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Autore: _Nimphadora_    10/07/2016    3 recensioni
Wolfstar|Post-Azkaban|12.815 parole
La prima volta che Remus incontra Sirius è irreale, e fa male perché d'improvviso tornano a galla i ricordi soppressi di un'altra vita e Remus non è pronto.
La seconda volta che Remus incontra Sirius piove e ha una paura immensa e lo sa, non è pronto, ma sa recitare bene.
La terza volta che Remus incontra Sirius il cielo è grigio come i suoi occhi ed entrambi capiscono che si sono mancanti, troppo. E Remus non è pronto ma, forse, questa volta, non gli interessa.
Dalla storia:
Forse semplicemente alcune persone non sono fatte per essere felici. Loro però, e adesso Remus ne era certo, erano venuti al mondo per trovarsi.
•••
«Dimmi che sei ancora mio, dimmi che nonostante tutto lo sei»
•••
«Non t'azzardare a morire prima di me, vecchio idiota»
•••
«A cosa stai pensando, Moony?»
Il ragazzino aprì bocca senza voltarsi.
«Ti immagini mai di scappare via, Sirius?»
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'When Love Hurts'
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Note iniziali: Prima di tutto ringrazio chiunque abbia deciso di aprire questa one shot, davvero, grazie. Per chi ne volesse usufruire ho stilato una lista delle canzoni che più mi hanno ispirato durante la scrittura di questa storia. Ne consiglio l'ascolto durante la lettura:
1. Fools-Troye Sivan
2. Set Fire To The Rain-Adele
3. One way or another- Cover by Until The Ribbon Breaks
4.Young&Beautiful-Lana del Rey
5. My love-Sia
 
 
Solo gli sciocchi cadono per te, solo i pazzi.
Solo gli stupidi fanno ciò che faccio, solo gli sciocchi cadono.
Fools
 
Quando sono con te potrei stare lì, 
Chiudere gli occhi, percepire che sarai qui per sempre.
Set Fire To The Rain
 
In un modo o nell'altro ti troverò, e ti avrò.
Ti avrò.
One Way Or Another
 
Mi amerai ancora quando non sarò più giovane e bello?
Mi amerai ancora 
quando non avrò altro che la mia anima spezzata?
Young&Beautiful
 
Amore mio, hai trovato la pace
Stavi cercando la liberazione.
Hai dato tutto quanto, rispondendo all'appello.
Hai colto l'opportunità e
Sei caduto per noi.
Stanotte dormiremo per sempre.
Mi aspetterai, amore mio.
My Love-Sia
 
 
 
 
 
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La prima volta che si incontrarono fu irreale, sembravano passati secoli, sembrava un'altra vita.
Come poteva essere? Sentirsi così distante da quelli che erano stati gli anni più felici della sua intera esistenza. Remus questo non sapeva spiegarselo, ma sapeva che faceva male, come tutto da un bel po' di tempo a quella parte.
Come il dolore che sentiva nelle ossa quando camminava, nelle braccia quando le alzava, perché solo poche ore prima il suo corpo era stato quello di un mostro senza coscienza e di conseguenza non poteva fare a meno di trovare difficoltà nel doversi riadattare alla sua forma normale.
Quello era un dolore a cui era abituato da un tempo lunghissimo, un dolore familiare, mentre rivedere Sirius... era un dolore totalmente inaspettato.
Erano successe così tante cose e tutte insieme in quelle poche ore che si sentiva ancora frastornato.
Venire a sapere del tradimento di Peter, lo scontro con Sirius, Piton che gli puntava la bacchetta alla gola, la trasformazione, Harry...
Gli era dispiaciuto doverlo lasciare, gli sarebbe piaciuto potergli restare accanto, continuare a insegnargli... ma Piton aveva urlato ai quattro venti la sua vera natura e Remus l'aveva capito da subito, che non sarebbe più potuto restare.
Lasciare il suo posto di insegnante fu facile e difficile insieme.
Facile perché dopotutto avrebbe smesso di temere di deludere ancora una volta le aspettative di Silente, di Harry e di quella dannata scuola.
Difficile perché, dopotutto, quella dannata scuola era la sua casa, lo sarebbe rimasta sempre.
Stava per partire per arrivare chissà dove dopo aver consegnato le sue dimissioni quando un piccolo gufo dal piumaggio arruffato aveva fatto irruzione nel suo ufficio e aveva lasciato cadere un pezzo di pergamena stropicciata sulla sua scrivania prima di sparire nuovamente.
Niente busta, niente cera né sigillo, solo un biglietto malandato. Remus lo lesse e capì, abbastanza velocemente.
 
Incontriamoci.
Oggi.
Sai dove. Sai quando.
Ti prego.
 
La calligrafia che un tempo era stata lineare ed elegante ora era rozza e imprecisa, frutto di una mano tremante, eppure Remus l'avrebbe riconosciuta fra milioni.
Ti prego.
Sirius che supplicava non riusciva proprio a immaginarselo, nemmeno nella versione sbiadita e invecchiata che aveva visto la notte prima.
Il luogo era la Stamberga Strillante, l'ora la mezzanotte.
Da ragazzini si erano visti lì centinaia di volte, oltre alle notti di luna piena.
Era stato il loro posto.
Il posto di Sirius e Remus.
Adesso era solo un'altro cumulo di macerie, uno dei tanti.
Una parte di Remus gli urlava di scappare, di non andare, di fingere di non aver ricevuto niente.
Ma c'era anche una parte che, alla vista degli occhi di Sirius, quegli occhi meravigliosi da cui la lunga prigionia aveva tolto la luce, si era risvegliata.
Il bisogno.
Un bisogno senza nome e senza ragioni.
Si erano riappacificati in qualche modo, lui e Sirius, davanti ai ragazzini. Si erano abbracciati. Eppure adesso Remus non poteva che sentirsi distante, freddo.
Aveva ucciso quella parte del suo cuore, la parte destinata a lui.
La parte di Sirius.
Magari certe cose non si possono aggiustare e basta.
Magari l'impeto ti porta a fare certe cose, a dire certe cose, ma non sei tu a farle o a parlare. È il momento, anche se sembra facile poi rifletti, vedi, e d'un tratto capisci che non lo è più.
Eppure eccolo lì, in piedi e circondato da detriti coperti da incuria e polvere.
La luce della luna, flebile, entrava da una grossa crepa nel soffitto.
Remus si chiese se così lo avrebbe visto arrivare.
«Sei qui»
Il professore si scosse di colpo e strinse fra le dita la bacchetta, colto di sorpresa.
Sirius era a qualche metro da lui. Era sempre stato lì ma entrando, immerso nella penombra, non l'aveva notato.
Non fino a che Sirius non aveva parlato.
«Sei qui»
Ripeté Sirius con quella voce nuda, gracile, dopo aver finalmente incontrato gli occhi di Remus.
Poteva vederne il verde limpido anche immerso nell'oscurità.
«Saresti dovuto scappare già da un pezzo, ti stanno ancora cercando»
Fu la risposta di Remus.
Giusta. Calcolata.
Sirius sorrise mostrando la fila di denti marci.
«Prima dovevo vederti, però»
«Mi hai già visto»
«Non da solo»
Remus sentì il corpo irrigidirsi, eppure il cuore battere più veloce.
Forte.
ForteForteForte.
Tentò di reprimere quel moto per farlo tornare quieto con tutte le sue forze.
Sirius si avvicinò cauto fino a che solo un passo, una tegola pericolante di legno marcio, li divise.
Il suo corpo emanava il puzzo di Azkaban, il puzzo della morte.
«Gli anni ti anno indurito, eh Moony?» 
Remus strinse i pugni.
«Non chiamarmi così»
Sirius sorrise ancora, nascondendo i denti questa volta, per paura che potessero ripugnarlo a così poca distanza.
Il suo fu un sorriso strano, come se stesse per spezzarsi, come quelli che si fanno mentre si piange... eppure i suoi occhi erano asciutti.
Persi ma asciutti.
«Perché?»
La voce piccola, gli occhi grandi. Enormi.
«Perché non risponde più a nessuno quel nome»
«No, non è vero»
Sirius scosse la testa forte, facendo ondeggiare i capelli rigidi.
«Lo vedo ancora nei tuoi occhi, Moony. C'è. Da qualche parte. È il lato migliore di te»
E anche questo fece male, Remus lo sentì, ma solo un po'.
Era preparato.
Lo sapeva, doveva solo tenere duro.
Sarebbe stato tutto più facile se prima di Azkaban non l'avesse amato in quel modo, così totalizzante da dilaniargli l'anima.
Sarebbe stato tutto più facile se fosse stato solo un vecchio amico.
Ma non era più facile.
Aveva perso qualcosa di se' Remus, quella notte a Godric's Hallow.
E dodici anni pesavano sul suo petto come macigni.
L'innocenza di Sirius non lo scagionava dai suoi errori, come non scagionava Remus dai suoi.
E adesso era spezzato, rotto. Erano rotti entrambi.
Eri tu la parte migliore di me.
Avrebbe voluto urlargli Remus in quel momento, forte.
Eri tu la parte migliore di me e ti ho perso, mi sono perso.
Era così semplice da capire, non c'era altro da fare.
Eri tu la parte migliore di me e ti ho perso, mi sono perso, e ho dovuto uccidere questa parte di me che mi legava a te per andare avanti. Per sopravvivere.
Perché altrimenti come altro poteva fare?
«Lo sai anche tu che non è vero, Sirius»
Alla fine disse, semplicemente.
Rispetto a tutte le cose più importanti che c'erano da dire.
Sirius abbassò lo sguardo, fissandosi le scarpe sporche e logore.
«Per me rimarrai sempre Moony. Sempre»
Sussurrò e poi si avvicinò ancora, la mano destra alzata a un passo dal viso di Remus. Poteva quasi toccarla, stava per toccarla.
Poi però indietreggiò, arresa, assieme al corpo martoriato di Sirius.
Il prigioniero si voltò, andandosene perché non c'era più nulla da dire o forse perché ce n'era fin troppo e stava per scoppiare.
«Ti farò avere mie notizie»
Lo avvisò e Remus annuì, anche se Sirius di spalle non poteva vederlo, incapace di fare altro.
Trattenne il respiro finché non lo vide uscire dalla sua portata e fu sollevato.
Non odiava Sirius, e come avrebbe potuto? No, non lo odiava ma non riusciva ad averlo accanto.
Gli ricordava tutto quello che avrebbe potuto avere e che invece aveva perso.
Sirius era quella felicità inespressa, che non avrebbe mai più avuto indietro.
La parte perduta di se'.
 
