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Autore: Devil_san    07/07/2016    1 recensioni
Un Magio che raminga da un eternità nel deserto.
Un desiderio che indugia da secoli tra le stelle.
Un evento non previsto.
Muterà il destino dei vagabondi perduti nella loro solitaria malinconia?
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Yuugi Mouto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non Possiedo Yu-Gi-Oh!
 


Stella Cometa
 

 
Dea del cielo, stenditi su di me,
Fammi penetrare nella vita che è tua.
Non chiudere le porte davanti a me.
Che io possa attraversare il firmamento,
Ed unirmi alle porte dell'aurora.


(Testi dei sarcofagi, 644)
 
 
 
Ankh1 brillava.
La costellazione di Bennu1 teneva artigliata nella zampa, raccolta contro il petto sopra il cuore in segno di raccoglimento, la brillante stella simbolo di vita, la nebulosa cremisi e d'oro dava vita e vivacità alla costellazione come infuocate piume eteree, un ricordo perenne affisso in cielo della sua potenza, lasciando dietro di loro una spolverata violetta come la coda di pavone dai mille occhi.
Con le sue ali spalancate rivolte verso l'alto e il fiero capo alzato, protegge il Nord con il suo stesso corpo, lei, la costellazione più brillante e importante del settentrione.
E il manto stellato, lapislazzuli mutevole dalle mille sfumature, si estendeva glorioso sopra il deserto avvolgendolo all'interno della volta celeste; e una figura solitaria in particolare la osservava con vivido interesse.
Comodamente stravaccato su un tappeto serabend2 con la schiena appoggiata su un raro esemplare di grifone a quattro ali, addormentato sulla distesa di sabbia desertica, i taglienti occhi rossi ammiravano il firmamento con lo stesso fascino e meraviglia della sua prima volta.
Veloci individuavano stelle, localizzavano i pianeti, tracciavano costellazioni antiche e dimenticate e leggevano l'oscuro mistero della storia nascosto nel manto stellato come se fosse un semplice libro illustrato.
Intorno a lui i cammelli legati alle palme della piccola oasi ruminavano le basse piante capaci di resistere all'insidiosa temperatura del deserto oppure erano già accucciati a dormire.
Le stelle non si erano quasi mosse quando il figuro si alzò e si diresse verso la khaima2, fatta dei più preziosi tessuti, stanco dalla giornata turbolenta passata nel deserto tra tempeste di sabbia e corridori delle sabbie1 che avevano cercato di depredarlo dei suoi averi ma che avevano finito di essere loro a essere derubati di tutti i loro averi, cammelli compresi.
Mentre camminava le ombre si strusciarono adoranti alle babbucce di morbida pelle ai suoi piedi, con un semplice gesto della sua mano gentile si dispersero tornando a monitorare i dintorni.
Una mano dalle dita affusolate si infilò tra le ciocche tricolori grattando la nuca mollemente per poi massaggiare il collo indolenzito.
Davanti all'entrata della khaima si fermò un attimo a contemplare il cielo osservando in particolare le lune che fiere si stagliavano nel manto stellato.
L'argentea Thot1 ridacchiava per un qualche scherzo che solo lui sapeva, la dorata Anubis1 dava l'impressione che stesse nascondendo un segreto e la cremisi Sokar1 presagiva un evento straordinario in procinto di verificarsi quella notte. Le due lune bianche come due perle, Hu1 e Sia1,  ruotavano in tondo con più vivacità del solito in orbite irregolari come due cuccioli giocosi in attesa dell'inizio di uno spettacolo emozionante, la piccola e bronzea Selkis1 era meno luminosa quella notte, un annuncio di possibilità di guarire a chi fosse afflitto da mali di cuore. Ma era la nebulosa e sempre coperta da uno strato di fumi cosmici, l'opalescente Shai1, con i suoi casuali mutamenti continui di colore e periodo di orbitazione irregolare ad aver catturato la sua particolare attenzione. Un evento cosmico avrebbe dato il via ai giochi...
Si fermò un attimo, interdetto, cercando di comprendere cosa le sette lune cercassero di rivelare mentre ridevano dei loro segreti condivisi e gli enigmi che sussurravano ai loro accoliti perché li risolvessero e al tempo stesso ridacchiare a loro spese per la loro frustrazione mentre tentavano l'arduo compito, ma fu una scia luminosa intravista nella zona periferica dell'occhio che rispose al suo interrogativo.
Una Stella Cadente.
Era notevolmente sorpreso, un evento del genere lo avrebbe dovuto prevedere già giorni fa, senza contare che non era periodo di piogge meteoritiche, la prossima era tra più di tre mesi.
I suoi occhi meravigliati non si staccarono dalla sua scia mentre la sua mente stava ponderava velocemente per spiegarsi il perché.
Non poteva essere uno sciame meteorico, comete neanche, allora...
Un sorriso sghembo crebbe sul viso.
Quella stelluccia stava letteralmente cadendo giù dal cielo e si sarebbe schiantata qui nel deserto, per la precisione a poche ore dal suo accampamento.
Quel piacevole imprevisto gli avrebbe permesso di rifornirsi di materia formatisi nel cosmo, la materia più impregnata di magia, e con le giuste competenze avrebbe potuto creare potentissimi amuleti e talismani.
Era una vera fortuna.
Ora aveva una comprensione migliore di cosa le lune bisbigliavano tra di loro. Oltre alla possibilità di esprimere un desiderio alla stella, e anche allora le probabilità che si avverasse erano quasi inesistenti, chi fosse riuscito a recuperare la 'carne del cielo' gli avrebbe permesso di rifornirsi di materia impregnata di magia cosmica e con le giuste competenze si sarebbero potuti creare potentissimi amuleti e talismani. E se poi ci fosse stato anche un ib1, un cuore...
Be', la leggenda diceva che avrebbe potuto portare la luce o oscurità nel mondo, dipendeva solo dall'anima di chi lo avrebbe posseduto.
Veloce entrò dentro e pochi minuti dopo ne riuscì con i suoi due khopesh1 ai fianchi, un pesante mantello drappeggiato sulle spalle, una lanterna in una mano e una sella da cammello sulla spalla su cui sopra erano appoggiati svariati sacchi vuoti.
Sellò il più vigoroso dei cammelli e ne legò altri due dietro di esso e conducendolo per le briglie si allontanò dall'accampamento non prima di aver sussurrato all'orecchio del grifone dormiente:«Vado a raccogliere una stella, Nitocris1, torno più tardi.»
La sua unica risposta fu solo un semplice grugnito.
Con un sorriso divertito salì in sella e con un suo semplice comando le bestie si misero in marcia dirigendosi verso la scia luminosa.
Le ombre si innalzarono tentando di avvolgersi intorno a lui, strusciandosi contro come animaletti ansiosi, tentando di trattenerlo lì con loro nella sicurezza del loro raggio d'azione, ma lui le quietò, dall'alto della sella, con un semplice comando:«Torno tra qualche ora. Che nessuno si avvicini fino al mio ritorno.»
Con questo l'oscurità vivente si disperse nuovamente in semplici ombre innocue, anche se alcune di loro, le più ansiose e possessive, si annidarono all'interno delle tenui ombre delle bestie per mantenere una costante vigilanza anche con la sua promessa di ritorno, e questo scatenò un leggero sorriso esasperato pieno d'affetto; e continuò il suo viaggio seguendo la via indicata dalla stella. Il silenzio della notte avvolgeva il deserto, solo il ritmico smottamento della sabbia sulle creste delle alte dune rompevano la tranquillità della notte, in lontananza ogni tanto si sentiva il sibilo di un serpente o il zampettare di uno scorpione, perché anche il battito del cuore risuonava come mille sonagli in quel silenzio senza confini, ma le pericolose bestie stavano lontani dalla piccola carovana.
Avvolto nel suo mantello l'uomo dagli occhi rossi seguiva la via stellata tenendo alla sua destra la stella del Nord, Ma'at1, occhio che tutto vede e porta armonia. Quei lunghi momenti di solitudine sotto le stelle gli ricordarono di quando era più giovane, di quando viaggiava sotto lo stesso cielo, non da solo, ma in compagnia con i suoi vecchi amici e compagni di avventure, gli unici che potevano comprendere la sua vita solitaria e il suo eterno peregrinare. Ricordava ancora la distruzione, l'oscurità e la morte che aveva visto, fautore inconsapevole della distruzione della sua patria che oramai quasi nessuno ricordava se non come una leggenda da raccontare nei giorni dedicati ai ricordi dei tempi passati.
...e ricordava, con acuta e dolorosa chiarezza, il motivo per cui era ancora vivo, lì a calpestare la terra dei suoi antenati invece di riposare già da molto tempo sotto le coltri di sabbia rossa e oro come dovrebbe.
Forse dovrei organizzare una rimpatriata tra di noi, tutta questa solitudine non fa bene al mio spirito. La malinconia attanaglia il mio cuore in ogni momento ultimamente...
Sollevò gli occhi e incrociò la scia luminosa della coda della meteora. A volte vorrei aver trovato la mia anima gemella, quella di cui tanto declamano i poeti, in modo da non essere più essere e poter condividere tutto della vita, nella cattiva e buona sorte.
I suoi occhi rattristati si abbassarono. In modo che questa immortalità non sia più un eterna maledizione.
La cavalcata sulle dune durò a lungo e ne poté calcolare il tempo dal movimento delle stelle nel cielo, sempre in moto e mutamento. Stava scalando un impervio crinale quando ci fu un rombo epocale, seguito quasi immediatamente dal suono di impatto, in cui si sollevò un alta onda di sabbia che superò il profilo della duna e ricadde giù come gocce di spuma di mare e con l'assordante botto che ferì i timpani.
L'aria era calda e odorava di magma e cenere e con un intenso odore di metallo e roccia fusa, facendogli storcere un po' il naso mentre i cammelli spaventati si agitavano, recalcitravano e impennavano per fuggire nella direzione opposta.
Tutto questo non servì ad altro che e fargli spuntare un ghigno sghembo sulle labbra. Con poche abili mosse riprese il controllo degli animali, aiutato dalle ombre che li legarono a terra, e li spronò perché accelerassero l'andatura.
Quando fu in cima al crinale, nella notte coperta da ombre, si stagliava netto il profilo scuro all'orizzonte di affioramenti di roccia rovinati e sbriciolati e un profondo avvallamento. Il sorriso sornione piegava le labbra con gioia e con un semplice comando li lanciò al galoppo.
In pochi minuti giunsero in quella che sembrava una piccola oasi nascosta dalla roccia, che ancora non cedeva le armi al deserto, e ora completamente prosciugata dell'acqua vitale per poter sopravvivere in un zona così estrema. Sul limitare di essa era caduta la meteora, formando un ampio cratere profondo sette cubiti1 e largo più del triplo. Come foglie cadute erano sparsi tutto intorno i detriti minori, ametista di pregevole qualità, e il cuore del corpo celeste era un bocciolo di ametista raffinata pronta a sbocciare puntando i petali verso il cielo per oltre tre cubiti.
Era come se il calice del fiore di pietra preziosa si fosse sparpagliato apposta solo per mettere ancora più in risalto il bocciolo prezioso.
Incantato scese da solo giù per il cratere fumante di vetro appena formatosi, passando ammirato tra i detriti, osservando affascinato oltre al viola della pietra preziosa al suo interno piccoli granelli d'oro che facevano bella mostra di sé, come se fossero le stelle dorate contenute in una viola nebulosa ametista.
Si mosse via da uno dei pezzi più interessanti, un blocco di quarzo che oltre al viola sfumava al bianco calcite con paiuzze d'oro, con un ultima carezza sulla superfici per mettersi finalmente di fronte alla goccia a forma di bocciolo di cristallo viola.
La parte più bassa si era completamente annerita, un colore più simile al quarzo affumicato, e solo se veniva colpita dalla giusta luce delle lune si vedeva un leggero ed etereo riflesso dorato, il resto era rimasto un incontaminato pezzo di ametista pieno di pagliuzze dorate, e così da vicino la sua impressione che ricordasse un bocciolo di fiore si rafforzò, anzi riuscì anche a decidere a quale fiore rassomigliasse: quelli dei loti lillà che un tempo crescevano nelle fontane del palazzo in cui viveva, riempendo del loro fragrante e piacevole odore i giardini, capaci di calmare il suo animo alla loro sola vista quando li teneva tra le mani beandosi al contempo del loro profumo calmante.
Il pensiero dei loti contenuti nel palazzo oramai decaduto insieme alla cittadella che lo circondava furono come un soffio di vento che porta con sé la malinconia di una vita passata e per sempre perduta.
Con movenze lente una mano salì per accarezzare, con la stessa dolcezza di un amante devoto, la fredda pietra. Nell'attimo in cui le punte delle dita sfiorarono il cristallo la sua mente fu aggredita da una lunga e incomprensibile serie di immagini, eventi e sensazioni.
Era sconvolgente.
Come se una lanterna magica4 si fosse messa in azione all'interno del suo cranio gli passarono davanti agli occhi visioni di stelle che nascevano e morivano, lunghi e interminabili viaggi tra stelle, pianeti e nebulose, il passaggio di una cometa colossale che finì per schiantarsi contro un pianeta nano disintegrando entrambi e il confine sconfinato delle galassie...
Cadde in ginocchio, il suo respiro affannoso e le pupille dilatate, incapace di staccare la mano dal cristallo come se fosse attratta da un potente magnete, con uno sforzo enorme alzò gli occhi verso quei petali opalescenti. Anche con la sua mente straziata riuscì a notare rinchiusa nel cuore della gemma un ombra luminescente.
Sotto la sua mano il gioiello iniziò a creparsi e da cui trasparivano raggi di luce bianca accecante ed ebbe la vivida impressione di un sorriso luminoso come il sole un attimo prima che una sensazione di pericolo lo travolgesse con la stessa forza di una tempesta di sabbia. Per istinto creò una barriera di oscurità intorno a sé, e subito dopo le crepe si estesero più veloci di un cobra che attacca la sfortunata preda per tutta la superficie illuminando il cratere come un faro per poi esplodere con violenza inaudita.
Frammenti di gemma viola volarono ben oltre il cratere rischiando di ferire i cammelli lasciati in attesa sul ciglio che tentarono di allontanarsi di lì di corsa ma ombre selvagge li fermarono per le briglie e creando per loro una barriera protettiva.
Si ritrovò spazzato via in aria per ricadere su un grosso frammento di roccia granitica, diversi piedi più in là, che si disintegrò a contatto con le ombre; migliaia di frammenti volanti e scintillanti come vetro si infransero sull'oscurità creando una nebbia viola di polvere di cristallo viola. Un momento dopo la calma tornò all'interno del cratere, oramai tutto ricoperto di scintillante sabbia violacea.
Con un gesto della mano dissipò la barriera per rimanere subito di stucco allo spettacolo davanti a sé.
Il loto era sbocciato.
Fini e delicati petali d'ametista si incurvavano elegantemente verso le stelle, celando al viaggiatore disattento i piccoli misteri della natura.
Un opalescente raggio di Shai fece scintillare le paiuzze dorate che si erano accumulate quasi completamente sulle punte di ogni singolo aggraziato petalo. Con lentezza esasperante dovuta alla stanchezza mentale si rialzò in piedi, si spolverò dalla sabbia per poi inerpicarsi tra gli aggraziati petali.
Non appena fece capolino da oltre la corolla i suoi occhi si spalancarono alla vista del tesoro celato all'interno fino a pochi attimi fa.
Nettare delle stelle.
Cuore del cielo.
Cometa viva.
Un giovane ragazzo dalla pelle d'alabastro riposava nudo e su un fianco in posizione rannicchiata. Le braccia piegate vicino alla testa nascondevano gran parte dei dettagli del volto delicato. Scavalcando la corolla, si affiancò alla figura inginocchiandosi a terra. Da sotto il mantello tirò fuori la lanterna, che tenne all'altezza del viso, che immediatamente si animò con una fiammella tenue capace di fare un po' di luce in quella situazione piena di ombre.
Con occhi affascinati scostò, con una mano color delle sabbie desertiche, le sottili braccia dal viso di maiolica. Con infinita cura prese tra le sue dita affusolate il mento del giovane voltandolo verso di lui, la completa vista della bellezza davanti al lui incantò il suo cuore ancor di più.
Non si sarebbe mai stancato di rimirare questa stella.
L'angelico viso a cuore era incorniciato da ciocche bionde e sormontate da una folta capigliatura nera a forma di stella con riflessi ametista sulle punte e il suo minuto e androgino corpo servivano solo ad inibire il pensiero coerente.
Appoggiò la lanterna di fianco a sé e con le braccia portò la testa della bellezza caduta dal cielo contro il suo petto. Non riuscì a trattenersi ad accarezzare, senza fretta, con le nocche una guancia d'alabastro, morbida come seta e piena come una luna, ma il suo cuore fu irrimediabilmente rubato quando le palpebre rivelarono due grandi occhi color ametista cosparsi di stelle.
I loro sguardi si incatenarono l'uno nell'altro e il sorriso che gli rivolse fu l'angelico sorriso dell'innocenza viva; una mano con lentezza esasperante si sollevò e toccò con curiosità la sua guancia. Un sospiro soddisfatto sfuggì da quelle labbra a cuore, l'altro prese tra le sue dita color sabbia la mano curiosa tenendola come se fosse il più delicato dei fiori.
Gli occhi sorridenti e stanchi infine vennero nascosti lentamente dalle palpebre, e il piccolo si addormentò tranquillo e fiducioso tra le braccia sicure e protettive dello straniero del deserto.
Questo gesto sembrò far scattare fuori dall'incanto in cui era caduto l'uomo e subito si slacciò il mantello per avvolgerlo con infinita cura intorno al corpo del giovane.
Prendendolo tra le sue braccia si accinse a lasciare il loto, ombre fumose gli si arricciarono ai piedi e levitando ne uscì fuori atterrando con eleganza sulla sabbia. Senza mai davvero staccare gli occhi dal figlio delle stelle risalì il pendio evitando i detriti di rara bellezza ma che erano insignificanti in confronto al tesoro che aveva tra le braccia.
Giunto ai cammelli avvertì il loro terrore in presenza delle ombre che li tenevano, la sua attenzione si spostò per un attimo ai fumosi riccioli neri che si arricciavano con aspettativa. Chinò la testa in segno di ringraziamento e le ombre si agitarono compiaciute, poi con grata voce autorevole parlò:«Potete lasciarli andare adesso, non fuggiranno.»  Riorganizzando la sua presa sulla creatura celeste appoggiò la sua mano sul muso di quello che aveva cavalcato e in pochi attimi si calmò grazie alla sua aura tranquilla. La reazione fu a catena e in poco tempo gli altri due si furono calmati e di conseguenza le ombre rilasciarono loro le briglie.
Come se un pensiero improvviso parlò ad alta voce:«Se venite con me vi ricompenserò per il vostro gentile aiuto.»
A quelle parole le ombre si arricciarono febbrilmente in eccitazione andando ad arricciarsi intorno alle ombre delle bestie da soma in impaziente attesa. Divertito fece accovacciare il camelide per poi salirci sopra tenendo il giovane contro il petto. Con un suo comando si risollevò e lo diresse sul bordo del cratere per osservare la pietra preziosa sparsa sul terreno.
Il suo viso era pensieroso, indeciso di cosa fare. L'ametista meteoritica aveva un grande potere magico, in più tenendo conto di quello che poteva essere, no, sicuramente era il ragazzo, avrebbe dato il via una caccia selvaggia per poter mettere le mani su merce così rara, mettendo in pericolo la giovane stella. Sarebbe sicuramente stato catturato, venduto e utilizzato nei modi più ignobili.
Prese infine una decisione.
Tese una mano con un ampio gesto del polso e subito una nuvola di ombre avvolse il luogo, per poi sparire lasciandolo senza alcuna traccia del fatto appena avvenuto.
Le tracce per gli avidi cacciatori di tesori erano state appena distrutte.
Non avrebbe permesso loro di fargli del male.
...e i sacchi che si era portato dietro rimasero inutilizzati.
Soddisfatto, voltò la sua cavalcatura e la indirizzò verso l'accampamento. Con lo sguardo puntato verso Bennu, e Ma'at, il suo occhio che indica il Nord per tutti i fedeli ammiratori delle stelle, percorse con sicurezza la via del ritorno.
Una leggera brezza calda da Ovest soffiava sulle dune sollevando la leggera sabbia mutando poco a poco il profilo delle dune, il silenzio era sovrano e distrattamente notò che viaggiavano più veloci dell'andata, era pronto a scommettere che le ombre che lo seguivano ne erano la causa. Sorrise sghembo abbassando lo sguardo al ragazzo che teneva tra le braccia e subito si fece pensieroso.
La sua mente vagò verso un vecchio ricordo, la notte aveva questo effetto su di lui, di quando era ancora giovane e mortale che viaggiava per il deserto insieme al suo compagno di sventure e la loro salvatrice.
Il ricordo di una notte senza lune, la notte in cui aveva ricevuto un enigmatica risposta.
 
