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Autore: Tilpion    07/07/2016    0 recensioni
Uno dei personaggi più disprezzati nel gioco offre il suo punto di vista sugli ultimi avvenimenti che lo hanno coinvolto.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Valstann si avvicinò al padre. Fandral lo guardò, con le lacrime agli occhi. Andò verso il figlio e aprì le braccia, per poi richiuderle sull’amato primogenito. Ricordava ancora l’ultima volta che lo aveva visto, nelle rovine di Ahn‘Qiraj… Il generale Rajaxx lo aveva ucciso brutalmente. Almeno, ora che anche Fandral era morto, avrebbe potuto rivedere Valstann. E stava accadendo. Non appena le sue mani toccarono le spalle di Valstann, sentì una sensazione orribile sulla pelle. Guardò il figlio, e vide che non era il suo beneamato…. Il corpo brulicava di scolopendre, scorpioni e ragni, mentre gli occhi, una volta argentati come i raggi della Luna, erano neri, di un nero opaco. Fandral si ritirò, terrorizzato e disgustato. Il figlio lo guardava, ridendo, mentre altri parassiti fuoriuscivano dalla sua bocca e dai suoi occhi, ormai di colori iridescenti come il catrame. Valstann, con una voce non sua, disse: "Padre, adesso sono con te... Non sei... Contento..? Hai incolpato te stesso e la Guerra delle Sabbie Mutevoli per secoli, ma ora... TI ODIO PER CIO' CHE MI HAI FATTO! Fandral urlò.

Fandral si risvegliò, ansimando. Tentò di alzarsi, ma le catene glielo impedirono. Si guardò intorno, nella buia caverna che ora era la sua prigione. Ebbe appena il tempo di notare la sua Custode, con l'elmo che le copriva il viso e lo sguardo sicuramente sprezzante, che i suoi occhi caddero all’indietro.

Valstann era avvinghiato da dei rovi. Le spine penetravano nella sua carne, facendo sgorgare il sangue. Fandral provò ad avvicinarsi, ma non riusciva a muoversi. Poi, dietro il figlio, apparve una soggetto familiare, dai capelli verdi e gli occhi dorati. Ma ciò che si notava di più era un palco di corna da cervo. Malfurion. Il rivale e mentore di una volta, ghignando, sollevò una mano, che assunse la forma di una zampa d’orso. Poi, con uno scatto felino, la piantò nella schiena del primogenito di Fandral. Dalla bocca di Valstann eruttò sangue violaceo. Poi altre piante emersero e ricoprirono del tutto il ragazzo mentre fiamme argentate lo avvolgevano. Malfurion fece un gesto disinvolto con la mano e tutti i rampicanti si ricoprirono di spine nere. Del sangue iniziò a stillare dalle fessure del groviglio, mentre gli occhi e la pelle dell’odiato druido divennero più scuri e millepiedi gli uscivano dagli occhi. In poco tempo, i parassiti lo ricoprirono del tutto, e si mossero verso Fandral, avvicinandosi tanto che poteva distinguere il brulichio di zampe, peli e occhi.

Fandral si avvicinò, con la nuora Leyara e la nipote Istaria, alla tomba di Valstann. Cacciò indietro le lacrime, mentre la nuora singhiozzava e la nipote li fissava, troppo piccola e innocente per comprendere. Si sforzò di parlare, mantenendo la voce ferma:"Leyara, voi due siete TUTTO ciò che mi resta. Giuro, sulla MIA vita, di proteggervi per sempre". Appoggiò una mano sulla spalla di Leyara, per poi ritrarla dopo aver avvertito una sensazione pungente. Con orrore, notò che dalla sua mano e dalla spalla di Leyara stavano crescendo piccoli viticci neri, dalle spine rosse. Inquieto, vide anche che attorno alle piante stavano apparendo insetti e aracnidi brulicanti. Le bestie stavano uscendo persino dall'erba, che avvizziva e iniziava a emettere l'odore della carne marcescente. Lo sciame avviluppò Leyara e Istaria, che si voltarono verso Fandral e protesero le loro mani, ormai divorate dalle creature, verso l'uomo. Entrambe iniziarono a ridere, con gli occhi ricoperti da liquido rosso e nero. La tomba esplose, mentre la scheletrica figura di Valstann si alzava. Le tre creature parlarono all'unisono: "Adesso... Potrai... Unirti... A... NOI. Una famiglia... Riunita per sempre... Non... è forse questo... ciò che DESIDERAVI?!". I rampicanti demoniaci divennero due volte più spessi e penetrarono nella carne di Fandral per poi emergere e entrare più volte. L'ultima cosa che il druido vide furono i suoi tre parenti stringerlo nei loro arti decomposti.

