Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: Stella94    05/07/2016    10 recensioni
Dal testo:
"Voleva avvicinarsi, e sfiorarlo. Voleva pregarlo affinché la costringesse a rimanere, voleva sapere se anche lui stesse sentendo quello che le scorreva dentro, e voleva stringerlo, disperatamente, fino a soffocare.
Lo voleva. Nei suoi pensieri, sopra il suo corpo, dentro tutto ciò che fosse.
Stava impazzendo. Doveva fuggire via. "
| post 6x09 - JonxSansa |
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NDA: Ho immaginato un momento “intimo” tra Jon e Sansa dopo la Battaglia dei Bastardi. Questa shot è stata pensata e scritta prima della 6x10. Ho provato a fantasticare su ciò che Jon avrebbe detto a Sansa riguardo a Lord Bealish, e alla sua pretesa di volerla al suo fianco, dopo averle concesso i Cavalieri della Valle.  
                                                               
 
 
                                                                            






                                                  Dimmi che vuoi restare

 
 




Immerse le mani nel bacile d’acqua fredda, strizzando con forza la pezzuola ormai zuppa di sangue e fango.
Alzò lo sguardo incontrando quello più profondo e meditabondo di Jon, le braccia appoggiate alle gambe, il petto nudo e leggermente umido.
Sansa fece del suo meglio per forzare le labbra ad aprirsi in un sorriso timido, ma il ragazzo si limitava ad osservarla restando fermo, solo il suono del suo respiro a spezzare il silenzio.
Allungò una mano passandogli la pezzuola bagnata sopra il petto, lui che a quel contatto schiuse leggermente le labbra emettendo un flebile gemito, tra il piacere e l’incredulità. Sembrava stremato, esausto, volutamente abbandonato alla gradevolezza delle sue attenzioni.
Sansa spostò il peso da un ginocchio all’altro. Stare con le gambe piegate non era una posizione del tutto comoda, ma lei aveva precedentemente insistito affinché le concedesse il compito di lavare via dalla sua pelle gli orrori della battaglia, restituirgli quel suo solito regale aspetto, duro e affilato come ricordava fosse quello di suo padre.
Aveva già finito da un po’. La pelle del ragazzo era ritornata bianca e il suo corpo aveva preso contorni e linee che non le sarebbe dispiaciuto imparare. Si era bagnata la leggera sottoveste di lino che indossava.  Nella foga di strofinare e grattare via il sangue raggrumato, alcuni lacci sul petto si erano sciolti, e l’indumento ore le ricadeva morbido su una spalla, rivelando la curva di un seno che si era accorda, anche Jon aveva notato.
Una parte di lei sapeva che avrebbe dovuto darsi un contegno, gettare via l’acqua sporca e la pezzuola, pregarlo di mettersi a dormire, salutarlo al massimo con una carezza.
Ma quando ci aveva provato, Jon si era precipitato ad afferrarla con forza prendendola per un braccio.
“Ancora” le aveva detto indicando con lo sguardo il bacile e la pezzuola sporca “Mi piace quando lo fai.”
E si era messa di nuovo in ginocchio di fronte a lui che se ne stava seduto sul letto, alcune ciocche di capelli rossi che le ricadevano sul viso donandole un’aria che immaginò trasandata e poco adatta per una signora.
Ora i suoi movimenti erano diventati quasi carezze di cui Jon non sembrava averne mai abbastanza.
Era strano, pensò, ritrovarsi lì.
Da soli, così intimi, in una stanza vuota di Grande Inverno, che aveva riconquistato con il sangue e con il ferro, con il sacrificio e la follia, con le bugie e la stoltezza, e che entrambi sentivano ancora scorrere dentro e che forse non sarebbero andati mai più via.
Sansa aveva sempre pensato a Jon come quel fratello che c’era per forza di cose, ma non come quella persona che c’era per lei. Ora, sembravano quasi una cosa sola, tanto che non riusciva a distinguere dove finisse lui e iniziasse lei.