 
C'era il sole quel giorno e la primavera era appena iniziata. I prati che circondavano i cancelli di Hogwarts erano fioriti rendendo l'atmosfera intorno alla scuola ancora più magica. Remus li guardava rapito mentre Sirius accanto a lui ridacchiava divertito. Sembrava più grande Sirius, nonostante i suoi soli quindici anni d'età. Remus invece era ancora così piccolo, così magro, così... da difendere.
E Sirius questo lo adorava, oh, se lo faceva impazzire.
Anche se non gliel'avrebbe mai detto, anche se era uno dei suoi più imbarazzanti segreti, anche se fingeva di andare dietro a Jean Clarke del settimo anno.
«Qual è il tuo fiore preferito, Moony?»
Remus alzò le spalle, sorpreso e forse anche un po' intimorito dall'essere preso in giro dall'amico per via del suo amore per i fiori.
Roba da femminucce, pensò.
Però Sirius gli sorrideva con quel sorriso storto e Remus sapeva che lo faceva solo quando voleva essere serio ma gli mancava il coraggio, così parlò.
«I tulipani, i tulipani bianchi»
Sirius sembrò riflettere alcuni istanti, per poi tornare a sorridere in quel modo strambo.
«Quando saremo grandi e tu avrai, di sicuro, una deliziosa villetta tipicamente inglese col tetto rosso e tutto il resto verrò da te e, te lo prometto, metterò su una piccola aiuola piena di tulipani bianchi come la neve, di quelli magici, che non muoiono mai»
 
 
La prima volta che Remus ricevette notizie di Sirius era Settembre ed erano passati tre mesi dal loro ultimo incontro alla Stamberga.
Si trovava a casa sua, anche se chiamare casa quella bettola era un complimento, davvero.
Quattro stanze, una più piccola dell'altra e con la carta da parati scrostata e ammuffita. Il parquet era sfondato in diversi punti e le finestre rotte lasciavano entrare il vento freddo sia di giorno che di notte.
Ad ogni modo quello era il massimo che era riuscito a permettersi usando i risparmi raccolti a Hogwarts.
La lettera era stata molto scarna ma almeno era contenuta in una busta sigillata questa volta e a portarla era stato un buffo e colorato uccello tropicale.
Se non fosse stato mandato da Sirius a Remus avrebbe quasi portato allegria.
 
L'estate sta finendo, è tempo. Sono stato in Sud America e poi in Africa per un po'. Sto meglio adesso. Sto tornando a Nord, Harry avrà bisogno di me. Ho bisogno di un posto dove stare. Rimanda l'uccello indietro.
Grazie,
Padfoot.
 
Padfoot.
Perché diavolo si era firmato in quel modo?! 
Non erano più ragazzini, non più quei due giovani Grifondoro con le menti fresche piene di sogni e speranze.
Non c'erano più.
Dopo dodici anni Sirius ancora si ostinava a tenersi ancorato al passato.
Perché lo faceva? Per Remus era doloroso anche solo il pensiero.
Magari era davvero impazzito per via della prigionia.
E poi aveva bisogno di un posto dove stare.
Ovviamente.
Lì nel Regno Unito. Facile.
Dopotutto era solo il primo ricercato sulla lista del Ministero.
Gli serviva un posto sicuro, defilato, discreto.
A Sirius serviva casa sua e Remus lo sapeva, lo sapevano entrambi. E no, non avrebbe accettato, non ci avrebbe nemmeno lontanamente pensato se la scelta fosse stata sua.
E non lo era.
Sirius, per quel che Remus potesse dire, non era uno sciocco. Non sarebbe tornato se non fosse stato per il bene di Harry e Remus non aveva dubbi al riguardo.
Sarebbe morto lì, in quello stesso momento, per far stare Harry Potter al sicuro.
 
Vieni a stare da me. Se l'uccello ha le stesse abilità di un gufo potrà guidarti altrimenti scrivi ancora e ti dirò dove cercarmi.
Sii prudente.
Remus
 
 
Remus si era stretto le ginocchia al petto, tremante. Gli occhi sbarrati nel tentativo di non piangere, di essere forte.
Non voleva piangere. Non più.
Sirius lo guardava impotente mentre la rabbia gli montava dentro come una bestia affamata.
«Sarei dovuto arrivare in tempo! Cazzo... avrei dovuto rincorrerli! Prenderli e spezzargli le ossa una a una! Dio... se ti toccano di nuovo... se solo provano a toccarti di nuovo, giuro che li ammazzo! Li ammazzo Remus, te lo giuro!»
«Sir... ti prego, basta»
Aveva sussurrato a mezza voce il ragazzino di tredici anni appena. Sembrava un cucciolo spaurito.
Il labbro aveva smesso di sanguinare ma in compenso lo zigomo destro aveva iniziato a gonfiarsi velocemente, assumendo un malsano colore violaceo.
Sirius a quella vista non aveva retto e si era accovacciato accanto a lui, per poi tirarlo a se' per stringerlo in un abbraccio. Forte. Fino a rendergli difficile respirare.
«Tre contro uno, è da vigliacchi. È da bastardi. Tipico dei Serpeverde, di quella feccia immonda»
Remus aveva scosso la testa energicamente, non voleva più parlarne. Voleva solo sentire Sirius stringerlo forte, dicendogli che sarebbe andato tutto bene.
Che Remus era forte, più di quanto credeva.
«Non è colpa tua Moony, lo sai no? E poi nessuno sarebbe riuscito a tenere testa a quegli idioti, erano troppi per uno solo»
Sirius adesso aveva preso a consolarlo, sussurrandoglielo mentre gli accarezzava i capelli chiari.
Quando Remus alzò lo sguardo per incontrare gli occhi grigi e d'improvviso pieni di tenerezza di Sirius non poté fare a meno di sbuffare, contrariato.
«Tu ci saresti riuscito, li hai fatti scappare»
«Nemmeno la mia lingua lunga mi avrebbe salvato dai pugni, stanne certo»
Remus lo guardò ancora contrariato ma accettò la risposta di buon grado.
I dormitori erano vuoti e maledettamente silenziosi quel pomeriggio.
Sirius appiattì la schiena contro il muro freddo e spinse Remus contro di se', per fargli poggiare la testa sulla sua spalla.
In quel momento si sentiva così protettivo... come una mamma con il suo cucciolo. Non avrebbe lasciato a nessuno avvicinarsi.
Remus era il suo migliore amico, il suo.
Era suo.
«Grazie per avermi difeso»
Disse d'un tratto Remus, con la voce un po' più ferma.
Lì, con lui, sentendo l'odore muschiato della pelle di Sirius si sentiva pienamente al sicuro.
«Non devi ringraziarmi, non è niente che non avresti fatto anche tu per me»
Remus rimase in silenzio per un po', prima di sentire ancora il bisogno di parlare.
«Lo farei davvero. Voglio che tu lo sappia, Padfoot. Se tu avessi bisogno del mio aiuto io ci sarei, sempre. Davvero»
Ti proteggerei, come fai tu con me. A costo di essere preso a pugni tutti i giorni.
Remus pensò anche questo, ma no, decise che lo avrebbe tenuto per se.
Sirius annuì, sentendo una strana morsa stringergli il petto, ma non disse niente.
Bastava che lo sentisse respirare, stare bene lì accanto a lui, per stare meglio.
 
 
Pioveva la notte in cui Remus rivide Sirius per la seconda volta.
Pioveva quando Remus fu svegliato nel cuore della notte da un rumore legnoso.
Poteva sentire il ticchettio preciso contro le finestre, l'acqua entrare dalle crepe.
Sirius continuava a bussare forte contro la porta malandata di casa sua e Remus sembrò metterci un'eternità per andare ad aprirgli. 
Diede la colpa alla stanchezza.
Semplicemente, non era pronto ad aprire quella porta.
Sirius era zuppo, da capo a piedi.
I capelli corvini erano attaccati alla fronte bianca, le labbra pallidissime, il cappotto scuro che indossava grondava acqua e le scarpe squittivano a ogni suo minimo movimento.
Tremava.
«Entra, stai morendo di freddo»
Sirius annuì appena e si fece strada producendo una scia liquida.
A Remus non diede fastidio più di tanto, ormai quel posto non poteva peggiorare più di tanto.
Più tardi avrebbe pulito tutto.
Sirius se ne stava lì, rigido, al centro del salotto senza sapere bene cosa fare.
Remus accese il camino con un colpo di bacchetta e, senza dire niente, si fece consegnare il cappotto inzuppato che scoprì presto fosse piuttosto logoro. Gli diede alcuni dei suoi vecchi vestiti per scaldarsi.
Gli occhi di Sirius sembravano pieni di gratitudine eppure Remus non riusciva a non evitare il suo sguardo.
«Non ti aspettavo così presto»
Disse dopo un po', per spezzare il silenzio mentre Sirius accovacciato davanti al fuoco iniziava a spogliarsi.
Era passata appena una settimana da quando aveva ricevuto la lettera.
Sirius fece spallucce senza dire veramente qualcosa.
Il sollievo datogli dal calore delle fiamme lo fecero gemere ad occhi chiusi e Remus non riuscì a non voltarsi di scatto.
Sirius rise di scherno, infilando un maglione rossiccio.
«Dio Remus, come se non mi avessi mai visto senza vestiti...»
E scosse la testa, avvilito.
«Quanto resterai?»
Chiese Lupin, in un rapido tentativo di cambiare argomento.
Sirius si rialzò per indossare i pantaloni  e, litigando con i bottoni diede la sua risposta.
«Un po'»
Un po'. Vago, doveva immaginarselo.
Non era cambiato forse poi tanto.
Eppure era così magro adesso, senza vestiti gli si vedevano addirittura le ossa.
Chissà, magari era per quello che Remus si era voltato.
Non riusciva proprio a vederlo così.
«Devi mangiare»
Borbottò quindi, Sirius scosse la testa.
«Non serve, io...»
«Devi scaldarti e mangiare, fine del discorso»
Sirius sorrise e Remus poté notare come almeno i suoi denti fossero indubbiamente migliorati rispetto all'ultima volta.
«Quindi siamo tornati a questo? Ti prendi cura di me, ti fa ancora sentire bene?»
Il tono vellutato di Sirius fece smuovere qualcosa nel petto di Remus, che però abbassò lo sguardo, incrociando le braccia.
«Sirius...»
Ma lui lo ignorò, avvicinandosi.
Le lastre di parquet sotto i suoi piedi nudi scricchiolarono.
«Ti ho pensato, sai? Mentre ero via...»
A Remus sudavano le mani mentre indietreggiava.
Black sorrise ancora, quel fottuto sorriso storto che odiava, e amava, e odiava così tanto.
«Anche ad Azkaban»
E adesso l'aveva toccato, accarezzandogli il braccio lentamente, e Remus aveva sentito un brivido lungo la spina dorsale e gli occhi pizzicargli.
«Remus...»
Così vicino, troppo vicino.
Quando Remus respirava sentiva il suo odore, impregnato da quello della pioggia.
Tenne gli occhi bassi.
«Remus guardami»
La mano di Sirius si avvicinò al suo mento per sollevarlo ma Remus si scostò bruscamente.
No, non toccarmi. Ti prego non toccarmi. Non ce la faccio.
Toccò a Sirius irrigidirsi, stringersi nel suo maglione.
Gli occhi grigi sgranati, la bocca aperta per cercare di far entrare aria nei polmoni.
Perché gli faceva così male? Oh.
«Vaffanculo, Remus. Vaffanculo»
E lo vide allontanarsi di fretta per entrare nella prima camera che trovò davanti a se', per nascondersi.
Chiudersi a chiave.
Come ad Azkaban.
Remus lo seguì quando ormai era troppo tardi e senza neanche sapere il perché.
Poggiò la schiena contro la porta e lasciò che le gambe gli cedessero lì.
Piansero in silenzio, divisi dallo strato sottile della porta del bagno.
Piansero in silenzio mentre fuori pioveva.
Avevano dimenticato come cercarsi.
 