Fandral aprì gli occhi. Davanti a sé c’era un drago verde con varie persone, tutte di razze differenti, che indossavano tuniche viola. L’arcidruido iniziò ad alzarsi, e notò che si trovava in una sorta di accampamento, con tende rette da pali di ferro brunito annesse. Guardò ancora i presenti e chiese: “Chi siete?”. Gli incappucciati si scambiarono degli sguardi come per decidere cosa dire, ma fu il drago a prendere la parola: “ Non conta chi siamo. Conta il fatto che siamo riusciti a guarirti dai tuoi incubi. E il fatto potresti condividere i nostri stessi ideali. Sai che non c'è più nulla per te qui, vero?”. Fandral scrutò il rettile, poi, inarcando il sopracciglio, chiese: “Cosa intendi? Ho ancora la mia amata nipote. E quali sarebbero, esattamente, i vostri ideali? Tuttavia, suppongo che debba esservi grato per la cura.” Ora ricordava meglio. Era stato ingannato dall’Incubo di Smeraldo, che gli si era presentato con l’aspetto dell’amato figlio. Da allora, aveva involontariamente complottato per la distruzione della sua stessa civiltà. Aveva tentato di corrompere Teldrassil, l'Albero del Mondo da lui stesso piantato. Il pensiero lo riempì di disgusto. Era stato manipolato per tutto quel tempo, causando dolore al suo stesso popolo. Quelle strane persone erano riuscite, in qualche modo, a curarlo. I cultisti, perché aveva ormai inteso che di ciò si trattavano, pur non comprenendo la loro fede, lo guardarono e uno disse: “ No, Fandral. Nemmeno lei. Guarda tu stesso.” e gli indico qualcosa dietro di sé. Fandral guardò, e vide. Doveva essere Astranaar, dove sua nipote con la propria madre avrebbero dovuto trovarsi, ad essere in fiamme davanti ai suoi occhi. Gli orchi stavano razziando le case. Alcuni trascinavano alcuni elfi superstiti, per poi ucciderli brutalmente qualche passo dopo. Inorridito, l’ex Arcidruido guardò il drago e chiese: “ E… I rinforzi…? Malfurion non può lasciare che una città venga rasa al suolo, vero?!”. Non chiese della Sacerdotessa Tyrande, sapeva troppo bene che la stolta non era in grado di governare. Per non parlare di Remulos, che lo aveva sempre giudicato e non era nemmeno un elfo. Un cultista gli disse: “Al momento, sta risolvendo qualche… problema a Nordrassil. Si è rifiutato di distogliere l’attenzione da quell’albero.”. Fandral strinse i denti. E così, caro Shan’do, lasci morire la mia famiglia? Lasci morire la tua stessa gente? E così, te ne stai al sicuro nel tuo amato sacro boschetto senza aiutare chi ha davvero bisogno? E, soprattutto, tu saresti abbastanza saggio per il mondo?! Non riesci nemmeno a tenere vivi i tuoi simili! E sia così, caro Shan’do. Fandral si voltò verso i cultisti e chiese: “Chi servite?”. Il drago rispose: “Colui che porrà fine a questo mondo di dolore e imperfezione. Colui che ha sopportato più di tutti e sa che questo mondo deve finire, per rendere sopportabile questa esistenza. Egli è… Xaxal, nella tua lingua.”. Fandral ascoltò. Xaxal… Lo conosceva troppo bene. Solo adesso capiva il motivo del comportamento del folle, forse non tanto, Drago Nero. Poi, decise: “Alla fine, mi ritrovo a servire i miei vecchi nemici. D’accordo, se per purificare ogni cosa. Per migliorare questo mondo marcio. Colui che servivano i miei nemici ha causato la morte di mio figlio. Ma era una guerra. Ora, a causa dei miei stessi alleati ho perso un altro dei miei cari. Questo mondo deve cambiare”. Un cultista, quello che aveva parlato in precedenza, disse: “ Se tieni tanto a… purificare questo mondo, conosciamo qualcuno che ti può aiutare. Egli serve il nostro signore.”. Sussurrò qualcosa ai suoi compagni, poi si misero in circolo attorno a Fandral. Gesticolarono, e l’aria iniziò a vorticare attorno all’ex druido. Tutto intorno a lui scomparve, poi apparve qualcosa di nuovo, uno spettacolo inconcepibile fino ad allora.

