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Autore: Like an Undead    07/07/2016    2 recensioni
Non avevo mai creduto che si potesse provare qualcosa di così grande, di così devastante, di così semplice. Beh, sono stato costretto a ricredermi ben tre volte in tutta la mia vita, ed è sempre stato per causa tua.
A causa tua sono cambiato, a causa tua sono migliorato, a causa tua sono peggiorato fino a diventare come mai avrei voluto essere.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non avevo mai creduto che si potesse provare qualcosa di così grande, di così devastante, di così semplice. Beh, sono stato costretto a ricredermi ben tre volte in tutta la mia vita, ed è sempre stato per causa tua.
A causa tua sono cambiato, a causa tua sono migliorato, a causa tua sono peggiorato fino a diventare come mai avrei voluto essere.


Accarezzo con lentezza il tessuto morbido delle lenzuola, mi muovo sull'esile corpo sotto di me, apprezzandone i lineamenti percorrendoli, la possiedo abilmente e mi beo sella vista paradisiaca che mi si prospetta, allora chiudo gli occhi, emettendo qualche sospiro dalle labbra schiuse.

È colpa tua.

Affondo nella sua profondità, mordo la sua pelle con avarizia, assaporo ogni attimo e nella mente mi si riflette un'immagine che da tempo non riuscivo a visualizzare. Il tuo volto è come sempre perfetto, la tua espressione si piega al mio volere. È colpa tua se non posso fare a meno di te. «Tobio-Ch...» la mia voce roca si diffonde nella stanza e tutto si rompe.
Spalanco gli occhi qualche secondo dopo essermi reso conto di ciò che ho detto, vedo il viso confuso della ragazza ancora ansimante, allora, quando dovrei rassicurarla, mi tiro indietro.

Mi hai prosciugato.



Scorgo con la vista annebbiata, da quelle che comunemente vengono chiamate lacrime, il quadretto poggiato sul comodino al fianco letto. Non faccio in tempo a mettere a fuoco l'immagine ritratta che lo afferro e scaravento al muro, mandando in mille pezzi il vetro che si poggia sul pavimento.
Affondo le unghie nei palmi delle mani, stringo forte abbastanza da graffiarmi, ma non sento dolore, non sento nulla.
Scendo dal materasso e mi infrango sui vetri che mi tagliano la pelle, ma li ignoro e mi affretto verso la porta di casa che qualche secondo ha sonoramente sbattuto.
«Hanako!» Esclamo ancora udendo il rumore dei suoi tacchi scalpitanti sulla tromba delle scale, che lentamente si fa più debole e svanisce. Tiro un forte pugno al cartongesso della parete dapprima alla mie spalle, mi graffio ancora una volta, ma non mi importa. Corrugo la fronte, cominciando ad avvertire il dolore ai piedi che mi perseguita; come diavolo ho potuto? Perché adesso?

Mi hai distrutto.

«Cazzo.» quasi sussurro, ritrovandomi ad azzannare il mio labbro inferiore, non curandomi di quante ferite sono riuscito a procurarmi nel giro di qualche minuto. Forse sono pazzo, probabilmente lo sono, ma non me ne frega un cazzo.
Esco di casa di corsa, chiudendo la porta con solo un paio di mandate, scendo velocemente le scale ed esco dal portone. Mi muovo con i piedi nudi, corro, ma non ho il tempo di sentire dolore. Vedo Hanako, è alla fine del marciapiede, così quando le sono ormai vicino rifletto per un secondo. Sto facendo una pazzia, me lo sento, potrei semplicemente fermarla e spiegarmi in qualche modo, chiederle scusa, ma decido di superarla in corsa, con addosso solo un jeans. Non mi è mai importato di lei alla fine. Corro a perdifiato, non riesco quasi a fermarmi, ma arrivati a questo punto non ne ho più neanche la tentazione.


Sì, è tutta colpa tua, mi hai prosciugato, mi hai distrutto, hai preso tutto ciò che potevo darti, nonostante io ti abbia ferito, ma... non ti perdonerò.


Una volta raggiunto il palazzo mi accorgo di non essere particolarmente presentabile, ma chi se ne frega, arrivati a questo punto. Trovo il primo portone aperto, così entro e salgo fino al terzo piano a piedi, rendendomi conto della mancanza dell'ascensore, probabilmente in ristrutturazione. I piedi fanno un male cane, non so se in serata riuscirò a tornare a casa tutto intero, mi sto giocando tutto quello che mi è rimasto, ma va bene così.

Butto un occhio alle etichette delle porte, trovo quella con il nome che certo e suono il campanello. Attendo per qualche secondo, allora sento muoversi lo spioncino e nel giro di qualche secondo sono dinanzi a te.

«Oikawa-San, che ci fai qui... così?!» la tua voce mi giunge all'orecchio così familiare, non ho idea dell'espressione che sto mostrando in questo momento, ma sicuramente non è delle migliori.


Non ti perdonerò, ma ti amerò comunque.

 

Muovo un paio di passi verso di te, lentamente, allora allungo la mano destra sulla tua nuca e ti stringo, ti stringo così forte da poterti quasi stritolare. Ti sento diverso, forse sei preoccupato perché sto sanguinando, forse non ti interessa, forse vuoi solo che me ne vada, ma non posso farlo, non questa volta. Non parlo, ogni parola mi muore in gola prima di aver la possibilità di farsi viva, non credo di aver mai sentito il mio cuore battere così forte prima d'ora.
Se collassassi non potrei dirmi stupito.
Sei immobile, scorgo le tue braccia lungo il tuo corpo, non ti muovi, non ti sottrai né ricambi il mio abbraccio, fino quando non pronunci un'altra frase, allontanandoti così di poco. «Sei ferito. Che diavolo hai fatto? Ma che ci fai qui piuttosto?».

È normale che tu sia confuso, ma non riesco proprio a risponderti. È come se fossi muto. Rimango immobile dinanzi a te, così mi inviti ad entrare, probabilmente viste le difficoltà che ti sto creando. Dopo qualche minuto riacquisto la parola, quasi miracolosamente, ma le uniche cose che riesco a dire sono: “È passato tanto tempo, ma ora sono tornato, Tobio-Chan.”.
Non sembri capire subito ciò che intendo, ma non importa, avrò tutto il tempo per raggiungerti.
 

Non avevo mai creduto che si potesse provare qualcosa di così grande, di così devastante, di così semplice. Beh, sono stato costretto a ricredermi ben tre volte in tutta la mia vita, ed è sempre stato per causa tua.
La prima volta ti ho odiato, la seconda ti ho odiato ancora di più e ti ho ferito. La terza ho solo avuto bisogno di averti nella mia vita.
 

   
 
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