Gli passò il panno umido sul viso ormai pulito, scese lungo il collo, fermandosi più del dovuto sul petto. Sapeva a cosa stava pensando. Quando sei costretto a vedere la morte che tu stesso hai chiamato, non sempre riesci a rispedirla in quel luogo in cui tu speri di non doverla mai raggiungere.
Rimane con la sua solida e spaventosa presenza, e davanti ai tuoi occhi ti mostra cose di te stesso che neppure credevi possibili e fanno male, lance che trafiggono fino a lasciarti senza respiro.
Ora Jon si stava osservando come attraverso uno specchio. Non c’era più sporcizia sulla sua pelle candida, ma Sansa non aveva dubbi sul motivo per il quale aveva insistito affinché continuasse  lavarlo.
“Arriva sino in fondo” sembrava implorarle “Pulisci tutto, depura la mia anima. Rendimi libero.”
E ci stava mettendo tutta se stessa, voleva poter cancellare ogni suo rammarico oltre che alla polvere dal suo corpo. Sfregava, toccava, accarezzava, tamponava.
Scoprì che le piaceva avere un contatto così intimo con la sua pelle, e si accorse di quanto fosse buono il suo profumo.
Sapeva di casa, di notti trascorse nel calore di un abbraccio. Sapeva di Grande Inverno. Sapeva di lei.
Arrivò allo stomaco incontrando gli addominali ben definiti e contratti. Deglutì, incapace per un secondo di continuare il suo compito. Jon indossava dei pantaloni puliti ed aveva le gambe leggermente divaricate per concederle spazio.
Era una posizione decisamente confidenziale e forse sconveniente agli occhi di persone che avrebbero potuto interpretarla come qualcosa di disdicevole.
Ma Jon aveva voluto che restasse e lei era nel luogo in cui sentiva che doveva rimanere. In ginocchio, più in basso di come una Lady dovrebbe stare alla presenza di un bastardo.
Nulla sembrava contare più di quel momento.
Da quella posizione poteva vederlo tutto. Ed era bellissimo con i riccioli umidi che gli ricadevano sul viso, la barba incolta che incorniciava labbra perfette, il suo corpo imponente, una statua di muscoli e linee ben definite.
Non riuscì a capire dove trovò la forza, o la sfrontatezza necessaria, ma strinse la pezzuola più forte con le dita e scese lungo il suo stomaco, raggiungendo l’ombelico per poi superarlo piano, arrivando subito più in basso a ridosso dell’orlo dei suoi pantaloni.
Sentì Jon gemere più forte, poi la mano del ragazzo che bloccava la sua, senza però essere eccessivamente brusco o violento. Sembrava come un volerla proteggere da se stesso, e Sansa rabbrividì a quel contatto, le guance rossissime che sperò di celare abbassando lo sguardo.
La presa di Jon si strinse contro le sue dita. C’era tensione in quel gesto, un briciolo di tormento, forse solo indecisione.
─Ti fidi di me?
Le chiese all’improvviso in un sussurro, la testa bassa, gli occhi grandi e profondi.
─Certo che mi fido di te.
Avrebbe voluto accarezzarlo, cancellargli via dal viso quell’espressione impenetrabile, quasi spenta. L’aveva visto sorridere nei giorni precedenti, ed era stata la prima volta che Sansa non aveva avuto paura che dietro ad una cordialità così spontanea potesse nascondersi il preludio di un indicibile inganno.
Jon aveva bei sorrisi, appena accennati, ma sinceri e spontanei. Erano preziosi, rari quanto le gemme più luminose. E Sansa li aveva avuti quasi tutti.
Guardami e sorridimi, Jon. Guardami.
─E allora perché non mi hai detto di Lord Baelish e della lettera che gli hai inviato?
La ragazza prese un respiro, abbassando le palpebre. Le costò più di quanto aveva immaginato sgusciare via dalla sua stretta,  allontanandosi di poco gettando la pezzuola umida nel bacile ricolmo d’acqua sporca.
