Ancora
Zootropolis e
ancora una dedica.
Dedico
questo lavoro
ancora una vola a DeniseCecilia, autrice di particolare talento, di cui
non
sarò mai sazio di leggerne i lavori. Menzione speciale anche
per Freez Shard, altro
autore bravissimo, e per Mergana, una delle mie prime
“fan” (sempre che possa
chiamarti così).
Nonostante il loro matrimonio e due
bei cuccioli di
“volpiglio” (così erano stati
ribattezzati i due cuccioli), Nick e Judy
continuavano a svolgere il loro regolare servizio al dipartimento di
polizia di
Zootropolis, anche se ormai casi eclatanti non ce n’erano
più stati.
E infatti quel giorno Benjamin
Clawhauser se ne stava più
stravaccato del solito, mettendo a dura prova la resistenza della
poltrona
rinforzata, trangugiando ciambelle glassate e guardando Muu Tv, il
canale di
musica H24, perché stavano passando in loop tutti i video di
Gazelle, per festeggiare
i 25 anni di carriera della cantante.
Ma quando l’ennesimo
videoclip ebbe fine, non ne venne
mandato un altro, ma venne annunciato che subito dopo la
pubblicità ci sarebbe
stato un messaggio importantissimo.
I jingles pubblicitari passarono
troppo lentamente per
Clawhauser, ma quando arrivò il comunicato stampa la notizia
si rivelò una
doccia fredda.
Fu come se il tempo si fosse fermato,
o andasse a rallentatore,
anche la ciambella mezzo mangiucchiata, che gli cadde dalla bocca,
sembrò
andare giù con estrema lentezza.
Prima che potesse accorgersene, il
suo “NOOOOO!” si era
sparso per tutto il distretto, facendo accorrere molti dei suoi
colleghi verso
la sua postazione.
“Che è
successo?” chiesero una volta arrivati.
E con un fil di voce, quasi mogio,
Benjamin rispose:”
Gazelle si ritira dalle scene.”
E come a fargli eco, la cronista
ripeté la notizia: “Per chi
si fosse collegato solo ora, abbiamo per voi una notizia
s-c-o-n-v-o-l-g-e-n-t-e: GAZELLE SI RITIRA DALLE SCENE A SOLI 39
ANNI!”
Per quanto Clawhauser tendesse
all’esagerazione, nessuno in
quel momento ebbe da recriminare sul comportamento del portiere,
perché per
tutti Gazelle era più di una star, era un simbolo, il
simbolo dell’ideale di
coesione e integrazione di Zootropolis.
E ora la bandiera che sventolava alta
su Zootropolis si
ammainava per sempre.
In mezzo a quel bailamme, Judy, che
era accorsa anche lei al
grido del ghepardo, si accorse che Benjamin non era il solo ad aver
preso male
quella notizia; con la coda dell’occhio infatti vide il
capitano Bogo chiudere
la porta del suo ufficio con una profonda tristezza negli occhi.
Capì subito che per il
bene del distretto doveva fare
qualcosa, così prese il telefono e simulò di aver
ricevuto una chiamata urgente
da casa.
“Come, Jeremy non sta bene,
arrivo subito Nick”, disse
gridando per farsi sentire e poi scappò verso casa.
Quando arrivò a casa,
trovò Nick addormentato sul divano con
la piccola Bonnie sopra di lui, anche lei addormentata, mentre in
cucina il
piccolo Jeremy era alle prese con le prime moltiplicazioni.
Quando vide la mamma, il piccolo le
corse incontro gridando
festante: “Mamma, mamma. È tornata la
mamma!” svegliando così la sorellina e il
papà.
Nick si svegliò, si mise
seduto, facendo attenzione a non
far cadere la piccola Bonnie, si stiracchiò, si
passò una zampa sul muso e
guardando l’ora disse: “Carotina, ma non dovevi
rientrare tra due ore”
Nick e Judy infatti non erano
più partner sul lavoro e vi si
alternavano, in modo che almeno uno dei due fosse a casa per badare ai
cuccioli
e, in casi estremi, potevano comunque contare su Stu e Bonnie.
Con il candore che hanno solo i
bimbi, Jeremy disse alla
madre: “Lo sai che papà ha provato ad aiutarmi a
fare i compiti di casa? Ma non
è bravo con le moltiplicazioni, però.”