Si trovava in un luogo stranissimo: sembrava un’immensa distesa di lava, con occasionali blocchi di metallo e formazioni rocciose. Il cielo era arancione, e si vedevano tempeste di fuoco percorrere esso. L’aria era quasi irrespirabile, secca e bollente. I suoi piedi bruciavano, a contatto con le pietre roventi. Se non fosse stato per le magie di protezione costantemente attive, sarebbe caduto a terra ansimando. “Allora, tu vorresti essere il mio nuovo Maggiordomo?” chiese una voce che sembrava scuotere le ossa dell’elfo. Fandral si voltò, e vide un enorme essere di lava, con braccia e testa rudimentali. Un elementale. In mano stringeva un enorme maglio spinato, che sembrava essere stato appena riscaldato, tanto brillava. Ragnaros. Fandral disse: “Non so cosa significhi, ma voglio distruggere le impurità di questo mondo, a ogni costo.”. L’elementale, con un tono apparentemente compiaciuto, disse: “ Bene. Che il Fuoco ti purifichi!”. Poi, con un’agilità sorprendente per la sua stazza, toccò Fandral con un mastodontico dito incandescente. Fandral si sentì ustionare, ma restò fermo. Delle linee incandescenti apparvero dove era stato toccato, per poi iniziare ad allungarsi e a diffondersi. L’elfo della notte sentì il dolore diffondersi in tutto il corpo, dai piedi ai capelli, e cadde in ginocchio. La sua mandibola rischiò di slogarsi, per le urla che gli squarciavano la faringe. Le mani erano del tutto ricoperte da quelle strane linee fiammeggianti e, quando esse scomparvero, vide che la pelle era rossastra. Si guardò le braccia, dello stesso colore ormai. Poi prese una ciocca dei suoi capelli, e notò che stavano perdendo la familiare colorazione smeraldina, rimpiazzata da una tinta del colore delle foglie autunnali. Del colore del fuoco. Poi, il dolore scomparve, come la sensazione di caldo. Si alzò. Si sentiva più potente, più leggero. Migliorato. Purificato. Mosse le mani, e delle fiamme apparvero. Fandral le manipolò col pensiero e le solidifico, plasmandole in varie forme. Alzò il viso arancione verso Ragnaros, che lo fissava con quello che sembrava un sorriso. Parlò: “Eccellente. Ora sei stato purificato dalle fiamme. Il tuo potere adesso è impregnato del mio dono. Fanne buon uso. Ripulisci le imperfezioni di chi giunge nel mio dominio, perché da ora in avanti, sei il mio Maggiordomo.”. Fandral sorrise: “Certo, mio signore. Posso chiederle una concessione?” “Chiedi, e deciderò se ne sarai degno” “Posso reclutare altri nella nostra cerchia, mio signore?”.