...«Tu sai di chi mi innamorerò?»
Lei lo fissò sorpresa da sopra il suo fiasco e Bak'ra si fermò dall'affilare il suo coltello per guardare interessato la donna che era stata presa per una volta in contropiede:«Pardon?»
«Tu sai di chi mi innamorerò?» ripeté con infinita pazienza alla perplessa.
«Come mai questa domanda?» chiese un po' persa di questa curiosità improvvisa. In fin dei conti era solo un marmocchio che non aveva neppure raggiunto la pubertà.
Le sue guance color del caramello si scurirono imbarazzate:«Sono curioso.»
Lei solo sollevò un sopracciglio, scettica:«Solo?»
Le sue guance si gonfiarono indispettito:«Non so leggerlo, ancora.»
Sentendolo brontolare replicò secca:«Ovvio, non sai cosa cercare.»
Si tese in avanti:«Così, lo sai?» domandò speranzoso facendola indietreggiare sorpresa dalla sua baldanza.
«Così su due piedi...» strascicò titubante ma allo sguardo speranzoso sospirò sconfitta.
Mormorando maldicenze su marmocchi ficcanaso e curiosità precoce sollevò gli occhi al cielo in contemplazione mentre svelava il segreto celato nei ricami del manto stellato. Infine sorseggiò il suo vino di serpente2 e finalmente diede il suo responso:«Be', Atemu, da quel che vedo tu ti innamorerai di una stella.»le si sollevò un sopracciglio intrigato:«Un colpo di fulmine... addirittura.»
Silenzio attonito. Poi...
«Come!?» questa era una risposta inaspettata. Non ebbe neanche il tempo per assimilare la notizia, che sì, è mortalmente seria, che una risata derisoria ruppe l'aria:«Ah! Il futuro grande Magio2 si innamorerà di una stella! Che sfortuna!»
La beffarda risata stava già per riscappare dalla gola dell'altro giovane dai capelli bianchi ma fu troncata sul nascere da una constatazione della loro salvatrice:«Veramente neanche tu sei messo meglio, Bak'ra, visto che ti innamorerai di un gatto.»
Silenzio.
«COSA!?» fu l'urlo sputacchiante del Ladro principiante.
«Eh già, le stelle non mentono.» fu la tranquillissima e impassibile risposta.
La sua rabbia nascente per l'essere sbeffeggiato venne immediatamente soppressa alla notizia e non riuscì a trattenersi dal canzonarlo:«E adesso chi è che ride, oh Grande Ladro?Ben presto dovremmo aggiungere Gattaro ai tuoi stimati tito-»
Le mani alla gola lo bloccarono efficacemente dal finire la sua beffa mentre gli veniva sibilato contro con rabbia:«Non è divertente.»
Subito reagì mollandogli una ginocchiata contro riuscendo efficacemente a levarselo di dosso, ma ben presto si trasformò in una zuffa in piena regola, con pugni e calci che volavano a destra e manca.
Ridacchiando la donna ordinò loro:«D'accordo, adesso finitela.»
Vedendo che non la ascoltavano, fatto normale quando erano impegnati a tentare di scannarsi l'un  l'altro, con un movimento aggraziato. ripetuto migliaia di volte, lanciò loro contro la bottiglia di liquore in mano.
La lotta si fermò immediatamente quando il vetro si ruppe contro la parete sopra le loro teste, facendoli voltare verso di lei terrorizzati.
«Potevi colpirci.»
La loro unica risposta fu una sonora risata argentina.
Una solita serata...
 