Si rimise in piedi tormentandosi le mani. Un brivido le percorse la schiena, facendole indurire i capezzoli al di sotto della camiciola da notte slacciata sul petto, la spalla nuda coperta solo da alcune ciocche di capelli.
Le batteva forte il cuore nel petto, non sapeva se per il senso di colpa o per la sua presenza.
Aveva paura che la voce le tremasse e preferì tenere la testa bassa, temendo che sul volto di Jon ci fossero scritte cose che non era pronta a leggere.
─Avevo paura che se ti avessi parlato di lui e di quello che mi ha fatto, avresti rifiutato il suo aiuto e che non ti saresti fidato.
─ Ed è così infatti ─ lo sentì alzarsi dal materasso, il suo profumo la invase facendole capire quanto le fosse vicino ─Ma alla fine avrei ceduto. Avevamo bisogno di quegl’uomini.
Ritrovò un pizzico di fiducia che le servì ad alzare lo sguardo su di lui. Jon non sembrava adirato come aveva sospettato, ma neppure soddisfatto di una scelta tanto azzardata e custodita nel silenzio più impenetrabile.
La luce delle candele gli adornava  gli occhi scuri di minuscole scintille dorare, giochi di ombre in movimento sulla sua pelle candita.
─Sei arrabbiato con me?
─No. Come potrei? ─ Rispose Jon pacato. Un altro passo verso di lei ─Sono solo deluso. Credevo che tra me e te non ci fossero segreti. Che non ci fosse il bisogno di averli.
─Non c’è nessun segreto ─ Si affrettò a chiarire Sansa, lo sguardo leggermente alzato per poterlo guardare negli occhi ─Ma conosco quanto può essere testardo e orgoglioso un uomo del Nord. Avrei fatto qualunque cosa per farti uscire vivo da quella battaglia. Qualunque.
─Non mi sembra un uomo che fa favori senza averne qualcosa in cambio. Ma tu questo lo sai.
Sansa si morse un labbro spostando l’attenzione verso il pavimento. Jon aveva ragione. Petyr non se ne sarebbe tornato alla Valle senza prima pretendere qualcosa che secondo il suo punto di vista gli spettava. E questa volta Sansa non poteva negarglielo, anche Jon dovette leggerglielo nel pensiero.
─Ho visto il modo in cui di guarda ─lo sentì dire. Ancora un altro passo, era sempre più vicino ─Sei tu il prezzo da pagare. Ho già perso un fratello questa sera. Non ho intenzione di perdere anche te.
─Devi lasciarmi andare, Jon.
─Lasciarti andare? ─ il ragazzo sembrava sconvolto, la fronte corrucciata, gli occhi, prima lucidi e ricolmi di scintille, ora due buchi neri d’amarezza ─Non lo sa che tu appartieni già a me? Ero morto, Sansa, e al mio risveglio mi sentivo come vuoto. Non avevo uno scopo, ero stato tradito da chi amavo e pensavo mi amassero. Ma poi tu mi hai trovato alla deriva, ti ho stretto tra le braccia e ho capito. Ho capito finalmente quale fosse il mio posto, il mio obbiettino. Accanto a te a proteggerti dal mondo. È il mio compito, capisci? Devo essere il tuo scudo.
Il cuore prese a batterle in modo diverso, come un tremito. Era un movimento strano, regolare, frenetico. La scuoteva sino in fondo, fino a farle mancare il fiato. Come sarebbe stato bello andargli incontro e stringergli le braccia al collo, piangere sul suo petto, morire dentro la sua pelle.
Questo era sbagliato, malato addirittura, desiderare di scomparire in tutto ciò che fosse, desiderare che lui sognasse lo stesso.
Maledetto il sangue, maledetta la guerra, maledetto Petyr! Maledetto chi aveva dato a loro la possibilità di amare impedendogli di farlo nel modo in cui ritenevano fosse più  giusto.
Perché ora Sansa lo guardava e vedeva tutto ciò che aveva sempre voluto, tutto ciò che credeva perduto, un effimero sogno infantile, una bugia.
Jon dai capelli d’ebano, le labbra piene, morbide, dalla piega inviante.
Jon dai grandi occhi profondi e le braccia forti, che potevano garantire abbracci sicuri.