Fandral guardò la nuora Leyara piangere. L’elfa era tanto sommersa nelle sue lacrime da non essersi accorta della presenza dell’ex-druido. La moglie di Valstann stava sussurrando qualcosa su una pietra, probabilmente la tomba di qualcuno che conosceva fin troppo bene. Poi, con un tono ringhioso, disse: “...Malfurion chi ha mandato per difenderci? Nessuno!”. Fandral strinse i pugni, poi disse: “La tua rabbia non è malriposta.”. Leyara si voltò inquieta, mentre Fandral osservava la sua reazione. Sapeva che il suo aspetto era mutato, e le sue nuove vesti, ottenute tramite la manipolazione del suo potere incendiario, non lo rendevano di certo rassicurante. Leyara lo fissò, forse non riconoscendolo. Il Maggiordomo la rassicurò: “ Sono colui che condivide il tuo lutto… E che ti offre il potere di alleviarlo.” . La ragazza lo riconobbe: “Fandral?! Sei uscito dalla tua prigione? Come ci sei riuscito? Eri sorvegliato da...”. Il suocero la interruppe: “Sono stato aiutato da… Nuovi alleati. Sfortunatamente, non è accaduto prima.” aggiunse, con una punta di sincero rammarico. Poi continuò, notando la speranza negli occhi della ragazza: “Ci sono in gioco molte cose. Molti poteri...Imparerai a tempo debito, mia cara. Vieni con me. Insieme, otterremo la nostra vendetta su chi ci ha causato tanti dolori...” e le porse la mano, che venne accettata con veemenza.

Fandral osservò l'orco, nascosto dal fogliame del monte Hyjal. Il suo padrone gli aveva ordinato di trovare un modo di neutralizzarlo. L'ex-kaldorei aveva sentito parlare di quell'individuo... Thrall. L'ex-Capoguerra. Le sue doti sciamaniche erano ben note. Probabilmente era per ciò che Ragnaros gli aveva dato l'incarico di fermarlo. Accanto a Fandral, attendevano silenziosi i suoi seguaci, Leyara e altri Elfi della Notte che aveva abbracciato il volere delle Fiamme. A un certo punto, percepì il distacco dello spirito dell'orco dal mondo materiale. Questa era la situazione in cui sperava. Rapidamente, iniziò a mormorare il suo incantesimo per intrappolarlo nei Piani Elementali, mentre gli altri Druidi della Fiamma salmodiavano in coro. Ciò avrebbe attirato l'attenzione di Malfurion, anche lui in quel luogo. C'erano anche gli Aspetti dei Draghi. Tanto meglio. Si sarebbero confrontati, e i Druidi della Fiamma avrebbero dimostrato la loro superiorità. Si leccò le labbra, pregustando l'umiliazione che avrebbe inflitto al rivale.

Fandral tornò alla sua forma umanoide e si inginocchiò davanti a Ragnaros. Era stato convocato con urgenza, e temeva il peggio. Il suo padrone era temibile e, quando arrabbiato, era spaventoso. La stessa essenza del Signore Elementale ribolliva dalla furia. "MAGGIORDOMO! Non percepisco più la presenza dello sciamano! SAI COSA SIGNIFICA?!". Elmocervo deglutì. Evidentemente, qualcuno era riuscito a richiamare l'anima di Thrall dalle Terre del Fuoco, dopo che essa era stata spedita nel Piano dall'ex-druido. Fandral cercò le parole giuste:" Mio... Signore... E' stato un imprevisto! Un semplice contrattempo, causato da individui fuori dai nostri piani.... La colpa non è attribuibile a me.... E tanto meno a voi.". Restò con il fiato sospeso, attendendo la reazione del padrone. "Forse... e dico FORSE, hai ragione. Tuttavia, non posso negare la tua utilità. Sei un ottimo servitore. Orbene, il tuo nuovo incarico è restare in questo luogo". Fandral, stupito, chiese: "Qui? Non sarei più utile se..." Ragnaros lo interruppe:" TACI! La tua utilità, adesso, è restare qui. Sembra che i Guardiani di Hyjal stiano radunando un gruppo per invadere le nostre terre. TU dovrai essere qui, a ucciderli se vanno troppo oltre. Che la loro presenza di carne non contamini questo regno.". Fandral pensò di controbattere. Poi, chinò il capo:" Sarà fatto, mio signore."