«Stronza.» mormorò Atemu con un sorriso mentre ricordava quell'antica memoria:«Mai una risposta chiara, sempre misteri.» continuò a inveire dolcemente contro di lei:«Ma avevi ragione, sempre dannatamente ragione. Mi sono davvero innamorato di una stella, e della stella più bella in tutto l'universo.»
I suoi occhi tornarono a contemplare il suo gioiello personale con espressione morbida per poi tornare a cavalcare regalmente seguendo Ma'at. I ricordi ormai stuzzicati iniziarono a serpeggiare maliziosamente, ricordandogli viaggi di tempi oramai passati e sepolti nelle sabbie, di tutti i guai che lui e Bak'ra avevano combinato volontariamente e non, facendo preoccupare e divertire al tempo stesso la loro salvatrice, la donna che gli aveva insegnato di più sulla vita di chiunque altro.
Impressi nella memoria vivevano ancora gli estenuanti allenamenti tra dune, uadi e canyon per rafforzare mente e corpo, di quando vicino alla Montagna del Silenzio1 presso le tombe dei Re del Deserto4 gli venivano svelati i più arcani segreti dell'arte del Magio, il mistero della magia delle stelle.
Lui e Bak'ra per una sfortunata serie di circostanze si erano incontrati grazie a lei che li aveva salvati, prima uno poi l'altro, da una morte insidiosa nascosta nelle sabbie.
Essere salvati da una morte orribile per poi essere costretti a vivere per sempre, maledetti per l'eternità a non essere niente più che un labile ricordo, come queste dune, che con i cammelli incideva il suo passaggio già dimenticato e svanito nei fini granelli, che si innalzano e calavano nei secoli, sempre uguali e diverse, senza nome e memoria propria.
Due sentieri che si incrociavano e si dividevano, continuamente alla ricerca di un motivo di vita, ma già dimenticato non appena la terra natia era lasciata alle spalle, alla ricerca di qualcosa oltre il deserto, fuori e dentro di loro.
Sentieri divisi già da trecento anni, dopo aver celebrato insieme la congiunzione astrale di tutti e nove i pianeti con i tre soli, bevendo in memoria del passato, dei morti e delle ombre.
In effetti sarebbe stata una buona cosa scoprire cosa stava combinando e piombargli tra capo e collo senza avvertire, come lui spesso si divertiva a fare quando erano ancora giovani e la vita non li aveva ancora disillusi ma era ancora piena di sorprese; non sarebbe stato male, anzi, anche divertente se fosse riuscito a sorprenderlo.
L'oasi entrò finalmente in vista dall'alto del crinale, piccolo specchio d'acqua circondato da poche palme, pochi ciuffi d'erba e centenari alberi di sicomoro che resistevano contro l'aspra natura del deserto.
L'aurora faceva capolino all'orizzonte, nascondendo con delicatezza le gloriose stelle e preannunciando, come un araldo alla corte degli dei, la venuta solenne di Atum1, Horakthy1 e Kephri1 che avrebbero scaldato questa terra sotto i loro raggi d'oro.
Le ombre guardiane subito si arricciarono ai suoi piedi non appena toccò terra, informandolo con sibili silenziosi della notte e soprattutto in attesa di un commento di lode. Con pochi cenni silenziosi sedò il loro entusiasmo, li ringraziò e subito le indirizzò a portare i cammelli al branco e iniziare a prendersi cura di loro.
Subito si mossero togliendo i sacchi vuoti e la sella dalle loro groppe per poi portarli alla fonte. Le ombre che lo avevano seguito invece liberarono dalle loro spire nebbiose di un altro mondo i frammenti della meteora vicino al carro posto poco lontano dalla tenda. Intanto lui era già dentro la khaima dai sontuosi tessuti, ricchi di arabeschi ricami in oro sui drappi rossi, arancio e gialli, scostando il velario lo posò sui morbidi cuscini di velluto del letto circolare a terra sfilandogli il mantello prontamente preso da alcune ombre che si adoperarono a metterlo via in uno dei raffinati bauli intagliati di legno pregiato e lo coprì con cura con le leggere coperte di lana riccamente ricamate.
L'angelico viso d'alabastro circondato da stoffe dai caldi colori risaltava come uno specchio d'acqua nel deserto, bianca gemma contornata di nero, giallo e viola circondata da topazi, corniole e rubini.
Le nocche della mano sfioravano con riverenza la morbida guancia perlacea, estasiate le punte delle dita svolazzavano sopra labbra rosee, gli occhi vermigli erano incantati alla vista, impossibilitati a levarsi dal gioiello caduto dal cielo, figlio delle stelle.
Non percepì lo scorrere del tempo, la contemplazione del fiore sbocciato nel deserto, assorbiva tutta la sua attenzione così come la sua venerazione nel vezzeggiare la guancia nella lenta, ritmica e regolare carezza delle nocche color del rame.
Fu l'alba a svegliarlo dall'incanto.
I raggi d'oro illuminarono la khaima dal bordeaux cupo, al ruggine, al tramonto creando onde di riflessi color sabbia sulla pelle della stella. Con un tenero bacio finale sulla fronte si alzò con grazia dalla sua posizione accovacciata e si diresse fuori per occuparsi di tutte le piccole faccende quotidiane, uguali a se stesse ogni giorno.
Ma non prima di godersi l'alba.
 
–—
 
Occhi ametista.
Meravigliosi occhi ametista.
Gemme vive dal vibrante colore, punteggiate di stelle d'oro in quelle due nebulose viola. Mini galassie nascevano e morivano in quei due specchi di vita, costellazioni dimenticate brillavano intense prima di svanire via come stelle cadenti e la luce cinerea3 si dissolveva pian piano via, rischiarando ancor di più la luminosità di quei occhi ammalianti.
Inginocchiato accanto a lui i suoi occhi rubino non riuscivano a stancarsi a fissare quei due piccoli gioielli. Piano, senza fretta, lo aiutò a sollevare il capo e lo invitò a bere, da una piccola coppa preziosa, limpida acqua.
Ma i suoi occhi solo si focalizzarono su di lui e un accenno di sorriso si increspò su quelle labbra prima che quegli occhi stellati furono nascosti dalle bianche palpebre riconducendolo a vagare nei sogni.
Non riuscì a resistere e lentamente lo avvolse in un abbraccio delicato nascondendo il capo del giovane sotto il suo mento, adorante e protettivo. I momenti spesi nell'abbraccio non li conto, poiché erano un eternità di armonia nascosta in un singolo attimo.
Il gracchiare di Nitocris ruppe il momento, riportandolo alla realtà. Lo rimboccò sotto le coperte d'oro e cremisi, assicurandosi che fosse comodo e con un bacio finale sulla fronte si diresse fuori dalla khaima.
La sabbia del tempo scorreva.
 
–—
 
Era il tramonto.
Era il tramonto quando venne di nuovo incatenato a quei due gioielli ametista.
La luce dei soli morenti sfumava i drappi ruggine della tenda in un profondo rosso cupo, esaltando le linee del viso di quel pallido volto. Semi sdraiato sui cuscini, aiutandosi col gomito a restare sollevato, quegli occhi sorprendenti lo fissavano inchiodandolo all'entrata della khaima, stordendolo.
Non si aspettava che si risvegliasse così in fretta.
Un battito di cuore e lui era già seduto accanto alla stella.
«Come ti senti?» Il bisso nero damascato del suo kaftano2 si drappeggiò intorno a lui morbidamente, rinchiudendolo in un bozzolo di ghirigori d'oro.
«Bene.» Un sorriso gli adornò le labbra:«Sei stato tu, vero?»
«Io cosa?»
«Non lo sai?»
Il silenzio fu la sua risposta.
La coperta scivolò via fluidamente lasciando scoperto il torso, liscio e fragile come i famosi vetri creati sulla città dell'acqua, e stese la mano verso la sua guancia ramata ma bloccandosi a un soffio dalla pelle. I loro occhi si incontrarono di nuovo:«Posso?»
Ammiccò in assenso.
Trepidante posò la mano, incerta, e con la stessa attenzione  con un cui si maneggia un oggetto delicato, accarezzò la guancia, il pollice strofinando delicatamente lo zigomo, risalì verso l'alto sorpassando l'occhio rubino e stuzzicando con i polpastrelli le ciglia nere. Infine lambì quelle gloriose ciocche nere dai riflessi rossi, che sfidavano la gravità formando una stella dalle molte punte, e attorcigliò intorno alle dita una delle ciocche bionde che imperterrite erano rizzate verso l'alto come fulmini e saette.
Atemu si godeva con piacere, come un gatto contento, le carezze simili a quelle di un amante amorevole. Era da tanto che qualcuno lo accarezzava con tale gentilezza per puro fascino e non per semplice leziosità come tutti gli altri. Per quanto gli incontri potessero essere piacevoli finivano per lasciarlo sempre insoddisfatto.
La mano scivolò giù, si posò sulla sua più grande e intrecciò le dita guardando affascinato il contrasto tra le loro due pelli:«Siamo simili.» sussurrò come se stesse svelando un segreto.
La mano d'ambra si sciolse dalla presa e portò la mano di porcellana alle labbra donandogli un tenero bacio:«Vero, ma non uguali.»
Rilasciandolo dalla sua presa si sollevò dalla sua posizione dirigendosi in un lento cadenzato verso l'uscita per poi fermarsi sulla soglia, si girò verso di lui di profilo lasciando che le ombre oscurassero i suoi lineamenti, tuttavia erano incapaci di nascondere la linea arricciata del suo sorriso gentile, che continuava a fissarlo con i suoi occhi scintillanti.
«Ci sono delle vesti che dovrebbero essere della tua misura sul tavolo.»
La tentazione lo attanagliava.
Inclinò la testa:«Sarò fuori mentre ti vesti.»
E fuggì.
 
–—
 
Con le stelle che veementemente si stagliavano fieramente nel manto scuro della notte presidiato dalle orgogliose lune, i due stavano intorno al fuoco a godersi il suo calore, il Magio giocherellando con le dita con un frammento di ametista cosmica che aveva recuperato poco prima e la Stella Cometa sgranocchiando sempre un frammento di esso.
I due si erano finalmente presentati quando era infine uscito dalla tenda con un kaftano blu notte sulle spalle e dei morbidi pantaloni neri a sbuffo con i perlacei piedi nudi che si arricciavano sulla sabbia deliziati dal calore.
 
...«Io sono Atemu, il Faraone Magio.»
Un sorriso sincero:«Io sono Yugi, Stella Cometa.»...
 