Jon, che l’aveva presa dalla sua disperazione, le aveva promesso una vita che credeva dimenticata. Jon, cavaliere dal cuore nobile, il più impavido e sincero. Leale, coraggioso, dall’orgoglio di un uomo deciso, tenero, premuroso. Jon che non l’avrebbe lasciata andare, l’unico in cui le sarebbe piaciuto annegare.
Suo fratello.
─Essere il mio scudo non ti servirà a proteggermi da lui ─ Stava andando contro se stessa, contro ogni suo desidero o pensiero. Ma non c’era un'altra soluzione. Sansa aveva già capito da tempo che le cose non andavamo mai nel modo in cui lei voleva che andassero ─ Ho tentato di sfuggirgli ma in qualche modo ha sempre la meglio su di me. Qualsiasi cosa mi chiederà, non potrò negargliela.
La guarda solo per una manciata di secondi, e la sua espressione tesa non lascia trasparire nessuna emozione. Ne amarezza, ne paura, ne dissenso, ne comprensione. Si tratta solo di un instante, è così terribilmente vicino che ora Sansa potrebbe anche fermarsi e contare ogni singola piega delle sue labbra, decidere quali dei suoi riccioli fosse quello più curioso da toccare.
Ma Jon alza il mento ed indica la porta.
─Vai allora. Se riuscirai a raggiungere quella porta e ad uscire, potrai concedere a Lord Bealish, tutto quello che riterrai giusto. Ma se non ce la farai, troveremo un altro modo, insieme.
Sansa rimase a fissarlo per qualche secondo decisa a leggere qualcosa nel suo sguardo che le suggerisse quanto stesse bleffando, o cosa si potesse nascondere dietro ad una provocazione tanto inusuale.
Nulla, non c’era niente. Non il più piccolo segno di esitazione, di incertezza nella sua bocca tenuta chiusa quasi per non urlare. Era semplicemente Jon, con i suoi pensieri che teneva per se stesso, sicuro che nessuno sarebbe stato in grado di capirlo, nei suoi occhi languidi sempre una scintilla di timidezza, perché aveva ancora paura di osare e non si sentiva mai all’altezza.
─Uscirò da quella porta, Jon. Lo sai.
─E allora vai ─ il suo tono asciutto, come se fosse già sicuro di se stesso ─ Cosa aspetti?
Solo un’occhiata diffidente, poi Sansa si diresse alla porta con la mano già tesa verso la maniglia. Fece scattare la serratura ma nel momento in cui provò ad aprirla, una forza sorprendente sembrava averla incollata tra i cardini, trasformando i suoi vani tentativi in cigolii di  sinistri, i denti stretti mentre impiegava tutto il suo impegno.
Non ci aveva fatto caso prima ma c’era più di un’ombra proiettata sul telaio della porta, una presenza ingombrante dietro la sua schiena, da un profumo dolce che avrebbe saputo riconoscere tra miriadi di fragranze.
Alzò lo sguardo e vide una mano appoggiata con forza tra la serratura e i cardini, una leggera pressione sulla superficie di legno, ormai consunto, che rendeva i suoi sforzi solo fallimentari tentativi.
Jon.
─Cosa stai cercando di fare? ─ Bofonchiò Sansa, usando entrambe le mani per tirare con più decisione ─Non puoi tenermi bloccata qui in eterno!
─Non voglio tenerti bloccata qui in eterno ─ convenne il ragazzo, e dal suo tono imperturbabile si capiva che per lui non doveva essere difficile ostacolare ogni suo tentativo di fuga ─Voglio tenerti bloccata qui fino a che posso.
Sansa lasciò andare la maniglia, conscia di non essere forte abbastanza da riuscire a contrastarlo. Si tolse i capelli umidi appiccicati sulla fronte, i pugni tesi lungo i fianchi.
Perché non riusciva a capire? L’ultima cosa che desiderava era allontanarsi da lui, da quella stanza, dal suo profumo, dal suo corpo che sapeva stringerla fino a farle dimenticare ogni paura.
Sansa voleva essere bloccata, ma qualcuno aveva già costruito per lei una gabbia fatta di menzogne e false promesse, in cui si sentiva soffocare, e che non le lasciava abbastanza spazio per muoversi.