Il Maggiordomo Fandral osservava le splendide Terre del Fuoco. La morte della cara Leyara… Era stato un colpo basso. Dannato Hamuul. Dannato Malfurion. Dannati tutti i druidi. Se prima non era abbastanza convinto di partecipare alla purificazione di Azeroth, adesso lo era. Aprì la mano, e una foglia fatta interamente di fiamme apparve e iniziò a fluttuare. Si dilettò facendola svolazzare attorno a sè, creandone altre. Prima o poi, l'intero mondo sarebbe stato popolato da piante create dal suo potere. Doveva ripulire Azeroth. Sentì dei rumori e si voltò. Un esercito di eroi era davanti a lui, con le armi brillanti di magia sguainate. Dovevano aver sconfitto il mastodontico Falco di Fuoco che in passato era lo stesso drago verde che lo aveva liberato. Ghignò, lieto della possibilità di vendicarsi. Sapeva che era stato probabilmente uno di loro a partecipare alla morte di Leyara, insieme allo stupido Hamuul. Quel primitivo essere avrebbe pagato, prima o poi. Avrebbero fatto la stessa fine di molti sciocchi combattenti dell’Orda che lo avevano attaccato quando ancora difendeva Darnassus. Anzi, la loro fine sarebbe stata peggiore, ora che era diventato molto più potente di quando proteggeva la Natura. Sfoderò la sua alabarda, nella quale aveva infuso parte del suo potere piromantico. “Bene, osservate il vero potere del mio nuovo signore!”.

Ricordando la sua possessione da parte dell'Incubo, scelse di assumere la forma di un enorme scorpione infuocato. Si gettò in mezzo alla mischia e iniziò a dare falciate brucianti con la sua coda, che venivano parate, fino a che i nemici non ebbero il buon senso di dividersi da quella furia infuocata. Tuttavia, uno venne colpito a morte, insieme a quello che sembrava un sacerdote. Poco dopo, l'esile sagoma vestita di seta mosse una mano, brillante di luce dorata. Fece un gesto, e il primo a cadere si rialzò, circondato dallo stesso bagliore. Fandral, ora rimembrando il suo passato druidico, divenne un grosso felino dalla pelliccia incendiata e balzò contro un combattente dal viso roseo sfregiato e dalle orecchie a punta con un grosso scudo a torre, mentre la scia infuocata che lasciava si condensava in una sua immagine speculare composta da pura energia ardente. Avrebbe dato filo da torcere agli altri nemici. Con una rapida artigliata, lacerò il braccio del nemico, ma un’ondata di acqua apparve e avvolse la ferita, rimarginandola. Ruggendo, il Druido della Fiamma tornò al suo vero aspetto e scagliò contro lo stolto, che aveva osato evocare il potere del traditore Neptulon, un potentissimo uragano di fiamme, che fece evaporare all’istante tutta l’acqua che l'incantatore stava invocando e che ora si ritrovava sollevato in aria, mentre il fiato gli mancava. Notando la presenza di un druido della sua stessa razza, che evocava le lente guarigioni della Natura con le mani che brillavano del troppo familiare fulgore smeraldino, Fandral decise di sfruttare il suo potere primario contro di lui. Invoco delle piccole perle di fiamme, che si attaccarono al guaritore. Quando meno se l’aspettava, sarebbero esplose. Una giusta variazione delle sue cure. Dopo qualche secondo, le fiamme avvolsero il kaldorei, che dovette dirigere tutte le sue energie su se stesso, ricoprendosi di foglie incantate fluttuanti e semi splendenti per rimanere vivo. Tentò inoltre una ripicca, lanciando un globo di energia solare addosso a Fandral, che lo deviò con noncuranza. Disperato, il druido canalizzò le energie curative più pure del Sogno di Smeraldo, facendo rinverdire le piante orbitanti nonostante il calore soffocante. L'aria intorno a lui sembrò scintillare. Era riuscito a salvarsi. Notando che i ranghi si stavano ricompattando attorno al guaritore per beneficiare delle sue cure, evocò una sfera infuocata come ausilio e urlò, gioendo della distruzione che stava per causare: “Nient’altro che CENERI!”. Tornando alla sua forma di aracnide, scattò verso la stupida calca esagitata.