Il silenzio irreale della notte era inframmentato da un scintillante scoppiettio delle braci e il rumore ritmico e pietroso di roccia frantumata l'una contro l'altro. Ne vento o il sibilo di un serpente osava disturbare la quiete e gli scambi di sguardi tra di loro, ognuno fermo nella sua contemplazione.
Lo smottamento della sabbia vicino alla sua mano lo fece voltare e vide un grosso scorpione nero zampettare via verso la natura infernale lontana da quel piccolo angolo di paradiso.
Lentamente e deliberatamente lo fece salire sul dorso della sua mano color del caramello incatenando i loro sguardo in un muto rispetto.
Nitocris si distese dietro di lui, appoggiando il fianco morbido e soffice contro la sua schiena mentre fissava in tralice il pericoloso animale che il suo padrone teneva sconsideratamente sopra le nocche.
«Non sei curioso?»
Staccando lo sguardo lo portò sul suo ospite che continuava a sgranocchiare famelico i vari frammenti che si era portato vicino al fuoco per poterli mangiare in compagnia:«Curioso di cosa?»
Un mezzo sorriso:«Di me.»
«Sono un Magio, conosco le stelle.» Un sorriso saputo gli increspò le labbra:«Anche se devo ammettere che mi aspettavo una meteora e non una cometa.»
«Quindi sai?»
Un cenno di assenso:«Anche se c'è una cosa che mi chiedo: quando ho toccato il bozzolo in cui eri racchiuso nella mia mente si sono infiltrate migliaia di immagini del cosmo che mutava, esperienze che non ho mai vissuto. Sai il perché?»
Yugi si spolverò le mani nella sabbia fissando il suo sguardo sulle fiamme danzanti:«Non lo sai?» e senza aspettare risposta continuò:«Sono una Stella Cometa, o meglio Cadente in questo caso, sono letteralmente caduto dal cielo e non posso muovermi sulla terra nella forma in cui viaggio nel cielo.»Volse il capo di sbieco osservandolo interessato:«Quello che hai sperimentato è la Risonanza. Se una Cometa prima di mutare naturalmente forma entra in contato con una vita nativa del pianeta in cui è atterrato avrà uno scambio di conoscenze tra sé e l'altro. Senza contare che accelera considerevolmente il processo di trasformazione.» Con un sorriso smagliante rivolto a lui continuò:«Scommetto che sarai sorpreso di quante cose scoprirai non appena ti addormenterai.»
Una mano pensosa sul mento:«Quindi è per questo che hai dormito per tutto il giorno, vero? Stavi metabolizzando le informazioni raccolte da me.»
Senza pensare sovrappose le dita delle mani permettendo al nero scorpione di commutare luogo di residenza zampettando mortalmente lungo le dita che ballavano un lento valzer:«Ed è per questo che capisci e parli la mia lingua.»
La cometa iniziò a macinare un altro petalo, e tra un boccone e un altro rispose:«Sì, anche se non ne ho diretta esperienza so le cose, ne conosco il concetto anche se non l'ho mai visto.» Sbuffò:«Ho ancora tanto da scoprire.»
«Quindi sai cosa è questo anche se non l'hai mai visto prima?» gli chiese con un sorriso mostrandogli la bestia mortale sul suo dorso avvicinandolo alla luce emessa dalle bracci dormienti.
Sollevò un sopracciglio contemplativo:«Uno scorpione, giusto? Perché, davvero, tutti i concetti si stanno scontrando l'uno contro l'altro come asteroidi erranti dentro la testa.»
«Esatto.» rispose con un sorriso soddisfatto.
Lascio scivolare la mano fino a terra e con studiata calma lo scorpione scese giù dal suo piedistallo e zampettò via sulla sabbia verso la notte scura.
Un silenzio comodo cadde su di loro, Yugi finendo il suo pasto e Atemu, comodamente accoccolato contro il fianco di Nicotris, con la testa rivolta verso il firmamento. Fu solo quando l'ultimo pezzo di gemma cosmica svanì nello stomaco della Cometa che il Magio pose una domanda cruciale per lui:«Mangi solo pietre preziose?»
«Oh no.» rispose sincero per poi guardarlo attraverso le ciglia birichine:«Cos'è, paura che finisca per mangiarmi tutta la terra?»
La mano caramello si mosse in un pigro gesto esasperato:«No no. E' solo che nella mia arte di Sau1 il materiale proveniente al di là delle stelle è una risorsa rara e preziosa.»
Una risata cristallina incantò l'aria con la sua gioia:«Tranquillo, entro una settimana le mie energie torneranno a un livello normale e inizierò a mangiare qualsiasi tipo di roccia o pietra.» i suoi occhi ritornarono a possedere il loro scintillio malizioso:« E avrai abbastanza ametista con cui giocare.»
«Non ci gioco! Ma amuleti! Talismani! Tra i più potenti che si possono creare!» esclamò imbronciato.
La risata successiva era incantevole come una pioggia di stelle cadenti, illuminando ininterrottamente il cielo scuro con una continua scia di pallidi nastri che riempiva il cuore con il loro magico fascino.
Non riuscì a trattenere il sorriso spontaneo che sorse al suono argentino, godendosi gli attimi di pace e contentezza svolazzanti nella sua anima.
Neri viticci di ombre serpeggiavano intorno al bivacco e alcuni, come serpenti, strisciarono verso di loro; al Magio strofinandosi contro con adorazione in cerca di attenzioni, alla Cometa guardinghi e curiosi giravano intorno a meri pollici di distanza.
Atemu senza pensare tese la mano e gli si arricciarono gioiosi ed esultanti intorno al polso come dei cuccioli festanti il cui padrone stava loro dedicando le sue attenzioni, con il pollice iniziò lentamente ad accarezzarli distrattamente mentre tirava fuori da sotto la veste quella che sembra una piccola pietra rugoso e rovinata ma che riluceva opacamente, eppure oltre il suo aspetto sgraziato si poteva notare un odore forte e gradevole che rilassava i sensi. Con un aggraziato movimento il pezzo volò via dalle lunghe dita scure alle bracci ardenti che per un attimo ripresero forza e vita, sfidando la notte, con una piccola fiammella ardente che crepitò sulla superficie della pietra odorosa che sprigionò un profumo ancora più intenso che si espanse nell'aria come un caldo e morbido mantello di lana avvolgendoli nel suo calore.
Con un sospiro contento Yugi si lasciò piacevolmente avvolgere dalla nuova fragranza e di sottecchi guardò le ombre agitarsi ancor più di prima, girando e strisciando eccitate intorno a loro per avvicinarsi ancor di più alle braci incandescenti.
«Cosa sono?» chiese indicando in particolare un ombra  piuttosto curiosa che non la smetteva di girargli intorno. Accasciato comodamente sul fulvo pelo di Nicotris con gli occhi chiusi Atemu sollevò le palpebre pigramente e una sopracciglia si sollevò saccentemente:«Non lo sai?»
Un rotolio degli occhi:«Rispondi e basta.»
«Sono Ombre, ombre vive e senzienti, anche se trovo che hanno la mentalità e il comportamento di un bambino.»
L'ombra attorcigliatasi sul suo polso gli schiaffeggiò la guancia in rappresaglia. Il ciaff! fu soddisfacente. Con un sbuffo divertito riprese ad accarezzarlo con il pollice.
Con un inclinazione della testa pensierosa Yugi diede voce al suo dubbio successivo:«Perché sono qui?»
La domanda galleggiava nell'aria, pesante e piena di altre parole non pronunciate, desiderose che vengano comunque ascoltate così che possano essere risposte, collimando dolorosamente in un unica domanda che in piccolo chiedeva molto di più. Perché quando si ricorda si desidera capire.
«A loro piace la mia compagnia e in cambio ho la loro lealtà.»
Un cipiglio confuso lo incontrò e allora il suo sguardo cadde sull'ombra che si contraeva deliziata sotto il suo tocco e con parole attente spiegò:«Io... non sono un semplice Magio.» i suoi occhi si sollevarono istintivamente verso le lune circondate dalle scintillanti stelle:«Molto tempo fa, quando ero ancora un giovane Magio e Faraone, una maledizione dimenticata colpì la città in cui vivevo ...e mentre tutta la restante popolazione perì, io e un mio amico fummo gli unici che sopravvissero; anche se la nostra natura di umani mutò irrimediabilmente.» I suoi occhi si collegarono a quelli affascinati dalla stella che lo ascoltava rapito:«Sono uno Sheut1, ovvero un Ombra con un anima, per sempre maledetto a vagare per il mondo.»
Il non detto 'per sempre solo' gravava pesantemente nell'atmosfera che si era andata a creare, un doloroso lutto di cosa si era lasciato alle spalle, memorie in grado di opprimere il cuore, tormentose come sabbie mobili che lentamente, inesorabilmente ti si chiudono addosso senza lasciarti vie di fuga da quel mostro chiamato Ricordo.
La Cometa distolse lo sguardo, incapace di sostenere quello sguardo pieno di dolore e malinconia per un futuro perduto, un dolore simile al suo che come le spire di un serpente vizioso ancora attanagliavano il suo cuore.
Un dolce trillare catturò la sua attenzione e inclinò il capo per scorgere l'immortale venire coccolato dalle ombre che gli serpeggiavano addosso con la grazia dei granelli di sabbia, portati dal vento venuto dal mare, che dolcemente ti sfiorano la pelle portando con sé l'odore salmastro delle onde e di terre lontane, e Nicotris che come un mamma falco lo consolava sfiorandogli il capo con il becco acuminato. Fu in quel momento che l'ombra curiosa lo sfiorò timidamente per poi subito tornare a girargli intorno con fare più frenetico di prima. Sorpreso e un po' divertito tese la mano in cui si tuffo e gli si attorcigliava strisciando con frenesia scomposta sul palmo, tra le dita e il polso.
Con gli occhi fissi sulla sua mano usata come giostra considerò la storia dell'altro:«Sai, le nostre storie sono simili in un certo senso.»
Il Magio lo fissò con penetranti occhi malinconici mentre ascoltava le parole dell'altro:«Le Comete, o viaggiano in uno sciame o sono solitarie. Io, quando ero molto giovane, una Cometa appena formata, ero un viaggiatore solitario e a volte incontrare qualcuno era più raro che assistere alla morte di una stella. Poi, così, all'improvviso, incontrai tra le macerie di un vecchio pianeta un altra Cometa come me, molto più vecchia di me. Siamo finiti per viaggiare insieme per le galassie, io e Soguroku, finendo con io chiamarlo 'Jii-chan' e lui considerandomi alla stregua di un nipote nel lungo tempo passato insieme mentre mi raccontava le storie di tutte le cose che aveva visto e vissuto.»
Finalmente alzò gli occhi pieni di dolore e lacrime non versate:«E poi alla fine è morto, tutto il suo nucleo andato e disperso nello spazio.»un sorriso mesto:«E così eccomi qui, tutto solo e senza più nessuno. Nemmeno uno che mi racconti una storia.» Una lacrima traditrice sgattaiolò via lungo la guancia:«Era il migliore a raccontare storie, il Cantastorie dell'universo.»
L'aria era densa e sciropposa di vecchie tragedie che appannavano gli occhi e offuscavano col lutto antico e mai tolto, vissuto con immenso cordoglio nel cuore, rubando via la tranquillità che appartiene alla notte e riempendola  invece di dolore, come vecchie cicatrici che mai si cicatrizzano completamente e sono pronte a sanguinare non appena vengono sfiorate.
Il silenzio distoglieva l'attenzione dalla vita focalizzando il pensiero su se stessi e i morti che si aveva amato, in un cerchio senza fine di pensiero di solitudine e sofferenza.
Ma una bava di brezza sorvolò i granelli di sabbia, sfiorò le cime delle dune creando giochi di sabbia e polvere che sostenuti dal calmo e lenitivo vento giunsero ad accarezzare i raminghi che sorpresi sollevarono gli occhi per incontrare la vista dell'immensa e mozzafiato volta stellata che li accoglieva sotto il suo benevole manto di seta damascata.
«C'era una volta» iniziò Atemu incrociando le dita e catturando l'attenzione di Yugi:«un mercante che possedeva grandi ricchezze. Un giorno, poiché un affare importante lo chiamava lontano dal luogo ove soggiornava, salì a cavallo e partì con una valigia in cui aveva riposta una piccola provvista di biscotti e di datteri, dovendo attraversare un paese deserto dove non avrebbe trovato di che vivere.»
Intuendo lo scopo del racconto Yugi si sistemò comodamente sulla sabbia e si mise ad ascoltare con attenzione la storia con un sorriso riconoscente.
«Arrivò senza nessun incidente al luogo indicato e, quando ebbe sbrigato il suo affare, risalì a cavallo per tornarsene a casa.»
Con il sollievo che si innalzava poco a poco intorno al fuoco le parole si dispersero nel vento senza essere colte che da poche orecchie attente.
«Il quarto giorno del suo viaggio, faceva così caldo e il sole bruciava tanto che egli decise di abbandonare il cammino...2»
 
–—
 
...Un ombra immensa e strisciante serpeggiava tra le case scolpite nella pietra sopraffacendo le persone che fuggivano via tra le strade cercando di allontanarsi dalla morte nera che li trascinava nella polvere uccidendoli tra le sue spire...
 
...Solo. Era solo a vagare tra le stelle e nebulose. Fin dove si estendeva il suo sguardo, circondato dalla bellezza del cosmo, era l'unico essere vivente a muoversi in esso. Era solo...
 
...Il suo sguardo orripilato fissava, incapace di volgere via allo spettacolo raccapricciante della morte del suo popolo, incapace di aiutare in qualsiasi modo, intrappolato tra le spire delle ombre impazzite che lottavano per soffocarlo nel loro abbraccio di morte...
 
...Era così solo. Una secolare esistenza solitaria tra le meraviglie sospese nel vuoto lontano dagli altri nomadi delle stelle, perfidi e crudeli con i solitari...
 
...Giaceva impotente sul balcone mentre le ombre si infiltravano dentro il suo corpo, mente e anima tentando di infrangerli con il loro potere...
 
...Una voce. Vecchia. Giocosa...
 
...Ormai lontana, dentro il palazzo del potere, una risata maniacale venata di follia e dai sottotoni di malvagità riecheggiava tra le mure ornate di arabeschi e simboli di potere fino a raggiungere le sue orecchie che rimbombavano ancora con le grida di paura e disperazione dei suoi concittadini...
 
...Compagnia. Gli raccontava storie e racconti di cosa aveva visto e vissuto. Gli mostrava le meraviglie dell'universo e come vivere in armonia con esse. Era un tutt'uno con l'universo. Non era più solo...
 
...Tutta questa morte e desolazione per colpa di un solo Pazzo, un Mostro...
 
...Morto. Era morto. Era di nuovo solo. Era stanco di essere solo...
 