Voleva piangere, ma non era più quella Sansa. Voleva urlare, ma Jon non meritava la sua rabbia. Voleva potergli dire che si sbagliava, ma desiderava che avesse ragione.
Quando si girò verso di lui lo trovò già a guardarla con un’espressione di determinata cocciutaggine che per un attimo le fece venire in mente suo padre Ned. Gli stessi occhi grandi e profondi, che sapevano leggerti l’anima senza deturparla. Le stesse labbra strette, la fronte leggermente aggrottata di chi è pronto a riabbattere qualsiasi scusa. Jon aveva il cuore di Ned.
─Ma cosa credi? Che io voglia abbandonarti per sposare lui? Ha mantenuto la sua parola, io devo mantenere la mia.
─Quale parola? Quella di un traditore sporco, doppiogiochista? Vuole Grande Inverno, Sansa, e una bella donna ─si fece più vicino ─una bellissima donna, al suo fianco. Tu meriti di essere amata. Meriti un uomo che ti adori ogni secondo, un uomo che sfiori la tua pelle solo per concederti carezze dolci, che stia attento a stringerti, perché sei fragile e hai bisogno di sentire affetto. Che ti ricordi ogni secondo quanto vali, che faccia del tuo corpo il suo luogo più prezioso, che sia sempre gentile con te, ma pronto a sguainare la spada contro tutti con ferocia pur di proteggerti. Questo è ciò che meriti, Sansa.
E fu come se tutto in Sansa si aprisse, come se la sua anima le concedesse il lusso di essere letta e lei capisse, ogni cosa. Vedeva con chiarezza.
Non si era mai sentita così emozionata, terrorizzata, confusa, viva più di quel momento. Si muoveva uno strano sfarfallio nel suo stomaco, e il sangue scorreva veloce, caldo sulle guance che parevano andarle a fuoco.
In qualche modo capiva che era sbagliato, perché osservava suo fratello scorgendo cose in lui che non aveva mi notato in nessun altro, e che per qualche ragione al mondo desiderava tenere per se stessa.
Era bello, pensò. Delicato e buono, con lo spirito di un intrepido combattente e l’onore impenetrabile di uno Stark, che non lo faceva titubare di fronte a nulla.
Si ritrovò a desiderare che fosse lui quell’uomo che Jon le aveva detto che meritava. E si ritrovò a maledire il sangue, e a maledire se stessa, perché si stava sporcando senza provare vergogna.
Le labbra le tremarono mentre restava ancora fissa a guardarlo. La luce delle candele delineava il suo profilo dai tratti lunghi e perfetti, strisce d’oro sui capelli ancora umidi.
Gli osservò le labbra, morbide, piene, leggermente rosate. Si morse le sue e un languore dallo stomaco scese verso il basso, più in basso, dove fu costretta a chiudere le gambe per resiste al desiderio di toccarsi. Rimase immobile, con la schiena appoggiata al telaio della porta.
Voleva avvicinarsi, e sfiorarlo. Voleva pregarlo affinché la costringesse a rimanere, voleva sapere se anche lui stesse sentendo  quello che le scorreva dentro, e voleva stringerlo, disperatamente, fino a soffocare.
Lo voleva. Nei suoi pensieri, sopra il suo corpo, dentro tutto ciò che fosse.
Stava impazzendo. Doveva fuggire via.
─Sono rotta, Jon ─ convenne con un tono tanto gracile che Jon la sentì appena ─E le persone rotte meritano persone rotte.  
Soffocò un respiro quando sentì le mani del ragazzo incorniciare il suo viso. Era maledettamente vicino, il fiato caldo di Jon che si infrangeva sulla sua bocca dandole un piccolo assaggio di quale sarebbe stato il suo sapore.
─Ascoltami, tu non sei rotta. Sei solo più forte. Ed è tua, ogni cosa buona che sia rimasta al mondo. Devi solo prenderla.
Non riusciva a comprendere i suoi pensieri e neppure il suo corpo. Era come se tutto le stesse cadendo addosso, una pioggia fredda che non la faceva tramare, venuta all’improvviso e di cui non aveva mai sentito parlare prima.