Judy guardò divertita suo figlio che, se non fosse stato per
le orecchie da
volpe e il colorito fulvo, sarebbe passato per un coniglio, avendo
ereditato dalla
madre il musetto, il fisico e la coda a palla.
“Perché
siamo noi conigli quelli
bravi a moltiplicare” disse sorridente, dandogli
un’amorevole carezza sul
musetto sbarazzino.
E
poi si rivolse alla piccola
Bonnie, che era in tutto per tutto una volpe, tranne che per le
orecchie e il
colorito del pelo, che invece aveva ereditato dalla madre.
La
piccolina rispose:” Abbiamo
fatto disegni e poi li abbiamo colorati. Io e
papà.”
Nick
intervenne con ironia: “Se
non ci fossi stato, ci avrebbe “riverniciato” tutta
casa!”
Judy
si avvicinò e gli disse: “Sai
a chi sarebbe toccato il lavoro di pulizia, poi, no?”
“A
me?” Chiese con leggera ironia
Nick.
“Tuo
il turno di “guardia”, tua
la responsabilità.” rispose lei con la stessa
leggera ironia, prima di dargli
un bacio.
“Ora,
però, sei qui e si fa il
cambio della guardia” ribatté con un sorriso
sornione Nick.
“Credo
di no” rispose Judy: “Siediti,
dobbiamo parlare.”
La
cosa sembrava davvero seria e
così Nick ripulì il suo volto da qualsiasi
sorriso truffaldino o beffardo e si
fece serio.
Il
poter contare sempre su suo
marito era una delle ragioni per cui Judy amava Nick, le altre erano:
la sua
capacità di alleggerire le situazioni critiche e le sue
abilità culinarie.
Judy
cercò le parole per essere
chiara e sintetica e quando le ebbe trovate parlò (odiava,
infatti, parlare
senza aver prima le idee chiare su cosa dire; gli errori del passato
l’avevano
ben istruita).
“Gazelle
si ritira dalle scene. E
tu sai che ci sono due suoi grandi fans nel nostro
distretto.” E poi lasciò che
l’arguzia di Nick facesse il resto, d’altronde era
il compenetrarsi a vicenda che
li rendeva una coppia affiatata.
“Si,
lo so” -rispose- Benjamin e
capitan bufalo muschiat…”. Non finì di
parlare, perché il problema gli si
palesò rapidamente davanti.
“Esatto”
gli diede conferma Judy.
Il
distretto centrale di
Zootropolis si reggeva tutto sulle spalle di capitan Bogo, che a costo
di
enormi fatiche e privazioni lo aveva portato avanti sempre a testa
alta,
ottenendo premi e riconoscimenti per la sua eccellenza. Ma lui da
quella fatica
e privazione non aveva ottenuto niente, anzi ne era stato lentamente
consumato,
spolpato come un frutto maturo, divorato dalla burocrazia e stritolato
dalla
stampa, sempre pronta a cogliere il minimo cedimento.
E
ora che anche Gazelle si
ritirava, il povero Bogo si ritrovava ancora più triste e
solo di prima, senza
aver avuto alle soglie dei 50 anni una compagna che lo rallegrasse e
gli
alleggerisse la pena.
Così
derelitto non sarebbe stato
più in grado di proteggere la dignità del suo
distretto e gli avvoltoi della
stampa ci si sarebbero buttati famelici, distruggendo così
per sempre il
distretto e Bogo stesso, che nella vita aveva amato due sole cose:
Gazelle e il
suo distretto. Il ritirò di Gazelle, in definitiva, poneva
Bogo sulla china che
lo avrebbe portato alla sua rovina e a quella del distretto stesso, se
non si
fosse fatto qualcosa.
Judy
sapeva cosa doveva fare e
aveva i mezzi per farlo.
Ne
parlò con Nick, il quale ne fu
completamente d’accordo.
Si
diresse quindi a Tundra Town da
Mister. Big.
Come
sempre la villa era sorvegliata
dai ferocissimi orsi polari e infatti, entrando, Judy vide
l’agente Mc Horn
venir scortato all’ingresso in versione “surgelato
fresco di giornata”: la sua
copertura era saltata.