–—
 
Le lune si erano nascoste, come ogni giorno come allora fino alla fine del tempo, dietro la luce di Atum e Horakthy e Kephri che danzavano in tondo fin dall'inizio dei tempi.
Anche le ultime stelle ritardatarie si era infine ritirate portando via con se i segreti sussurrati durante la notte, anche l'ultimo che fu sussurrato dietro la cortina dai pesanti drappi di una khaima piantata accanto a un oasi sconosciuta ai più.
I sussurri malinconici di anime solitarie prima che cadessero nell'abbraccio del sonno.
...«Posso accodarmi al tuo vagabondaggio? ...Almeno per un po'?»
«Puoi venire con me fin quando vuoi, Stellina.»...
 
–—
 
«... e quella lì è la stella Djet.1»
«Fa parte dell'asterismo3 dei Sette Geroglifici, giusto?»
«Sì, e se guardi alla sua destra puoi intravedere circa a un pollice di distanza Osiride1, uno dei sette pianeti che ruotano intorno ai tre soli.»
«Atum è quello dorato, Horakthy è color platino e Kephri è color del bronzo.»
«Esatto. ...Sai, il giorno che sono nato Osiride occultò3 Djet. Mia madre mi ha sempre raccontato che la notte in cui sono nato Osiride brillava invece del suo solito color blu zaffiro di un intenso rosso rubino. Era sicura che fosse un segno del destino, che io sarei stato un grande.»
«Destino o no, tu sei qui ora. Un grande nel tuo pieno diritto come tua madre credeva.»
«Ne sei convinto?»
«Certo, chi altro conosci capace di non cadere nel baratro della disperazione dopo tutto quello che la vita ti ha buttato addosso?»
«...Forse hai ragione.»
 
–—
 
«Dove nascono le comete?»
«Non hai sognato i miei ricordi?»
«E tu non hai sognato i miei?»
Due sorrisi divertiti.
«Nasciamo all'interno di quello che vengono chiamate Nubi3, in cui sono contenuti molti detriti del cosmo. Neanche noi sappiamo di preciso come ma a un certo punto, noi siamo qui, coscienti e vivi e pronti a metterci in viaggio.»
«Le meteore sono comete morte, vero?»
«Ma non avevi detto di essere un Magio e quindi di sapere tutto sulle stelle?»
«Oh, zitto. Ne so molto, ma questo non significa che so tutto. E poi voglio controllare se mi ricordo tutto giusto.»
«...Ti ricordi bene.»
«Il tuo 'Jii-chan', ...è ormai una meteora, non è vero?»
«...Sì.»
 
–—
 
Il rosso tramonto proiettava lunghe ombre sulla landa desolata. Le nuvole erano dorate, rosate, rosse e violacee, e le prime stelle iniziavano a comparire sul manto blu sopra di loro.
La carovana viaggiava tranquilla e senza fretta, usando le stelle per indirizzare i loro passi nel vasto territorio che muta in ogni momento ma rimane nel profondo uguale a se stesso.
Il grifone dal manto dorato e cremisi falcava con sicurezza la sabbia, e si trainava dietro il carro a cui erano legati uno dietro l'altro i cammelli in una lunga fila. Lei non temeva di mettere una zampa in fallo perché sapeva percepire le insidie nascoste ed evitarle, e i crinali e i fondi delle dune non erano altro che semplici dossi e fossi per lei da affrontare con la stessa flemma del deserto.
Non c'era bisogno di affrettarsi, il tempo scorreva sempre uguale, ogni momento era simile all'altro e il calore sprigionato dalla sabbia avrebbe dato la forza ai suoi abitanti per andare avanti.
Perché loro erano figli delle sabbie, e la loro madre si prendeva cura dei suoi figli secondo giustizia.
Non c'era bisogno di rompere la tradizione del viaggio dal lento passo, il deserto sonnecchiava.
Un Ureus1 volava alto tra le nubi lasciando una scia di scintille si fuoco dietro di sé.
I soli scomparirono oltre l'orizzonte.
 
–—
 
La silhouette si stagliava nera contro la grande luna Sia, avvicinatasi talmente tanto ad Heka1 che metà di lei era ancora nascosta sotto l'orizzonte nel suo sorgere e la parte scoperta sovrastava il confine tra cielo e terra più in alto di un obelisco1. La sua forma debosciata era una macchia scura contro la perlacea superficie al di sopra del crinale dell'alta duna.
Col capo rivolto verso Hu, che più lontana e alta rideva della lentezza della sua compagna, il genio delle stelle si godeva in pace e serenità lo spettacolo notturno offerto da quel lapislazzuli che nient'altro era il cielo non appena i signori della luce tramontavano ad Ovest per affrontare il viaggio notturno contro i demoni che non desiderano altro che distruggerli per impedirgli di portare per un altro giorno luce sulla terra.
Con una mano a reggerlo in posizione dritta e una gamba stesa davanti a sé era l'immagine stessa dell'eleganza trasandata decantata dai poeti sugli spiriti del deserto che custodivano i loro tesori, i fortunati viaggiatori che cadevano sotto la loro protezione...
Il loro amore...
Inclinò la testa.
Uno scintillio ametista.
...L'ombra di un sorriso.
Quell'attimo sarebbe rimasto impresso per l'eternità nel suo cuore.
Il Magio era incantato.
 
–—
 
«Il pianeta in cui ci troviamo si chiama Heka è il terzo pianeta del sistema solare di un sistema triplo di stelle3, in cui Atum è la stella principale e più lontana mentre Horakthy e Khepri sono un sistema binario stretto3 in cui ruotano contemporaneamente intorno tra di loro e insieme formano la stella compagna3 di Atum. I pianeti che ruotano intorno ai nostri tre soli sono nove in totale, almeno quelli all'interno alla prima cintura di asteroidi3, chiamata Aker1. Il sistema solare in cui ci troviamo fa parte della galassia di Ra1 e al centro della galassia si trova il buco nero Apophis1, che è l'unica cosa che permette alla galassia di non disperdersi nell'intero universo come granelli di sabbia.»
«Certo che a voi piace dare un nome a tutto.»
«Che ci posso fare? E' nell'essenza intrinseca dei viventi. Comunque, ti va di sentire la leggenda su Ra e Apophis?»
«Con piacere.»
«All'inizio dei tempi, quando ancora tempo e spazio erano solo concetti senza vero significato, tutto l'universo era uno con la medesima coscienza ed era conosciuto con il nome di Nun1. Ogni singolo strato della realtà conviveva insieme e visibile e invisibile erano un tutt'uno. Ma questa armonia non poteva durare per sempre e il Nun cominciò a dividersi e stratificarsi. Nun, l'unica coscienza, prima di addormentarsi in attesa che tutto torni alla sua armonia originaria, diede vita a Caos e Ordine, due forze che servivano per mantenere stabile la nuova forma dell'universo.
«Queste due forze iniziarono a manifestarsi in molte forme diverse, e qui giungiamo alla nascita di Ra e Apophis. La nostra galassia nella sua forma primordiale era nient'altro che un uovo, che poi un giorno si schiuse, ma non fu una schiusa dolce e tranquilla. No, fu violenta e disordinata. Dall'interno dell'uovo ne uscirono Ra, che è una delle personificazioni dell'Ordine, nella forma di una brillante e infuocata fenice dorata, e Apophis, che è invece una delle personificazioni del Caos, nella forma di un immenso draconico serpente nero e riflessi cremisi come il sangue. I due fin dal primo attimo di coscienza avevano combattuto uno contro l'altro e continuarono il loro eterno combattimento anche al di fuori della loro gabbia causando con la loro furia lo spargimento delle briciole dell'uovo creando pianeti, lune, asteroidi e altro ancora. Con la potenza delle sue ali Ra diede fuoco ad alcune schegge dando vita alle stelle e riscaldando le nebulose, createsi allo spargimento dell'albume che ancora ricopriva i due, che vennero a contato con le sue penne mentre Apophis con i colpi di frusta della sua coda mise in movimento  pianeti e stelle e tutto quello con cui veniva a contatto formando i sistemi stellari e planetari.
«A un certo punto Ra notò che non erano più all'interno dell'uovo e sbattendo le ali si innalzò in volo pronto a dare Ordine in tutto l'universo. Con un ultimo e feroce colpo di becco incastrò Apophis nell'esatto centro in cui si trovava l'uovo creando il buco nero della galassia appena formatasi. Ra si stava ormai allontanando e  portava sulle sue ali molte briciole di uovo sulle sue ali creando le scie delle comete ma Apophis con un ultimo attacco disperato si lanciò contro il suo avversario e chiuse la mandibola sulla coda dorata di Ra impedendogli di allontanarsi via per sempre. Infatti metà del suo corpo era bloccato nel tuorlo gravitazionale, impedendogli di avere una completa libertà di movimento, e con questa mossa finirono che Ra si mise a girare intorno a lui come una giostra nel tentativo di scrollarselo di dosso e volare via, mentre Apophis con lentezza e testardaggine cercava di attirarlo sempre di più verso il centro. E questa lotta di tira e molla continuerà fino al giorno in cui il Nun si risveglierà e l'universo tornerà a essere un unica cosa.
«E fu così che nacque la galassia Ra e il buco nero Apophis.»
«Certo che ne avete di fantasia.»
«E chi ti dice che è solo una fantasia?»
 
–—
 
Il sole era allo zenit, ed erano già in viaggio da giorni senza aver incontrato anima viva, se non si contavano serpenti velenosi, svariati scorpioni, alcune grosse lucertole che finirono a far parte del pasto serale, e l'occasionale ombra di un falco a caccia, il loro cammino fu bloccato da un piccolo branco di Lamassu.2
Sotto un solitario sicomoro, ne riposavano sdraiati tre, dalle corone appuntite sulle loro teste si potevano identificare come femmine, una considerevolmente più piccola delle altre, a pochi anni dal raggiungimento della maturità sessuale.
Altri due, più piccoli, cuccioli nel loro pieno diritto, giocavano ruzzolando giù dalle creste di sabbia, con le loro zampe bovine  che giocose si impennavano in aria e si schiantavano tra di loro in un gioco di predominio. Nel loro rincorrere l'un l'altro le corone non ancora completamente formate finivano per incastrarsi tra di loro.
Il capobranco, un maschio imponente, con gli zoccoli duri e pesanti come il ferro, una fiera barba riccioluta come quelle portate dai vecchi regnanti di imperi ormai nascosti sotto le sabbie, e una corona ornata da preziosi cabochon4, ad indicare la sua potenza e vecchiaia, bloccava il cammino, circondato da vecchi ruderi, oramai mangiati dal vento, di vecchie guarnigioni, come una statua posta a proteggere le porte di una città abbandonata.
Yugi e Atemu erano seduti in cassetta, in un comodo silenzio nato dalla comprensione reciproca, nata da sogni di conoscenze scambiate, quando il loro sguardo si posò sull'imponente maschio posto a difesa del suo branco. La Cometa scambiò uno sguardo insicuro di cosa fare al Magio che calmo e composto fissava senza distogliere lo sguardo dalla bestia.
Nicotris era ferma e immobile davanti al carro che trainava, calma, non desiderosa di incitare un attacco, ma tesa, pronta se l'incontro non si sarebbe risolto pacificamente, come le Ombre che più silenziose di un serpente strisciavano in avanti pronte contro qualsiasi tipo di rappresaglia.
«Vogliamo solo andare a Seshen1.» iniziò Atemu calmo mostrando un aria pacifica, un aura senza desiderio di far male:«Non abbiamo alcuna intenzione nociva contro di te e il tuo branco.»
Il Lamassu imperscrutabile li inchiodò con i suoi occhi profondi come una notte senza lune e stelle, sfida silenziosa a muoversi prima che lui avesse finito il suo scrutinio e giungere al suo verdetto.
Il raspare della zampa sinistra su sabbia e pietre, coperto dalle grida giocose dei giovani che ruzzolavano vicino alla matriarca, innervosiva la carovana tesa contro una possibile rappresaglia.
Con un sbuffo bovino, infine, deliberatamente, lentamente, si spostò, con il viso sempre rivolto verso di loro, dalla via.
Come a un segnale convenuto Nicotris riprese la sua via, con calma e pace, passando affianco al branco trainando dietro di sé il carro e i cammelli, che senza suono incidevano il loro passaggio sulla sabbia. Quando superarono il crinale dell'alta duna nascondendo il branco alla vista Yugi domandò curioso:«Cos'erano?»
Le grida eccitate dei giovani si potevano ancora sentire, anche se erano ormai a molti cubiti di distanza:«Un branco di Lamassu; e quello che ci ha fermato era il capobranco. Sono conosciuti come una razza di protettori benefici, nei tempi ormai andati non era raro vederli davanti alle porte  di città e palazzi posti lì in protezione. Ma ormai questa è una vista più unica che rara. Molte città che un tempo esistevano e poste sotto la loro protezione sono ormai abbandonate da tempo, e molti di loro o vagano alla ricerca di un nuovo luogo degno da custodire o rimangono a guardia di luoghi morti, come quel branco lì. ...Tuttavia loro stanno anche proteggendo una delle vie più sconosciute per Seshen.»
Un sorriso storto, sfregiato dalla malinconia, gli increspò le labbra spontaneamente:«Immagino sia meglio di niente per la perduta gloria di un tempo.»
Vedendo il sorriso, Yugi cercò di deviare l'attenzione del Magio dalle linee di pensieri dolorosi:«Cosa c'è di così importante a Seshen perché ci siano delle bestie protettrici a custodire i sentieri per raggiungerla? Immagino non ci siano dei semplici sassi.»
Una risata profonda scosse il petto dell'altro e con un occhiata divertita:«Mi sono dimenticato di dirti dove stiamo andando, non è vero?» superando un altro un altro sperone di roccia che minaccioso pendeva sopra le loro teste, non attese una risposta alla domanda retorica:«Seshen, nella lingua sacra del deserto, significa Loto e lì si trovano le pozze dei Loti blu, una rara specie di loto ormai quasi estinta e in cui cresce solo in altri due luoghi sempre tutti qui in questo vasto deserto. Ma il vero motivo per cui i Lamassu sono da secoli di guardia è per via del loto di Nerfetum1, l'unico loto d'oro che sboccia ogni cento anni. Un solo petalo di esso, doverosamente trattato, può strappare dalla morte anche chi ormai sta già bussando ai battenti dell'aldilà.»
Gli lanciò un occhiata considerativa:«Quindi aspettati altri incontri del genere. E soprattutto, sei bravo con gli indovinelli? La vecchia Sfinge altrimenti non ti farà passare.»
Con un sospiro esasperato la Cometa rispose:«Fortunatamente per me, sì. Non ho alcuna intenzione di perdermi la vista di questi rari fiori per colpa di una vecchia bestiaccia.»
Una risata allegra e profonda come vecchie, pesanti campane di ottone risuonò nella calda aria del deserto, coprendo gli ormai mormorii lontani dei giovani Lamassu, troppo giovani per seguire l'istinto costante di proteggere il sentiero.
 