C’era un’esplosione di braci e scintille nello stomaco, un brivido la percorse fino a farle venire la pelle d’oca. Vedeva Jon e pensava a lui come la cosa più preziosa che le fosse mai capitata, e che doveva stringere, doveva afferrare, dove toccare, mordere, baciare.
Odiava le sue aspirazioni, così impure, inspiegabili, e allo stesso tempo desiderava poter crogiolarsi i quei sogni per sempre. Perché si stava sentendo viva, ed era Jon la scintilla che aveva appiccato un fuoco di desideri in lei, che neppure credeva possibili.
Chiuse ed aprì le palpebre, nulla scomparve, tutto divenne ancora più chiaro, trasparente.
Non c’era modo di fuggire. Lui era lì, di fronte a lei, coperto solo da un pantalone spiegazzato e nient’altro che la sua pelle candida, che lei stessa si era premurata di pulire.
Gli occhi fissi del ragazzo sembravano divorarla, e nella sua caparbietà poteva leggerci ogni promessa.
Jon era davvero uno scudo, si rese conto.
Il suo corpo erano in grado di coprirla tutta, la sua ombra di nasconderla, il suo abbraccio di riscaldarla e la sua bocca di amarla.
La osservò leggermente schiusa e fu allora che probabilmente perse la ragione. Lo afferrò per i fianchi per spingerlo più vicino. Jon sembrava non aspettare altro perché si protese contro di lei, appoggiando la fronte sulla sua, gli occhi chiusi, quasi volesse negarsi tutto.
Le mani del ragazzo scesero dal viso di Sansa per tendersi lungo i fianchi, ma Sansa non mollò le presa.
Con le dita percorse metà del suo corpo, dallo stomaco al petto, oltrepassando tutte le sue cicatrici, fermandosi su quella che gli segnava il cuore, quasi a volerla cancellare, renderla solo un lontano incubo.
Era caldo Jon al tocco.
Si chiese come fosse stato averlo su di se. Nudo su di se. Arrossì e provò vergogna ma erano troppo vicini affinché l’imbarazzo potesse ridarle il dono della ragione.
Non esisteva, semplicemente. In quel tempo, in quell’ora, non era Sansa, ma solo tutto ciò che teneva nascosto in lei, e quello che poteva dare. Aveva deciso di donarlo lui. Sperava solo che fosse pronto ad accoglierlo tutto.
─Vorrei che non fossimo costretti ad essere noi. ─ gli disse soffiando sulla sua bocca ─Tu credi che io sia forte, eppure adesso, in questo momento, tutto ciò che sento mi fa sentire fragile.
─Cosa stai sentendo, Sansa?
Lei deglutì prima di risponde, sommersa in tutto ciò che Jon fosse ─Il cuore mi batte forte, non riesco a respirare. Le gambe mi tremano, sento che potrei cadere da un momento all’altro. Ho un fuoco dentro, mi sta facendo male. So di per certo che non sarei in grado di vivere senza avere un altro momento come questo. Ho un disperato bisogno che tu ci sia, così per sempre.
Lo vide gonfiare il petto, un leggero gemito dalle sue labbra schiuse ─Sansa…
─Devi lasciarmi andare, Jon. Adesso!
─Non sto più tenendo la porta, Sansa. Sei libera.
E con orrore si accorse che aveva ragione, e che l’unica cosa che ancora la teneva stretta a lui erano le  sue mani,  aggrappate al petto del ragazzo.
Jon le stava dando la possibilità di fuggire, eppure Sansa non si era mai sentita così in trappola come in quel momento. Ipnotizzata dai suoi occhi che sembravano scavarle dentro, fino a prendersi tutto, anche quello che non voleva ammettere a se stessa.
I fratelli non si toccano in questo modo, non si guardano in questo modo. I fratelli non si desiderano, i fratelli non si stringono per perdersi l’una nel corpo dell'altro.
Sansa lo sapeva, provava vergogna per se stessa, pena per i suoi sentimenti. Ed era così ingiusto e sciocco. Proprio ora che aveva trovato un pezzo del suo cuore creduto in frantumi doveva voltargli le spalle, mentire a se stessa, doveva scuotere la testa e far finta che non fosse vero.