Entrò,
fece i saluti di rito e
poi parlò.
“Mister
Big vi devo chiedere con
rispetto un grossissimo favore.”
“Dimmi
pure, Judy” disse il
topo-ragno con accento siciliano.
“Ecco,
lei deve organizzare un
attentato ai danni di Gazelle.”
Il
topo-ragno sbiancò e quasi ci
rimase secco:” Minchia. Mica voglio fare arrabbiare le mie
picciridde. O sai o
no che Fru Fru e la piccola Judy sono delle fans accanite di Gazelle,
Se
sapessero che facisse na cosa del genere, sai
l’arrabbiatura!” ribatté sempre
in siciliano
“Ma,
Mister Big, non si tratterebbe
di un vero attentato. È solo una finta.”
IL
topo-ragno a sentire come
stavano le cose riprese colore e disse, sempre in siciliano:
“Ah, se stanno così
le cose, allora dì a Donnolesi di rivolgersi allo yak Yax,
quello del centro
nudisti. Lui saprà cosa fare.”
La
prima parte del piano era
pronta, ora si trattava di avere pazienza e, se conosceva bene Gazelle,
la
popstar non avrebbe tardato ad apparire in pubblicò per
promuovere il suo
ultimo concerto.
E,
due giorni dopo, così fu.
La
parata più sontuosa che ci
fosse mai stata. C’era davvero di tutto: coriandoli, luci
stroboscopiche, tigri
ballerine, la miglior banda della città, carri allegorici,
figuranti
ed…esplosioni.
Esplosioni?
Si,
perché, mentre la parata
procedeva, si sentì un forte boato e poi si vide levarsi
alta una nube di fumo
e dal fumo si vide emergere uno yak completamente fumato.
“Oh,
mica funzionavano stì botti”.
Disse con forte accento toscano, prima che due manette gli serrassero i
polsi.
Alla
centrale della polizia, lo
stralunato yak ripeteva la medesima storia con quella forte cadenza
toscana:”
Bella storia, zio. Cioè, sai com’è? No?
Cioè, stavo coi tizi miei, poi si
avvicina un altro tizio, mi pareva un pelino camuffato, parrucca, naso
finito,
barba finta. Ma mica sono sicuro che fosse davvero camuffato. Sai,
cioè. Che
storia. Mi dice che alla parata volevano i fuochi
d’artificio, mi dà codesti
fuochi, poi li accendo… e non funzionano. Che storia,
zio!”.
Il
poliziotto che si occupava
dell’interrogatorio dovette ricorrere a tutto il suo
autocontrollo per non
strangolare quello Yak molesto, ma alla fine la sua storia si
rivelò vera e
quindi si pensò che si fosse trattato di uno scherzo di
cattivo gusto.
Donnolesi
fu pagato, con la
minaccia di essere freddato se avesse parlato.
Ora
si trattava di passare alla
seconda parte del piano.
Judy,
qualche giorno dopo
“l’attentato” alla parata e qualcuno
prima del concerto, si recò in municipio
ed irruppe nell’ufficio privato del sindaco.
“Sindaco
Lionheart, dobbiamo
parlare”, disse con fermezza.
“Che
c’è?”. Ruggì il leone:
“ho
un concerto da preparare.”
“È
proprio per il concerto che
sono venuta”
“Senta”
disse il sindaco, quasi
seccato:” Non posso concederle tutti i posti in prima fila
per fare un favore a
tutta la sua famiglia.”
“Non
è questo il motivo” rispose
Judy trattenendo la calma.
“Se
non è quello il motivo,
allora se ne vada!!!” Ruggì più forte
il leone completamente seccato.” Ho una
maledetta agenda piena e miss Ursaring è in ferie.”
Judy
non ci vide più e, perso il
controllo, gridò anche lei:” Mi stia a sentire,
signor Sindaco. Se lei si
ritrova il culo su quella poltrona per il terzo mandato consecutivo
è grazie a
me e al mio distretto e ai miei amici, che hanno portato avanti il
programma di
integrazione mammifera, da lei tanto sbandierato. Quindi ora mi stia a
sentire”
Al
“ruggito” del coniglio, il
povero sindaco non poté che sedersi sulla poltrona e porsi
in posizione di
ascolto, con un forzato sorriso di cortesia:” Mi dica tutto,
agente Hopps. Che
cosa può fare questo povero sindaco per il suo miglior
agente in servizio.”