 
«Sei ancora qui?»
La voce assonnata di Sirius svegliò Remus dai suoi pensieri.
Sirius aveva smesso di dormire e adesso lo guardava curioso.
«Non me ne sono mai andato»
Spiegò lui.
L'infermeria sarebbe stata vuota se non fosse stato per quei due giovani Grifondoro.
«E Madama Chips? Ti ha fatto restare?»
Remus alzò le spalle, un po' imbarazzato.
«Mi sono nascosto, ho usato il mantello di James. Non mi ha visto»
Sirius ridacchiò debolmente, si sentiva ancora spossato.
«Non hai rispettato le regole, eh? Che cattivo ragazzo...»
«Oh ma smettila!»
Remus lo colpì giocosamente alla spalla, ma piano. Aveva paura di fargli male.
E poi era tutto indolenzito! Dormire su quelle sedie di legno era orribile.
«La febbre sta scendendo»
Disse poi dopo un po' Remus e a Sirius quasi dispiacque. Gli piaceva, quando Remus si prendeva cura di lui.
Gli piaceva davvero tanto.
 
 
Dopo qualche mese Sirius era ancora là, a casa di Remus.
Non che si parlassero molto, Sirius di giorno non c'era quasi mai, tornava di notte per dormire.
Chissà dove andava, che quando tornava Remus era già a letto e aveva smesso di impazzire di paura e di angoscia.
E se lo prendono? E se non torna?
Lupin gli faceva trovare sempre un piatto di uova e salsicce sul davanzale malandato della cucina e lui di solito mangiava da solo di fronte al fuoco.
Era una maledetta tortura stare lì, Sirius lo odiava, eppure non riusciva ad andare via.
Non riusciva a lasciare quel posto squallido così pregno dell'odore di Remus.
Si chiedeva se quando usciva e andava via quell'odore si poteva sentire anche su di lui.
Come dopo aver fatto l'amore.
Odore di cioccolato, di vaniglia e di foresta.
Sirius si chiese se si ricordasse di sapere come si fa l'amore, non ne era certo.
Non sapeva se ricordava ancora tutte quelle piccole cose che una volta facevano impazzire Remus e d'un tratto di sentì un po' più povero.
Un po' più vuoto.
Comunque, non avrebbe più potuto imparare.
Quella notte proprio non ci riusciva a dormire Sirius, su quel divano sfondato.
Aveva la testa troppo piena, la gola bloccata.
Si alzava, camminava, si sedeva.
E aveva voglia di urlare. Così tanta voglia di urlare.
Perché non poteva semplicemente dimenticare?
E perché Remus non poteva semplicemente tornare ad essere com'era?
L'idea di tornare, di tornare da lui, era stata l'unica cosa a evitargli la pazzia durante quei dodici anni di prigionia e adesso invece pensava di poter perdere il senno.
Perché? Cosa aveva fatto di tanto orribile?
Moony era tutto quello che aveva.
Perché Remus gliel'aveva portato via? 
Sirius avrebbe voluto odiarlo così tanto, così tanto...
E che ci faceva lui lì? A che scopo?
Nessuno lo voleva lì.
Nemmeno Harry.
Lui a chi serviva?
Che senso aveva tutto questo?
Erano notti come quelle che lo facevano sentire come se stesse per morire lentamente. Senza una ragione valida.
Camminava e i piedi gli si facevano veloci, ma di solito si poneva certi limiti. Certi porte da non varcare. La camera da letto di Remus era uno di quelli quindi che stava facendo?
Sirius c'era entrato di soppiatto. Voleva solo vederlo dormire, si ripeteva. Voleva vedere come lui faceva a dormire quando fuori c'era una tempesta come quella.
Lo guardava e il cuore nel petto gli si scioglieva lentamente, sentendolo respirare.
Lentamente si spostò dal ciglio della porta fino a metà stanza e poi accanto al letto.
Era invecchiato Remus, non aveva quarant'anni ma si vedeva che era stanco. Si vedeva che il tempo non gli aveva fatto bene.
Eppure era bellissimo, bellissimo, per Sirius lo sarebbe stato sempre. Lo sapeva.
Gli fissava le cicatrici sul volto, quelle di cui Remus da ragazzo si vergognava così tanto.
Quelle che "Sono parte di te, sono meravigliose perché ti appartengono" ma lui non ci credeva mai.
Adesso le avrebbe ricoperte di baci e di graffi.
Ne avrebbe fatte di nuove per poi curarle.
Le avrebbe amate e odiate, come faceva con lui.
Chissà cosa sognava, chissà se sognava lui ogni tanto.
Sirius lo faceva, ma erano più che altro ricordi. Non riusciva a immaginare i loro corpi usati e consumati vicini in quel modo. Desiderava che lo fossero ma figurarli nella sua mente era impossibile.
Perché gli amanti Moony e Padfoot erano due ragazzini di sedici anni che facevano l'amore in una casa diroccata piena di segreti vicino alla loro scuola. Due anime vergini in cerca di amore da dare e da prendere.
Non sarebbero mai potuti essere due uomini ubriachi di dolore, smussati dalla solitudine e dal rimpianto.
Nella sua mente il loro amore era restato a Hogwarts, dove poteva essere protetto dalla vita che sarebbe venuta.
È il futuro che li ha rovinati.
Fosse stato per Sirius sarebbe vissuto per sempre nella sua carne di adolescente felice.
«Se potessi tornare indietro lo farei, te lo giuro Moony. Tornerei e cancellerei tutto il resto»
Sussurrò a mezza voce, per non svegliarlo.
Magari sperando che però una parte di lui chissà dove l'avesse sentito e sapesse che lui si trovava lì, al suo fianco.
Così si stese sul letto di Remus, cercando di avvicinarsi il più possibile al suo corpo caldo.
Almeno per quella notte voleva restare lì, il giorno dopo avrebbe potuto maledirlo alla luce del sole ma adesso voleva solo sentire il suo respiro.
Dormigli accanto come a sedici anni, fingendo di averli.
Quando si amavano e solo quello contava.
«Menomale che dormi»
Si lasciò sfuggire, mostrando un sorriso stanco agli occhi chiusi di Remus.
Che era sveglio, sveglissimo, perché non dormiva più da mesi.
E che non avrebbe mosso un muscolo, pur di farlo restare lì, con lui.
 
 
«Non svegliarmi domani»
Sussurrò Remus contro il suo collo, facendolo rabbrividire.
Sirius non capì.
«Gli altri ti vedranno nel mio letto, non vorrai farti trovare qui...»
Remus ridacchiò, aderendo un po' di più contro il corpo caldo e nudo di Sirius.
Si erano amati solo poco prima.
Sirius si morse le labbra forte, reprimendo un gemito.
«Così mi fai impazzire, Moony...»
«E che mi vedano, non mi importa più niente. Possono anche ridere di me, picchiarmi fino a farmi svenire, io ho te al mio fianco e non ho più paura»
Sirius si bloccò in quell'istante con gli occhi sgranati, le mani serrate sulla sua schiena.
Non ricordava di essersi sentito più felice in tutta la sua fottuta vita.
«Voglio dirlo a tutti, a James. Oh e a Peter»
Sirius alzò le mani per accarezzare il viso del suo amante, per poi baciargli la punta del naso.
«Ma sei sicuro? Io posso aspettare, lo sai»
Remus abbassò il volto per incontrare le sue labbra e mordicchiargliele per dispetto.
«Ma io non posso più. Ho passato tutta la vita a nascondere ciò che sono per un motivo o per un altro. Sono così stanco...»
E poi poggiò la testa sul petto di Sirius, sorridendo.
Era felice, era come liberarsi di un peso che si portava dietro da troppo tempo.
«Non c'è mai stato nulla di sbagliato in te Rem, nulla. Dovevi solo capirlo»
Sussurrò in risposta, accarezzandogli i capelli chiari che alla luce fioca dei dormitori assumevano un curioso color sabbia.
«Se l'ho fatto è stato grazie a te. Tu mi hai reso libero, Sirius»
 