Lo scontro stava durando molto. Tuttavia, sapeva di avere la vittoria in tasca. Ma doveva sbrigarsi a finirli, ormai stava esaurendo le energie. Le sue magie di protezione che lo stavano proteggendo da attacchi letali si stavano consumando. Dando sfogo a tutta la sua rabbia repressa, il suo dolore, si abbandonò alla sua ira, deciso a dare il meglio di se. Un mago gli scagliò contro un dardo di ghiaccio, ma Elmocervo riuscì a dissolverlo con una parete di fiamme.Poi sentì una pugnalata alla schiena, mentre una minutissima figura con due lame gli sfuggì dalla presa, ridendo. Si inginocchiò per un momento, e un paladino possente gli scagliò una lama di luce dorata, mentre con la sua arma pesante tentava di colpirlo. Riuscì a parare il proiettile con la sua alabarda, ma venne colpito di striscio dall'attacco principale. Sentì un fortissimo dolore alla testa, mentre iniziava a vedere annebbiato e sentirsi nauseato, e alzò lo sguardo, notando una figura oscura. Dei tentacoli eruttarono dalla schiena della forma, mentre delle risate isteriche miste a urla di dolore riempivano l'aria. Un'ombra emerse dalla sagoma,prendendo vita e stringendo le sue mani spettrali attorno al cranio di Fandral. Con uno sforzo, scatenò i venti infuocati contro il Sacerdote, ma avvertì uno strano bruciore, che sembrava familiare, dietro. Si voltò, vedendo una seconda figura pallida con orecchie a punta, in abiti di lino e telaruna eleganti, con le mani che brillavano dei glifi violacei della magia arcana. Uno sciamano nano vicino stava caricando verso di lui. Teneva le asce gemelle sollevate e attorno ad esse orbitavano frammenti di roccia incandescente e chicchi di grandine. Quando gli venne vicino, unì le sue armi, che iniziarono a ricoprirsi di fulmini. Vibrò due rapidi colpi, scagliando magma che, seppur freddo per Fandral, era pesante. Poi, colpì il terreno con le lame, aprendo una spaccatura dalla quale uscì una folgore. Il Maggiordomo venne colpito dalla combinazione del nemico, ritrovandosi stordito, iniziando a patire l'ipotermia per la prima volta da molto tempo. Fandral barcollò verso di lui, riprendendo la forma felina, ma una mazzata lo sbattè a terra. Con il sangue che colava dalla bocca, sfrigolando a terra, l’elfo della notte sentì gli occhi bruciare, non del fuoco che lo ardeva tanto piacevolmente, ma di un liquido che non versava da tempo. Una fitta alla schiena gli fece capire di essere stato colpito da una freccia, probabilmente intrisa di una tossina paralizzante. Capì il suo errore, che gli aveva impedito il successo: “I miei studi… Sono solo cominciati...”. Fandral Elmocervo, la Mano della Terra, ex Arcidruido degli Elfi della Notte di Darnassus, Druido della Fiamma e Maggiordomo di Ragnaros, signore delle Fiamme, chiuse gli occhi.

   
 
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