Judy
riprese la calma, soppesò le
parole e infine disse:” Visto il recente attentato, lei
affiderà la sicurezza
del concerto al solo distretto centrale, l’unico ad avere
elementi validi…”
“Ok”
Asserì il sindaco, pronto a
ricevere la batosta, perché era chiaro che quella ostinata
coniglietta non era
venuta solo per quel motivo.
“E
conceda due pass per il dietro
le quinte, uno per l’agente Clwahuser e uno per il capitano
Bogo. È chiaro,
signor Sindaco?”
Dallo
sguardo, il leone capì la
sottile minaccia implicita in quella domanda: o si faceva in quel modo
o addio
quarto mandato.
“Si,
trasparente.” Disse
ingoiando la saliva, per sciogliere il groppo che gli attanagliava la
gola.
Quando
la coniglietta se ne fu
andata tutta soddisfatta, Lionheart si passo una mano sul viso, madido
di
sudore e pensò: “Questa è fatta, ora
pensiamo a come informare gli altri
distretti.”
Ora
che il piano era pronto, non
restava che attendere il concerto e nel frattempo Judy si prese un
po’ di tempo
da dedicare alla famiglia e a sé stessa.
Una
bella gita al mare,
un’escursione in campagna, andando a trovare i nonni e,
infine, un bel film per
tutta la famiglia.
Poi
venne il concerto e fu,
inevitabilmente sold-out e per ovviare a ciò, il sindaco,
sia per accaparrarsi
voti, sia perché davvero ci teneva alla felicità
dei suoi cittadini, fece
piazzare maxi-schermi in tutte le principali piazze della
città, pagati con i
finanziamenti speciali (cioè i soldi di mister Big, il quale
avrebbe goduto di
molte franchigie).
Giochi
di luce e d’acqua in una
policromia davvero folgorante, danzatori e danzatrici, il palco che
esplodeva
di mille meraviglie e lei, Gazelle, bella più che mai,
radiosa di felicità.
Era
il suo ultimo concerto e
voleva che fosse per tutti i suoi fans un qualcosa di memorabile e tale
era il
rispetto per quel concerto che neanche Duke Donnolesi si fece vedere a
vendere
la sua merce taroccata, lasciando agli stores ufficiali la vendita dei
prodotti
Gazelle.
Il
concerto durò 4 ore e fu
davvero stancante per Gazelle, la quale alla fine si ritirò
per una buona
quarantina di minuti prima di concedere foto e autografi a quei pochi
fans (8
in tutto) che avevano vinto il backstage pass (anche se due di quelli
non erano
stati aiutati dalla fortuna, ma da una ostinata coniglietta).
Venne
il turno di Clawhauser, il
quale era tutto emozionato e agitato, sapeva infatti che ad ogni fan
veniva
regalato un dono personale e unico, chi sa quale sarebbe stato il suo.
“Ciao,
Clawhauser” disse
garbatamente Gazelle:” So che tu hai fondato un funclub in
mio nome e ti vanti
di essere il mio fan numero uno.”
“Si.”
Disse con gli occhi
illuminati dalla gioia, ciondolando la grossa testa in segno di assenso.
“Ebbene
per il mio fan numero
uno, ecco qui il regalo: un cd a cinque dischi con tutti i miei
successi, più
tre inediti, un dvd e il libretto autografato con tutti i testi e una
fotografia io e te del concerto di 7 anni fa.”
Poco
ci mancò che il ghepardo non
svenisse dalla commozione, ma poi si riprese, ringraziò e
uscì tutto contento.
Poi
ci furono altri fans e altri
regali e arrivò quindi il turno di Bogo.
Il
capitano, più che teso, era
scocciato, odiava quel tiro mancino, non voleva soffrire e ricevere una
prebenda alle sue ferite, riteneva tutto questo un raggiro e un insulto.
Entrò
torvo, ma poi vedendo Gazelle
accoglierlo con garbo, la sua cupezza si sciolse.
“Capitan
Bogo, lei difende
Zootropolis con tenacia e coraggio, eppure non riceve alcun
riconoscimento. So
bene che nessun ninnolo potrà colmare la sua tristezza. E so
anche bene che
questo potrebbe avere ripercussioni sul suo lavoro.”