 
Il sole stava per tramontare e Remus lo sapeva, presto sarebbe stata una di quelle notti.
Le notti di luna piena.
Ed era più nervoso del solito, non poteva essere altrimenti, non con Sirius che sembrava proprio non voler andare via, che si era fissato lì su quel divano mezzo sfondato dalla mattina e non si era più mosso fino alla sera.
Aspettava.
Voleva esserci, ma non voleva nemmeno dirlo ad alta voce. Semplicemente, se a Remus fosse servito, lui ci sarebbe stato.
Era cambiato qualcosa nel loro modo di fare, dopo la notte in cui avevano dormito insieme.
Quando Remus il giorno dopo si era svegliato prima di lui non l'aveva rimproverato, né cacciato.
Si era alzato senza dire niente e aveva preparato la colazione per entrambi.
Per la prima volta in più di quattro mesi mangiarono insieme.
Sirius poté notare l'imbarazzo e l'innaturalezza di quel momento ma, nonostante tutto, lo fece sentire meglio.
Almeno adesso avevano smesso di evitarsi in modo così palese, e Remus non lo guardava più come se fosse la causa di tutte le sue disgrazie.
Era un passo avanti, no?
Era qualcosa, doveva esserlo.
«Usi la pozione antilupo?»
Alla fine Sirius non riuscì a trattenersi.
Doveva sapere se avrebbe semplicemente dovuto tenere d'occhio un lupo sonnacchioso o se avrebbe dovuto seguire un licantropo imbizzarrito nel bosco.
Remus piegò le labbra in un sorriso amaro, per poi scuotere la testa in un no come risposta.
«Non posso permettermela, credevo fosse ovvio»
Sirius alzò le spalle.
«Volevo solo sapere»
«Ti conviene andare via prima del tramonto. Non puoi restare, anche questo mi sembra ovvio. Puoi tornare dopo l'alba»
Sirius sgranò gli occhi e ridacchiò, ostentando incredulità.
«Sei serio, Remus? Credi davvero che ti lascerei affrontare la luna piena da solo ora che sono qui?! Non ci credi nemmeno tu»
«Ma ora è diverso, io non sono più un ragazzo gracile e tu non sei ancora in forze. Dio, sei magrissimo. Rischierei di farti male e questa è l'ultima cosa che ci serve adesso»
Sirius sorrise appena, alzandosi dal divano per mettersi di fronte al licantropo.
Mostrava una sicurezza che non aveva.
«L'ho sempre fatto, e non mi hai mai davvero ferito»
Remus sbuffò, si sentiva sotto stress.
Non intendeva permetterlo, non voleva nemmeno lontanamente rischiare di ferirlo.
C'era voluto così tanto prima che Sirius riuscisse a riprendersi e no, non avrebbe potuto assecondarlo.
«È diverso, lo sai»
Sirius lo guardò con quei suoi enormi occhi grigi come le nubi prima di un temporale, l'espressione adesso seria.
Era stanco dei suoi stessi giochetti.
«Ti preoccupi ancora, quindi»
Remus alzò gli occhi al cielo, ma non negò.
«Io mi fido di te. Completamente»
«Ma se nemmeno io mi fido di me stesso...»
Sirius sorrise appena, gli occhi un po' più lucidi.
«Allora fidati di me, puoi?»
Remus esitava, eppure quegli occhi... riuscivano a fregarlo, ogni volta.
Stava diventando sempre più difficile dirgli di no, rimanere distante.
Stava diventando sempre più difficile proteggersi.
«Ma se le cose si mettono male... se credi di non potercela fare devi...»
«Andrà bene, ti conosco. E conosco quella parte di te meglio di chiunque altro»
E questo Remus non avrebbe potuto negarlo.
«Solo... sta attento, okay?»
«Okay»
Si erano preparati bene, quello era certo.
Avevano raggiunto il centro del bosco a piedi, che distava poche miglia dalla casa isolata di Remus. Avevano portato un borsone con dei vestiti di ricambio, nel caso uno dei due ne avesse avuto bisogno, e delle pozioni ricostituenti per permettere a Remus di camminare dopo la trasformazione.
Ed erano tesi, entrambi.
Remus non voleva deludere Sirius.
Sirius non voleva deludere Remus.
L'aria intorno a loro era fredda, ma in cielo non c'erano nuvole.
Il tempo era perfetto.
Remus osservava la montagna che sbucava sulla punta dei pini, aspettando di vedere la luna mostrarsi completamente.
Le mani gli tremavano e la lingua era come bloccata.
Non riusciva a dire nemmeno una parola.
«Dovresti spogliarti, mh, credo. Sì insomma, manca poco»
Disse Sirius spezzando finalmente quel silenzio irreale,
Forse per la prima volta costretto a nascondere dell'imbarazzo.
Remus riusciva a suscitare in lui una marea confusa di emozioni ma l'imbarazzo... mai.
Era cresciuto e si era modellato attorno al suo corpo, al suo essere.
Si era mostrato senza vestiti né protezioni, e Remus l'aveva fatto con lui, eppure ormai quella sembrava un'altra vita e Remus e Sirius due estranei.
Aveva appena cominciato a conoscersi di nuovo.
«Sì. Be' credo proprio che sia il momento»
Remus comunque fu meno bravo a dissimulare, si spogliò sfoggiando un forte rossore sulle gote e l'ombra di quella che doveva essere insicurezza.
All'inizio Sirius lo trovò di un'immensa tenerezza, dopo ne avvertì il dolore.
Un tempo era stato così naturale, così piacevole, per Remus spogliarsi sotto gli occhi di Sirius.
Non devi vergognarti, non con me. Non con me, che ho venerato ogni parte del tuo corpo con una devozione disarmante.
Non con me che ai miei occhi rimani meraviglioso nel tuo essere imperfetto.
Non con me, che il mio odio non supererà mai il mio amore.
Gliel'avrebbe detto davvero, in un'altra vita.
Così ora Remus se ne stava in piedi nudo come un verme, aspettando il giudizio delle stelle.
E non smetteva di tremare.
E aveva gli occhi pieni di tristezza, forse anche più del solito.
Sembrava non potersela scrollare via quella tristezza infinita, come se facesse parte di lui.
La tristezza naturale di chi si sente incompleto, perché ha perso la sua parte migliore. 
Poi gli alberi si rischiarano e la luce argentea della luna si fa più presente e sia Remus che Sirius sanno che sono arrivati, che il tempo sta finendo.
Un secondo prima di perdere se stesso Remus si volta verso Sirius e in quel breve istante riesce a vedere il ragazzino che era stato in quei suoi grandi, enormi occhi grigi come la tempesta.
Con lo sguardo lo ringrazia di essere lì, di non averlo lasciato solo anche questa volta, e Sirius non sa come ma capisce.
E va bene così.
D'improvviso un urlo squarcia l'aria, è Remus, oh no, è la bestia ormai.
Sirius non pensa e si trasforma nella sua forma primordiale, un grosso ma gracile cane nero.
La bestia, il licantropo, lo scruta attento, quasi come se l'avesse riconosciuto e allora il cane gli corre incontro per poi girargli intorno.
Il lupo è confuso e quasi perde interesse per quella cosa strana che si muove ma che non capisce, sta per andare via, per correre libero fra i pini e gli abeti quando una nuova luce gli balena negli occhi nel momento in cui incontra gli occhi neri come la pece del cane ormai fermo di fronte a lui.
E la bestia adesso sa cosa fare, il cane non ha nemmeno il tempo di reagire.
Attacca.
Attacca con ferocia, lacerandogli la carne con gli artigli affilati e mordendogli le zampe ossute.
Il cane abbaia e si dimena ma non può nulla contro quella forza selvaggia, quella rabbia insensata.
Resiste, può fare solo quello, aspettando che il licantropo perda interesse per lui e che lo lasci andare, sperando di superare la notte.
 
 
Sirius lo baciò  famelico percorrendo la linea della sua mascella per poi scendere verso il collo niveo, iniziando a mordere e succhiare, facendolo gemere sotto di lui.
Per Sirius era come musica celestiale.
Voleva così disperatamente  farlo stare bene, perché solo così poteva stare bene anche lui.
Voleva dargli tutto, senza tenere niente per se'.
Era pronto, si sentiva pronto, e oh aveva dovuto aspettare così tanto...
«Sei perfetto Moony, D-Dio, vorrei solo che potessi vederti adesso»
Glielo sussurrò gemendo al suo orecchio per poi mordergli piano il lobo.
Remus era totalmente annebbiato da quello che Sirius gli stava facendo, smettendo di far funzionare la ragione.
Non c'è nulla di ragionevole in tutto quello.
Non di certo nelle mani vogliose che lo cercavano sotto il suo maglione da Grifondoro.
Sirius cercò di sfilarglielo ma fu allora che all'improvviso Remus tornò alla realtà, fermandosi.
Sirius cercò di spogliarlo ancora ma questa volta Remus si scansò bruscamente e non ci fu più spazio per i fraintendimenti.
Sirius era confuso, e anche ferito ad essere sinceri, ma cercò di mantenere un tono dolce mentre gli chiedeva spiegazioni.
«Tu... tu non vuoi?»
Remus abbassò lo sguardo, rosso in volto, e quasi non sapeva cosa dire.
La Stamberga d'un tratto si fece sinistra e silenziosa intorno a loro e al loro giaciglio improvvisato.
Sirius aveva programmato tutto nei minimi dettagli.
Aveva portato coperte e candele profumate e anche se se ne vergognava da morire per una volta voleva essere lui quello dolce e dismettere i panni da stronzo.
Per una volta voleva meritarselo.
«N-non... non è questo»
Sussurrò il ragazzino.
«E allora cosa? Puoi dirmelo...»
Remus sbuffò appena, per via della tensione e allora Sirius si tirò a sedere al suo fianco, per poterlo guardare negli occhi.
«È che ho paura»
A quel punto Sirius non poté fare a meno di sorridere sollevato, per poi afferrargli la mano calda e sudata per stringergliela forte.
«Ma guarda che è normale...»
«Non ho paura di fare l'amore con te. Sembra l'unica cosa giusta in tutto questo casino...»
«Allora... cosa?»
Remus arrossì ancora, per poi lasciargli la mano e allontanarsi di qualche centimetro.
Era più forte di lui.
«Ho paura... ho paura di non piacerti, di non essere abbastanza Padfoot. Io non sono bello quanto te, né esperto quanto lo sei tu, ed io... io lo so che sarò un disastro, lo so perché...»
«Shh, shh Moony. Sta zitto»
Mormorò l'altro, incapace di ascoltarlo un secondo di più.
«Tu proprio non capisci, mh?»
E le sue mani adesso erano tornate sul suo torace, accarezzandolo piano.
Remus provò a lasciarsi cullare dal suo tocco assecondandolo e lasciando che lui lo stendesse sotto di se' ancora.
«Proprio non capisci come sei, e come ti vedo io...»
Sussurrò poi Sirius sulle sue labbra, per poi baciarle piano, pianissimo, per sentirne il loro sapore timido e puro allo stesso tempo mentre gli alzava i lembi del maglioncino staccandosi da lui solo per poterglielo finalmente togliere.
Poteva sentire il respiro pesante di Remus e capirne il ritmo disordinato.
Poi si concentrò sulla camicia bianca, togliendo un bottone alla volta dalla sua asola e baciando e mordendo ogni nuovo pezzo di pelle che liberava.
Sentire Remus riprendere a gemere, a cercare di trattenersi per imbarazzo, fu come tornare in paradiso.
«Sei bellissimo, bellissimo. Non puoi nemmeno lontanamente immaginarlo. Ecco cosa sei, e sei mio. Sei solo mio»
Remus annuì impercettibilmente prima di tirarlo a se' per poterlo baciare ancora.
«T-Tuo»
 