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Le lune calanti illuminavano dolcemente  le sabbie, i cui raggi facevano scintillare la polvere di vetro desertico come pagliuzze d'oro che giacciono da secoli indisturbate nel fondo del fiume.
Gli alti pilastri di pietra si stagliavano nella notte come antichi guardiani immobili e guardinghi, le loro sommità assomigliavano alle sagome dei fiori appena sbocciati e ombreggiavano l'entrata del Labirinto della Sfinge, naturale protezione per preservare il loto d'oro di Nerfetum.
La carovana era accampata a poche miglia dalla rocca naturale, un fuoco scoppiettante scaldava e rischiarava la notte, le ombre giocose si inseguivano intorno  al bivacco e Magio e Cometa si godevano la serata rannicchiati attorno al fuoco con Nicotris accucciata dietro di loro.
I due, con la dolcezza del liquore a scaldare loro le vene, si scambiavano aneddoti sui loro viaggi e viste rare. Atemu, in particolare, in quel momento stava raccontando dell'unica volta che aveva visto la Schiera Spettrale4, un spaventoso corteo composto da spettri e sovrannaturali che a cavallo di mostruosi e scheletrici cavalli, e cani infernali e bestie mostruose che latravano e brontolavano con cattiveria correvano fianco a fianco; e in testa al codazzo fantasma stava il Re Spettro, un mostruoso scheletro spettrale, che cavalcando il cavallo grigio dalle otto zampe sprigionanti scintille e con la coda e criniera infuocata da fiamme blu, con una corona di ferro e incrostata di sangue e dalle cui orbite crepitavano delle lugubre fiamme infernali, attraversa il cielo notturno con la sua schiera in una furiosa ed eterna battuta di caccia alla ricerca di moribondi e sventurati da rapire e farli unire ai loro ranghi in modo da continuare a lasciare dietro di loro sventure e sciagure, perché la loro venuta è simbolo del mutamento drastico e catastrofico.
Un avvertimento dai Morti Viventi.
«...e rombando e facendo tremare il cielo, lasciavano dietro di loro una scia di polvere blu. I latrati e brontolii frantumavano l'aria, illuminavano lugubremente le lande e la loro ombra sovrastava la luce delle lune ricoprendo la terra con un manto nero di morte e fuochi fatui. Il Re Spettro schiamazzava come un folle spietato, e nessuno osava volgere lo sguardo in alto per paura di catturare il loro interesse e venir rapito.» Si grattò la guancia con l'indice, con un sorriso imbarazzato:«Invece io non riuscivo a staccar loro gli occhi di dosso e loro... Be', sono scesi giù dalle nuvole lasciandosi dietro una nebbia blu violacea e hanno tentato di rapirmi  e farmi entrare nel loro corteo. Sono riuscito a svignarmela dalle loro grinfie a malapena. Sono stato fortunato.»
Sorrise affezionato al ricordo:«Per quanto sia un esperienza pericolosa è uno spettacolo che merita di essere visto dal vivo.»
Yugi lo guardava negli occhi, occhi stupefatti fissi su due globi di rubino incastonati e quasi nascosti dalle ombre della notte, che brillavano nell'oscurità come due stelle al tramonto.
«Mi auguro di riuscire mai a vederlo...»
Atemu gli pose la mano sopra la sua stringendogliela confortante:«Certo che ci riuscirai, le stelle sono propizie e le lune presto daranno il segnale di inizio.»
«Ma anche la stella più propizia può spegnersi prima del tempo previsto.»
«Allora non dovremmo far altro che tenerla sott'occhio.»
Due mani, intrecciate.
 
–—
 
«Tu, Occhi di Rubino, rispondi al mio indovinello o vattene in silenzio o muori sotto le mie zanne:
Questa cosa ogni cosa divora,
ciò che ha vita, la fauna e la flora;
i re abbatte, e così le città,
rode il ferro, la calce già dura;
e dei monti pianure farà.4
Dimmi, viandante, che cos'è?»
«... ...Il tempo.»
«E adesso tu, Occhi d'Ametista, rispondi al mio indovinello o vattene in silenzio o muori sotto le mie zanne:
Vedere non si può e neanche sentire
fiutare non si può e neppure udire.
Sta sotto i colli, sta dietro le stelle
Ed empie tutti i vuoti, tutte le celle.
Per primo viene, ultimo va,
a vita e a riso termine dà.4
Dimmi, viandante, che cos'è?»
«... ... ...Il buio.»
«...Avete vinto il diritto di passare.»
 
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Un obelisco imponente si stagliava fiero al centro della profonda fossa. Alla sua base, come petali di loto, si susseguivano in cerchio un gran numero di pozze piene di limpida acqua che affiorava dal terreno o trasudava giù come una cascata dalle pareti rocciose delle pareti del pilastro naturale. I loti blu circondati dalle loro grandi verdi foglie, dopo una giornata passata a fare bella mostra di sé e spandere il loro profumo, si immersero giù sotto la superficie dell'acqua ritirandosi a dormire per la notte. L'oscurità era calata nella forra, e smangiucchiando i dolcetti che avevano scambiato con i beduini seminomadi che risiedevano per metà anno all'interno del labirinto, secondi solo al Magio nella conoscenza delle vie del Labirinto, erano seduti intorno al fuoco del loro falò, che insieme ai tanti altri accesi intorno alla fossa illuminavano la notte come decine di lucciole.
Nicotris stanca dormicchiava accanto a loro, le ombre sempre vivaci e giocose si rincorrevano in tondo in un gioco di acchiapparello strampalato, Atemu e Yugi seduti uno affianco all'altro si poggiavano contro il ventre della grifonessa e la Cometa aveva infilato la testa sotto il mento dell'altro, godendosi il pacifico silenzio.
Le stelle danzano in tondo alle lune.
La notte regnava.
 
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A pomeriggio inoltrato, quando il cielo iniziava a trasformarsi nei calori delle braci morenti colorando le nuvole di rosa e rosso, scesero giù per la forra, zigzagando lungo lo scivolo a chiocciola che costeggiava le pareti della fossa. Le pozze ospitavano un grandissimo numero di loti blu che ricoprivano l'acqua cristallina di verde e azzurra. Tanti piccoli fuochi fatui blu volavano flemmatiche sopra le acque sfiorando con i loro fumi nebbiosi le foglie, illuminando il fondo con una tenue luce blu.
Atemu si fermò sul bordo dell'acqua, ammirando con affezionata malinconia il luogo, si ricordava ancora delle volte che era venuto qui durante i primi secoli della maledizione insieme a Bak'ra in cerca di un momento di pace e poi anche con Malik, e a rimorchio c'era ovviamente poi anche Namu, e il loro tempo speso a commemorare i morti e a scambiarsi le storie delle loro avventure in giro per il mondo.
Curioso Yugi camminava lungo i bordi delle fosse, osservando affascinato i fiori che presto si sarebbero nascosti sotto il fango e i fuochi che lentamente iniziarono a traghettare verso di lui in un lento movimento a spirale.
Troppo perso nei ricordi il Magio non si accorse della vecchia, anziana, rugosa nonnina che gli si era fermata affianco. Una fragile mano ossuta teneva una bastone più alto di lei da cui pendevano piume di struzzo, teschi di serpenti e lucertole, una zampa di gallina e la coda di una mangusta, e un lungo velo copriva di viso, segnato dalle rughe nate dal sole e vento, sfiorando il suolo e nascondendo parte del suo ingobbimento. Una pesante lampada in ottone con lo stoppino pieno di olio di pietra1 bruciante in una piccola fiammella aveva posto ai suoi piedi.
«E' una Manna dal Cielo.» constatò con voce stridente scuotendolo via dai ricordi facendogli voltare la testa di scatto verso di lei:«Ma potrebbe anche diventare l'annuncio di una catastrofe.»
Tese una mano e la dita rugose gli presero la sua nel palmo portando i loro sguardi a incontrarsi:«I fantasmi che infestavano i tuoi occhi si stanno finalmente quietando dopo tutti questi secoli.» sorrise un sorriso sdentato:«E' proprio vero che l'amore è la più potente medicina per i dolori del cuore.»
Scuoté il suo bastone,che scricchiolava come ossa in continua rottura e il suo volto si fece grave:«Ma solo perché è sotto la tua protezione non vuol dire che non cercheranno di rubartelo via. Il fin dei conti non è una falsa leggenda che chi possiede il Cuore di una Cometa può esaudire il desiderio del proprio cuore.»
Lasciò cadere la mano e volse il suo sguardo cieco e lattiginoso con precisione millimetrica su Yugi che si era fermato a guardare curioso un minuscolo fuoco fatuo che si era posto sulle sue mani tese a coppa:«Dovrai stare attento perché io so, l'ho visto nei miei sogni, che gli spiriti della notte cercheranno di sottrartelo ...e la catastrofe annunciata si avvererà.»
Si voltò incamminandosi via:«E il tuo dolore senza fine travolgerà perfino il Cielo.»
Atemu tornò a volgere lo sguardo su Yugi che sorrideva gioioso, mentre la sentiva mormorare tra sé, sempre più lontana nel suo lento passo, un avvertimento ancora più oscuro fatto di frasi sconnesse, all'apparenza senza senso:«Il cambiamento totale può riferirsi a uno o a tutti, perché il cielo non ha confini e le stelle non hanno restrizioni. ...Gli Invidiosi cercheranno di sottrarre a chi ha ricevuto la grazia dal suo tesoro. E il cuore sai che cos'è? Ha più forme di quante ti immagini e spesso giace davanti a te anche se non riesci a vederlo, cieco fedele. Chi vincerà il gioco? Gli Invidiosi che bruceranno il tesoro scatenando la nera catastrofe o il Graziato recuperando il tesoro amato dagli Sciagurati? Ma sta attento lo stesso Antico Re, perché come può sopravvivere una fiamma se non c'è niente che l'alimenta? Anche la Notte può cadere nella disperazione se nessuno la ama. Che il legame sia indissolubile, che il legame sia vero, che il legame sia pieno d'amore. Perché, se no, perché si dovrebbe continuare a vivere se nessuno ti ama?»
 
