Inghilterra, non aveva dimestichezza con le usanze giapponesi, diversamente da me, che sono stata allevata in un ambiente multiculturale fin dalla mia nascita. Tuttavia si è fin da subito mostrato disposto ad imparare per essere ritenuto degno di servire la famiglia Wadsworth e ripagare così il debito lasciato da sua madre. Arthur è un ragazzo che impara molto in fretta e in breve tempo è riuscito ad apprendere i fondamenti della cultura giapponese, dimostrando di padroneggiarla, in alcuni aspetti, meglio di me. Per questo ero sicura che avrebbe fatto un’ottima impressione ad Akashi.

«Non è sicuro parlare qui», osserva il ragazzo al mio fianco, invitandomi a salire in auto.

«Ho raccontato ad Akashi delle lettere», mi accingo a spiegare, portando le mie attenzioni su Arthur, nuovamente sospettoso, mentre mi accomodo sul sedile posteriore della limousine. «Ho pensato che sarebbe stato meno rischioso avere un alleato anche all’interno della scuola. In fondo è stato abbastanza perspicace da accorgersi da solo della mia situazione».

«In questo caso, le sono profondamente grato per essersi offerto di proteggere la signorina Eiko».

«Eiko è una preziosa amica», dichiara Akashi, indirizzandomi uno sguardo colmo di premura attraverso il finestrino dell’auto, «non potevo abbandonarla in un momento tanto pericoloso».

Sentirlo pronunciare queste parole mi è di grande conforto in questo momento. Mi ha chiesto di fidarmi di lui e ora so di non avere accettato solo perché si trattava di un ordine del capitano: fin dal giorno del nostro primo incontro, ho capito che Akashi è quel tipo di persona che mantiene sempre la parola data. Dal momento che ha promesso di proteggermi e di impegnarsi a catturare il mio persecutore, sono sicura che non si arrenderà finché non avrà raggiunto l’obiettivo. E, tenendo conto della sua straordinaria intelligenza, non dovrò attendere molto prima di scoprire chi si cela dietro le lettere minatorie.

«Per oggi torna a casa e cerca di riposare.», conclude Akashi, congedandosi da me e da Arthur. Lo seguo con lo sguardo mentre raggiunge la limousine nera, in attesa di fronte ai cancelli della scuola. Solo dopo averlo visto entrare nell’abitacolo ed essermi assicurata che l’auto si sia allontanata abbastanza dall’edificio, concedo ad Arthur il permesso di accendere il motore e incamminarsi verso casa.

   
 
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