 
«Io lo sapevo! Dio, Sirius te l'avevo detto!»
Non faceva che ripeterlo Remus, ormai era nel panico. Non riusciva a pensare lucidamente.
La luna piena lo aveva stremato all'inverosimile ma Sirius... cielo, non smetteva di sanguinare! Tagli, morsi, ferite ovunque.
Ed era stata colpa sua, tutta colpa sua.
Lo sapeva.
Perché era stato così stupido da farlo venire?! Perché aveva creduto?!
Lo sapeva, lui lo sapeva che non avrebbe funzionato, che non avrebbe mai potuto funzionare.
E adesso con le mani tremanti e sporche di sangue e la bacchetta in pugno Remus alternava incantesimi curativi a imprecazioni scandalose.
«D-Dovevi ascoltarmi... ma tu non lo fai mai. Non l'hai mai fatto!»
Sirius gemeva di dolore, per quanto provasse a trattenersi.
Ogni parte del suo corpo bruciava, senza sosta.
«Ti prego Remus, sta zitto, cazzo!»
Urlò, esausto.
«Scusa, Dio, scusa. È che mi dispiace, mi dispiace così tanto... Io...»
E Remus barcollò fino al tavolo della cucina dove aveva gettato malatamente delle garze sterili, poi mormorò un incantesimo contro il dolore e finalmente Sirius smise di gemere così forte.
La pena ora era decisamente più sopportabile.
Remus cominciò ad avvolgere con le garze le ferite più profonde, sperando di fermare il flusso di sangue.
«Non è stata colpa tua, tu non ti controlli in quei momenti. Non sei tu, non sei nemmeno più te stesso»
Ma Remus scosse la testa con forza, portava un peso sul cuore che Sirius non poteva comprendere.
«Tu... Tu non puoi saperlo»
Sirius disteso in modo piuttosto scomodo sul vecchio divano di casa di Remus sorrise stringendo i denti.
«Lo sa chiunque abbia una minima conoscenza sui lupi mannari»
Remus si allontanò ancora per poi tornare al suo fianco con in mano una boccetta del ricostituente che era stato destinato a lui una volta tornato in forma umana.
«Bevi, forza...»
Sussurrò portandogliela alla bocca, Sirius l'accettò di buon grado, pur di sentirsi meglio e infatti in poco tempo sembrò riprendere colorito.
Remus lo vide sorridere appena e per alcuni istanti lo credette davvero pazzo per quello.
«Comunque non è così male, sai?»
Remus lo guardava senza capire, fino a poco prima urlava senza ritegno.
«Sirius, sei letteralmente a pezzi»
Lui annuì appena, ma non smise di sorridere.
«È vero, ma adesso ti stai prendendo cura di me, mi stai accanto perché lo vuoi. Mi stai guardando e lo vedo che di me ti importa, lo vedo. Patirei tutto il dolore provato questa notte più e più volte per non perdere questa consapevolezza. Sai, ci stavo perdendo le speranze»
Remus scosse la testa ma non riuscì a fermare le lacrime che ormai avevano iniziato a scendergli dagli occhi copiose.
Le parole di Sirius, tutto quello stress, la paura, il dolore, la stanchezza... avevano finito per renderlo terribilmente vulnerabile alle emozioni.
Aveva solo voglia di piangere e sfogarsi, voglia di buttare tutto fuori.
«Non ti odierei tanto, se non mi importasse di te, no?»
E, con le ossa doloranti e i cuori tesi sulla corda, risero entrambi.
Risate gracchianti e deboli, in mezzo alla lacrime.
«Be', ti odio anche io. Nella mia vita non ti ho mai odiato tanto»
«Era quello il mio obiettivo»
«E ci sei riuscito»
Si guardarono negli occhi per un tempo indefinito, come se d'un tratto avessero esaurito le parole da dirsi ma, fra loro, era quasi impossibile.
«Dormi con me, stanotte?»
Chiese quindi Sirius con l'ansia che gli attanagliava lo stomaco, come quando era solo un ragazzino ed era terrorizzato alla sola idea di baciarlo.
Remus sembrò irrigidirsi abbastanza in fretta.
«È solo una notte Remus...»
«L'ho fatto di proposito»
Sirius alzò le sopracciglia, confuso.
«Che..?»
«Ti ho ferito di proposito. Una parte di me voleva farlo dall'inizio e penso di averlo sempre saputo, anche prima della trasformazione. Volevo tenerti lontano ma poi... poi ho pensato che se ti avessi fatto male non saresti voluto restare, ti saresti arrabbiato. Certo, non pensavo che la cosa si sarebbe spinta tanto oltre ma...»
«Zitto. Non parlare più»
Disse Sirius.
La sua voce era dura, eppure lontana.
Lo sguardo assente.
Sembrava sconvolto, ferito nel profondo.
Remus si sentì morire dentro, ma ormai non poteva più fare niente.
«Tu l'hai fatto di proposito? Cristo Remus... Tu, tu non sei normale! Non mi volevi qui? Cazzo potevi dirmelo invece di massacrarmi in questo modo!»
E altre lacrime, e Remus era davvero stanco di piangere, di sentirsi in questo modo. Era così stanco, così al limite.
Stava impazzendo, davvero.
«È che non ce la faccio, se resti qui. È una tortura. Io ti ho amato così tanto Sirius, così tanto... e poi tutto è andato in frantumi ed io non voglio mai più sentirmi in quel modo, come se fossi morto dentro. Io non voglio doverti perdere mai più, non lo sopporterei. Ma non ce la faccio, non ce la faccio a starti lontano se tu resti qui, se fai quello che fai. Io non ce la faccio...»
E tremava Remus mentre parlava, tremava forte, perché aveva rivelato una verità che non era pronto ad accettare, perché stava aprendo le porte ad altro dolore e stava arrivando a un punto di non ritorno.
Eppure ormai Sirius era lontano, troppo in là.
Il fatto che Remus fosse arrivato a tanto l'aveva segnato, a stento riusciva a concepirlo.
Era rimasto colpito, lui l'aveva scosso nel profondo e no, non avrebbe potuto semplicemente dimenticare e andare avanti.
Non poteva autodistruggersi, aveva troppo da perdere.
«Domani vado via»
Disse solo, con quel tono lontano, per poi voltarsi e stare di spalle.
Non voleva più guardarlo, non voleva più vedere quel viso che tanto aveva adorato per poterlo semplicemente odiare un po' di più.
Sarebbe stato indubbiamente più facile se non l'amasse tanto da desiderare di morire per non dover accettare tutto quello che lui era diventato.
Il mattino dopo quando Remus si svegliò il divano era vuoto.
Era rimasto solo.
 
 
Era una bella giornata di sole e Hogsmeade era piena di studenti eccitati in ogni angolo.
C'era da aspettarselo, era l'ultima visita programmata al villaggio prima della fine dell'anno!
Per cui nessuno, proprio nessuno, voleva perdersela.
«Io inizierei a preoccuparmi»
Sussurrò James a Sirius, con fare divertito.
Il giovane Grifondoro alzò gli occhi al cielo, per poi spostare lo sguardo sulla ragazza dai lunghi capelli rosso fiamma.
Lily rideva, stringendosi dolcemente al braccio di Remus che sorrideva a sua volta mentre James e Sirius li seguivano a pochi passi.
Avevano legato molto quei due nell'ultimo anno e se James trovava la cosa divertente Sirius non provava altro che fastidio.
«La tua ragazza è peggio di una sanguisuga»
Borbottò soltanto in risposta, stava diventando difficile fingere indifferenza.
Avrebbe staccato Lily dal braccio di Remus a morsi.
James trattenne a stento una risata.
«La mia Lils è una bomba. Non mi stupirei se anche Remus perdesse la testa per lei, sai?»
Lo stuzzicò ma Sirius cercò di non abboccare. Dio, non era più un ragazzino ingenuo e conosceva bene i giochetti di quell'idiota di James!
«Ricordamelo Jamie, perché sei fra i miei migliori amici?»
«Perché sono uno dei pochi che comprende che il tuo essere una checca isterica non ti rendere meno divertente»
Sirius lo guardò con sguardo truce.
«Chiamami checca ancora una volta e ti crucio qui, adesso»
Purtroppo furono interrotti dal riso di Remus causato da qualcosa che Lily gli stava sussurrando all'orecchio, subito dopo lui si voltò verso Sirius per alcuni istanti e sorrise furbo.
Lo stava forse provocando?
Ma poi tornò a concentrarsi sulla rossa e a camminare.
«E comunque nessuno sa di me e Moony, non ancora almeno»
Disse teso, guardandosi intorno.
James annuì appena.
«Ci tieni parecchio alla tua immagine da duro, eh?»
Ma Sirius lo ignorò, era annebbiato dalla scena che si prospettava a pochi passi da lui.
Lily che aveva tirato Remus a se' per stringerlo in un abbraccio, tenendolo stretto per i fianchi... fino a che Sirius non li aveva divisi con uno strattone attirando la curiosità di tutti i passanti nelle vicinanze.
Doveva essere sembrato un pazzo.
«Moony mi sembra di aver visto alcune delle erbe curative che cerchi in quella vetrina là in fondo. Vieni con me a vedere?»
Chiese Sirius con tono piuttosto alto mentre James dietro di lui si sbellicava dalle risate e Lily lo guardava confusa.
O meglio, fingendo confusione. Quella tipa era fin troppo sveglia per non aver capito.
«Oh andiamo e basta!»
Sbottò infine, trascinando Remus per il polso prima di dargli il tempo di dire qualcosa.
Sirius si allontanò il più possibile da occhi indiscreti per poi infilarsi in un vicolo che la luce raggiungeva a stento.
Remus fu presto sbattuto con il muro di mattoni scuri dietro di loro.
«Ti piace provocarmi, eh? Ma ora basta giochetti»
Pronunciò Sirius a denti stretti contro le sue labbra per poi baciarlo con passione, appiattendosi contro di lui.
Remus non riuscì a non sorridere contro le sue labbra, Lily aveva ragione dopotutto. Forse lui lo amava per davvero.
 