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L'aurora dipingeva il cielo d'oro all'orizzonte e sfumava di un delicato rosa mentre tutti aspettavano che i soli facessero capolino da oltre la linea frastagliata dell'orizzonte e che i suoi delicati raggi si posassero sulle acque cristalline delle pozze risvegliando i loti blu dal loro sonno e facessero sbocciare con il loro dolce calore l'unico loto d'oro del secolo, il Nerfetum che lenisce i dolori della vita con solo la sua maestosa presenza.
Erano seduti uno accanto all'altro, su un morbido tappetto giushegan2, la testa di Yugi poggiata sulla spalla di Atemu, le loro mani intrecciate, i sorrisi sereni e Nicotris un muro di piume e pelliccia morbida dietro di loro su cui loro stavano poggiati comodamente contro. La sua testa spigolosa sopra di loro li sovrastava e puntava il suo sguardo verso lo spettacolo solo in attesa di iniziare.
Il primo raggio di sole dorato colpì le pozze risvegliando lentamente dal loro sonno i boccioli blu che emersero dalle acque nella loro fragile gloria e con la dolcezza della brezza di primavera schiusero i loro petali, punteggiando di blu la distesa d'acqua.
Al sorgere dei tre soli, le sfere di luce e calore irrompevano completamente con le loro moli al di sopra dell'orizzonte, con il fiato rubato dall'incanto del momento, germogliava sopra l'acqua un piccolo e delicato bocciolo di un verde brillante e vivo. Il calice si schiuse lentamente arricciandosi verso il basso, liberando la corolla d'oro dalla sua delicata protezione. Lentamente i petali si schiusero uno ad uno lasciando intravedere la fragile bellezza del fiore, uno spettacolo possibile da vedere solo per un giorno ogni cento anni, e che dal cui nettare si sarebbe ben presto attinto di alcune poche e preziose gocce lenendo l'animo stanco dei suoi spettatori dai dolori della vita.
Il suo dolce odore si diffuse per tutta la forra, innalzandosi verso il cielo striato da nuvole sfilacciate, calmando i sensi e donando pace e tranquillità per tutto il deserto dalle dune di sabbia d'oro e cinabro.
Un momento cristallizzato.
 
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Era stato un attimo.
Si stavano godendo la pace del crepuscolo, accanto al fuoco come ogni altro giorno, con solo Nicotris a far loro compagnia insieme alle ombre, i cammelli erano stati barattati con altri prodotti più utili a loro per il loro sostentamento, e con il Labirinto ormai lontano si scambiavano battute giocose che nascondevano velate sentimenti d'affetto che solo temevano di dar voce.
La notte era calata.
La luce dei soli era completamente scomparsa dall'orizzonte e oltre.
Il cielo non era altro che un grande e immenso lapislazzuli vivente che entrambi amavano contemplare.
Era stato un attimo.
Ed era bastato.
Un secondo prima ridevano.
Il secondo dopo non era rimasto altro che una lugubre sciagura.
Erano arrivati in silenzio, un insolita caccia silenziosa si batteva quella notte, e sotto i loro zoccoli e zampe avevano sbriciolato, frantumato, sbrindellato, rotto e distrutto tutto quello che era presente nell'accampamento. Non avevano ferito un singolo vivente lì presente, loro erano di poco interesse e non c'era bisogno di bastonare e travolgere a meno che non interferissero, ma sotto i loro occhi videro il Re Spettro discendere dal cielo stellato, in una notte senza lune, e raccogliere tra le braccia, come un avida bestia, Yugi, e buttarlo in groppa al suo cavallo per spronarlo subito verso il cielo schiamazzando come un folle spietato.
Atemu non aveva neppure avuto il tempo di sentire l'inizio della disperazione che erano spariti via dalla sua vista mentre il resto della Schiera Spettrale faceva man bassa dell'accampamento per nascondere la fuga del loro capo e schernirlo con le loro risa bestiali.
Era rimasto pietrificato, sotto shock, per tutti quei momenti in cui avevano galoppato intorno a loro, fino a che anche l'ultimo di loro non ritornò su in alto dove fluttuano le nuvole, ridendo e lasciandosi dietro una scia nebbiosa blu violacea piena di scintille.
E la sua furia di dolore travolse il cielo.
Uno scoppio nero esplose innalzandosi verso il cielo come una lingua di fuoco e ridiscendendo giù come lo strappo brutale dei petali di loto che si sparsero giù come macchie d'olio di pietra contaminando la terra. Nel centro dell'esplosione stava un scuro figuro, una silhouette umanoide dalla chioma nera stellata, che ringhiava feroce con due khopesh dalle lame nere strette tra le dita lunghe e affilate. Schioccando aperte due orbite dai bordi taglienti brillavano di una ultraterrena luce rosso rubino, una manto di nebbia oscura si sprigionava intorno a lui salendo in alto in spirali di fumo e falci lunari di oscurità concreta vorticavano intorno a lui in una danza mortale.
Stridendo tetro, l'inghiottitore di ombre1, batté i denti rilasciando scintille di fuochi fatui e nebbia fumosa e si scagliò verso le nuvole a caccia degli immondi carogne, lasciandosi dietro una spettrale scia da stella cadente.
La scura silhouette del Magio cavalcava le nuvole seguendo le tracce di fiocchi luminosi dispersi nel vento, ottenebrava le lande con la sua ombra che oscurava le stelle, nascondendo ai viaggiatori le loro guide. Era la nera fenice, l'oscura, colei che lascia dietro di sé una scia di rovina e decadenza dove lei volava. Bucava le nuvole in scoppi di goccioline d'acqua fredde e cristalline, le sovrastava e colorava i loro bordi di tetri neri, viola e blu, precipitava giù al di sotto delle nuvole cirristrati creando una loro simile solo di nebbia nera che le traviava via dalla perfezione del bianco. Le stelle, uniche sue compagne e spettatrici dello spettacolo, osservavano col fiato sospeso la vicenda; il suo esito avrebbe determinato il prossimo atto che si sarebbe svolto sul loro preferito palco a cielo aperto.
Sbucò da sotto una lunga nuvola sfondando fuori come un drago marino che ruggiva la sua ferocia mentre le goccioline d'acqua cadeva giù come una pioggia violenta e dolorosa. Lì, davanti a lui si stagliò nella loro tenebrosa gloria il codazzo degli spettri che ululavano e sbraitavano e ruggivano e schiamazzavano e sghignazzavano alla notte, e le urla disperate della Cometa cadenzavano il ritmo dei loro gorgheggi.
Silenzioso come il librarsi di una piuma di corvo nella brezza si slanciò contro le retrofile, e discese su di loro come un demone vendicativo, come un inghiottitore di ombre sanguinario e crudele.
Non lasciò loro neppure il tempo di accorgersi del suo arrivo che già sgozzava gole, tranciava via le teste, infilzava le putride carni, stappava via le ossa, fracassava i teschi, dilaniava le viscere e polverizzava i cuori marci con i suoi khopesh e le falci lunari di oscurità che vorticavano in tondo nel loro stesso modo silenzioso in cui avevano osato rubare il suo tesoro, la sua stella, da sotto i suoi occhi.
Il massacro fu compiuto in fretta mentre i loro compagni in testa, quando si accorsero che il loro sferragliare tormentoso e tortuoso si stava affievolendo, si volsero indietro e videro l'inghiottitore di ombre abbatterli uno ad uno nel silenzio della sua ira. In pochi riuscirono a mettere su una patetica resistenza, la maggior parte si ritrovavano a precipitare verso le lande desolate come frammenti di meteore infuocate da pallidi fiamme di fuochi fatui prima ancora di accorgersi che una lama, che fosse un khopesh o una falce, si fosse abbattuta come ira divina su di loro.
Il Re della Schiera Spettrale ebbe il tempo di sollevare la spada arrugginita dalle croste di sangue secco che la macchiava, e scintille sferragliavano tra di loro mentre i loro occhi si incrociavano nell'attimo sfuggente della battaglia. Furia e ira nelle orbite rosso rubino e gioia malata e follia nelle cave orbite colmi di fuochi di un altro mondo.
Il prigioniero si divincolava nella presa del suo rapitore, tendendo la mano e gridando disperato per Atemu, neanche per un secondo dubitando della sua identità e intenzioni, i sogni che erano ricordi..., che combatteva con furia contro lo scheletrico spettro, balzando in aria e vorticando in tondo a lui in sprazzi di ombre nere colpendo e ferendo il Re che tentava di infilzarlo, fallendo, con la sua lama maledetta e il suo cavallo a otto zampe che cercava di spaccargli il cranio sotto uno dei suoi zoccoli di ferro.
Con un ultimo sorriso traviato, nell'attimo prima che il Faraone affondasse il suo khopesh nel suo cuore putrefatto buttò giù dalla groppa della sua cavalcatura, via dal cielo stellato, la Cometa che rilasciò un urlo di terrore mentre accelerava giù verso il suolo e la morte.
Con il khopesh dimenticato tra le costole dello scheletro agonizzante Atemu si slanciò giù verso di lui, dimenticando immediatamente del suo avversario sconfitto che li fissava con gli ultimi barlumi delle fiamme morenti rinchiuse nelle sue orbite, e tese una mano a cui Yugi tentava di aggrapparsi disperatamente mentre bucavano nuvole e nubi allontanandosi via dalla lucentezza delle stelle.
Le dita si sfioravano, i polpastrelli si accarezzavano l'uno contro l'altro con Atemu che si sforzava di catturarlo e l'oscura maschera del suo viso contratta in un cipiglio determinato mentre le scure falci ruotavano in tondo aiutandolo a velocizzare la discesa.
Mani intrecciate, un lampo di trionfo sulle labbra dello Sheut  e gli occhi spalancati della Stella Cadente fissi su qualcosa dietro l'Ombra.
«Nooooooooo!» paura, rifiuto e disperazione risuonò dalle sue labbra mentre la sua mano libera si tendeva davanti a sé con il palmo aperto rivolto verso le stelle.
Uno scoppiò.
Una scintilla.
Una fiamma nel cielo.
La Stella Cometa si incendiò, corpo di cristallo ametista avvolto dalle fiamme nate dal profondo dell'universo, e dalla mano tesa sparò verso le stelle, che confabulavano tra di loro commentando l'atto da tragedia su quel palco sconfinato, una sfera di fuoco che colpì il suo bersaglio e scoppiò in aria come fuochi d'artificio arancio e oro.
In un ultimo tentativo il Re della Schiera Spettrale aveva lanciato contro Atemu, mirando al cuore, la sua spada prima di dissolversi nell'oscurità come nebbia spettrale nata dalla profondità di una stella morta.
Con un occhiata lampo dietro di sé, un ultimo barlume di fiamme ultraterrene in un orbita sfumata nel fumo spettrale incontrò i suoi occhi, riconcentrò immediatamente la sua attenzione su Yugi che sfavillava come una stella novae3 mentre lentamente perdeva conoscenza cadendo tra le braccia del sonno cadendo giù verso le dune di sabbia. La sua chioma3 infuocata, scoppiettando un ultima volta in una fiammata viola cristallina, si spense completamente, mutando nuovamente la sua pelle in un morbido alabastro senza macchia, mentre il Magio riuscì ad acchiapparlo e a stringerlo contro di sé come un amante tiene a sé l'amore della sua vita, protettivo e amorevole.
Un ombra d'uccello in quel momento trafisse le nubi, i riflessi oro e cremisi del suo manto brillavano per la luce delle stelle, e il Magio si lasciò cadere sulla groppa di Nicotris che lo prese in un impennata vertiginosa, avvitandosi e ruotando tra le nubi per ricadere in un volo tranquillo e lineare non appena si stringeva a lei con la forza delle gambe lì sopra il suo dorso. Le ombre si affollarono intorno a lui come cuccioli preoccupati mentre l'oscurità diluiva da lui come inchiostro sparso sulla roccia ritornando al suo aspetto originale. Atemu sospirò, sollevato. La Stellina si aggrappava a lui come un disperato anche nel sonno esausto, con il viso nascosto nell'incavo del collo color della sabbia, copiose calde lacrime scendevano giù lungo le sue bianche guance; dal profondo della sua anima ancora le lacrime di ansia e sollievo lavavano il suo spirito via dalla paura che lo aveva attanagliato dal momento che la mano scheletrica del Re Spettro si era posata su di lui, la paura di non rivedere mai più lo Sheut che lo teneva tra le sue braccia, il Faraone Magio con cui aveva deciso di passare il resto del suo poco tempo rimasto su questa terra insieme; Atemu, a cui aveva donato il suo cuore.
Il ramingo del deserto, dolce come un amante, sussurrò nel suo orecchio, spazzando via tutte le sue paure come una folata estiva su una pozza d'acqua ricoperta di loti:«Va tutto bene ora Stellina mia, sono qui adesso...»e giurando sotto lo sguardo curioso degli astri una promessa solenne:«e non ti lascerò mai andare.»
Le stelle osservava la loro ombra calare giù, in silenzio.
Lui lo teneva contro di sè e custodiva, dolcemente.
Il sipario era calato.
 