“Ma
lei come…?” chiese
stupefatto.
“Una
coniglietta molto ostinata mi
ha fatto capire quanto lei tenga al suo lavoro e ai suoi uomini, e
sarebbe
davvero un peccato sei lei si lasciasse andare.”
Bogo
era confuso e irritato,
odiava chi ingeriva nella sua privacy, ma ancora una volta fu Gazelle a
sorprenderlo.
Si
poteva vedere quanto sforzo
stesse facendo per cercare di dire quello che voleva dire e poi
parlò.
“Lei
non è l’unico a tenere alla
propria privacy! Anche io, per quanto sia un personaggio popolare e
aperto, ho
i miei segreti.”
“Capisco”
ribattè Bogo, che
aspettava il ninnolo consolatore.
“Lei
non avrà niente, capitan
Bogo” disse Gazelle con molta calma.
La
faccia di Bogo si contrasse in
una smorfia fastidiata.
“Lei
non avrà niente che possa
essere esposto, mostrato e esibito con orgoglio. Lei avrà
qualcosa che nessun
altro avrà mai: il vero motivo per cui mi ritiro dalle
scene.”
Bogo
rimase stupito, era davvero
un bel regalo, altro che prebenda o palliativo.
“Confido
in lei, saprà mantenere
il segreto” aggiunse, poi sospirò come se si fosse
alleggerita di un peso.
“Vede,
capitan Bogo, la mia
compagna aspetta un figlio e io non posso lasciarla più
sola.”
Bogo
sbigottì:” Come, lei
è…”
“Omossessuale?”
– “Sì, lo sono,
ma anche se fossi stata etero, avrei comunque lottato per un sogno di
integrazione e coesistenza qui a Zootropolis, perché
è una cosa in cui credo
profondamente, come lei, capitano.
Restarono
in silenzio per alcuni
minuti, il tempo di capire quanto fosse costato rivelare quel segreto.
Poi
Gazelle riprese a parlare. “Se
tutti sapessero questa cosa, mi accuserebbero di ipocrisia, che
promuovo la
causa solo perché è un mio interesse”
Sembrava
quasi fosse sul punto di
piangere.
Ma
fu Bogo a risolvere la
situazione. Atteggiandosi da duro disse con voce profonda:
“Il suo segreto è al
sicuro con me, “pupa.”
Poi
uscì lasciando la cantante a
rifiatare e a far ordine dentro di lei. Cinque minuti dopo era
già pronta ad
accogliere gli ultimi due fans.
E
mentre si avviava verso l’uscita,
con quel segreto nel cuore, Bogo si lasciò andare ad un
sorriso, che gli diede
una sensazione di calore: quel segreto era molto più
confortante di qualsiasi
ninnolo.
Ma
mentre era così assorto nei
suoi pensieri, non si avvide di andare a sbattere contro un grosso orso.
L’impatto
fu imminente, ma con la
sua solita agilità Bogo afferrò al volo il gadget
di Gazelle e lo porse al suo
proprietario.
“Grazie,
capitan Bogo. Sa, quella
statua in porcellana è il mio ricordo speciale di Gazelle,
sotto c’è anche la
dedica personalizzata” disse l’orso.
“Miss
Ursaring, è fan di Gazelle,
anche l’assistente del Sindaco. Ma che sorpresa!”
disse Bogo.
“Già”
ribatté l’orsa.
Poi
i loro sguardi si
incrociarono e scoccò come una scintilla.
Così
quel mese si rividero altre
due volte, e altre quattro il mese successivo, e molte altre il mese
ancora
dopo, finché due anni dopo, ormai ufficialmente una coppia,
si sposarono,
adottando poi una cucciola di Caribù
dall’orfanotrofio Gazelle, chiamato così
in onore dell’ex pop-star.
E
quando la piccola caribù, di
nome Berenice, entrò nella loro vita, Bogo lasciò
il suo posto di capitano a
colui che ritenne essere il suo più degno successore e
nessuno ebbe da
ribattere.
E
Nicolas Piberius Wilde si rivelò
degno del posto assegnatoli, guidando il distretto con rispetto e
saggezza.