 
La terza volta che la strada di Remus si incrociò con quella di Sirius era un pomeriggio nuvoloso di fine estate.
Per la prima volta era Remus a raggiungerlo e nella vecchia cupa Grimmauld Place, la residenza dei Black da secoli e lui non c'era mai stato prima.
A pochi giorni ci sarebbe stata una riunione di quello che restava dell'Ordine della Fenice ma lui si era presentato in anticipo.
Se qualcuno gli avesse chiesto il perché lui avrebbe risposto con un laconico "meglio prima che dopo, no?" perché, in tutta sincerità, non avrebbe saputo come dire altrimenti.
Era teso come una corda di violino, ed era persino difficile nasconderlo.
Inaccessibile a ogni babbano Il numero 12 di Grimmauld Place era facile da raggiungere anche dal mago più inesperto, se ne conosceva il modo.
Remus si guardò intorno, tenendo a mente che si trovava in un quartiere babbano e che essere visto era l'ultima cosa che gli occorreva, e estrasse la bacchetta dal mantello rattoppato per mormorare l'incantesimo in un sussurro leggero.
Sirius al suo arrivo era totalmente impreparato quindi sentire il bussare prepotente alla sua porta lo sorprese.
Afferrò la bacchetta e raggiunse l'ingresso con fare guardingo. Da quando aveva ceduto quel posto pieno di fantasmi all'Ordine la sicurezza non era mai abbastanza.
A dire il vero era stato liberatorio darla via, dopotutto l'aveva sempre odiata.
Aprì la porta lentamente, tenendo la bacchetta ad altezza d'uomo, pronto a colpire chi si trovasse lì fuori ma quando intravide due occhi color verde brillante le parole gli si bloccarono in gola.
Remus lo vide abbassare la bacchetta incerto e quasi gli salì una risata nervosa.
«Guarda che non ho intenzione di attaccarti alle spalle, Sirius»
Lui annuì in risposta e dopo ancora qualche secondo di confusione mostrò all'ospite il suo tipico sorriso storto appena accennato per poi fargli spazio per entrare.
«Ma... ma certo. Scusa»
Entrambi ebbero la lucida consapevolezza, nel momento in cui i loro occhi si rincontrarono insicuri, che si erano mancati.
Si erano mancati come l'aria.
Remus aveva smesso di negarlo a se stesso, per Sirius invece si trattava di qualcosa che aveva accettato da tempo.
«Non ti aspettavo così presto»
Mormorò lui mentre entrambi percorrevano il corridoio polveroso e malandato dell'ingresso.
Remus si irrigidì all'istante, non sapeva nemmeno come rispondere.
«Io... ecco... Mi dispiace se ho creato disagio. Avrei dovuto avvertire»
Sirius al suono di quelle parole non trattenne una risata di scherno.
«Disagio, Remus? Comunque no, non era per questo che te l'ho fatto presente»
Remus alzò le spalle, senza rispondere, chiaramente imbarazzato.
Non sapeva nemmeno dove lo stava portando, attraversavano quei corridoi bui e salivano scale pericolanti senza un'apparente meta.
«Mi scuso per come è ridotto questo posto, non ci tornavo da... be', da quando avevo sedici anni. Ma questo tu lo sai bene, no?»
Pronunciò Sirius fermandosi d'improvviso e voltandosi verso di lui, erano al terzo o al quarto piano?
Si osservarono per alcuni istanti, incerti su cosa dire o fare a quel punto.
A Remus sembrò che le rughe sul viso di Sirius si fossero ispessite e che avesse una decisa aria stanca eppure non aveva perso un grammo del suo fascino magnetico.
Gli anni di prigionia non erano riusciti a portarglielo via.
Inoltre aveva finalmente messo su un po' di pesò in più, anche se sembrava comunque molto più magro di come Remus l'avesse mai visto.
«Non preoccuparti, andrà bene. Dimmi  solo dove posso sistemare questa -e indicò con lo sguardo il bagaglio a mano che aveva portato con se'- e non avrò bisogno d'altro»
Sirius si prese altro tempo prima di rispondere e avanzò a passi lenti ma decisi verso di lui.
La tensione era palpabile e Remus si sentiva come se stesse camminando sul filo, pronto a cadere.
«Non mi hai ancora detto cosa ci fai qui, però»
Remus si morse le labbra, forte, fino a farle sanguinare.
Sembrava cercasse di tenersi dentro una tempesta.
Come se volesse contenere il mare in una tazzina da tè.
Sirius lo osservò tornando ad assumere quello sguardo perso, quello che aveva quella notte, la notte in cui aveva voluto incontrarlo alla Stamberga.
Perché non sapeva mai cosa dire quando lui gli era così vicino? Perché per Remus era sempre così difficile concentrarsi quando Sirius continuava a guardarlo in quel modo?
«Non farlo...»
Sussurrò Sirius, sfiorandogli le labbra con le dita per liberarle dalla morsa dei denti.
Remus non si allontanò da lui nemmeno di un passo.
Rimase lì, come se lo toccasse con gli occhi e davvero, non aveva idea di quello che stava facendo.
Stava semplicemente liberando le catene.
Poi avrebbe avuto il tempo per pentirsene.
«Non farti male...»
Sirius si protese verso Remus e ai suoi occhi sembrò sia incredibilmente presente che inevitabilmente lontano.
Era un controsenso, come qualsiasi cosa li riguardasse da vicino.
Remus teneva i piedi sulla corda più mollemente adesso, preparandosi alla caduta.
Lo sentì accarezzargli il labbro inferiore e raccoglierne il sangue che ancora colava con il polpastrello.
Lo osservò, liquido vermiglio sulle sue dita, e lo portò alla bocca ad occhi chiusi.
Remus poté avvertite una scarica elettrica espandersi per tutto il suo corpo mentre il respiro gli si faceva pesante.
«Hai lo stesso sapore di tredici anni fa, sai? Lo stesso fottuto odore, gli stessi occhi»
La voce roca, le labbra lucide.
Remus cadde e fu come se mille spine gli trafiggessero il petto, restando comunque meraviglioso.
Si era impadronito delle labbra di Sirius con una forza che non credeva più di possedere.
Lo sentì gemere nella sua bocca, perché era stato accolto in fretta.
Lasciò cadere la borsa ai suoi piedi per poter avvolgere i fianchi di Sirius, tracciarli, riscoprirli.
Era una rabbia cieca, una voglia animale.
Lo seguì quando lui lo condusse oltre una delle porte scure alle loro spalle e si lasciò stendere quando vide un letto sfatto all'interno.
Le mani veloci di Remus strapparono la camicia che Sirius portava senza sforzo, i bottoni saltarono producendo un ticchettio acuto e lui gemette quando finalmente riuscì a toccarlo.
Respiravano l'uno nella bocca dell'altro.
«Dio, Moony, quanto mi hai fatto aspettare?»
Sussurrò roco Sirius contro le labbra di Remus che però lo zittì in fretta, invertendo le loro posizioni.
Si tolse il mantello con un gesto secco, abbandonandolo sul pavimento lercio. Seguirono la sua giacca leggera e la camicia candida.
Sirius lo guardava famelico, le labbra mosse in un sorriso folle mentre gli occhi... gli occhi erano pieni di lui.
Remus finalmente si chinò su di lui e iniziò a baciargli prima il collo poi, scendendo, le spalle, il petto, l'addome...
Voleva riscoprirlo e memorizzare tutti i cambiamenti che il corpo di Sirius aveva subito dagli anni e sopra ogni altra cosa voleva farlo stare bene, voleva farlo urlare sotto di lui.
«Dimmi che sei ancora mio, dimmi che nonostante tutto lo sei»
Quasi ringhiò contro la sua pelle bollente e Sirius annuì ad occhi chiusi, per fermare le lacrime.
Era tutto troppo grande, troppo smisuratamente enorme, per essere contenuto.
«Dillo!»
Remus lo urlò questa volta e Sirius lo afferrò per le spalle per costringerlo a guardarlo negli occhi.
«Sono tuo. Sono tuotuotuo» E nascose il volto nell'incavo del collo del lupo, confondendo lacrime e gemiti.
«Stringimi»
Ebbe solo la forza di dire prima che Remus iniziasse a farsi strada dentro di lui.
I pantaloni ancora su a metà coscia e il dolore bruciante che quella pienezza gli provocava.
Sirius affondò le unghie nella schiena nuda e bianca di Remus ma lo tenne stretto a se' perché non c'era nulla di più buono di quel dolore.
Altre spinte, altri urli strozzati e presto Remus cominciò a muoversi nel modo giusto, a privilegiare il suo amante, beandosi della sua espressione finalmente annebbiata dal piacere.
Era suo, in quel preciso momento Sirius gli apparteneva e nulla, nient'altro contava.
Nell'istante in cui nella mente di Remus balenò quell'unico pensiero dalle crepe dei muri e dei mobili iniziarono a spuntare dei piccoli boccioli che crescevano a una velocità innaturale.
Tulipani bianchi.
 
 
Il binario 9 e 3/4 era, come ogni anno, incredibilmente affollato.
Remus portava il suo carrello lentamene, continuando a guardarsi intorno sperando di vedere due occhi grigi spiccare fra la folla il prima possibile.
Era da più di due mesi che non vedeva Sirius, il tempo delle vacanze estive, ed era bastato a farlo sentire quasi incapace di respirare.
"Siete fatti per stare insieme" gli aveva detto una volta Lily e lui, forse, aveva iniziato a crederci perché come altro avrebbe potuto spiegare quella sensazione che provava ogni volta che erano lontani? O che altro motivo aveva il suo cuore di battere così forte ogni volta che Sirius anche solo lo sfiorava?
Eppure ancora si vergognava di dire certe cose ad alta voce, persino a Lily che sembrava capirlo così tanto bene e persino a Peter che non aveva mai mostrato segni di malizia.
Persino a Sirius.
Erano cose che amava tenere per se', per proteggerle. Non aveva ancora la forza di mostrarsi, di aprirsi al mondo.
Magari, un giorno...
«Mi cercavi, Lupin?»
Quella voce inconfondibile...
Remus si voltò di scatto e nel vedere Sirius dietro di lui, finalmente così vicino, non poté trattenersi.
Si gettò fra le sue braccia e lo strinse forte, fortissimo.
Aveva quindici anni ed era già innamorato, lo capì in quel preciso momento.
La sua vita, senza Sirius, non avrebbe potuto avere senso.
«Mi sei mancato, Padfoot»
Sirius sorrise appena, per poi lasciargli un bacio fra i capelli.
«Mi sei mancato anche tu, Moony»
 
 
La stanza era immersa nell'oscurità, Remus a stento riusciva a intravedere il profilo del viso di Sirius mentre dormiva. In compenso però si tenevano stretti, Sirius aveva il capo poggiato sulla sua spalla  e gli cingeva i fianchi anche nel sonno.
Remus aveva le dita perse fra i suoi capelli neri come la notte, si sforzava di osservare le pareti. Avrebbe giurato di aver visto dei fiori sbucare dalle crepe dei muri mentre... ma no, non c'era niente.
Magari era solo stata la foga a fargli vedere cose che non c'erano. Magari Sirius gli provocava strani effetti... il pensiero lo fece sorridere a labbra chiuse.
«A che pensi?»
Una voce roca ma sottile lo riscosse dai suoi pensieri.
Sirius.
Si era svegliato e come ulteriore prova di questo lasciò un rapido bacio umido sulla spalla nuda di Remus.
«A niente di importante»
Sirius sbuffò appena cambiando posizione. Adesso se ne stava prono e con il mento poggiato sul suo petto.
«Il niente ti fa sorridere?»
«Come fai a vedere al buio?»
Sirius sembrò imbronciarsi ancora di più, o almeno è quello che riuscì a dedurre Remus. I suoi occhi si stavano abituando all'oscurità con difficoltà.
Per un breve istante Sirius, con quella smorfia in volto, gli sembrò il giovane Grifondoro dal brutto carattere che era stato un tempo.
Gli sembrò poco più che un bambino e il cuore iniziò a battergli più veloce nel petto.
Remus lo strinse a se' un po' più forte.
«Pensavo a te, sei contento adesso?»
Borbottò in risposta, fingendo irritazione.
Sirius smise il broncio ma non sorrise. Iniziò a tracciare con le dita le linee dell'addome di Remus provocandogli una serie di brividi a fior di pelle.
«Io non lo so, se sono felice quando sto con te Moony... però so che non posso farne a meno»
Remus lo guardò, col petto più pesante.
Forse semplicemente alcune persone non sono fatte per essere felici. Loro però, e adesso Remus ne era certo, erano venuti al mondo per trovarsi.
Lily Potter gli aveva detto qualcosa di simile, molto molto tempo prima quando ancora c'era l'estate.
Lily aveva sempre saputo vedere lontano, più lontano di chiunque altro avesse mai conosciuto.
«Su vieni qui...»
Mormorò a un certo punto, Sirius si gettò fra le sue braccia e nascose il viso nell'incavo del suo collo e respirò il profumo di Remus a pieni polmoni.
«Ti amo ancora, ho sempre continuato a farlo in tutti questi anni. Lo sai, vero?»
Sirius si appiattì contro il suo corpo annuì appena.
«Me ne sono convinto a forza, dovevo pur trovare un modo per sopravvivere, no?»
E sentendo quelle parole Remus prese a lasciargli una serie di baci fra i capelli soffici.
«Ti amo ancora anche io»
Lo sentì poi sussurrare con la voce tremante.
«Non me lo sarei mai perdonato se fossi morto senza dirtelo»
Disse Remus dopo alcuni istanti di silenzio, Sirius alzò la testa per poterlo guardare negli occhi.
«Sei così pessimista riguardo a tutta questa faccenda
Remus sorrise appena, amaro.
«È una guerra, in guerra si muore»
E dopo averlo sentito Sirius scosse forte la testa in modo infantile per poi forzare un sorriso.
«Non t'azzardare a morire prima di me, vecchio idiota»
Remus rise.
Da quando non rideva veramente?
«Ah se fosse per me, Padfoot...»
Sul volto di Sirius si aprì un sorriso enorme, gli occhi gli brillavano attraverso il buio.
«Come mi hai chiamato?»
Remus si sporse verso di lui fino a sentire il suo respiro pesante sulle pelle.
«Padfoot, Padfoot... Padfoot, mhm...»
E posò le labbra sulle sue dolcemente, in modo casto, prima che Sirius approfondisse il bacio costringendolo a stendersi sotto di lui.
Remus lo sentì sorridere ancora premuto contro la propria bocca.
«Quello che provo adesso credo sia la cosa più vicina alla felicità che proverò mai»
 