E ci stava quasi riuscendo. Ingoiò rabbia e frustrazione, la gola secca, il respiro corto. Si costrinse a togliere le mani dal suo petto, gli voltò le spalle afferrando la serratura pronta a farla scattare.
Ma poi ripensò a se stessa e a quello che aveva subito. Ripesò al dolore affrontato, all’umiliazione che l’aveva piagata. Ripensò ai soprusi a cui era stata costretta, agli inganni di cui era stava vittima. E ripesò a tutti i suoi sogni da ingenua ragazzina, a quel mondo sempre splendente in cui aveva creduto di essere stata catapultata.
E decise che per una volta, una sola volta, poteva anche lasciarsi andare, poteva anche far finta di non essere quella che doveva fare la cosa giusta. Perché adesso ogni sua fantasia era lì, dietro di lei. E poteva prenderla, poteva finalmente crederci.
Si girò verso di lui e si accorse che la stava ancora guardando. L’aria era gelida, il fuoco acceso nell’ampio camino non bastava a riscaldare i vasti e annosi ambienti di Grande Inverno. Eppure Sansa si sentiva andare a fuoco.
Forse Jon avrebbe provato orrore, forse addirittura le avrebbe negato ogni contatto futuro. Ma non aveva importanza. Si protese verso di lui e gli afferrò il viso. In un secondo le loro labbra erano unite, indissolubili, i corpi vicinissimi, nessun rimpianto, nessun rimorso.
Si meravigliò della velocità con cui Jon si fece coinvolgere dal quel bacio, e ritrovò una strana audacia dentro di se che la spinse ad inarcarsi contro di lui reprimendo un gemito.
Oh si… i baci sapevano di molte cose, quelle più belle e preziose. Non ti lasciavano un senso di vuoto dentro, ma ti riempivano, non ti stringevano il cuore, lo gonfiavano di una gioia tutta nuova. E dentro ti sentivi diversa e un po’ cambiavi. La tua idea di te stessa cambiava. Perché ora Sansa sapeva cosa ci fosse al di là dei sogni e sapeva che il bene stava nascosto dietro tanti sforzi, dolori, dietro tante battaglie e rinunce.
Oh Jon…
C’era un senso adesso dietro la felicità che l’aveva travolta quando si erano riabbracciati alla barriera, o il desiderio di stargli accanto e perdersi nella profondità dei suoi sogni.
Trovava una spiegazione a quei pensieri che l’avevano spinta a cercare le sue mani nel cuore della notte, al batticuore che provava quando non sapeva dove fosse, all’angoscia che l’aveva travolta durante la battaglia ormai vinta, e a quella preoccupazione atroce di perderlo troppo in  fretta, proprio ora che sapeva quando poteva darle.
Restò senza fiato e dovette porre fine a quel bacio solo per un secondo. Jon era già pronto ad afferrarla, questa volta lui guidò il ritmo, e nella sua bocca, nel suo sapore di miele, sangue e ghiaccio, si perse, volle perdersi. Non c’era più nulla in quel mondo, che sarebbe stato capace di spaventarla.

 
 
 
 
                                                                                                 FINE
 
 
 
 
Ed eccomi qui, con una nuova Jonsa. Quante soddisfazioni mi hanno dato in questa stagione, e per una come me che –segretamente- li ha sempre shippati è stata una gioia vederli tanto vicini! Spero solo che nella prossima stagione non rovinino tutto.
Ma si, posso dirvelo, probabilmente la prossima Jonsa che scriverò sarà una long! Voglio assolutamente farlo, per cui sistemo le idee nella mia testa e inizio a scrivere il primo capitolo.
Ma intanto spero che questa shot vi sia piaciuta. Fatemi conoscere i vostri pensieri se ne avete voglia, mi renderebbe felice!
Grazie a tutti voi per averla semplicemente letta, e grazie per tutte le belle parole che mi scrivete. Vi adoro davvero! Grazie!!
 
 
Alla prossima!! Vi mando un grosso abbraccio

 
 
 
   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Stella94