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«Voglio stare con te.»
Sbattacchiando sulla stoffa come animali feroci la tempesta di sabbia infuriava al di fuori della khaima mentre i suoi occupanti si godevano la calma nata nella loro piccola oasi di pace nascosta dalla sabbia, lontana dalle preocupazioni mortali del mondo.
«Quel poco tempo che mi è rimasto su queste lande sabbiose, lo voglio passare con te.»
Nicotris al di fuori della tenda, stava accucciata in mezzo ai resti dell'attacco della Schiera Spettrale, nascondendo il muso sotto un ala e dormendo via la stanchezza della notte mentre aspettava che la furia degli elementi si calmasse.
«E' chiedere tanto?»
Le ombre, a riposo, strisciavano sonnolente intorno al perimentro del rifugio di stoffa, assicurandosi la sicurezza del loro signore e il suo compagno.
«Una Stella Cometa quando diventa Cadente ha le ore contate quando decide di camminare sulle ossa del cielo, e le mie si sono consumate ancora più in fretta con la mia prodezza di poco tempo fa.»
Strinse la stoffa del kaftano nel suo pugno sollevando per la prima volta da quando si era svegliato gli occhi sull'altro.
«Non me ne pento.»
Una lacrime cristallina scivolò giù lungo la guancia.
«Voglio stare con te. E' chiedere tanto?»
La tempesta infuriava.
Una mano ramata si posò teneramente sulla guancia d'alabasto e il pollice asciugò via la lacrime che persisteva sulla pelle come un ricordo inciso sulla roccia.
«Ho giurato a me stesso, mentre volavamo tra le stelle, che non ti avrei mai lasciato andare.»
Un esistante sorrisetto:«Ma se tu avessi voluto andartene, ...ti avrei lasciato.»
Un singhiozzo angosciato:«Io non voglio. Voglio stare qui con te per sempre e vagare qui nel deserto o dove vuoi tu. Voglio ridere e giocare e scherzare con te e non dovermi più preoccupare di sciami di comete a darmi la caccia perchè ero un solitario o di predoni che vogliono il mio cuore per i loro desideri egoistici. Voglio stare con te, per tutto il poco tempo che mi è rimasto.»
Nascose il viso nell'incavo del collo dell'altro:«E se solo fosse possibile, per tutta l'eternità; fino alla fine del tempo e oltre.»
Le braccia di Atemu lo avvolsero come se stessero cercando di nasconderlo dal mondo come un tesoro prezioso invidiato da  tutta la creazione.
«Anch'io voglio stare con te per tutta l'eternità.»
Depose un bacio tenero sui capelli di Yugi:«E non voglio perderti a causa di qualche pazzo scellerato, che sia un semplice brigante o gli dei stessi delle stelle. Ho un solo desiderio ormai, ed è di vivere insieme a te per l'eternità.»
Gli accarezò le sue lunghe ciocche di capelli consolante.
«Ho un solo desiderio, e un modo per realizzarlo. ...anche se è qualcosa a cui non ti voglio condannare.»
«Quale Atemu? Quale?»
Lui distolse lo sguardo, con i ricordi che lo assalivano dietro le sue sfere rubino:«Una Contaminazione. ...Io,»sospirò affranto umettendosi le labbra:«Dovrei contaminare il tuo essere, la tua essenza, con la mia maledizione D'Ombra, legandoti eternamente a me, durante l'atto più sacro tra due esseri viventi.» scosse la testa, rammaricato:«Maledirti mentre ti amo, e se non è ironia questa.» le sue labbra si abbassarono amare:«Non volevo che andasse così.»
Yugi appoggiò la testa sopra il suo cuore, trovando conforto nel suo battito costante, e massaggiò con dolcezza il petto per consolarlo:«Non sarebbe una maledizione stare con te per sempre.»
Lui scosse la testa con forza:«Non voglio condannarti a essere uno Sheut come me. Uno Sheut è proprio questo, un ombra che alla fine tutti si dimenticano. E nessuno si merita questo.»
Gli prese il volto nella mano e con tenezza fece in modo che i loro occhi si incontrassero:«Tu ti dimentecheresti di me?»
Ingoiò il groppo in gola:«No.»
«E allora...» e si sedette a cavallo delle sue ginocchia perchè fossero uno di fronte all'altro:«Ti dono il mio ib, il mio cuore.» Un bacetto sulle labbra:«Mi ami?»
Risa soffocate gorgogliarono via dalla sa gola, con cos' tante emozioni diverse che erano impossibile nominarle tutte ma l'amore risuonava forte in esse mentre si aggrappava a lui avvinghiandoselo contro mentre gli prese lui ora il viso nella sua mano più grande e li portò così vicini che le labbra si sfioravano e i loro occhi pieni d'amore venivano riflessi gli uni negli altri:«Sì.» un bacio veloce di conferma mentre poggiava le loro fronti uno contro l'altro senza mai staccargli gli occhi di dosso:«Sì, ti amo.»
Amore, amore, c'era solo amore in quegli occhi.
I due si sciolsero uno contro l'altro nel loro abbraccio, aggrappati come se temessero che se allentassero la presa l'altro svanirebbe come se fosse un miraggio, perchè non avevano alcuna intenzione di lasciarlo andare, e in una danza di labbra ricaddero sui paffutti e morbidi cuscini che li circondavano.
Si staccarono dopo un eternità di beatitudine, e con le fronti appoggiate una contro l'altra e con una coppia di mani intrecciate come se fossero i loro fili del destino annodati insieme, orditi uno sopra l'altro per creare una nuova trama sulla tela della vita.
«Sei sicuro?» chiese ancora non del tutto capace di credere a tanta fortuna.
Una stretta di mano, nasi che si sfiorano strofinandosi contro delicatamente:«Sicuro.»
Era un lento muoversi di mani, uno strusciarsi uno contro l'altro mentre con lentezza venivano rimosse le vesti che li ricoprivano, per sentire sotto le loro mani la pelle, il sudore e la voglia, per assicurarsi che tutto questo non sia un sogno, un miraggio riflesso sulle superfici delle lune.
Voglio...
Le mani scivolavano lente sulla pelle, desiderose di memorizzare tutte le curve, i punti sensibili per il piacere o il solletico, le cicatrici che nascoste raccontavano storie di momenti passati.
Io voglio...
Nebbia nera si espandeva dalle dita di Atemu mentre lo accarezza languidamente con amore, facendo ansiamare Yugi di desiderio mentre sul suo petto si increspava etereo e iridiscente un cuore d'ametista, il cuore segreto di una Stella Cometa.
Voglio che Yugi stia con me per sempre.
Lo baciò languido per un attimo sul cuore di cristallo per poi far incontrare nuovamente le loro labbra in un lento e dolce danzar di labbra.
Voglio che sia legato a me come una Stella Cometa.
I loro baci sempre più appassionati, desiderosi e disperati erano come l'incontro fra due corpi celesti, un esplosione di scintille, la luminosità di mille soli.
Voglio...
La loro era una danza, una benedetta dagli sguardi benevoli delle stelle, e dei pianeti che ruotano al tempo della sinfonia dell'universo, e scie di nebulose di mille colori.
Io voglio...
Era un amore che gustava, sulla punta della lingua, di stelle appena nate, comete brucianti che lasciano le code dietro di loro insieme a una scia di stupore, nebulose che macchiano il cosmo con una nota di colore iridescente e galassie immense e multiformi piene di luci e sfumature.
Voglio amarlo per tutta l'eternità.
Nicotris sonnecchiava.
Le ombre dormicchiavano.
E loro consumavano il loro amore, nascosti dal mondo in una tempesta di sabbia.
Un momento perfetto.
D'amore.
 
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La notte era calma.
Le lune brillavano luminose e piene e gioiose.
Ankh brillava con orgoglio e il Bennu la teneva stretta tra gli artigli della sua zampa, con il becco sollevato in aria con orgoglio.
Due figure si stagliavano sul crinale della duna, simili e diverse, e si tenevano abbracciati mentre osservavano con meraviglia lo spettacolo celeste.
Lo sciame di meteore illuminava con le loro scie il cielo con nastri dorati permettendo agli spettatori di esprimere un desiderio. Eppure loro, non ne avevano bisogno, si era già avverato.
Con un ridacchiare gioioso, si rincorsero lungo il crinale, e con un salto la più piccola delle figure si lanciò verso il cielo scoppiando in un vortice di fiamme che lo avvolsero come una stella cometa portandolo in alto verso le stelle.
Il suo compagno l'attimo dopo saltò anch'esso verso l'alto tentando di acchiapparlo e stringerlo tra le sue braccia e si avvolse in un bozzolo di ombre più nere delle profondità del cosmo liberando una silouthe nera dai tratti umanoidi e due occhi inquietanti, luminosi come rubini di sangue.
E si sollevarono verso il cielo, rincorrendosi sotto gli occhi delle stelle come due amanti giocosi e felici e senza un pensiero al mondo.
Perchè non erano più soli.
Ma insieme.
Per l'eternità.
 
 
 
 
 
 
...Owari
 
 
 
 
 
` Note:
- Per chiarire, essi si riferiscono solo al campo generico a cui sono riferiti, o da cui ho preso spunto per poi giocarci un po' per utlizzarli secondo gli scopi della storia, se qui c'è qualcuno poco avezzo a questi termini. Sinceramente ci metterei una vita a fare altrimenti una dettegliata serie di note su ogni singolo punto sottolineato. Non ne ho voglia, ...di fare copia-incolla. Se siete interessati, una ricerca rapida sul web sazierà la vostra curiosità.
Alcuni li ho saltati perchè penso siano di conoscenza comune, quindi per favore non venitemi a sottolinearmeli tutti a meno che mi sia dimenticata qualcuno poco conosciuto. ...Grazie.

 
` 1, Antico Egitto
` 2, Medio Oriente
` 3, Astronomia/Astrologia
` 4, Varie... o anche, in un paio, un cambio di nomi per adattarsi meglio all'ambientazione.


Note Dell'Autrice:

Bene, torno con una storia che sto cuocendo da tre anni. No, non sto scherzando. ...e no, la pasta non c'entra; è solo che son tre anni che ci sbatto la testa per riuscire a scriverla come si deve e quindi... comprendetemi, sono orgogliosa di me stessa.
...Ha un che di solenne. ...Very good.
Per chi avrà notato ci sono un paio di citazioni, una subito all'inizio con scritto sotto di preciso da dove spunta, la seconda è presa pari pari dal Le Mille e una Notte, sì... è la storia che Atemu racconta la loro prima sera insieme..., e terza gli indovinelli sono direttamente dall'Hobbit, il libro per la precisione se non sbaglio. Sì, son pigra a creare indovinelli e sinceramente non avevo voglia di sbatterci la testa, soprattuto assicurarsi che la risposta fosse univoca e ci si potesse arrivare dopo qualche raggionamento.
Per chi se lo chiedesse questa storia ha un inizio lontano di creazione quando iniziai a leggere Le Mille e Una Notte, tanti anni fa, e volevo ambientarla in un luogo con un atmosfera simile o avesse il sapore del deserto e la sua sconfinatezza sulle labbra. Poi da qualche parte spuntarono fuori i Re Magi e la cultura persiana, ...sarà perchè sono una fanatica di storia antica, o forse era perchè in quel periodo ho dato un occhiata veloce ai primi capitoli... circa una cinquantina... della serie manga di Magi: The Labyrinth of Magic. E ovviamente pensando ai Re Magi vien naturale pensare alle Stelle Cadenti e Stelle Comete, già in quel periodo mi è nata la mia passione sfrenata in astronomia, già ero fissata leggermente in astrologia... son proprio messa bene... e sì, la storia poi è diventata questa con un bel mix di culture e idee.
Spero che sia di vostro gradimento. 
A presto.

Per chi fosse interessato, il titolo è preso da Stella Cometa di Jovanotti, che ringrazio per avermi fornito il titolo più adatto, e ispirato ancor di più, a questa storia oltre ad avermi accompagnato mentre la ascoltavo durante una parte della sua stesura. ...In un altra parte ancora avevo in sottofondo musica da danza del ventre, che volete farci, era perfettamente adatta.

E di nuovo, A presto.
...Spero con la storia che ho iniziato da poco a pubblicare.
Povera me.

Bang!
- Autrice! Smetta di piagnucolare e scriva e basta!

Va bene, va bene... Silver.
Tiranna...
E per l'ultima volta, seriamente staovolta, vi saluto.
A si biri!





 
  
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