 
Remus osservava la pioggia con aria assente attraverso la finestrella accanto al suo letto a baldacchino, nei dormitori di Gridondoro.
Ogni singolo osso gli doleva e non aveva la forza di compiere nemmeno un passo senza l'aiuto di qualcuno.
Soltanto la notte prima c'era stata l'ennesima luna piena ma lui si era rifiutato categoricamente di andare in infermeria questa volta.
Sirius e James avevano insistito, si erano persino arrabbiati con lui a un certo punto. Insomma, avevano tutto il diritto di essere preoccupati ma lui... Remus voleva solo cavarsela da solo.
Per una volta nella vita, una soltanto, voleva essere più forte del lupo.
Se nemmeno ci provava come poteva riuscirci?
Remus apprezzava i loro tentativi, davvero, e li amava per quanto si dessero pena per lui ma sapeva bene che non avrebbero mai potuto capire.
Non sapranno mai cosa può voler dire essere ostaggi del proprio corpo.
Che poi una cosa del genere si può davvero spiegare?
Non era colpa loro, Remus lo sapeva bene, ma dovevano lasciarlo in pace.
Dovevano fidarsi di lui.
Un tonfo sordo interruppe Remus all'improvviso che spostò lo sguardo alla porta che era appena stata aperta.
Appoggiato su di essa, col fiatone e l'aria affaticata, c'era Sirius che sforzava un sorriso.
«Ehi»
Remus lo fissò stranito.
«Ehi. Che ci fai qui?»
Sirius non si mosse dalla porta ma fece spallucce.
«Prima che la lezione di pozioni inizi ho dieci minuti, ho pensato di avere il tempo di venire a vedere come stavi»
A Remus venne da sorridere ma non lo fece.
Al momento si sentiva troppo malinconico per sorridere veramente.
Un quattordicenne può davvero essere malinconico? Nel caso di Remus c'erano buone possibilità.
«Ah, grazie Padfoot. Sto meglio»
Rispose quindi laconico e tornò a concentrarsi sulla finestra e a come le gocce di pioggia producessero un dolce ticchettio contro il vetro.
Sirius lo osservò per alcuni istanti, incuriosito.
«A cosa stai pensando, Moony?»
Il ragazzino aprì bocca senza voltarsi.
«Ti immagini mai di scappare via, Sirius?»
 
 
È stato più veloce di quanto si fosse mai aspettato, scivolare via.
Tornando indietro Sirius non l'avrebbe mai detto, e per ironia della sorte era stato quando meno se lo sarebbe aspettato.
Aveva immaginato nella sua testa ancora di ragazzino una battaglia epica, nemici che lo accerchiavano e lui che cadeva valorosamente solo quando proprio era arrivato al limite. Immaginava un fascio di luce seguito dallo scorrere di tutti i ricordi più belli della sua vita che lo avrebbe fatto sentire soddisfatto, in pace col modo.
A quel punto avrebbe pensato "Sì, va bene così. Ho fatto tutto quello che dovevo, non ho conti in sospeso. Ho fatto del mio meglio, ora posso anche andare"
Era così che Sirius Orion Black aveva immaginato la sua morte.
Era quello il modo giusto.
Non si era mai immaginato di poter arrivare alla vecchiaia e forse nemmeno lo chiedeva.
L'essere vecchio non faceva per lui, che era uno spirito libero.
Fosse stato per Sirius non avrebbe mai rallentato.
Ma non era così che doveva andare, insomma. Non in quel luogo, non in quel modo e soprattutto non in quel momento!
Non doveva essere nell'Ufficio Misteri del Ministero, non doveva essere per mano del sangue del suo sangue Bellatrix Lestrange e non doveva essere così presto.
Non ora che ho ritrovato uno straccio di famiglia. Non ora che lui è tornato da me e che dorme nel mio letto. Non ora che Harry si fida di me e io ho imparato ad amarlo come un figlio. Non ora che forse sono felice e non l'ho nemmeno mai detto.
Ma di certo lui non aveva avuto molta scelta al riguardo.
Forse il suo tempo era finito, forse era stato scritto così, ma di certo questo non lo rendeva più facile da accettare.
Ma bisogna essere sinceri, chi arrivato al termine della propria vita è pronto davvero a lasciarla?
Però Sirius non aveva nemmeno avuto il tempo di un addio, non aveva avuto il modo di pronunciare delle ultime parole degne.
La vita gli era stata strappata via a forza, secondo lui.
Passare attraverso il velo comunque era stato facile, veloce.
Troppo veloce.
Aveva avuto a stento il tempo di ricordare il verde degli occhi di Remus e di pensare che se avesse avuto voce gli avrebbe urlato "Non dimenticarmi" ed era già dall'altra parte.
Ironico ancora poi che le uniche urla di dolore udibili all'interno dell'Ufficio furono quelle di Harry mentre Remus cercava di tenerlo fermo aggrappandosi a lui forte, fortissimo.
Aveva il sospetto che se l'avesse lasciato poi sarebbe caduto e non avrebbe mai più trovato la forza di rialzarsi in piedi.
Ci sono molti modi di dimostrare il proprio dolore, e incredibilmente diversi.
C'è chi piange, grida e si dimena. Chi distrugge qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Chi si perde, finendo per impazzire.
Poi c'è chi urla dentro, e urla forte. Urla tanto forte da strapparsi le corde del cuore e perdere la luce dagli occhi. Urla tanto da non parlare per tempi infiniti.
Ci sono modi come quello di Remus che urla da morire ma fuori, nessuno può sentirlo.
 
 
«Dobbiamo parlarne Remus, lo sai, è importante»
Ma lui si rifiutava di ascoltare, non voleva nemmeno provarci.
Era assurdo.
E Sirius aveva iniziato persino a chiamarlo per nome, come quando, ormai aveva imparato, voleva fare discorsi seri e quasi sempre si trattava di discorsi dolorosi.
«Dio, non fare il bambino. Ci tengo, lo sai»
Il tono di Sirius a questo punto si era addolcito, cercava di essere paziente.
Aveva scostato appena le coperte e l'aveva abbracciato da dietro poggiando il mento sulla sua spalla.
«Devi prometterlo»
Remus serrò la mascella ma cercò le sue mani fra le pieghe delle lenzuola.
Le strinse forte.
«È una stronzata, non intendo farlo»
Sirius prese ad accarezzargli i palmi con i pollici e a lasciargli piccoli baci sulla schiena nivea.
Era diventato difficile dividersi in quei giorni. Νon facevano che stare a letto e sembravano non trovare forze se non per fare l'amore. Mangiavano appena e solo il minimo indispensabile. Uscivano il meno possibile. Avevano così tanto tempo da recuperare...
«Se mi ami devi farlo, non ammetto repliche»
A quel punto Remus si scostò da lui bruscamente per voltarsi e guardarlo negli occhi.
«Cos'è? Una specie di ricatto?»
«Vedila come vuoi, ma non intendo arrendermi. Devi promettermi che andrai avanti  se dovesse accadermi qualcosa, devi promettermi che non ti lascerai andare. Non voglio che tu... perda ancora te stesso come è successo in questi anni. Voglio che tu sua felice, o almeno che provi ad esserlo. Se un domani non dovessi esserci devi promettermi che proverai ad innamorarti di nuovo. Devi riprovarci»
Gli occhi di Sirius erano pieni di quella che sembrava malinconica speranza e Remus avrebbe davvero voluto accontentarlo, avrebbe davvero voluto dire sì a cuor leggero ma come poteva? 
«Hai una vaga idea di quello che mi stai chiedendo? Mi stai chiedendo di rimpiazzarti. Cristo, non succederà mai!»
Ma Sirius si avvicinò ancora a lui e gli prese il viso fra le mani.
D'improvviso sentiva l'irresistibile bisogno di toccarlo.
«Non di rimpiazzarmi, mai di rimpiazzarmi. Ma promettimi che proverai a rifarti una vita»
E nel dire quelle parole aveva poggiato la fronte sulla sua e aveva chiuso gli occhi.
Remus sospirò.
«Cosa ti fa credere che sarai tu ad andartene per primo?»
Sirius sorrise appena, senza aprire gli occhi.
«Tu morirai da vecchio, nel tuo letto, al termine di una vita piena e soddisfacente... e magari sognando i bei tempi andati in cui passavi la tua giovinezza al fianco di un bellissimo ragazzo dagli occhi grigi e i capelli neri»
E a quel punto risero per nascondere il luccichio che aveva preso gli occhi di entrambi.
«Se prometto questo ti renderà felice?»
Sussurrò Remus in modo quasi impercettibile, esausto.
«Mi farà stare in pace»
Remus lo tirò a se', per stringerlo fra le braccia.
«Te lo prometto, Padfoot»
E lo disse anche se infondo non sapeva se si trattasse di una promessa vuota a no ma, se lui voleva sentirlo, allora non avrebbe mai potuto negarglielo.
 
 
Il dolore non passa, non passa mai. Remus lo sapeva bene e forse adesso, dopo aver perso quasi tutto, aveva imparato a gestirlo senza cadere.
Il dolore non passa, ma ci si abitua.
La vita continua, di certo non si ferma ad aspettarti. Non attende che tu sia ancora pronto a percorrerla.
Devi arrancare, sbucciarti le ginocchia e se occorre strisciare ma non ti puoi fermare.
La forza, quel poco che aveva, la trovava nei ricordi di lui.
Perché Sirius era nell'aria che respirava e nel sangue che gli pompava nelle vene.
Sirius era dentro ed era fuori, e Remus non lo avrebbe mai lasciato andare. Aveva imparato ad amare il dolore perché gli dimostrava che lui c'era stato per davvero e non era stato solo un miraggio.
Aveva imparato ad alzarsi la mattina senza trovarlo al suo fianco, aveva imparato a interiorizzare quella mancanza.
I primi mesi erano stati i peggiori della sua vita, si sentiva morto dentro.
Voleva morire per davvero.
“Ovunque tu sia io voglio raggiungerti” ripeteva ma poi continuava a sognarlo e nei suoi sogni Sirius continuava a ricordargli la sua promessa, come un segno.
Come un ultimo messaggio.
Remus aveva promesso, l'aveva detto, e solo dopo la sua morte capì che non rispettare quel patto sarebbe equivalso a tradirlo.
Remus non voleva tradire la fiducia di Sirius, mai più, e men che meno ora che nemmeno poteva più chiedergli perdono.
Continuava a parlargli, comunque.
Ogni volta che ne aveva bisogno, ogni volta che credeva di poter cedere alla tentazione di toccare il fondo.
Padfoot puoi sentirmi? Be', io di certo non posso sentire te ma facciamo finta, okay? Sono sempre stato bravo in questo.
Altre volte invece sembrava quasi che ci fosse davvero, soprattutto la notte, facendo svegliare Remus sudato e in preda alla voglia più disperata.
In quei casi spesso piangeva ma allo stesso tempo benediceva Dio.
Sentire il suo tocco, anche se frutto della sua immaginazione, era il dono più grande che il mondo potesse offrirgli.
Remus lo ricordava bene il modo in cui Sirius lo toccava, il modo in cui catturava la sua attenzione, il modo in cui sapeva farlo impazzire...
Ricordava tutto di lui a dire il vero, anche i dettagli più insignificanti.
Partendo dalla forma delle rughe leggere che aveva attorno agli occhi stanchi ma meravigliosi, al suono del borbottio che faceva quando era infastidito da qualcosa fino al modo di piegare la testa quando era indeciso o in dubbio.
Nonostante tutto l'incessante dolore non avrebbe mai voluto dimenticare niente, era in quello che era profondamente cambiato.
L'aveva amato, e l'aveva avuto con se' anche se per poco.
Era bastato a dare un senso alla sua vita.
«Sei pronto ad andare via, Remus?»
La voce gentile della ragazza di fronte a lui lo costrinse ad abbandonare lo sguardo dalla lapide di marmo bianco.
La luce del sole rendeva i suoi capelli di un rosa ancora più acceso.
Ninfadora gli sorrideva dolcemente, comprensiva. Passava molto tempo con lui nell'ultimo periodo e senza chiedere niente.
Era una giovane Auror, nuova dell'Ordine. Una promessa del mondo magico. 
Remus si trovava spesso a chiedersi che ci facesse una donna come lei così spesso al suo fianco.
Certo, la sua compagnia era davvero piacevole ed era bello avere qualcuno vicino che ti dona calore in quel modo totalmente disinteressato ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa lui avesse da offrirle.
Era più vecchio di lei, innamorato di qualcuno che non avrebbe mai dovuto amare e senza un soldo bucato.
«Sì, andiamo. Tornerò domani»
Mormorò in risposta dopo alcuni istanti, lasciando un'ultimo sguardo all'incisione che recava il nome di Sirius Orion Black e sentendo la solita fitta al centro del petto.
«Ti riaccompagno a casa?»
Remus la guardò ancora, soffermandosi sul suo sorriso velato di tristezza e annuì.
«Mi farebbe piacere»
Magari sarebbe stato facile e magari quando lei gli avrebbe chiesto se poteva salire da lui avrebbe accettato.
Magari ci avrebbe provato veramente a rispettare la sua promessa.
 
 
 
Superata la mezzanotte la Sala Comune di Grifondoro era ormai deserta. L'unico rumore che turbava la quiete dell'ampio stanzone era il leggero scoppiettio del fuoco che ancora bruciava nel grosso camino.
Remus era stato in biblioteca con James e Peter fino a tardi, il progetto della mappa del malandrino li stava occupando molto nell'ultimo periodo ma erano comunque molto elettrizzati all'idea di riuscire nell'impresa.
Sarebbe stato qualcosa di grandioso e mai fatto prima!
Wormtail e Prongs stavano ancora sistemando gli ultimi dettagli quando Moony si era arreso alla stanchezza e aveva deciso di scendere nei dormitori.
Nel primo pomeriggio anche Sirius li aveva aiutati ma non era rimasto molto, sembrava nervoso riguardo al test di Aritmanzia che avrebbe avuto il giorno dopo e voleva dedicare le sue ore libere a uno studio intensivo.
Remus si era da subito proposto di aiutarlo perché sapeva bene quanto fosse indietro. Insomma, era da settimane che non lo vedeva perdere più di una mezz'ora scarsa sui libri.
Tendeva a fare il minimo indispensabile, otteneva spesso la sufficienza e a lui andava bene così ma se Remus avrebbe potuto l'avrebbe costretto a studiare come si deve un giorno sì e l'altro pure.
Lui sapeva bene quanto Sirius fosse sveglio e intelligente, conosceva il suo potenziale e avrebbe tanto voluto che anche i loro professori ne fossero venuti a conoscenza.
Se solo lo avessero sentito mentre lui parlava con lui o con James... ne sarebbero rimasti estasiati esattamente come lui.
Remus non aveva mai incontrato nessuno con una mente tanto aperta, ricettiva, controcorrente...
Remus salì le scale a chiocciola abbastanza in fretta, voleva solo infilarsi nel suo letto caldo e farsi una bella dormita.
Giunto a destinazione la prima cosa che notò quando chiuse la porta alle sue spalle fu il russare gorgogliante di Longbottom  ma poi Remus non poté fare a meno di sorridere trovando una scena come quella davanti agli occhi.
Sirius dormiva seduto sul letto sfatto ricoperto di appunti, penne e libri magici.
I capelli lunghi e disordinati gli coprivano metà del viso, la cravatta della divisa era sciolta e penzolante e le guance erano segnate da diverse macchie di inchiostro rosso.
Era buffo, sembrava addirittura più piccolo.
Certo era più disordinato del solito, anche se non di troppo eh.
Remus sospirò e si mise all'opera nonostante fosse stanco morto. Mise a posto nel giusto ordine tutti gli appunti e ripose tutti i libri e le penne con le bocchette di inchiostro nel baule ai piedi del suo letto.
Poi, tentando di essere il più delicato possibile, gli sfilò scarpe e mantello. Sirius dormiva così profondamente che non si accorse di niente. 
Remus cacciò una salvietta dalla tasca e riuscì anche a ripulire gran parte del pastrocchio che aveva in volto.
Solo a quel punto lo sentì gemere appena, infastidito.
«Ti conviene non lamentarti, davvero, o rimetto tutto com'era»
Sussurrò più a se stesso che a Sirius, non voleva realmente rimproverarlo.
In quei tre anni che si conoscevano non ci era mai riuscito veramente.
Dopo alcuni secondi passati ad osservarlo prese il piumone dal suo letto e lo usò per coprirlo, sembrava stesse gelando.
Soddisfatto del risultato del suo lavoro Remus si voltò verso il letto di Longbottom un'ultima volta per assicurarsi che stesse dormento, poi posò gli occhi sul volto rilassato di Sirius.
Si abbassò lentamente verso di lui e pregando di non svegliarlo posò le labbra sulla sua fronte chiara per lasciargli un piccolo bacio della buonanotte. 
Esattamente uguale a quelli che la madre di Remus gli lasciava quando era più piccolo.
Sirius sorrise nel sonno, pensando si trattasse semplicemente di un dolcissimo sogno.
 
 
Alla fine Sirius aveva avuto torto. Torto marcio.
Remus non sarebbe morto da vecchio, nel suo letto caldo, senza alcun dolore.
Remus avrebbe trovato la sua morte in una battaglia epica, la battaglia di Hogwarts, e sarebbe morto sopraffatto dai nemici e in modo eroico.
Ma, ad essere sinceri, non gli importò granché.
A lui importava fosse stato per un motivo valido e lui un motivo valido ce l'aveva avuto di certo.
Un motivo per cui sarebbe morto altre mille volte.
Voleva contribuire a dare vita a un mondo migliore per suo figlio, per i figli che a sua volta un giorno avrebbe avuto.
Gli piaceva pensare che quella notte stesse combattendo per questo.
Ancora prima che la battaglia iniziasse realmente lui se l'era sentito, il suo momento stava giungendo.
Mentre Ninfadora si stringeva al suo braccio e lui le cingeva i fianchi in una presa morbida, prima di doversi dividere aveva pensato "Aspettami, brutto stronzo che non sei altro. Aspetta ancora un po', sto venendo da te"
E la cosa strana era che, infondo, era la cosa che faceva meno male in tutto quel gran casino.
Hogwarts, accecante nella sua luce di distruzione, sembrava solo l'ombra di quello che poco prima era stata e lui aspettava ad arrendersi.
Combatteva.
Combatteva con tutte le sue forze.
Per Teddy, la luce dei suoi occhi stanchi.
Per Ninfadora, che era riuscita a tenerlo insieme senza farlo cadere in frantumi.
Per Harry, che era la copia sputata di James e Remus avrebbe potuto amarlo anche solo per questo.
E per lui. Per Sirius. Per quell'amore che non morirà mai. Perché la sua morte non doveva essere avventa invano.
Antonin Dolohov lo guardava con un ampio sorriso sadico sul volto, soddisfatto come se Remus, di fronte a lui, fosse già morto.
Remus non era al massimo delle sue forze, non dopo mesi passati in continui camuffamenti in covi di lupi mannari, mentre invece il mangiamorte era più che allenato alla tortura e all'uccisione.
Sapeva bene che il loro scontro non sarebbe durato molto ma non cedette, non ci pensò nemmeno per un secondo.
Era forte Remus, più di quanto avesse mai immaginato.
Fu veloce, non fece quasi male, fu solo una grande enorme liberazione.
L'ultima cosa che vide furono due occhi grigi come le nuvole in tempesta e si sentì in pace.
Andava bene, andava bene anche così.
 
Nessuno può dire cosa accade dopo la morte, nessuno può raccontarlo e rassicurarci ma esistono molte voci.
Si dice ad esempio che se due anime in vita si sono legate abbastanza restano legate anche dopo la morte e si dice che trovino il paradiso l'uno nell'altro se hanno saputo meritarselo.
Quel che è certo è che le morti di Remus e Sirius non sono avvenute invano.
A volte ci sono alcune persone che non sono fatte per essere felici ma che vengono al mondo per scopi più grandi e magari, chissà, riescono a trovare la parte migliore di loro stessi in qualcun altro.
La notte del 2 maggio 1998 però accadde qualcosa di particolarmente curioso, questo vorrei raccontarvelo. A Hogsmeade dopo anni non hanno ancora chiarito il mistero e per questo l'intero villaggio non può che esserne affascinato. In quella notte il terreno infertile che circondava il vecchio ammasso di rovine che era la Stamberga Strillante si ricoprì di fiori meravigliosi, impossibili da rimuovere.
Tulipani bianchi come la neve, di quelli magici, che non muoiono mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: ed eccomi qui dopo ben 12.816 parole, wow! Mai scritta una one shot così lunga e impegnativa. Spero veramente con tutto il mio cuore che vi sia piaciuta perché giuro di averci messo tutta me stessa e di averci lavorato giorno e notte. Che posso farci? Questi due mi hanno rubato il cuore e se potessi incontrare un personaggio soltanto da tutti i libri che ho letto direi "Remus" senza pensaci nemmeno un attimo. Penso che mai sapremo se la Wolfstar sia mai stata realmente reale (perdonate il gioco di parole) o semplicemente una meravigliosa ship fanon ma poco importa, il rapporto fra Sirius e Remus è uno dei più dolcemente drammatici di tutta la saga e io l'ho amato veramente.
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne avete pensato quindi se vi va commentate!
Baci,
-Nimph






 
  
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